lunedì 27 agosto 2018

Foglie

" Come regine, le foglie si muovono gentilmente,
e le loro ombre obbediscono con naturale sincronismo.
A loro importerebbe di me se sapessero che sono qui, e le sto osservando,
e sto desiderando di poter danzare come loro? ... "

Nel verde
Elisa

Immaginate di entrare in un bosco e di ascoltare la pioggia senza che una goccia d'acqua vi tocchi... quello che state udendo è lo stormire, il fruscio delle foglie che sospinte dal vento complice si esibiscono in tremule carezze di sorellanza, le foglie insieme sono trama e ordito nel tessuto che veste di vita gli alberi per poi trasformarsi nel mantello che ripara dal gelo Madre Terra.
La tradizione tibetana racconta che per purificare il proprio spirito si può entrare e camminare in un bosco indugiando in ogni suo sospiro per tre giorni e ogni giorno si può raccogliere una foglia, alla fine del percorso le tre messe insieme sveleranno un mistero. C'è un'ampia scelta su cui soffermarsi, le foglie possono essere bifacciali con una pagina adassiale superiore e una pagina abassiale inferiore non uguali, centriche ovvero aghiformi con un'unica nervatura centrale, equifacciali con le due pagine uguali, unifacciali con una faccia tubulare in cui i margini della pagina abassiale sono uniti.
Il loro portamento può essere appressato, eretto-patente, inflesso, obliquo, patente, resupinato, ricurvo, riflesso, risorgente, verticale.
La base  può essere acuta, asimmetrica, astata, attenuata, auricolata, cordata, cuneata, decorrente,  dilatata, irregolare, obovata, ocreata, ombelicata, ottusa, ovata, perfogliata, reniforme, rotonda, sagittata, tronca. 
Il colore uguale sulle due pagine o diverso sulle due pagine.
La lamina cuoriforme, ellittica, lanceolata, obovata, ovata, romboidale, pennato composta, pennato lobata, palmata,
Il margine crenato, doppiamente crenato, dentellato, dentato, doppiamente dentato, dentato spinoso, eroso, festonato, liscio, ondulato, repando, seghettato, doppiamente seghettato,
e nella profondità di incisione il margine può essere bilobato,  fesso, fido, lacerato, lanciniato, lirato, lobato, multipartito, partito, pennatifido, pennatopartito, pentalobato, roncinato, settato, squarroso, stipolato, sublobato, trifido, trilobato, tripartito.
Il picciolo amplessicaule, peduncolato, schiacciato, sessile, con guaina, con stipole.
La superficie coriacea, glabra, glabrescente farinosa, glutinosa, papillosa, perforata, puntata, tubercolata, verrucosa, viscida e se pelosa: arachnoide, barbata, canescente, cigliata, cotonosa, flocculosa, glandulosa, glutinosa, irsuta, lanosa, lanuginosa, lepidota, pubescente, scabra, setolosa, setosa, strigosa, tomentosa, villosa, viscosa.
I peli anfitrichi disposti in modo alterno sulle due pagine, goniotrichi disposti sugli angoli, olotrichi disposti regolarmente su tutta la superficie e poi adesivi, biforcati, cistolitici, digestivi, fascicolati, nettari, piumosi, pluricellulari, pubescenti, ramificati, sensitivi, sessili, spinosi, squamosi, stellati, stipitati, tomentosi, uncinati, unicellulari, urticanti.
Le nervature possono essere basinervie suddivise in: parallelinervie, quinquenervie, rettinervie, trinervie, uninervie; oppure possono essere nervature criptonervie e ancora nervature retinervie suddivise in: campilodrome, curvinervie, palminervie, pedatinervie, peltinervie, penninervie, reticolate, ogni linea una storia da leggere, da decifrare con gli occhi dell'anima impregnata della saggezza  di Madre Natura. 

" Credo che il mondo
dovrebbe addentrarsi nel bosco
ascoltare con attenzione
le voci delle foglie.
Vedere i dettagli, le minuscole mappe 
dei passi e a volte le macchie,
dovrebbe vedere che le foglie
hanno forma di lacrime. "


Il diario segreto di Laura palmer
Jennifer Lynch
traduzione Roberta Rambelli


Gelso rosso


Caffè


Monstera


Annona cherimola


Mango


Nespolo


Avocado


Nocciolo 


Ulivo


Pesconoce


Melograno


Giuggiolo


Hibiscus rosso


Hibiscus giallo


Passiflora

sabato 18 agosto 2018

Insieme uniti in un unico abbraccio


Genova immensa,  un esempio di civiltà per il mondo

Insieme uniti in un unico abbraccio



Creuza de mä 

Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l’è ch’ané
da ‘n scitu duve a l’ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l’àse gh’é restou Diu
u Diàu l’é in çë e u s’è gh’è faetu u nìu
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
e a funtan-a di cumbi ‘nta cä de pria

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

E ‘nt’a cä de pria chi ghe saià
int’à cä du Dria che u nu l’è mainà
gente de Lûgan facce da mandillä
qui che du luassu preferiscian l’ä
figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiàle senza u gundun

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

E a ‘ste panse veue cose ghe daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin
çervelle de bae ‘nt’u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

E ‘nt’a barca du vin ghe naveghiemu ‘nsc’i scheuggi
emigranti du rìe cu’i cioi ‘nt’i euggi
finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d’a corda marsa d’aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta ‘nte ‘na creuza de mä

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò



Mulattiera di mare

Ombre di facce facce di marinai
da dove venite dov’è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l’asino c’è rimasto Dio
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
usciamo dal mare per asciugare le ossa di Andrea
alla fontana dei colombi nella casa di pietra

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell’Andrea che non è marinaio
gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l’ala
ragazze di famiglia, odore di buono
che puoi guardarle senza preservativo

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

E a queste pance vuote cosa gli darà
cose da bere, cose da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelli di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticcio in agrodolce di gatto

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

E nella barca del vino ci navigheremo
sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d’acqua e di sale
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare

E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò
E anda umè umè e anda umè umè e anda ayò

venerdì 10 agosto 2018

Cumsidera desidera


Navigare con il favore del fato, cum-sidera - con le stelle che indicano la rotta da seguire e conducono al  porto sicuro che garantisce il ritorno a casa;
con-siderare - con le stelle in quel richiamo atavico dell'infinito cosmico, di cui interpretiamo i signa - i segni per ottenere l'approvazione prima di agire, sostanza della nostra sostanza che ci ha partorito, che ci ha staccato da sé per lasciarci liberi di fare l'esperienza dell'individualità.
Navigare con lo sfavore del fato, de-sidera - lontano dalle stelle, nell'oscurità, privi di punti di orientamento e senza presagi, dispersi nell'ignoto a contatto con noi stessi, costretti a decidere, a scegliere la via;
de-siderare - lontano dalle stelle in quella percezione dello strappo algico che ci rende irrequieti e ci permette di intuire la smarrita unità protettrice con l'universale complessità nostra origine e madre di cui auspichiamo il sostegno per quel sentore  che istiga il dubbio di non essere in grado di farcela da soli. 
Non è forse questo il fondamento di tutti i desideri che si esprimono la notte delle stelle cadenti che mettono in contatto cielo e terra, l'augurio di rivedere le stelle e di trovare una pienezza che possa compensare quella della perduta letizia primordiale? Comunque sia, domani torneremo a esperire la nostra strada da nomadi capaci di affrontare l'inesplorato che in un continuo mutamento ci riserva quelle sorprese, piacevoli e spiacevoli, che ci offriranno il modo di incontrare la nostra unicità per poi un giorno ritornare al tutto.  

Lieta notte delle stelle cadenti!

lunedì 6 agosto 2018

La falena d'oro a due punte

Chrysodeixis chalcites è il suo nome scientifico, più comunemente conosciuta come falena d'oro a due punte o plusia del pomodoro, ha scelto però una foglia di topinambur per il suo bozzolo sericeo che stamane ho trovato vuoto con lei accanto, 


Il bruco si estranea dal mondo, si concentra istintivamente su di sé per immergersi nella dimensione della metamorfosi, diventa vulnerabile perché non è più vigile ma non importa, lui prosegue per la sua strada e rischia, il fine di riemergere a nuova vita come farfalla è più prezioso.


" ... io non mi trovo più capace nel definire questo sentimento, nell’analizzarlo e anche nell’ottenerne una percezione esatta, netta. Tale sentimento, lo ripeto, l’ho qualche volta riconosciuto all’aspetto d’una vigna rapidamente crescinta, - nella contemplazione d’una falena, d’una farfalla, d’una crisalide, di uno stesso corso di precipiti acque. Lo rinvenni nell’oceano, nella caduta d’una meteora; e lo sentii negli sguardi di qualche vegliardo venerando ... "

Ligeia
Edgar Allan Poe
Traduzione Baccio Emanuele Maineri

mercoledì 1 agosto 2018

Sotto il segno di Marte

" Nelle belle sere dell’autunno passato una grande stella rossa fu veduta per più mesi brillare sull’orizzonte meridionale del cielo; era il pianeta Marte, che si accostava per qualche tempo alla Terra in una delle sue apparizioni, solite a ripetersi ad intervalli di 780 giorni. Nella schiera degli otto pianeti principali Marte occupa, per volume, il penultimo luogo; il solo Mercurio è più piccolo di lui. Ma in certe posizioni, in cui egli ritorna ad intervalli di sedici anni, Marte può avvicinarsi alla Terra più dell’usato, brillando più di ogni altro pianeta, Venere sola eccettuata; ed in tali contingenze tanto arde di luce rossa, da meritare il nome, che i Greci gli diedero, di Pyrois (infocato). Nei tempi ormai per sempre passati, quando si pretendeva di leggere in cielo l’avvenire degli umani eventi, queste grandi apparizioni di Marte erano lo spavento dei popoli, e davano molto da fare agli astrologi, ai quali incombeva il compito, non sempre facile, di studiare l’influsso del pianeta sulle vicende guerresche e sulle costellazioni politiche del momento. Anche ora la grande apparizione testè avvenuta di Marte ha destato il pubblico interesse; ma per una ragione ben diversa. Oggi è nata presso alcuni la speranza, che da osservazioni diligenti fatte sulla sua superficie con giganteschi telescopi, si possa ottenere quando che sia la soluzione di un gran problema cosmologico; arrivar cioè a sapere, se i corpi celesti possano dirsi sede di esseri intelligenti, o, almeno, di esseri organizzati ... "


La vita sul pianeta Marte 
Giovanni Virginio Schiaparelli


Congiunzione Luna - Marte 27 luglio 2018


Il passaggio di testimone tra il mese di luglio e quello di agosto avviene sotto il segno di Marte che, se il giorno dell'eclissi era in congiunzione con la luna, la notte tra il 31 luglio e il 1° agosto ha raggiunto la minima distanza dalla Terra, 57.590.630 chilometri, per brillare in tutta la sua bellezza nell'oscurità del cielo.



Marte alla minima distanza dalla Terra - 57.590.630 chilometri - notte tra il 31 e il 1° agosto 2018

Vi lascio con la descrizione del pianeta rosso fatta dal nostro Giovanni Virginio Schiaparelli nel 1893; una descrizione lunga, ma che può essere interessante per chi è appassionato di astronomia, buona lettura:


" ... nella sua generale topografia Marte non presenta alcuna analogia colla Terra. Un terzo della sua superficie è occupato dal gran Mare Australe, che è sparso di molte isole, e spinge entro ai continenti golfi e ramificazioni di varia forma; al suo sistema appartiene un’intiera serie di piccoli mari interni, dei quali l'Adriatico ed il Tirreno comunicano con esso per ampie bocche, mentre il Cimmerio, quello delle Sirene, e il Lago del Sole non hanno con esso relazione che per mezzo di angusti canali. Si noterà nei quattro primi una disposizione parallela, che certo non è accidentale, come pure non senza ragione è la corrispondente positura delle penisole Ausonia, Esperia ed Atlantide. Il colore dei mari di Marte è generalmente bruno misto di grigio, non sempre però di uguale intensità in tutti i luoghi, nè nel medesimo luogo è uguale in ogni tempo. Dal nero completo si può scendere al grigio chiaro ed al cinereo. Tal diversità di colore può aver origine da varie cause, e non è senza analogia anche sulla Terra, dove è noto che i mari delle zone calde sogliono essere più oscuri che i mari più vicini al polo. Le acque del Baltico, per esempio, hanno un color luteo chiaro, che non si osserva nel Mediterraneo. E così pure nei mari di Marte si vede il colore farsi più cupo quando il sole si avvicina alla loro verticale e l’estate comincia a dominare in quelle regioni. 
Tutto il resto del pianeta fino al polo Nord è occupato dalle masse dei continenti, nelle quali, salvo alcune aree di estensione relativamente piccola, predomina il colore aranciato, che talvolta sale al rosso più cupo, altre volte scende al giallo ed al biancastro. La varietà di questa colorazione è in parte d’origine meteorica, in parte può dipendere dalla diversa natura del suolo, e sulle sue cause ancora non è possibile appoggiare ipotesi molto fondate. Neppure è nota la causa di questo predominio delle tinte rosse e gialle sulla superficie del vecchio Pyrois. Alcuno ha creduto di attribuire questa colorazione all’atmosfera del pianeta, attraverso alla quale si vedrebbe colorata la superficie di Marte, come rosso diventa un oggetto terrestre qualsiasi, veduto a traverso vetri di tal colore. Ma a ciò si oppongono più fatti, fra gli altri questo, che le nevi polari appajono sempre del bianco più puro, benchè i raggi di luce da esse derivati attraversino due volte l’atmosfera di Marte sotto una grande obliquità. Noi dobbiamo dunque concludere che i continenti marziali ci appajono rossi e gialli, perché tali veramente sono. 
Oltre a queste regioni oscure e luminose, che noi abbiamo qualificato per mari e continenti, e la cui natura ormai non lascia luogo che a poco dubbio, alcune altre ne esistono, veramente poco estese, di natura anfibia, le quali talvolta ingialliscono e sembrano continenti, in altri tempi vestono il bruno (anche il nero in certi casi) e assumono l’apparenza dei mari; mentre in altre epoche la loro colorazione intermedia lascia dubitare a qual classe di regioni esse appartengano. Quasi tutte le isole sparse nel Mare Australe e nel Mare Eritreo appartengono a questa categoria, così pure le lunghe penisole chiamate Regioni di Deucalione e di Pirra, e in contiguità del Mare Acidalio le regioni sognate coi nomi di Baltia e di Nerigos. L’idea più naturale e più conforme all’analogia sembra quella di supporre in esse vaste lagune, su cui variando le profondità dell’acqua si produca la diversità del colore, predominando il giallo in quelle parti dove la profondità del velo liquido è ridotta a poco od anche a niente, e il colore bruno più o meno oscuro nei luoghi dove le acque sono tanto alte da assorbire molta luce e da rendere più o meno invisibile il fondo. Che l’acqua del mare o qualsiasi acqua profonda e trasparente veduta dall’alto appaja tanto più oscura quanto maggiore è l’altezza dello strato liquido, e che le terre in confronto di esse appajano chiare sotto l’illuminazione del Sole, è cosa nota e confermata da certissime ragioni fisiche. Chi viaggia nelle Alpi spesso ha occasione di convincersene, vedendo dalle cime neri come l’inchiostro stendersi sotto i suoi piedi i profondi laghetti di cui sono seminate, in confronto dei quali luminose appajono anche le rupi più nereggianti percosse dal sole. 
Non senza fondamento adunque abbiamo finora attribuito alle macchie oscure di Marte la parte di mari e quella di continenti alle aree rosseggianti che occupano quasi i due terzi di tutto il pianeta, e troveremo più tardi altre ragioni che confermano tal modo di vedere. I continenti formano nell’emisfero boreale una massa quasi unica e continua, sola eccezione importante essendo il gran lago detto Mare Acidalio, del quale l’estensione pare mutarsi secondo i tempi e connettersi in qualche modo colle inondazioni che dicemmo prodotte dallo sciogliersi delle nevi intorno al polo boreale. Al sistema del Mare Acidalio appartiene senza dubbio il lago temporario denominato Iperboreo ed il Lago Niliaco: quest’ultimo ordinariamente separato dal Mare Acidalio per mezzo di un istmo o diga regolare, la cui continuità soltanto nel 1888 fu vista interrompersi per qualche tempo. Altre macchie oscure minori si trovano qua e là nella parte continentale, le quali potrebbero rappresentare dei laghi, ma non certo laghi permanenti come i nostri; tanto sono variabili d’aspetto e di grandezza secondo le stagioni, al punto da scomparire affatto in date circostanze. Il Lago Ismenio, quello della Luna, il Trivio di Caronte e la Propontide sono i più cospicui e i più durevoli. Ve ne sono di piccolissimi, quali il Lago Meride e il Fonte di Gioventù, che nella loro maggiore appariscenza non superano i 100 o 150 chilometri di diametro e contano fra gli oggetti più difficili del pianeta. 
Tutta la vasta estensione dei continenti è solcata per ogni verso da una rete di numerose linee o strisce sottili di color oscuro più o meno pronunziato, delle quali l’aspetto è molto variabile. Esse percorrono sul pianeta spazi talvolta lunghissimi con corso regolare, che in nulla rassomiglia l’andamento serpeggiante dei nostri fiumi; alcune più brevi non arrivano a 500 chilometri, altre invece si estendono a più migliaja, occupando un quarto ed anche talvolta un terzo di tutto il giro del pianeta. Alcuna di esse è abbastanza facile a vedere, e più di tutte quella che è presso l’estremo limite sinistro delle nostre carte, designata col nome di Nilosyrtis: altre invece sono estremamente difficili, e rassomigliano a tenuissimi fili di ragno tesi attraverso al disco. Quindi molto varia è altresì la loro larghezza, che può raggiungere 200 od anche 300 chilometri per la Nilosirte, mentre per altre forse non arriva a 30 chilometri. 
Queste linee o strisce sono i famosi canali di Marte, di cui tanto si è parlato. Per quanto si è fino ad oggi potuto osservare, sono certamente configurazioni stabili del pianeta; la Nilosirte è stata veduta in quel luogo da quasi cent’anni, ed alcune altre da trent’anni almeno. La loro lunghezza e giacitura è costante, o non varia che entro strettissimi limiti; ognuna di esse comincia e finisce sempre fra i medesimi termini. Ma il loro aspetto e il loro grado di visibilità sono assai variabili per tutte da un’opposizione ad un altra, anzi talvolta da una settimana all’altra; e tali variazioni non hanno luogo simultaneamente e con ugual legge per tutte, ma nel più dei casi succedono quasi a capriccio, od almeno secondo regole non abbastanza semplici per essere subito intese da noi. Spesso una o più diventano indistinte od anche affatto invisibili, mentre altre loro vicine ingrossano al punto da diventar evidenti anche in cannocchiali di mediocre potenza. La prima delle nostre carte presenta tutte quelle che sono state vedute in una lunga serie di osservazioni; essa tuttavia non corrisponde all’aspetto di Marte in alcuna epoca, perchè generalmente soltanto poche sono visibili di un tratto. 
Ogni canale (per ora chiamiamoli così) alle sue estremità sbocca o in un mare, od in un lago, od in un altro canale, o nell’intersezione di più altri canali. Non si è mai veduto uno di essi rimaner troncato nel mezzo del continente, rimanendo senza uscita e senza continuazione. Questo fatto è della più alta importanza. I canali possono intersecarsi fra di loro sotto tutti gli angoli possibili; ma di preferenza convergono verso le piccole macchie cui abbiamo dato il nome di laghi. Per esempio sette se ne veggono convergere nel Lago della Fenice, otto nel Trivio di Caronte, sei nel Lago della Luna, sei nel Lago Ismenio. 
L’aspetto normale di un canale è quello di una striscia quasi uniforme nera o almeno di colore oscuro simile a quello dei mari, in cui la regolarità del generale andamento non esclude piccole diversità di larghezza e piccole sinuosità nei due contorni laterali. Spesso avviene che tal filetto oscuro, mettendo capo al mare, si allarghi in forma di tromba, formando una vasta baja, simile agli estuari di certi fiumi terrestri: il Golfo delle Perle, il Golfo Aonio, il Golfo dell’Aurora, e i due corni del Golfo Sabeo sono così formati dalla foce di uno o più canali sboccanti nel Mare Eritreo o nel Mare Australe. L’esempio più grandioso di tali golfi è la Gran Sirte, formata dalla vastissima foce della Nilosirte già nominata; questo golfo non ha manco di 1800 chilometri di larghezza e quasi altrettanti di profondità nel senso longitudinale, e la sua superficie è di poco minore che quella del golfo di Bengala. In questi casi si vede manifestamente la superficie oscura del mare continuarsi senza apparente interruzione in quella del canale; quindi, ammesso che le superficie chiamate mari siano veramente espansioni liquide, non si può dubitare che i canali siano di esse un semplice prolungamento a traverso delle aree gialle, o dei continenti. 
Che del resto le linee dette canali siano veramente grandi solchi o depressioni delle superficie del pianeta destinate al passaggio di masse liquide, e costituiscano su di esso un vero sistema idrografico, è dimostrato dai fenomeni che in quelli si osservano durante lo struggersi delle nevi boreali. Già dicemmo che queste, nello sciogliersi appaiono circondate da una zona oscura, formante una specie di mare temporario. In tale epoca i canali delle regioni circostanti si fanno più neri e più larghi, ingrossando al punto da ridurre, in un certo momento, ad isole di poca estensione tutto le aree gialle comprese fra l’orlo della neve e il 60° parallelo nord. Tale stato di cose non cessa, se non quando le nevi, ridotte ormai al loro minimo di estensione, cessano di struggersi. Si attenuano allora le larghezze dei canali, scompare il mare temporario, e le aree gialle riprendono l’estensione primitiva. Le diverse fasi di questa grandiosa operazione si rinnovano ad ogni giro di stagioni ed i loro particolari si son potuti osservare con molta evidenza nelle opposizioni 1882, 1884, 1886, quando il pianeta presentava allo spettatore terrestre il suo polo boreale. L’interpretazione più naturale e più semplice è quella che abbiam riferito, di una grande inondazione prodotta dallo squagliarsi delle nevi; essa è interamente logica, e sostenuta da evidenti analogie con fenomeni terrestri. Concludiamo pertanto, che i canali son tali di fatto, e non solo di nome. La rete da essi formata probabilmente fu determinata in origine dallo stato geologico del pianeta, e si è venuta lentamente elaborando nel corso dei secoli. Non occorre suppor qui l’opera di esseri intelligenti; e malgrado l’apparenza quasi geometrica di tutto il loro sistema, per ora incliniamo a credere che essi siano prodotti dell’evoluzione del pianeta, appunto come sulla Terra il canale della Manica e quello di Mozambico ... "



La vita sul pianeta Marte 
Giovanni Virginio Schiaparelli 
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