giovedì 18 luglio 2024

Il verzellino spilucca i semi del basilico al limone

"Vividi volti voluttuosi vedono vivaci verzellini vocianti, varie vette variopinte varcano, volano verso volubili vergate ventose, visitano veicoli vetusti, vibrano voluminose vele volteggianti, vicino vigili ventresche virano versatili. "

Sciarada Sciaranti

Verzellino spilucca i semi del basilico al limone

Il testo soprastante, ripreso e riproposto oggi perché ispirato ai verzellini che con il loro canto colorano i miei risvegli da aprile a fine estate (Vedi Il verzellino arriva ad aprile), è il risultato di un gioco, organizzato dalla sempre splendida Sari di Voce di Vento intorno al 15 novembre 2021, in cui ogni concorrente doveva comporre una frase di senso compiuto formata solo da parole che iniziavano con la lettera V; molti di voi se lo ricorderanno. 

N.B. L'esemplare della foto dovrebbe essere un verzellino maschio 

E poi guardate che meraviglia la gibbosa crescente delle 21.06 di questo caldo 18 luglio 2024

Gibbosa crescente - 18 luglio 2024 - Sciarada Sciaranti

Buona continuazione d'estate mentre ci sciogliamo come ghiaccioli al sole!

lunedì 1 luglio 2024

La luna tra notte e giorno

Luna 1luglio 2024 - Sciarada Sciaranti

E nell'istante in cui la notte saluta il giorno la luna calante si pone in mezzo

Lieto luglio!

sabato 29 giugno 2024

29 di Junnio Anno Domini 1434

" Recordo Io Pauolo, che in nell’anno 1434. a dij 29. di Junnio li Romani pigliaro la Signoria di Roma, e gridavo viva lo Puopolo, e la Libertà, e fu di Sabato a 22. hore, e la notte vennero pigliaro lo Campituoglio, e dierno parecchie ferite allo Senatore e cacciarolo via, e poi se ne andaro in Trastevere dove stava Papa Eugenio, e pigliaro lo Camerlengo18, cioè lo Nepote dello Papa, e miserolo in prigione in Campituoglio. In questo die se partio lo Cardinale dell’Ursini e quello delli Conti, e miserosi in casa de’ Pavolo di Govio ... "

Memoriale - 1875
Paolo dello Mastro

San Pietro e San Paolo - 1577 - Juan Fernandez de Navarrete detto Il Muto - Monastero dell'Escorial - Spagna

San Pietro e San Paolo
1577 
Juan Fernandez de Navarrete detto Il Muto
Monastero dell'Escorial - Spagna


Lieta Festa di San Pietro e Paolo!

Per quanto riguarda la Barca di San Pietro vi lascio il link del reel dell'anno scorso: Barca di San Pietro 

Per ulteriori informazioni

lunedì 24 giugno 2024

Libera dal dolore il nepente

«ἔνθ᾽ αὖτ᾽ ἄλλ᾽ ἐνόησ᾽ Ἑλένη Διὸς ἐκγεγαυῖα:
αὐτίκ᾽ ἄρ᾽ εἰς οἶνον βάλε φάρμακον, ἔνθεν ἔπινον,
νηπενθές τ᾽ ἄχολόν τε, κακῶν ἐπίληθον ἁπάντων.»

"... Ma in altro Pensiero allora Elena entrò.
Nel dolce vino, di cui bevean, farmaco infuse
Contrario al pianto, e all'ira, e che l'obblio
Seco inducea d'ogni travaglio e cura..."

Odissea, Libro IV, v. 219-221
Omero
Traduzione Ippolito Pindemonte

Mentre le navi greche con il favore del vento riportano nei loro regni i vincitori della guerra di Troia, Ulisse che non ha paura dell'ira degli dei e paga lo scotto della sua astuta esuberanza, prima di riuscire a ritornare a Itaca, con i suoi compagni deve affrontare una serie di ostacoli che lo portano in giro per il Mediterraneo. Suo figlio Telemaco che nel palazzo reale con la madre Penelope vive l'asfissiante assedio dei Proci va alla corte di Menelao per aver notizie del padre è qui durante il banchetto di benvenuto tutti i convitati mostrano un momento di profonda costernazione per la mancanza di Ulisse che prontamente Elena, moglie di Menelao, cerca di alleviare offrendo loro del vino in cui è stato sciolto un farmaco, donatogli da Πολύδαμνα/Polidamna, moglie del nobile egiziano Θῶν/Tone, che ha la peculiarità di liberare dal dolore fisico e spirituale e che si chiama nepente dal greco νηπενθής/nēpenthḗs - che dissipa il dolore composto dal prefisso negativo νη/ne - non e da πενθές/pénthes forma aggettivale di πένθος/pénthos - affanno, cordoglio, dolore, lutto, tristezza, in cui ος viene sostituito con il suffisso ής per formare l'aggettivo che si lega in questo caso a φάρμακον/pharmakon - farmaco.
Il nepente, che nel corpus linguistico dell'Odissea è un ἅπαξ λεγόμενον/ápax legómenon - detto una sola volta del Libro IV, ha dato il suo nome alla nota pianta carnivora e nel corso del tempo è stato oggetto di vari studi per cercare di identificarlo con un'erba conosciuta anche senza la presenza di una pur minima descrizione morfologica.

Teofrasto si astiene dall'individuarla, Plutarco, Ateneo, Filostrato e Macrobrio sostengono che si tratti di un'allegoria simbolica:

" Se analizzi intimamente la nascosta saggezza di Omero, farai una scoperta interessante a proposito di quel calmante che Elena mescolò al vino,
che placa dolore ed ira e fa obliare tutti i mali:
non era un'erba, non una droga indiana, ma l'opportuna introduzione del racconto, che facendo dimenticare all'ospite la mestizia lo volse alla gioia. Infatti essa narrò le gesta gloriose di Ulisse alla presenza del figlio:
ciò che fece e sopportò il forte eroe.
Dunque esponendo la gloria del padre e le sue azioni coraggiose ad una ad una rese più lieto l'animo del figlio, e così si credette che a v esse mescola t o al vino un rimedio contro la mestizia. "

I Saturnali
Macrobio Teodosio
Traduzione Nino Marinone

Diodoro Siculo ha la convinzione che sia reale e che non rappresenti una semplice allegoria:

" ... Ed adducono altre prove della venuta di Omero, ed in particolare il medicamento che Elena diede a Telemaco nella casa di Menelao, e la bevanda per l'oblio dei mali passati: infatti, il farmaco che "dissipa i dolori ", che Elena prese a Tebe d'Egitto - così afferma il poeta - da Polidamna, moglie di Tone, è evidente che egli l'aveva esaminato accuratamente. Dicono ancora i sacerdoti degli Egiziani che anche oggi le donne di questa città fanno uso del suddetto potente medicamento, ed affermano che solo presso gli abitanti di Diospoli da tempi antichi è stato scoperto un farmaco che cura ira e dolore ... "

Biblioteca Storica I, 97-7
Diodoro Siculo
A cura di Giuseppe Cordiano e Marta Zorat

Plinio crede di averlo identificato nell'elenio, pianta di Elena madre di Costantino, ma noi non abbiamo la più pallida idea su quale sia l'erba che corrisponde all'elenio:

" All'elenio, nato, come si è detto, da Elena, si attribuiscono virtù cosmetiche: mantiene perfetta, nutrendola, la pelle femminile, sia del viso che del corpo. Inoltre dicono che il suo impiego conferisca alle donne bellezza e un fascino sensuale. A questa pianta attribuiscono, se bevuta con vino, un effetto esilarante, quello posseduto dal famoso nepente decantato da Omero, che faceva sparire ogni senso di tristezza. Il succo è dolcissimo. A chi soffre di ortopnea fa bene bere a digiuno, con acqua, la radice di
elenio, bianca e dolce all'interno. In pozione con vino si usa anche contro i morsi dei serpenti. Si dice anche che, tritata, essa uccida i topi. "

Storia Naturale Libro XXI
Plinio il Vecchio
Traduzione Anna Maria Cotrozzi

" Omero certo, la prima fonte delle scienze antiche, in altri casi pieno di ammirazione per Circe, in fatto di erbe ha concesso il primato all'Egitto quando l'Egitto non era ancora una terra irrigata, come poi divenne per l'accumularsi del limo del fiume. Comunque, egli racconta che erbe egiziane furono date in gran numero dalla moglie del re ' alla sua Elena, tra cui quel famoso nepente che fa dimenticare gli affanni e induce al perdono, e che Elena avrebbe certo dovuto offrire come bevanda a tutti i mortali. "

Storia Naturale Libro XXV
Plinio il Vecchio
Traduzione Paola Cosci

Galeno propende invece per l'Anchusa officinalis o buglossa comune perché ha la caratteristica di generare allegria, gioia ed eccitazione se aggiunta al vino.

Anchusa officinalis dal greco ἄγχουσα/ánchousa participio presente attivo del verbo ἄγχω/angchō - stringerepremere, riferito alle donne che dalla radice rossa di questa pianta ricavavano un belletto per truccarsi; più officinalis deriva latina di officina a indicare un prodotto da laboratorio farmaceutico. Per la conformazione delle foglie è definita Buglossa comune dal greco βούγλωσσον composto da βοῦς/bousbue e γλῶσσα/glossa - lingua. Popolarmente è conosciuta come buglossa volgare, erba di San Pietro perché la leggenda racconta che le chiavi del regno dei cieli abbiano la stessa forma; lingua bubola, lingua di bue, lingua di manzo, lingua di vacca; sugamiele; alkanet in inglese; originaria dell'area mediterranea appartiene alla famiglia delle Boraginaceae, può raggiungere gli ottanta centimetri di altezza, il fusto eretto o ascendete è ricoperto di peli e ramifica nella parte alta, le foglie opposte alterne, di un verde che vira al grigio sono lineari, lanceolate oblunghe, pelose e ruvide con i margini interi e ondulati, più grandi alla base del fusto, ridotte nella parte superiore, tendono a seccarsi durante la fioritura; i fiori tubulosi e stellati, melliferi e scorpioidi, riuniti in corimbi, sono divisi in cinque lobi azzurro-purpurei, si sviluppano alle ascelle e in cima alla pianta, il frutto è una tretanucola che rilascia 4 semi più larghi che lunghi, trasversalmente ovoidi o reniformi.

Nepente - Anchusa officinalis - XVIII - XIX secolo - Anonimo

Nepente - Anchusa officinalis - XVIII - XIX secolo - Anonimo


" Nasce la buglossa nelle pianure, e ne i luoghi arenosi. Cogliesi il mese di Luglio. Dicono, che quella, che produce tre fusti, tritandosi con il suo seme, e con la sua radice, giova bevuta contra al rigore della febbre terzana: e quella, che ne produce quattro, contra à quelli delle quartane: cuocesi nel vino. Dicono essere questa utile anchora alle posteme. E simile al verbasco e produce le sue frondi sue sparse per terra, le quali sono nere, e aspre, simili alle lingue de i buoi. Messe le frondi nel vino, rallegrano, e consolano l'animo.

Che ben considera l'historia, che della Buglossa scrive Dioscoride, ritrova manifestamente, che più presto si possa dire essere la nera Borragine nostra degli horti, che quella che notamente s'adopera nelle spetiarie, imperoche la Borragine produce parimente le frondi ( quantunque più nere ) simili nei lineamenti, e nella figura loro al verbasco, e parimente al simphito della seconda spetie, il qual dice Dioscoride che produce le sue frondi simili alla buglossa: le cui pungenti foglie sono sempre sparse per terra, aspre, e simili alle lingue dei buoi. Ma non però per questo nego io totalmente, che questa Buglossa commune, che nasce nelle campagne, non ne sia anchora ella una spetie: imperoche se bene le frondi del tutto non si simigliano; nel toccarle però, e nel gustarle sono una cosa medesima. Et quantunque l'una produca i fiori celesti, e l'altra porporei; si veggono essere però di sembianza non molto lontani, e in un medesimo modo produrre i recettacoli del seme: imo che nuovamente se ne semina à i tempi nostri ne gli horti una certa spetie, la quale chiamano domestica, stataci portata di Spagna, con foglie molto più larghe: la quale se ben del tutto non si rassembra al verbasco, come fa la borragine; nondimeno nella forma delle foglie si rassembra non poco alle lingue de buoi. Ma sia come si voglia, io concederò, che le virtù dell'una e dell'altra sieno molto simili, se bene in amendue non del tutto uguali. Ma non mancano alcuni, i quali sprezzando ogni ragione assegnata, vogliono che la Buglossa del commune uso sia per ogni modo una spetie d'echio, parendo loro, che con ogni sembianza se gli rassomigli. Et altri sono, che pensano che sia ella il Cusio. Ma io sono assai lontano dalla opinione di costoro, come con efficaci ragioni ho insegnato, e scritto à i proprj luoghi. Che poi la Borragine possa agevolmente essere la vera Buglossa, si può provare per Avicenna, il quale nel II. libro de suoi canoni ne scrisse con queste parole. La Buglossa è una herba larga: le cui frondi sono come d'Almaru, aspre al toccarle: e i suoi rami sono anchor essi aspri, come i piedi delle locuste. Et quella è ottima, che nasce in Corascemi, che produce le sue frondi grosse: sopra le quali sono certi punti, i quali sono la base, e la radice delle spine, e de i peli, che nascono sopra quelle. Il che così manifestamente si vede nelle frondi della Borragine, che non si può negare, che d'altra, che di lei intendesse Avicenna. Ne per altro la scrisse egli, se non perché al tempo suo in cambio della vera Buglossa s'usava una altra herba. Et imperò dìceva poi: Quella, che si ritrova in questo paese, e che usano i medici, è per la più parte spetie d'Amaru, e non è la Buglossa, ne di quel giovamento, tutto questo disse Avicenna. Onde habbia la Buglossa acquistato il nome di Borragine, agevolmente si può farne coniatura da spulcio, il quale nel suo libro de i medicamenti dell'herba scrive che i Lucani chiamano la Buglossa, per havere proprietà grande nelle passioni del cuore, Coragine, onde può esser agevolmente accaduto, che corrompendosene col tempo il nome, sia stato permutato il C, in B. Le quali tutte ragioni manifestamente dimostrano, che la vera, e legittima Buglossa sia finalmente la Borragine. Nasce adunque la Borragine con foglie larghe, ma non del tutto tonde, ruvide, con molte bolle, armate di sottilissime spine, le quali fanno tutta la pianta rigida, e pungente. Il gambo produce ella alto un gombito, e qualche volta maggiore, carnoso, concavo, e per tutto spinoso, con molti rami. I fiori ha ella à modo di stella d'un vivido celeste colore, se ben si truova di quella, che lo fa bianco, dal mezo del quale, esce una punta nera, ma non però pungente, con seme nero, e strisciato. Ha la radice bianca grossa un dito, al gusto, dolce, e viscosa. Nasce ne gli horti per se stessa, e così copiosa, che malagevolmente se ne può respirare. Ma la Buglossa volgare produce le foglie più lunghe della Borragine, pelose, e ruvide, e minutamente spinose, il gambo alto più di un gòmbito, tondo, e parimente spinoso, dal quale escono più, rami che rimirano alla cima, nelle cui sommità nascono i fiori porporei minori che di Borragine, la radice fa ella come di Borragine, ma con più grossa corteccia. Trovansene di tre spetie una di domestica e due di silvatica. La domestica ha le foglie ben grandi e maggiori di quelle della Borragine. La prima delle salvatiche più volgare, che nasce per tutto ha le foglie maggiori della seconda, e i fiori porporei, i quali nell'altra sono neri, e le foglie minori. Hanno tutte le Buglosse insieme con la Borragine virtù mirabile in tutti i difetti del cuore, e ne i morbi malinconici, spetialmente le loro decottioni fatte così nell'acqua come nel vino. La radice della Buglossa vuolgare trita con aceto guarisce ungendosene la rogna. ll succhio cavato da tutta la pianta bevuto, vale contra li veleni, econtra le morsure di tutti gl'animali velenosi . L'acqua distillata data à bere, vale à coloro che vaneggiano nelle febbri, e giova, e mitiga l'infiammagioni de gl'occhi applicata tanto di dentro quanto di fuori. Commemorò la Buglossa Galeno al VI. delle facultà de semplici, così dicendo. La Buglossa è nel temperamento suo calida, e humida: e però si crede, che messa ne vino, faccia rallegrare, Cotta nell'acqua melata, giova alla tosse causata dall'asprezza delle fauci . Chiamano i Greci la Buglosa Beglooson: i Latini, Buglossum, e Lingua bubula: gli Arabi, Lifen althaur, e Lefan althaur: i Tedeschi, Burretsch: li Spagnoli, Borraia, e Borraiens: i Francesi , Borrache. "

Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli

Nepente - Anchusa azurea

Nepente - Anchusa azurea

Sorella dell'anchusa officinalis appartenente alla stessa famiglia e dello stesso genere stabilito da Linneo è l'Anchusa azurea Mill., Anchusa angustifolia L. dal greco ἄγχουσα/ánchousa participio presente attivo del verbo ἄγχω/angchō - stringere, premere, riferito alle donne che dalla radice rossa di questa pianta ricavavano un belletto per truccarsi; più azurea dal latino medievale lazur, lazulum riferito al persiano läžwärd attraverso l'arabo lāzwardī che adatta il sanscrito rājāvarta - lapislazzuli, pietra azzurra che ricorda il colore dei fiori. Per la conformazione delle foglie è definita Buglossa azzurra dal greco βούγλωσσον composto da βοῦς/bous - bue e γλῶσσα/glossa - lingua.
Popolarmente conosciuta come anchusa italica - borai salvadegh, buglossa azzurra, erba perla azzurra, fior di Cervia, lingua bubula, lingua di bue; lingua di manzo, lingua di vacca; italienische Ochsenzunge in tedesco; italiensk oxtunga in svedese; buglosse d'Italie in francese; può raggiungere l'altezza di un metro, il fusto eretto è irsuto, ispido e ramifica nella parte alta, le foglie opposte alterne, verdi nella pagina superiore e più argentee in quella inferiore sono lineari, oblanceolate, oblunghe, irsute e ispide con i margini interi e ondulati, più grandi alla base del fusto, ridotte nella parte superiore, tendono a seccarsi durante la fioritura; i fiori tubulosi e stellati, melliferi e scorpioidi, riuniti in corimbi, sono a cinque petali azzurro violacei, si sviluppano alle ascelle e in cima alla pianta, il frutto è una tretanucola con semi bianchi o grigi, più lunghi che larghi, ovoidali e crestati con un anello basale liscio o ondulato. 
L'anchusa nel dizionariO universale economico rustico del 1897 è descritta così: 

" Buglossa, lat. Buglossum, fr. Bouglose. Questa pianta si semina negli orti per le proprietà medicinali che contengonsi nella foglia e nella radice. Serve in economia per medicare i cavalli. Tagliata minuta è di pascolo ai piccoli gallinacci; coi fiori si guarniscono le insalate e col sugo si dà la tempra all’acciajo o al ferro. La sua radice è vivace, della grossezza d’un dito mignolo: gli steli si alzano a due piedi circa, ramosi, cilindrici, carichi di peli ruvidi e sparsi. Le foglie sono alterne, lanceolate, assai puntute non increspate come quelle della borraggine, ma guarnite come queste di peli da ambe le parti: ne differisce essenzialmente per li fiori che sono d’un sol pezzo, infundibuliformi, d’un azzurro porporino. Quando è in fiore fa un bel vedere. Le foglie bollite nell’acqua con dell’ allume danno un bel color verde. Si trova comunemente anche nelle campagne, nelle sponde delle strade e a prima vista si crede borraggine, alla famiglia della quale appartiene e con essa si adopra nella medicina o le si sostituisce avendone le stesse proprietà. La sua decozione nel latte è utile nella dissenteria. Se ne distinguono più specie o varietà. "

Dizionario universale economico rustico

Nepente - Anchusa azurea

Nepente - Anchusa azurea

I giovani fiori delle anchuse hanno il succo cellulare acido che colora i petali di rosa, i fiori più maturi se il succo cellulare è neutro assumono una colorazione che vira verso il viola mentre se è alcalino vira verso l'azzurro. Nel linguaggio dei fiori rappresenta le bugie e le menzogne perché quel belletto rosso, che si ricava dalle sue radici e che ricopre i visi delle donne, nasconde la verità.
Un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di San Giovanni, entrambi i numeri sono sacri.

" Nel paese degli aranci, nell’ora in cui il giorno di Dio declina, quando i pescatori, avendo tese le loro reti, tirano le barche al ricovero delle rocce, e che lasciando di spogliare i rami, sulla testa o sul fianco le giovani, aiutandosi, caricano le loro ceste piene. Dalle rive ove l’Argens serpeggia, dai piani, dalle
colline, dai sentieri, nelle lontananze s’innalza un lungo coro di canzoni. A\a belati di capre, canti d’amore, arie di zampogne, a poco a poco nelle montagne brune si perdono e regna l’ombra e la malinconia. Delle Marie che sparivano così si spegnevano le parole. si spegnevano a poco a poco, di nube d’oro in nube d’oro, simili a un’eco di cantico, simili a una musica lontana che al disopra della
chiesa antica, se ne sarebbe andata colla brezza...
...O Sante, belle marinare, che avete scelte le nostre paludi per innalzarvi in aria la torre ed i merli Della vostra chiesa bionda, come farà nella sua barca il marinaio quando il mare s’agita, se prontamente voi non gli mandate la vostra buona brezza? Come farà la povera cieca? Ah! non vi è né salvia né buglossa che possano guarirla dalla sua sorte lacrimevole, e senza dire una parola ella resta tutto il giorno a
ripassare la sua triste vita. O Sante, rendetele la vista, perché l’ombra, e sempre l’ombra, è peggiore della morte ... "

La morte di Mirella - 1911
Anonimo
Traduzione dall'occitano di Emanuele Portal

Nepente - Anchusa azurea

Nepente - Anchusa azurea

Oltre a quelle già elencate si è provato a identificare il nepente anche con la borragine, il caffè, la cannabis, la datura, il giusquiamo, l'oppio e lo zafferano ma i pro e i contro non giocano a loro favore, per cui credo che il suo fascino misterioso rimarrà tale per sempre.

Lieta Festa di San Giovanni!

N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.

Per chi è interessato
Brucia con le coccole il legno di ginepro

domenica 23 giugno 2024

Becca il pelargonio la cicogna

" La città è circondata di giardini, i quali verso la fine di aprile e il principio di maggio si coprono d’una miriade di tulipani, di giacinti, di garofani, di auricole, d’anemoni, di ranuncoli, di camelie, di primavere, di cacti, di pelargonii, che formano intorno ad Haarlem una immensa corona cui i viaggiatori di tutte le parti del mondo rapiscono un mazzetto passando. "

Olanda - Haarlem - 1876
Edmondo De Amicis

Pelargonium graveolens infiorescenze e foglie

I pelargonii giungono in Europa alla fine del XVIII secolo dal Capo di Buona Speranza e in Italia Guido Carocci ci dice che nell'ottocento a Firenze era piuttosto nota una collezione coltivata, nell’annesso giardino di Villa Baldi, dal Prof. medico illustre Pietro Betti di Mangona.
Inizialmente i pelargonii vennero inseriti nel genere geranium, ma ad una più attenta valutazione si capì che, pur appartenendo alla stessa famiglia delle Geraniaceae,  dovevano essere scorporati da quel genere poiché, per quanto simili, avevano delle caratteristiche morfologiche diverse dai gerani ed ecco che questi meravigliosi fiori africani, per la particolare conformazione a becco di cicogna dei loro frutti, furono inclusi nel genere pelargonium, dal greco πελαργός/pelargos - cicogna, che conta oltre 280 specie e oggi quelle che nella propria denominazione conservano la primitiva impronta creano d'impatto una certa confusione nella comprensione della loro appartenenza. 
Nel dizionario generale di scienze, lettere, arti, storia, geografia del 1848 il pelagornium è descritto così:

" Genere di piante appartenente alla monadelfia eptandria del sistema sessuale, alla famiglia delle geraniacee e che è stato staccato dal genere geranium di Linneo, dal quale distinguesi per i caratteri seguenti: calice spartito in cinque lacinie, di cui la superiore termina in uno sperone ovvero in un tubo nettarifero scorrente lungh'esso il peduncolo a cui aderisce; petali cinque, raramente quattro, più o meno irregolari; dieci filamenti disuguali, dei quali quattro o sette fertili, gli altri sterili; dieresili a cinque logge, rostrata colle appendici barbate internamente e ravvolte a spirale dopo la deiscenza. - Cotesto genere (il cui nome deriva dal greco Teλaрyos (cicogna) allusivo al prolungamento a guisa di becco, che termina il frutto) comprende un numero grandissimo di specie, la maggior parte native del capo di Buona Speranza, e che ascendono oggidì quasi a quattrocento, fra le quali però più della metà sono ibridi o varietà, nate talune nella loro patria stessa e più spesso nei giardini dove sono generalmente coltivate. Parecchi hotanici, fra i quali Sweet e De Candolle, sonosi adoperati a distinguere le vere specie ed a distribuirle in sezioni onde facilitarne lo studio; ma quest'opera, che tutti dicono difficilissima, è finora rimasta imperfetta, imperocchè le varietà e gli ibridi, in grazia dei loro fiori più ampi, più vistosi e più singolari, sono assai più ricercate dagli amatori e propagate che non le specie genuine. Alcune di queste piante, che hanno le radici tuberose e i fusti erbacei, si propagano per semi o per separazione dei tuberi; ma la maggior parte sendo piccoli suffrutici di legno molle e molto acquoso in giovinezza, si sogliono care per talee, le quali possono farsi da luglio sino a settembre e ben anche in altri tempi, mediante le cure volute dalla stagione; dopo un mese all'incirca le talee possono trapiantarsi in vaso. Siccome la vegetazione di queste piante dura per tutto l'anno esse debbonsi ritirare nello stanzone sul finire del mese d'ottobre, onde averle in fiore anche durante la fredda stagione. - Noi qui faremo parola soltanto di alcune specie genuine, le quali sono tuttora ricercate dagli amatori per qualche loro pregio. "

Dizionario generale di scienze, lettere, arti, storia, geografia - 1848

Pelargonium graveolens fiore

Il pelargonium graveolens, in cui graveolens deriva da grávis - greve che emana un odore intenso, conosciuto scientificamente anche come Pelargonium terebinthinaceum e Geranium terebinthinaceum Cav., volgarmente detto becco di cicogna, geranio africano, geranio dei floricoltori, malva rosa, epiteto che condivide con l'alcea rosea, e pelargonio; è caratterizzato da foglie profumatissime, in Marocco si chiama ätarcha o mâatercha ed è usato per  aromatizzre il tè mentre a Cipro dove prende il nome di kiouli è adoperato per aromatizzare lo sciroppo di zucchero per le conserve di albicocche - glyko tou koutaliou hrisomilo.

" ... Il macacco aprì la bocca, battè le palpebre, attorcigliò la coda, tutto animandosi internamente al suono della gavotta Louis XIII, di Victor Felix. Quel voluttuoso ondeggiamento di danza d’amore moveva l’aria e la testa di Natalia, per ritmo. La luce nella stanza era dolce; il profumo squisito dei pelargonii entrava dai vasi del balcone aperto ... "

Gabriele D'Annunzio - San Pantaleone - 1886

Può raggiungere il metro e mezzo di altezza, il fusto è eretto, arrotondato e pubescente con varie ramificazioni, le foglie con 5 o 7 lobi, picciolate e ricoperte di peli ghiandolari, che le rendono vellutate, sono incise ed hanno i margini frastagliati; i fiori a cinque petali di cui 2 più grandi, raccolti in ombrelle, sono rosa con venature che virano verso il fucsia; i frutti sono lunghi e curvati, ricordano il becco delle cicogne e contengono dei piccoli semi neri.

" ... la carovana si rimise in moto procedendo attraverso a quella vasta pianura erbosa coperta qua e là di splendidi fiori, fra i quali spiccavano le pelargonie somiglianti alle dalie europee... "

Il continente misterioso - 1894
Emilio Salgari

Pelargonium graveolens fiore

Il suo olio essenziale denominato olio di geranio, contiene citronellolo, geraniolo, forminato di citronella, isomentone, linalolo, nerolo, tiglato di geranile; per le sue proprietà, antidepressive, antimicotiche, antinfiammatorie, antirughe, antisettiche, antismagliature, astringenti, cicatrizzanti, drenanti, emostatiche, lenitive, seboregolatrici, stimolanti del sistema linfatico, tonificanti, è  usato in aromaterapia in caso di acne, artrite, astenia, bruciature, colon irritabile, congestione linfatica diabete, disturbi mestruali, dell'apparato uterino.del fegato, del pancreas e del sistema endocrino, eczemi, emorroidi, ferite, gastroenteriti, glicemia, impetigine, mal di gola, massaggi drenanti, micosi, nevralgie, osteoartrite,  pelle grassa e secca, pori dilatati, piede dell'atleta, varici, vesciche.
È  un insettifugo naturale e in cucina si utilizzano i fiori e le foglie più tenere nelle insalate, marmellate, salse, sciroppi, sorbetti e torte.

" ... Terminata la raccolta delle radici, Niro-Warranga le trasportò nel dray, poi risalì a cassetta e la carovana si rimise in moto procedendo attraverso a quella vasta pianura erbosa coperta qua e là di splendidi fiori, fra i quali spiccavano le pelargonie somiglianti alle dalie europee, e fichi di formio ... "

Il continente misterioso - 1894
Emilio Salgari

Nel linguaggio dei fiori rappresenta la follia d'amore e un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di San Giovanni, entrambi i numeri sono sacri.

" ... Adesso mentre l’ombra violacea invadeva il verde delle onde e correva lungo la costa, di paesello in paesello, spegnendo, una dopo l’altra, le bianche case lucenti, egli era appunto seduto sul suo trono e si teneva sulle ginocchia la piccola Maria, mentre Franco, sulla terrazza, annaffiava i vasi di pelargoni, pieno il cuore e il viso di contentezza affettuosa come se versasse da bere a Ismaele nel deserto ... "

Piccolo mondo antico - 1896
Antonio Fogazzaro

N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.

Per chi è interessato
Brucia con le coccole il legno di ginepro

giovedì 20 giugno 2024

Fuoco d'estate

Il solstizio d'estate, alle 22.50 di questo 20 giugno 2024, tenendoci per mano ci accompagna nella stagione estiva, è iconograficamente raffigurato da un giovane uomo che si denuda investito dal caldo mentre la stagione che introduce è descritta da una giovane donna dall'aspetto robusto per rappresentare la forza del caldo che matura i frutti nati dai delicati fiori primaverili. 

" ... Dopo la primavera l’anno, divenuto più robusto,
trapassa nell’estate e diventa un giovane vigoroso:
infatti, non c’è stagione più gagliarda né più fruttuosa né più ardente ..."

Le Metamorfosi - Libro XV
Ovidio
A cura di Nino Scivoletto

È coronata da una ghirlanda di spighe di grano, il sole si trova nel punto più alto della volta celeste e lei lo indica con l'indice della mano sinistra con cui tiene un mazzo di spighe di cui porta l'aureo colore nell'abito matronale che indossa, con la mano destra sostiene una fiaccola infuocata dal tempo estivo.

" ... Quando poi sorgerà la belva nemea a spalancare la voragine delle fauci,
balza su il Cane e latra fiamme la Canicola
e imprigiona nel suo fuoco e raddoppia l'incendio del sole.
E come essa appicca alla terra questa fiaccola ed emette i suoi
raggi ... "

Astronomica - Libro V
Manilio
Traduzione Riccardo Scarcia

Estate - Le stagioni dell’anno - Cesare Ripa - Jean Baudoin - 1677

Estate - Le stagioni dell’anno - Cesare Ripa - Jean Baudoin - 1677

Ed è così descritta da Ovidio nelle Metamorfosi:

" .... una donna il cui viso arde, e risplende
V'é, che di varie spighe il capo ha cinto.
Con un specchio che al Sol il fuoco accende
Dove il suo raggio è ribattuto e spinto.
Tutto quel che percuote in modo offende,
Che resta seco, strutto, arso, e estinto.
Ovunque si riverberi, e allumi
Cuoce l'herbe, arde i boschi, e secca i fiumi. "

Le Metamorfosi - Libro II
Ovidio
Traduzione Giovanni Andrea dell'Anguillara

Ben sapete che ognuno di noi ha il proprio linguaggio peculiare che come il DNA ci contraddistingue e dulcis in fundo vorrei ringraziare chi da tanti anni mi segue, mi scrive e ha imparato a riconoscere il mio codice espressivo tanto da capire anche quando è usato e venduto in altri luoghi. Ciò dimostra, come ho sempre pensato e detto, che la gente non è stupida, percepisce l'innaturalità e le forzature, non ci casca e sa benissimo quando si trova davanti a spocchiosi arrivisti arroganti e furbastri; senza offesa, sto solo definendo un dato di fatto.

A breve il link del reel sul solstizio d'estate

Felice solstizio, lieta estate a voi tutti e un grande abbraccio!

Per ulteriori informazioni



martedì 18 giugno 2024

Addolcisce la molle malva

" ... alcune piante pare che si trasformino, e altre per opera, a della coltivazione si cambiano e allontanano dalla loro natura, come la malva fatta crescere alta o divenuta arborescente, il che avviene non già in lungo tempo, ma in sei o sette mesi, e per lunghezza e grossezza diventa come un'asta, onde può servire anche da bastone; e in proporzione cresce poi anche di più con maggior tempo ... "

La storia delle piante
Teofrasto
Traduzione Filippo Ferri Mancini

Malva Sylvestris

Teofrasto ci spiega che quando la malva assume un aspetto arborescente anche con i suoi steli così come con quelli del verbasco si possono costruire dei bastoni. 
I fiori di questa affascinante erba officinale che hanno la caratteristica di seguire il cammino del sole fanno di lei una pianta eliotropica; al tempo degli antichi romani e degli egizi era apprezzata in cucina:

" ... io mi nutro di olive, di cicoria e di malve facili a digerire. 
Ofiglio di Latona, concedimi di godere quello che mi son procacciato, 
in buona salute, e soprattutto, ti prego, con la mente sana, e di vivere una
vecchiezza non incresciosa, né priva del conforto della lira .. "

Odi - XXXI
Quinto Orazio Flacco
A cura di Tito Colamarino e Domenico Bounione

" ... non discenderebbe più saporita nel ventre mio la gallina faraona o il francolino
ionico, che L'oliva còlta dai rami stracarichi della pianta, o L'erba del romice
amante dei prati, e le malve, che fanno bene allo stomaco aggravato, o
L'agnella uccisa nelle feste Terminali, o il capretto strappato dalla bocca del lupo .. "

Epodi - II
Quinto Orazio Flacco
A cura di Tito Colamarino e Domenico Bounione

" ... La tavola a forma di sigma ammette sette commensali: siamo sei; possiamo aggiungere Lupo. La fattoressa mi ha portato delle malve buone per scaricare il ventre e vari prodotti dell’orto. Tra essi troverai la lattuga sessile, il porro tagliato, la menta che provoca i rutti e l’erba afrodisiaca5; fette di uova sode faranno da contorno a sgombri avvolti in foglie di ruta; ... "

Epigrammi - Libro IX - XLVIII
Marziale
A cura di Giuseppe Norcio

 mentre apprendiamo da Giamblico che Pitagora: 

 " ... prescriveva l'astensione dalla malva, essendo questa la prima messaggera e annunciatrice della simpatia tra le cose celesti e le terrene ... " e in quanto tale rappresentava un ostacolo per la liberazione dal saṃsāra ciclo di vita, morte e rinascita.

Vita Pitagorica
Giamblico
A cura di Luciano Montoneri

Ippocrate ne consigliava l'uso per le proprietà emollienti e lassative e per Plinio era una sorta di panacea:

" La malva, sia coltivata che selvatica, è fatta segno di grandi elogi. Di ciascuna specie si distinguono due qualità in base alla grandezza delle foglie. Delle specie coltivate i Greci chiamano malope quella di maggiori dimensioni, e l'altra ritengono sia detta malache per il suo effetto emolliente sull'intestino. Invece, di quelle selvatiche, la qualità a foglia grande e radici bianche si chiama altea (plistolochia per alcuni, a causa delle sue eccellenti virtù medicamentose). Le diverse specie di malva rendono più grassi tutti i terreni in cui vengono piantate. Sono efficaci contro tutte le punture da aculei, soprattutto quelle di scorpioni, di vespe e insetti consimili, e quelle del toporagno. Anzi, evita di essere punto chi si sia preventivamente asperso con malva tritata di qualunque tipo insieme con olio, oppure chi la tenga su di sé. Gli scorpioni coperti con una foglia di mal va restano inerti. Questa pianta agisce anche contro l'avvelenamento da psimizio. Applicata cruda con schiuma di nitroz fa uscire qualunque aculeo; invece bollita con la propria radice dà una pozione che annulla il veleno della lepre marina, a patto che, come certuni affermano, si provochi il vomito. Della malva sono riportate anche altre sorprendenti proprietà, ma la più rilevante è quella di preservare da ogni malattia chi beva ogni giorno mezzo ciato di succo di malva, selvatica o coltivata che sia. Quest'erba guarisce, se fatta macerare nell'orina, le ulcere sierose della testa; se unita a miele, la fungosi e le piaghe della bocca; la radice, bollita a lungo, è un rimedio contro la desquamazione della testa e i denti malfermi. La radice della malva a stelo unico si usa per punzecchiare tutt'intorno un dente che duole, finché non cessa di far male. Sempre questa pianta guarisce le scrofole e la parotite e, con l'aggiunta di saliva umana, i pani, senza provocare ferite. I semi, presi in pozione con vino nero, liberano dalla pituita e dalla nausea. La radice, portata come amuleto avvolta in lana scura, è utile in caso di affezioni alle mammelle, mentre bollita nel latte e ingerita come una minestra guarisce dalla tosse in cinque giorni. Sestio Nigra dice che la malva, sia selvatica che coltivata, è dannosa per lo stomaco; secondo Olimpiade di Tebe provoca l'aborto, qualora sia unita a grasso d'oca; alcuni ritengono che una manciata di foglie di malva prese in olio e vino provochi il flusso mestruale. Ad ogni modo risulta che le partorienti sgravano più rapidamente se sotto di loro si pongono delle foglie di malva, le quali immediatamente dopo il parto devono essere tolte per evitare che venga espulso anche l'utero. Alle partorienti si fa bere anche, a digiuno, del succo ottenuto facendo bollire in vino un'emina di malva. Addirittura, a chi soffre di gonorrea si lega come amuleto al braccio una certa quantità di semi di malva; questa è a tal punto venerea» che secondo Senocrate i semi della specie con un solo gambo usati per curare i disturbi femminili aumentano all'infinito il desiderio sessuale, e lo stesso effetto hanno tre radici legate vicino al sesso. Inoltre lo stesso autore afferma che contro il tenesmo e la dissenteria sono utilissimi clisteri di mal va, così come contro i disturbi dell'ano, per i quali quest'erba è adatta anche in fomento. Con la malva si cura anche l'atrabile, somministrando tre ciati di succo tiepido, mentre quattro ciati è la dose per i malati di mente; agli epilettici si dà il succo di un'emina di malva bollita: questo preparato si usa anche, tiepido, per fare impacchi in caso di calcoli, di flatulenze, di coliche, oppure di opistotono. Le foglie bollite in olio si applicano sulle parti del corpo interessate da fuoco sacro o da ustioni; crude e unite a pane curano le infiammazioni delle ferite. Il decotto di malva fa bene ai tendini, alla vescica, e in caso di dolori lancinanti all'intestino. Sia come alimento, sia in infuso, la malva distende l'utero. Il decotto rende più agevole il passaggio dell'olio nell'intestino. "

Storia Naturale - Libro XX
Plinio il Vecchio
Traduzione Francesca Lechi

Malva Sylvestris

Malva sylvestris dal greco μάλᾰ χη/malá khe, analogo a μᾰ λάσσω/ma lásso dalla radice μάλ/mal che sta per rammollire, rendere molle, addolcire, mitigare, placare, in relazione alla sua azione emolliente, e dal latino silva - selva pari a silvestre.
A ciò si aggiunge una tradizione medievale suggestiva che lega la malva a male va cioè a scaccia il male con le sue proprietà officinali; ritenute all'epoca antiafrodisiache; nel Capitulare de villis vel curtis imperii di Carlo Magno era descritta tra le erbe che dovevano essere coltivate nei giardini e in Bretagna dai suoi filamenti si ricavava un filato con cui veniva tessuta la tela di rensa. La radice fungeva da spazzolino e accuratamente pulita la si faceva masticare ai bambini durante la dentizione. Alberto Magno, nel suo Secreta mulierum e virorum, scriveva " Fac eam mingere super quandam herbam quae vulgo dicitur malva de mane; si sit sicca, tunc est corrupta" ovvero il rito infallibile per comprovare la verginità di una donna era quello di farla urinare sulla malva che si seccava deponeva a sfavore della malcapitata. Per la dottrina delle segnature il fusto peloso la rendeva consona alla ricrescita dei capelli anche se nel Rinascimento era appellata come omnimorbia - rimedio per tutti i mali.

" Sono due spetie di Malva, una domestica, e l'altra saluatica. La domestica è più convenevole per mangiarsela ne i cibi, che non è la salvatica , come ch'ella sia inutile allo stomaco. Lenisce il corpo, ma molto più lo fanno i suoi fusti . E utile la malva alle interiora, e alla vescica. Le sue foglie crude masticate con un poco di sale, e fattone impiastro con mele guariscono le fistole lagrimali: ma nel saldare la cicatrice s'usano poscia senza sale. Giovano così applicate medesimamente alle punture delle api, e delle vespe; e però chi s'unge con la malva pesta cruda insieme con olio, non può esser punto da loro. Fattone impiastro con orina humana mondifica la farfarella, e l'ulcere del capo, che menano, Le frondi della malva lesse peste, e applicate con olio medicano alle cotture del fuoco, e al fuoco sacro, Sedendosi nella sua decottione mollifica le durezze de i luoghi secreti delle donne: e facendone cristeri giova à i rodimenti delle budella, del sedere, e della madrice. Giova la decottion della malva fatta insieme con le sue radici bevendola à tutti i veleni mortiferi: ma bisogna che coloro, che la beono, continuamente la vomitano. Vale medesimamente à morsi de i ragni, che chiamano phalangi, e provoca il latte. Il seme bevuto nel vino insieme con quello del loto salvatico mitiga i dolori della vescica.

E la Malva una delle più volgari, e più conosciute herbe, che si ritrovino tra le piante, nondimeno gl'antichi usarono di seminarla ne gli horti, percioche a loro era ella ordinariamente in uso ne i cibi. Ritrovarsene di più spetie: imperoche quella, che cresce in albero, non è altro, che Malva commune tirata con artificiosa coltura, come recita Theophrasto al V. cap. del I. libro dell'historia delle piante, così dicendo. Sono alcune piante, che per il coltivare diventano diverse, e s'allontanano dalla natura loro, come è quella Malva, che cresce in alto, e si trasforma in albero, il che veramente non si fa con lungo tempo, ma in sei, over sette mesi, di modo ch'ella può così crescere alla lunghezza, e grossezza d'una hasta, il perché comodamente s'usano i suoi fusti per bastoni: quantunque in più lungo tempo assai più cresca. Questo tutto della Malva arborea scrisse Theophrasto. Appresso di Plinio al III. cap. del XIX. libro oltre alla Malva, che in Arabia cresce in albero in sette mesi, e fansene bastoni, si legge d'un altra Malva arborea, che nasce in Mauritania appresso Lixo castello, dove si dice essere stati gli horti delle Hesperidi d'altezza di venti piedi, e di grossezza di più dell'abbracciare d'un uomo, e di questa medesima grandezza dice ritrovarsi parimente del canape. Di Malva arborea vidi già io in su la riva del Benaco nella villa di Grignano alcune piante bellissime e grandi, fatte per arte in un chiostro di Frati di san Francesco. E similmente spetie di Malva quell, che essendo hoggi fatta volgare à tutti gli horti d'Italia, cresce alta com'un arboscello, con fusto grande, tondo simile à un bastone, et con foglie ben larghe, rare, e all'intorno dentate, quantunque quelle, che sono su per il gambone, sieno più piccole, e del tutto simili alla malva volgare: produce i fiori in cima, e su per il gambo, grandi simili alle rose, ma più folte di foglie, Enne di diversi colori, peroche alcune nel porporeo acceso nereggiano, altre sono bianche, e altre incarnate, di modo che così nella forma, come nel colore imitano le rose; durano questi fiori assai più lungo tempo delle rose, ma sono inutili e senza veruno odore. Produce la radice lunga vencida, e arrendevole, come quella dell'althea. Questa adunque non è cosa che prohibisca, che non si possi chiamare malva maggiore, quantunque sieno alcuni che la chiamano matita arborea, ma errano, imperoche come fa testimonio Galeno al VII. cap. del X. libro delle facultà de semplici I.... non è altro che l'althea, quantunque mi scrivesse gl'anni passati l'Eccellentissimo medico M. Giovangiordano, che la malva arborea nasceva copiosa ne i lidi del mare di Genova, ma non però ho possuto fin hora ottenerla da lui. La terza malva poi da me prima non più veduta, mi fu mandata dal diligentissimo semplicista M. Francesco Calzolari Veronese spetiale alla campana doro, di cui è qui la figura. La radice della malva commune secca, e macerata un giorno nell’acqua, e involtata in una carta bagnata, e cotta sotto la cenere calda, e di nuovo riseccata, leva via fregandosene la ruggine, e il gesso de i denti. La decottione della malva gargarizata, toglie la ruvidezza delle fauci, e del gorgozzule. Le foglie cotte ne i cibi rischiarano la voce rauca, e aggiuntovi olio, sale, è boturo fresco, muovono il corpo. Le foglie trite con foglie di salice, s impiastrano utilmente sopra tutte l'infiammagioni, e spetialmente à quelle delle ferite e trite con porri, e cipolle sopra i morsi de i serpenti velenosi, il succhio distillato caldo nell' orecchie, ne leva via ogni dolore, la decottione della malva, e delle radici, cotte fin che diventi mucilaginosa si da con manifesto giovamento à bere alle donne, che stentano à partorire, e il medesimo fa meza libra del succhio loro, bevuto caldo; il seme trito, e bevuto con vino vermiglio, vale, alla nausea dello stomaco. Cotti i germini della malva, e mangiati con olio, sale, e aceto à modo dì sparagi nel principio del mangiare, muovono commodamente il corpo. Dassi il succhi della malva utilmente à bere ài melancholici al peso di sei oncie, e otto se ne danno quando impazziscano. In somma la malva è utile à molte, e molte cose, e però chiamata da gl’antichi medicina di tutti i mali. Scrisse della malva Galeno al VII, delle facultà de semplici con queste parole. La Malva salvatica ha virtù di digerire alquanto, e mollificare leggiermente ma la domestica quanto più ella ha in se dell'humità acquea, tanto è piu debile. Il suo seme tanto è più valoroso, quanto è più secco. Di questa medesima spetie è quella che chiamano anadendromalache ( cioè malva arborea ) ma più valorosa di tutte l' altre in digerire, chiamasi anchora althea. Et al secondo delle facultà de i cibi: La Malva ( diceva pur egli) non solamente si ritrova domestica, ma anchora salvatica, come dicemmo della lattuca, ma è però differenza tra queste spetie, percioche sempre le piante salvatiche sono più secche, e le domestiche più humide. La domestica adunque ha in sé del viscoso, e del che non si ritrova punto nella lattuca. Oltre à ciò non si ritrova nella Malva virtù infrigidativa manifesta: Il che senza mangiarla si può conoscere, facendone impiastro sopra le calde infiammagioni, come sono l'erisipelle, hor con malva, e hor con lattuca, come si costuma, cio è pestandone le foglie tenere così diligentemente, che sieno nel toccarle ben liscie, e ben peste. Così adunque conoscerai, che la lattuca manifestamente infrigidisce, e la malva così poco, che altro non si può giudicare, se non ch'ella contenga in se una tepida caldezza. Mangiata la Malva cotta velocemente scende à basso: ma non però tanto per esser humida, quanto per esser ella viscosa, e massimamente quando ella si condisce abondantemente con olio, e sale. Chiamano i Greci la Malva, Malaxe; i Latini, Malva: gli Arabi, Chubeze, e Chabazi: li Tedeschi, Papel: gli Spagnuoli, Malvas: i francesi, Malve. "

Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli

Malva, maleva, marba, marmaruzza marmetta, mariva, marva, mavva, melba, meloha, miloghia, moloj, nalba, narbighedda, palmuccia, parmuzza, riondela rondella; malva comun in spagnolo; cheeseflower, common mallow, high-mallow, e wood mallow in inglese, wilde malve in tedesco, grande mauve e mauve sauvage, in francese; originaria dell'Europa appartiene alla famiglia delle Malvacee e può raggiungere il metro di altezza, il fusto eretto o prostrato è pubescente, le foglie sono palminervi con 5 - 7 lobi a margine irregolarmente seghettato, i fiori rosa a cinque petali con striature che virano verso il viola si sviluppano alle ascelle delle foglie, seccati all'ombra rilasciano un colorante ceruleo che tende al rosso se unito agli acidi e al verde se unito agli alcali.
Contiene flavonoidi: antociani; mucillagini, pectina, sali minerali: calcio, magnesio, potassio; tannini, vitamina A, B1, C, E.
Ha proprietà antibatteriche, antinfiammatorie, bechiche, depurative, emollienti, espettoranti, lassative, lenitive e nel dizionario universale economico rustico del 1797 è descritta così:

" Malva , lat. Malva, fr. Mauve. Si osservano in questa pianta 2. calic . L’estrinseco è formato di due in tre foglie e il calice interiore il quale è d’un solo pezzo a 5. divisioni, ha 5. petali eguali terminati in basso da una unghietta che li attacca al di sotto attorno ad un centro comune di modo che sembrano una foglia fola partita in 5. fino dalla base. Nel centro del fiore sonovi una ventina di stamine le quali riunite nella base formano una come colonna. Il frutto e una capsula rotonda, piatta, divisa in molte logge ognuna delle quali contiene una semenza. Molte sono le specie di malva nostrali ed esotiche numerate dai botanici, specialmente nell’Enciclopedia metodica. Havvi la cinese, la selvaggia con foglie rotonde comune nelle nostre campagne; questa si sdraja per terra. I fiori sono poco considerevoli perché o sono tutti bianchi o appena leggerissimamente lavati di un rossigno. La malva silvestre maggiore che nasce spontanea. Questa innalza i suoi rami. Tutta la pianta è ispida di peli. Si trova di frequente ne’ luoghi incolti e spezialmente ne’ cimiteri. Questa è la malva usata nella medicina. La malva crespa. Questa coltivasi nei giardini ed è annuale; manda questa un tronco diritto alto 4, o 5. piedi. Le sue foglie sono assai riccie. Questa pianta non ha bisogno di coltura. Quando ella si avvicini ad un muro che la sostenti non cerca altro, getta le sue sementi e si moltiplica prodigiosamente. Le malve o malvoni che si coltivano nei giardini a distinzione delle altre sono dette rosee per la somiglianza che hanno colle rose. Si distinguono dal P. Arena in rosa doppia di color rosso oscuro, rosa doppia col disco incarnato e il mantello solferino , arborea scempia bianca. Sono uno de’ più belli ornamenti tra i fiori estivi se le piante siero disposte con ordine incorno ai viali e adornano coll’alca struttura dello stelo, colla grandezza e moltitudine de’ fiori e mistura de' più fini colori. Vi si è aggiunta l’arborea scempia apportata dal Weinmanno, se pur ella sia diversa dalla malva arborea cinese la quale noi riporteremo fra le rose. Riescono vegete piantate in terra grassa e ben adacquata. Si seminano nell’autunno e poi si trapiantano prima che la pianta sia molto cresciuta. Quando è maturo il seme troncasi lo stelo senza disturbarne la radice, la quale dura e torna a dar fiori per 3. o 4. anni, ma devesi ogni anno levarle intorno la terra sfruttata e ricambiarla con nuova e sostanziosa. Si mangiano i teneri getti della malva conditi come gli asparagi o con olio ed aceto o col butiro. La specie cinese è la migliore d’ogn’altra a questo effetto. Il cibo è sanissimo e non so comprendere come non si metta in uso nelle nostre parti. Gli usi delle malve nostrali in medicina per emollienti sono troppo noti e i fiori particolarmente si adoprano anche secchi per farne brodi. Si la maggiore che la minore comunissime s’adoprano ugualmente in guisa che possono supplire l’una all’altra. La pianta ha un sapore scipito, mucillagginosa, acquoso, alquanto viscido. Essa è emolliente, lenitiva, rilassante e una delle 4. primarie erbe emollienti. 1 fiori calmano la sete, favoriscono l’espettorazione, nutriscono leggerissimamente, rendono il corso delle urine più facile, diminuiscono la loro acrimonia e mantengono il ventre sciolto. In clisteri essi sono indicati Della ritenzione delle materie fecali, nelle coliche cagionate da materie acri, nel tenesmo c nella dissenteria. Le foglie in forma di cataplasma rilasciano la porzione degli integumenti sui quali si applicano e calmano il dolore, il calore e la durezza dei tumori flegmonosi. La radice viene raccomandata nelle specie di malattia nelle quali sono indicaci i fiori. Questi freschi si adoprano da una mezza dramma fino a mezz’oncia in infusione in 6. once d’acqua; i fiori secchi da 8. erari fino a 2. dramme in 5. once d’acqua; le foglie fresche macinate in sufficiente quantità d’acqua finca consistenza polposa per un cataplasma; la radice secca da 2. dramme fino a mezz’oncia in decozione in 8. once d’acqua. Generalmente tutte le malve, le altee e le lavatene hanno le stesse proprietà e non differiscono fra di loro che in ragione d’alquanto più o meno di mucillaggine. Le pastiglie di malva sono in gran fama per le indisposizioni della gola. Una monaca di Salins in Franca contea essendosi figurata che alcuni piedi di malva alti da circa 3. piedi e mezzo che essa aveva veduti nel giardino del suo monastero si potessero macerare a guisa che si fa della canapa, ebbe voglia di farne la prova. Fatto sta che quegli steli macerati, battuti e pettinati le diedero una stoppa più morbida della canapa e più forte del lino, e che i fili che ne fece di diverse specie furono tutti trovati di ottima qualità dopo di essere stati imbiancati. Essendo la malva una pianta vivacissima la quale produce ogni anno nuovi rampolli, e non esigendo dall’ altra parte la sua cultura né il concime, né quella diligenza che richiede la cultura delia canapa, pare perciò che non sarebbe mal fatto di coltivarla più generalmente per poi servirsene al detto uso. Il sig. ab. Cavanilles ha fatto simili esperienze sulla malva crespa, su quella di Lima e sulla sida delle quali parleremo all’articolo Piante e che possono sostituirsi alta canape, e a Sida. Teofrasto e Columella scrivono che la malva gira col sole come si disse del girasole.

Dizionario universale economico rustico

Malva Sylvestris

La malva è uno dei componenti della tisana dei sette fiori per i disturbi da raffreddamento, bronchiali e polmonari:
Aggiungete 10 grammi di fiori secchi di altea, di malva, di papavero, di primula, di verbasco, di viola mammola e di tossilaggine in 1 litro d'acqua bollente, lasciate in infusione per 5 minuti, filtrate, addolcite con il miele e dai 5 ai 20 giorni bevete 3-4 tazze al giorno.
Anche lessata o saltata in padella, condita con sale e olio, nelle frittate, nelle insalate le foglie più tenere, nelle minestre e nelle zuppe ha il suo perché.
Nel linguaggio dei fiori rappresenta l’amore e la comprensione materna e un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di San Giovanni, entrambi i numeri sono sacri.

N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.

Per chi è interessato
Brucia con le coccole il legno di ginepro
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