"I Greci chiamano « erica» un arbusto non molto diverso dalla calluna, ma nel colore ed in certa misura nelle foglie somigliante al rosmarino. Dicono che combatte il veleno dei serpenti."
Storia Naturale – Libro XXIV
Plinio il Vecchio
Traduzione Marco Fantuzzi
L'erica arborea; dal greco ἐρείκη/ereíkē latinizzato in erīca, probabilmente deriva del verbo ἐρείκω/ereiko - fendere, frangere, spezzare, per la facilità con cui si spezzano i suoi rami e per la sua proprietà fitoterapica che rompe i calcoli ai reni e alla vescica; più il latino arbor - albero per l'aspetto morfologico; cresce tra le rocce assolate della macchia mediterranea, lenta e tenace, con rami sottili e fiori bianchi che da Sud a Nord, legati al contesto climatico, accompagnano gradatamente i passaggi stagionali.
I suoi rami diventano scope nel mondo contadino come lo diventano quelli della calluna vulgaris, di cui vi ho parlato in Il brugo in brughiera, cugina e non sorella dell'erica arborea, appartenente alla stessa famiglia ma non allo stesso genere.
Raccolta in fascine, nelle zone rurali della Calabria, della Liguria, della Sardegna e della Toscana, viene usata ogni 17 gennaio, in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, per accendere i grandi falò da cui sale in cielo un fumo profumato atto a purificare, a proteggere il bestiame, e a salutare l’inverno.
La sua radice forniva carbone ai fabbri e con il suo legno duro e resistente al fuoco si intagliano pipe e utensili. Il nettare dei suoi fiori invece permette alle api di produrre un ottimo miele scuro e aromatico.
In Irlanda e in Scozia viene inserita nei bouquet delle spose come portafortuna perché si racconta che Malvina, figlia del bardo celtico Ossian, sposò il valoroso guerriero Oscar che morì in battaglia e il messaggero che le diede il triste annuncio le portò un mazzo di erica viola, ultimo dono del suo amato. Sconvolta dal dolore, Malvina pianse sulle scogliere e quando le sue lacrime toccarono i fiori, questi si tinsero di bianco. Da allora, si crede che l’erica bianca porti fortuna a chi la trova, perché nasce dal dolore trasformato in amore eterno.
La storia di Malvina e dell’erica bianca nasce in epoca romantica, tra la fine del Settecento e l’Ottocento, è legata al ciclo poetico attribuito a Ossian, un presunto bardo celtico le cui opere furono in realtà composte nel XVIII secolo dal poeta scozzese James Macpherson che pubblicò i “Canti di Ossian” spacciandoli per traduzioni di antichi testi gaelici mentre erano un parto della sua creazione letteraria.
"... Oscar si distinse per molte gloriose azioni, da lui fatte ora seguendo il padre, ed ora comandando da se. Fu egli che diede una rotta a Carausio, che, ribellatosi dagl'imperatori romani, s'era impadronito della Brettagna. Sposò egli Malvina, figlia di Toscar, famoso guerriero caledonio, ma non n'ebbe prole. Morì Oscar nel fiore della sua età, e della sua gloria, essendo stato ucciso proditoriamente da Cairbar, signor di Atha, che nell'ultima spedizione di Fingal in Irlanda, sotto colore di generosità, l'aveva invitato al convito. Quest'acerba morte fu un colpo fatale al cuore di Ossian; ed è spesso il soggetto de' suoi lamenti poetici. Non fu meno dolorosa la morte di Oscar alla sua sposa Malvina, da cui era teneramente amato, e che nel resto della sua vira non fece che piangerlo; avendo per pio conforto il trattenersi con Ossian ..."
Canti di Ossian - 1760
James Macpherson
Traduzione Melchiorre Cesarotti
L'Erica arborea, può raggiungere un'altezza che varia tra i 60 cm e i 6 metri, originaria dell'area mediterranea si estende dall'Africa settentrionale e centro-orientale, all'Europa meridionale e alle Isole Canarie, appartiene alla famiglia delle Ericaceae e il suo genere comprende circa 600 specie di cui 8 spontanee in Italia; brezo arbóreo in spagnolo; tree heath in inglese; baumheide in tedesco; bruyère arborescente in francese; popolarmente conosciuta come brentòlo, grecchia, scopin; ciocco, Radica, scopa in Calabria; bruciafiamme in Campania; erica da carbone, scopa selvatica nel Lazio; radica, scopa, scopone da bosco in Liguria; iddòstra, kastannàrgiu màsciu, mascu, scopa, tùvara in Sardegna; scopa scopa da bachi, scopa maggiore, scopone in Toscana; erica maggiore, scopina in Umbria; ha il fusto marrone chiaro, eretto e ramificato, è a maturità legnoso con corteccia; le foglie verde scuro dalla consistenza coriacea e sempreverdi, piccole e aghiformi sono disposte da tre a quattro in verticilli; i fiori bianco rosati, piccoli, peduncolati e campanulati sono riuniti in infiorescenze a grappolo; i semi sono contenuti in piccole capsule e vengono dispersi dal vento per la loro leggerezza.
"La erica è uno arbuscello ramuscoloso, simile al tamarigio, ma molto piu picciolo. Vituperasi il mele, che fanno le api, che si pascono del suo fiore. Le frondi sue, & similmente i fiori medicano, applicati à modo dimpiastro, le morsure de i serpenti.
E l'Erica, arbuscello proprio dell'Asia, & della Grecia. Et secondo che dicono gli scrìttori, fiorisce ella due volte l'anno: onde si dice, che di tutte le piante salvatiche è l'Erica, la prima, & l'ultima, che fiorisca. Scrissene Plinio al IX. capo del XIIII. libro, con queste parole: Chiamano Erica i Greci uno arboscello non molto differente dal tamarigio, di colore di rosmarino, & quasi disimili foglie. Scrivono esser questa valorosa molto contra i serpenti. Queste sono parole di Plinio, le quali non sono però di tanta chiarezza, che si possa dirittamente affermare, qual pianta sia in Italia, che legitimamente ne rappresenti l’Erica, & massimamente essendo ella descritt a da tutti con la medesima brevità. Quantunque questa, di cui è qui la figura, altro non mi paia rappresentare, che l'istessa Erica. Ella è veramente pianta fruticola, di colore di rosmarino, con foglie quasi similì al tamarigio, à cui la raffomiglia Dioscoride. Fiorisce appo questo due volte l’anno, la primavera ciò è, & l'autunno: il che è propria natura dell'Erica se si dee prestar fede a gli scrittori di questa facultà. Oltre di ciò si vede, che le api si pascono de suoi fiori tutto il tempo dell'autunno: imperoche le durano ifiori fino al principio del verno. Onde chiamarono gli antichi il mele, che fanno le api in questo tempo, ragionevolmente Ericeo, come testifica Plinio, il quale dice, che si fa dopo le prime pioggie dell'autunno, quando l'Erica sola fiorisce nelle selve. Più oltre, scrivendo Dioscoride nel terzo libro, che il Cori produce le foglie simili all'Erica, ma minori, & vedendosi, che quella del tutto se gli rassomiglia, tanto più ne inchina l'animo a credere, che ella sia l'Erica descritta da Dioscoride. Da queste ragioni adunque persuaso, ho stimato non esser fuor di proposito di porre qui questa pianta per l’Erica. Questa nasce copiosissima intorno à Goritia, & specialmente per tutta quella campagna, che tira dalla villa di Santo Andrea per andare à Merni verso il fiume di Vipao. I paesani chiamano questa pianta Grione. Ma in Toscana cresce molto più grande, & se ne fanno le scope da spazzare le case: & però volgarmente si chiama l'Erica, Scopa. Marcello interprete di Dioseoridefi crede ingannandosi di gran lunga , che Errore di Marcello interprete di Dioscoride si crede ingannandosi di gran lunga, l'Erica sia una spetie di ginestra. Un'altra Erica, la quale non manco forse, se non più della sopradetta, si confa con la descrittione, e, mi ha nuovamente mandata l'eccellentissimo medico messer Gabriel Falloppia Modenese da Padova, ove con sommo honore egli bora legge publicamente l'anatomia, & la materia de semplici. Di questa anchora diamo hor qui la pittura, accioche ogniuno resti di noi meglio sodisfatto, & possa appigliarsi a quella, che più gli piacerà.
Ne mi par di restar di dire che nasce una pianta ne i Monti di Boemia, à i confini di Silesia, & di Lufatia, ove nascono i fonti che fanno il Fiume chiamato Albis, la quale si diffonde per largo spatio per terra, folta & bassa: le cui foglie sono quasi simili all'Erica della prima spetie più volgare: ma produce con tutto ciò anchora le bacche così grosse, come quelle del Ginepro, ma tenere, & dentro molli & viscose di colore come è quello delle prune scorticate. Ha i rami legnosi che nel rosso bruneggiano, vencidi, & arrendevoli. I fiori non vidi io già mai, ma solamente vidi & rìcolsi la pianta con il frutto nella fine del mese d'agosto: & per non saperne altro nome non ho saputo chiamarla altrimenti, che Erica baccifera. Et honne anchor qui posto la figura per metterla anchora in consideratione delli altri Semplicisti. Scrisse dell'Erica brevemente Galeno al VI. delle facultà de semplici, così dicendo: L’Erica ha virùu di digerire per traspiratione. nel che è veramente l'uso delle frondi, & del fiore. Chiamano i Greci la Erica, ἐρείκη: ì Latini Erica: gli Spaguoli Queiro: i Tedeschi Heyden: i Francesi Bruyere."
Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli
Contiene carboidrati come cellulosa, amido e glucosio; fenoli tra cui flavonoidi come apigenina, kaempferolo, quercetina; e tannini come tannini condensati; glucosidi come glucosidi fenolici; lipidi come acidi grassi insaturi e steroli vegetali; proantocianidoli come proantocianidine; proteine come enzimi e proteine strutturali; sali minerali come calcio, magnesio, potassio; terpeni come monoterpeni e sesquiterpeni; vitamina C; e ha proprietà antinfiammatorie, astringenti, antiossidanti, antisettiche, diuretiche.
"... Erica, designata col suo nome de’ giorni di lavoro, si chiamerebbe, nè più nè meno, una Scopa. Umile, modesta, gentile, se ne sta contenta alla mezzana statura d’un arboscello, e mette fuori lungo i rami, a migliaia di migliaia, certe foglioline corte, sottili, riunite a mazzetti come aghi acuminati, ora intere, ora dentate, articolate sul fusto, e verdeggianti perennemente sulla pianta. Da quella specie di roveto spuntano certi fiorellini pusilli, divisi in cinque o sei lembi sul calice allungato, quasi campanule microscopiche o glossinie rimpiccolite, tinti de’ più vivaci colori, ora sparsi qua e là sul cespuglio, ora disposti a spiga o a ciuffetto, ora rizzati per l’insù, ora penduli dalla cima del ramo, ma sempre graziosi, e variati di forma e di sfumatura. Quest’Erica vive nei boschi, quella si piace nel folto delle siepi, quell’ altra cresce intorno a’ luoghi abitati, l'Uva d’orso si arrampica sui dirupi, l'Airella cerca il silenzio della selva, l'Andromeda pende sul nudo sasso nelle piagge deserte della Lapponia.
Ho fatto amicizia colle Eriche che hanno sempre una fisonomia allegra e spigliata, un’aria di malizietta impertinente e di procacità disinvolta, che mette di buon umore solamente a guardarle. Si ficcano dappertutto, e sanno tutti i segreti e tutti gli scandalucci del mondo vegetabile, e me ne hanno raccontate delle belle sul conto delle piante grasse; che stanno laggiù sotto la parete del tepidario de’ Nepenti!..."
La festa dei fiori, ricordo dell'Esposizione Internazionale d'Orticultura in Firenze -1874
Pietro Francesco Leopoldo Coccoluto Ferrigni
Nel linguaggio dei fiori, l’erica bianca rappresenta la buona sorte, la protezione, la purificazione e la serenità, un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di San Giovanni entrambi i numeri sono sacri.
N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.
Per chi è interessato
L' erica è un cespuglio che mi piace molto!Bellissimo post notte.
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