lunedì 30 aprile 2018

Di batacchi, di storie e di porte

Amo i batacchi, ognuno di loro racconta una storia diversa e la incide sulla porta che gli è stata destinata, quella di oggi inizia con la lettera S, potrebbe parlare di Sorrisi, di Sogni, di Stelle, di Sussurri, di Scacchi, Sarabande, Saltimbanchi,  Sacerdotesse, Sacrilegi, Streghe ... e anche di me. 


domenica 29 aprile 2018

Della natura dell'azzurro

L'azzurro cielo
Si specchia contemplando
L'onda del mare


© Sciarada Sciaranti


L'azzurro fluttua in un moto perpetuo tra cielo e mare, si culla nell'idillio tra l'abisso profondo e lo spazio infinito, è respiro, equilibrio, armonia purificatrice dell'interiorità che si espande, trascende e si fa spirito, è creatività e lucidità dell'intelletto che cresce nella contemplazione e nel silenzio comprende.

P.S. Il testo sottostante risale al XV secolo ed è seguito da una trasposizione linguistica più attuale che nella traduzione automatica può facilitare la comprensione per chi non parla italiano.


Della natura dell’azzurro della Magna.

Azzurro della Magna è un colore naturale, el quale sta intorno e circunda la vena dell’ariento. Nasce molto in nella Magna, e ancora in quel di Siena. Ben è vero, che con arte, o ver pastello, si vuole ridurre a perfezione. Di questo azzurro, quando tu hai a campeggiare, si vuole triare poco poco e leggermente con acqua, perché è forte sdegnoso della prieta. Se ’l vuoi per lavorarlo in vestiri, o per farne verde, come indietro t’ho detto, vuolsi triarlo più. Questo è buono in muro, in secco, e in tavola. Soffera tempera di rossume d’uovo, e di colla, e di ciò che vuoi.


Azzurro della Magna* è un colore naturale, il quale sta intorno e circonda la vena dell’argento. Nasce molto nella Magna, e ancora a Siena. Ben è vero, che con arte, o vero pastello, si vuole ridurre a perfezione. Di questo azzurro, quando tu hai a campeggiare, si vuole triturare poco poco e leggermente con acqua, perché è forte sdegnoso della pietra. Se lo vuoi per lavorarlo nei vestiti, o per farne verde, come indietro ti ho detto, vuole essere triturato di più. Questo è buono in muro, in secco, e in tavola. Sopporta tempera di rosso d’uovo, e di colla, e di ciò che vuoi.

Azzurro della Magna* = Pigmento estratto dall'azzurrite incompatibile con gli affreschi in cui cade  polverizzandosi


A contraffare di più colori simiglianti all’azzurro della Magna.

Azzurro che è come sbiadato, e simigliante ad azzurro, sic:1 togli indaco baccadeo, e trialo perfettissimamente con acqua; e mescola con esso un poco di biacca, in tavola; e in muro, un poco di bianco sangiovanni. Torna simigliante ad azzurro. Vuole essere temperato con colla.
Intendi: si fa così.



A contraffare di più colori somiglianti all’azzurro della Magna.

Azzurro che è come sbiadito, e somigliante ad azzurro, così:1 togli indaco baccadeo*, e trituralo in modo perfetto con acqua; e mescola con esso un poco di biacca, in tavola; e in muro, un poco di bianco sangiovanni. Torna simigliante ad azzurro. Vuole essere temperato con colla.
Intendi: si fa così.

indaco baccadeo* = Proveniente da Bagdad o Bacam


Della natura e modo a fare dell’azzurro oltramarino.

Azzurro oltramarino si è un colore nobile, bello, perfettissimo oltre a tutti i colori; del quale non se ne potrebbe né dire né fare quello che non ne sia più. E per la sua eccellenza ne voglio parlare largo, e dimostrarti appieno come si fa. E attendici bene, però che ne porterai grande onore e utile. E di quel colore, con l’oro insieme (il quale fiorisce tutti i lavori di nostr’arte), o vuoi in muro, o vuoi in tavola, ogni cosa risprende.


Azzurro oltramarino*  è un colore nobile, bello, perfetto oltre a tutti i colori; del quale non se ne potrebbe né dire né fare quello che non ne sia più. E per la sua eccellenza ne voglio parlare ampiamente, e dimostrarti appieno come si fa. E attendici bene, però che ne porterai grande onore e utile. E di quel colore, con l’oro insieme (il quale fiorisce tutti i lavori della nostra arte), o vuoi in muro, o vuoi in tavola, ogni cosa risplende.

Azzurro oltramarino* = Azzurro ricavato dal lapislazzulo


Prima, togli lapis lazzari. E se vuoi cognoscere la buona pietra, togli quella che vedi sia più piena di colore azzurro, però che ella è mischiata tutta come cenere. Quella che tiene meno colore di questa cenere, quella è migliore. Ma guar’ti che non fusse pietra d’azzurro della Magna, che mostra molto bella all’occhio, che pare uno smalto. Pestala in mortaio di bronzo coverto, perchè non ti vada via in polvere; poi la metti in su la tua pría profferitica, e triala sanza acqua: poi abbia un tamigio coverto, a modo gli speziali, da tamigiare spezie; e tamigiali e ripestali come, fa per bisogno: e abbi a mente, che quanto la trii più sottile, tanto vien l’azzurro sottile, ma non sì bello e violante e di colore ben nero; chè il sottile è più utile ai miniatori, e da fare vestiri biancheggiati. Quando hai in ordine la detta polvere, togli dagli speziali sei oncie di ragia di pino, tre oncie di mastrice, tre oncie di cera nuova, per ciascuna libra di lapis lazzari. Poni tutte queste cose in un pignattello nuovo, e falle struggere insieme. Poi abbi una pezza bianca di lino, e cola queste cose in una catinella invetriata. Poi abbia una libra di questa polvere di lapis lazzari, e rimescola bene insieme ogni cosa, e fanne un pastello tutto incorporato insieme. E per potere maneggiare il detto pastello, abbi olio di semenza di lino, e sempre tieni bene unte le mani di questo olio. Bisogna che tegni questo cotal pastello per lo men tre dì e tre notti, rimenando ogni dì un pezzo; e abbi a mente, che lo puoi tenere il detto pastello quindici dì, un mese, quanto vuoi. Quando tu ne vuoi trarre l’azzurro fuora, tieni questo modo. Fa’ due bastoni d’un’asta forte, nè troppo grossa, nè troppo sottile; e sieno lunghi ciascuno un piè, e fa’ che sieno ben ritondi da capo e da piè, e puliti bene. E poi abbi il tuo pastello dentro nella catinella invetriata, dove l’hai tenuto; e mettivi dentro presso a una scodella di lisciva calda temperatamente; e con questi due bastoni, da catuna mano il suo, rivolgi e struca e mazzica questo pastello in qua e in là, a modo che con mano si rimena la pasta da fare pane, propriamente in quel modo. Come hai fatto che vedi la lisciva essere perfetta azzurra, trannela fuora in una scodella invetriata; poi togli altrettanta lisciva, e mettila sopra il detto pastello, e rimena con detti bastoni a modo di prima. Quando la lisciva è ben tornata azzurra, mettila sopra un’altra scodella invetriata, e rimetti in sul pastello altrettanta lisciva, e ripriemi a modo usato. E quando la lisciva è bene azzurra, mettila in su un’altra scodella invetriata: e per lo simile fa’ così parecchi dì, tanto che il pastello rimanga che non tinga la lisciva; e buttalo poi via, chè non è più buono. Poi ti reca dinanzi da te in su una tavola per ordine tutte queste scodelle, cioè prima, seconda, terza, quarta tratta, per ordine seguitando ciascuna: rimescola con mano la lisciva con l’azzurro che, per gravezza del detto azzurro, sarà andato al fondo; e allora cognoscerai le tratte del detto azzurro. Diliberati in te medesimo di quante ragioni tu vuoi azzurri, di tre, o di quattro, o di sei, e di quante ragioni tu vuoi: avvisandoti che le prime tratte sono migliori, come la prima scodella è migliore che la seconda. E così se hai diciotto scodelle di tratte, e tu voglia fare tre maniere d’azzurro, fa’ che tocchi sei scodelle, e mescolale insieme, e riducile in una scodella: e sarà una maniera. E per lo simile delle altre. Ma tieni a mente, che le prime due tratte, se hai buon lapis lazzari, è di valuta questo tale azzurro di ducati otto l’oncia, e le due tratte di dietro è peggio che cendere. Sì che sie pratico nell’occhio tuo di non guastare gli azzurri buoni per li cattivi: e ogni dì rasciuga le dette scodelle delle dette liscive, tanto che gli azzurri si secchino. Quando son ben secchi, secondo le partite che hai, secondo le alluoga in cuoro, o in vesciche, o in borse. E nota, che se la detta pría lapis lazzari non fusse così perfetta, o che avessi triata la detta che l’azzurro non rispondesse violante, t’insegno a dargli un poco di colore. Togli una poca di grana pesta, e un poco di verzino; cuocili insieme; ma fa’ che il verzino o tu ’l grattugia, o tu il radi con vetro; e poi insieme li cuoci con lisciva, e un poco d’allume di rôcca; e quando bogliono, che vedi è perfetto color vermiglio, innanzi ch’abbi tratto l’azzurro della scodella (ma bene asciutto della lisciva), mettivi su un poco di questa grana e verzino; e col dito rimescola bene insieme ogni cosa; e tanto lascia stare, che sia asciutto senza o sole, o fuoco, e senz’aria. Quando il truovi asciutto, mettilo in cuoro o in borsa, e lascialo godere, chè è buono e perfetto. E tiello in te, chè è una singulare virtù a sapello ben fare. E sappi ch’ell’è più arte di belle giovani a farlo, che non è a uomini; perchè elle si stanno di continuo in casa, e ferme, ed hanno le mani più dilicate. Guar’ti pur dalle vecchie. Quando ritorni per volere adoperare del detto azzurro, pigliane quella quantità che ti bisogna: e se hai a lavorare vestiri biancheggiati, vuolsi un poco triare in su la tua pría usata: e se ’l vuoi pur per campeggiare, vuolsi poco poco rimenare sopra la pría, sempre con acqua chiara chiara, bene lavata e netta la pría: e se l’azzurro venisse lordo di niente, piglia un poco di lisciva, o d’acqua chiara, e mettila sopra il vasellino, e rimescola insieme l’uno e l’altro: e questo farai due o tre mute, e sarà l’azzurro bene purgato. Non ti tratto delle sue tempere, però che insieme più innanzi ti mosterrò di tutte le tempere di ciascuni colori in tavola, in muro, in ferro, in carta, in pietra, e in vetro.



Prima, togli lapis lazzari*. E se vuoi conoscere la buona pietra, togli quella che vedi sia più piena di colore azzurro, però che ella è mischiata tutta come cenere. Quella che tiene meno colore di questa cenere, quella è migliore. Ma guarda che non sia pietra d’azzurro della Magna, che mostra molto bella all’occhio, che pare uno smalto. Pestala in mortaio di bronzo coperto, perché non ti vada via in polvere; poi la metti in su la tua pietra profferitica, e triturarla senza acqua: poi abbia un tamisio* coperto, come gli speziali, da setacciare le spezie; e setacciali e ripestali come, fa per bisogno: e abbi a mente, che quanto la triti più sottile, tanto vien l’azzurro sottile, ma non così bello e intenso e di colore ben nero; perché il sottile è più utile ai miniatori, e da fare vestiti biancheggiati. Quando hai in ordine la detta polvere, togli dagli speziali sei once di resina di pino, tre once di mastice*, tre once di cera nuova, per ciascuna libra di lapis lazzari. Poni tutte queste cose in un pentolino (piccola pentola) nuovo, e falle macerare insieme. Poi abbi una pezza bianca di lino, e cola queste cose in una catinella invetriata. Poi abbia una libra di questa polvere di lapis lazzari, e rimescola bene insieme ogni cosa, e fanne un pastello tutto incorporato insieme. E per potere maneggiare il detto pastello, abbi olio di semenza di lino, e sempre tieni bene unte le mani di questo olio. Bisogna che tu tenga questo tale pastello per lo meno tre dì e tre notti, rimescolando ogni dì un pezzo; e abbi a mente, che lo puoi tenere il detto pastello quindici dì, un mese, quanto vuoi. Quando tu ne vuoi trarre l’azzurro fuori, fai in questo modo. Fai due bastoni di un’asta forte, né troppo grossa, né troppo sottile; e siano lunghi ciascuno un piede, e fai che siano ben rotondi da capo a piedi, e puliti bene. E poi abbi il tuo pastello dentro nella catinella invetriata, dove l’hai tenuto; e metti dentro presso a una scodella di lisciva* moderatamente calda; e con questi due bastoni, da ogni mano il suo, rivolgi e premi e mastica questo pastello in qua e in là, a modo che con mano si rimescola la pasta da fare pane, propriamente in quel modo. Come hai fatto che vedi la lisciva essere perfetta azzurra, tirala fuori  in una scodella invetriata; poi togli altrettanta lisciva, e mettila sopra il detto pastello, e rimescola  con detti bastoni come prima. Quando la lisciva è ben tornata azzurra, mettila sopra un’altra scodella invetriata, e rimetti in sul pastello altrettanta lisciva, e ripremi  come si usa. E quando la lisciva è bene azzurra, mettila in su un’altra scodella invetriata: e fai così per parecchi dì, tanto che il pastello rimanga che non tinga la lisciva; e buttalo poi via, perché non è più buono. Poi ti reca dinanzi da te sopra una tavola per ordine tutte queste scodelle, cioè prima, seconda, terza, quarta partita, per ordine seguitando ciascuna: rimescola con mano la lisciva con l’azzurro che, per il peso del detto azzurro, sarà andato al fondo; e allora conoscerai le partite del detto azzurro. Delibera in te medesimo di quante ragioni tu vuoi azzurri, di tre, o di quattro, o di sei, e di quante ragioni tu vuoi: avvisandoti che le prime partite sono migliori, come la prima scodella è migliore che la seconda. E così se hai diciotto scodelle di partite, e tu voglia fare tre maniere d’azzurro, fai che tocchi sei scodelle, e mescolale insieme, e riducile in una scodella: e sarà una maniera. E per lo simile delle altre. Ma tieni a mente, che le prime due partite, se hai buon lapis lazzari, è di valuta questo tale azzurro di ducati otto l’oncia, e le due partite di dietro è peggio che cenere. Così che sii pratico nell’occhio tuo di non guastare gli azzurri buoni per li cattivi: e ogni dì asciuga le dette scodelle delle dette liscive, tanto che gli azzurri si secchino. Quando son ben secchi, secondo le partite che hai, secondo le collochi in cuoro*, o in vesciche, o in borse. E nota, che se la detta pietra lapis lazzari non fosse così perfetta, o che avessi triturata la detta che l’azzurro non rispondesse al viola, ti insegno a dargli un poco di colore. Togli una poca di grana pesta, e un poco di verzino*; cuocili insieme; ma fai che il verzino o tu lo grattugi, o tu il radi con vetro; e poi insieme li cuoci con lisciva, e un poco d’allume di rocca; e quando bollono, che vedi è perfetto color vermiglio, innanzi che abbia tratto l’azzurro della scodella (ma bene asciutto della lisciva), metti su un poco di questa grana e verzino; e col dito rimescola bene insieme ogni cosa; e tanto lascia stare, che sia asciutto senza o sole, o fuoco, e senz’aria. Quando lo trovi asciutto, mettilo in cuoro o in borsa, e lascialo godere, perché è buono e perfetto. E tienilo in te, perché è una singolare virtù saperlo fare bene. E sappi che ella è più arte di belle giovani a farlo, che non è a uomini; perché elle si stanno di continuo in casa, e ferme, ed hanno le mani più delicate. Guar’ti pur dalle vecchie. Quando ritorni per volere adoperare del detto azzurro, pigliane quella quantità che ti bisogna: e se hai a lavorare vestiti biancheggiati, vuole essere un poco triturato su la tua pietra usata: e se lo vuoi pur per campeggiare*, vuole essere poco poco maneggiato sopra la pietra, sempre con acqua chiara chiara, bene lavata e netta la pietra: e se l’azzurro venisse lordo di niente, piglia un poco di lisciva, o d’acqua chiara, e mettila sopra il vasellino, e rimescola insieme l’uno e l’altro: e questo farai due o tre mute, e sarà l’azzurro bene purgato. Non ti tratto delle sue tempere, però che insieme più innanzi ti mostrerò di tutte le tempere di ogni colore in tavola, in muro, in ferro, in carta, in pietra, e in vetro.

lapis lazzari* =  Lapislazzulo da cui si ricava la lazurite componente dell' azzurro oltremare
tamisio* = Setaccio
mastice* = Resina mastice, colla estratta dal lentisco
lisciva* = Composto di cenere e acqua calda
cuoro* = Cuoio
verzino* = Polvere rossa ricavata dal legno di alcune leguminose
campeggiare* = Dare colore al campo di pittura


Il libro dell'arte
Cennino Cennini

sabato 28 aprile 2018

La Selva delle Opunzie

Un amaranto intenso e brillante si svela liberando dalla buccia i frutti dell' opunzia dillenii, fratelli più piccoli dei fichi d'India ( opunzia ficus-indica ), perfetti per chi ama i sapori che tendono all'aspro, sono ricchi di vitamina C e... di semi.




" ... A osservar cominciò luoghi e costumi;

Al mezzo si schiudea, come ipsilonne, 

La terra, e quinci e quindi uscían due fiumi, 
Che uguali s’avvolgean per lungo spazio, 
L’un di rubino e l’altro di topazio. 

All’origin di questi una selvetta
Inarcar fece al Peregrin le ciglia: 
Selva o foresta delle Opunzie è detta, 
Ed è, credo, l’ottava meraviglia; 
Molle qual pelo è la sottile erbetta 
D’una bizzarra vegetal famiglia ... "





" ... In mezzo al bosco delle Opunzie appena

Giunti, e proprio de’ fiumi al confluente, 
In un’opaca vallicella amena 

Trovano una spelonca ampia e fiorente ... " 

Atlantide - Canto VII
Mario Rapisardi 


venerdì 27 aprile 2018

Sera d'aprile



" quella sera d'aprile
in un salotto di via Flaminia
gravido d'insostenibili menzogne
incontrai te 
colei ch'era attesa
colei ch'era stata cercata
colei che mai fu dimenticata
quella sera d'aprile
in un salotto di spettri furtivi
io ti riconobbi all'odore
come farebbe un cane da tartufo
non un uomo d'intelletto
allora compresi 
ch'eri tu la sposa millenaria ... "

Poesie giapponesi
Michael Pergolani

giovedì 26 aprile 2018

mercoledì 25 aprile 2018

Era e ora non lo è più?

" La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. "

Piero Calamandrei


" Era giunta l’ora di resistere. Era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini. "

Piero Calamandrei

lunedì 23 aprile 2018

Dies Natalis - Anno VIII


Otto anni di Anima Mundi, il 7+1 che nell'aspetto simbolico dei numeri è il superamento della perfezione, la conclusione di un ciclo compiuto, completo e l'inizio di un altro, l'otto è l'andare oltre i confini dove il finito si congiunge all'infinito, è la Chey - la doppia porta, il portale via d'accesso e d'uscita che permette al tangibile dal carattere profano di incontrare il sacro della spiritualità nella dimensione al di là del tempo, è la forza della rinascita che si impregna dell'antologia, anthos - fiore e lègein - scegliere, della sua esistenza. In questa antologia, che non ha mai voluto mostrare, dimostrare, ma mettere a disposizione e accogliere, ci siete anche voi che in questi anni avete condiviso con me, stati d'animo, emozioni, sentimenti e pensieri.



La mia luna ore 21.05.21 - 23 aprile 2018



La mia Venere ore 21.07. 46 - 23 aprile 2018

venerdì 20 aprile 2018

L'Iliade sull'intonaco

Provate a immaginare di poter fare un viaggio nel tempo e di tornare nell'antica Roma del III secolo d.C., immaginate di camminare in via di San Basilio e di poter entrare in un'abitazione popolare chiamata insula; immaginate di essere in una stanza con uno studente che utilizza l'intonaco come una lavagna e incolonnandoli sulla sinistra vi incide sopra i versi 171-175 del XXIV Canto dell'Iliade di Omero seguiti da una serie alfabetica di lettere in greco antico tra cui spiccano la upsilon - Υ e l'omega - ω, si sposta poi a destra e continua con il suo esercizio di scrittura incidendo il 362° verso del XXI Canto.


Frammento d'intonaco murale del III secolo con i versi in greco antico dell' Iliade di Omero trovato in un'insula romana in via di San Basilio, oggi conservato al Museo delle Terme di Diocleziano

τυτθὸν φθεγξαμένη· τὸν δὲ τρόμος ἔλλαβε γυῖα·
“θάρσει, Δαρδανίδη Πρίαμε, φρεσί, μηδέ τι τάρβει·
οὐ μὲν γάρ τοι ἐγὼ κακὸν ὀσσομένη τόδ᾿ ἱκάνω,
ἀλλ᾿ ἀγαθὰ φρονέουσα· Διὸς δέ τοι ἄγγελός εἰμι,
ὅς σευ ἄνευθεν ἐὼν μέγα κήδεται ἠδ᾿ ἐλεαίρει.
λύσασθαί σε κέλευσεν Ὀλύμπιος Ἕκτορα δῖον,
δῶρα δ᾿ Ἀχιλλῆι φερέμεν, τά κε θυμὸν ἰήνῃ

Il verso in rosso non c'è nella lastra 


Colonna di sinistra


Colonna di sinistra


Colonna di sinistra Upsilon - Υ e omega - ω in basso 

Fa’ cuore, Priamo figlio di Dàrdano. A che ti sgomenti?
Non vengo io qui per danno ch’ io veda che debba seguirti,
Ma cerco il bene tuo. Di Giove io ti reco un messaggio,
Che ha cura e pietà di te, benché tu sei lontano.
T’impone ora l’Olimpio che Ettore a scioglier tu vada,
Doni ad Achille recando che possano il cuore blandirgli...


Iliade - Canto XXIV
Omero
Traduzione dal greco Ettore Romagnoli 


Colonna di destra

ὡς δὲ λέβης ζεῖ ἔνδον ἐπειγόμενος πυρὶ πολλῷ

Come un lebète* ribolle, se l’urge gran vampa di fuoco,

lebète* = dal greco  lébēs -ētos - caldaia, bacile di bronzo

Iliade - Canto XXI
Omero 
Traduzione dal greco Ettore Romagnoli 

mercoledì 18 aprile 2018

Della natura del verde

Su foglia verde
Madre Natura segna
Itinerari

© Sciarada Sciaranti

Verde è la natura, nasce e procede verso la maturità sviluppandosi dalle tonalità più tenue a quelle più forti, è il  viaggio che inizia, esperisce, fa tesoro, conclude e risorge evoluto. 

P.S. Il testo sottostante risale al XV secolo ed è seguito da una trasposizione linguistica più attuale che nella traduzione automatica può facilitare la comprensione per chi non parla italiano.


Della natura di un verde il quale è chiamato verde terra.

Verde è un color naturale di terra, il quale si chiama verdeterra. Questo colore ha più proprietà: prima, ch’egli è grassissimo colore, e buono a lavorare in visi, in vestiri, in casamenti, in fresco, in secco, in muro, in tavola, e dove vuoi. Trialo a modo degli altri colori detti di sopra, con acqua chiara; e quanto più il trii, tanto è migliore. E temperandolo, sì come ti mosterrò il bolo da mettere di oro, così medesimamente puoi mettere d’oro con questo verdeterra. E sappi che gli antichi non usavano di mettere d’oro in tavola altro che con questo verde.


Verde è un colore naturale della terra, il quale si chiama verde terra. Questo colore ha più proprietà: primo, che egli è un colore molto grasso, e buono per lavorare i visi, i vestiti, i casamenti, in fresco, in secco, in muro, in tavola, e dove vuoi. Trituralo come è stato già detto sopra per gli altri colori, con acqua chiara; e quanto più lo trituri tanto è migliore. E temperandolo, così come ti mostrerò l' impasto da mettere con l' oro, così ugualmente  puoi mettere l’oro con questo verde terra. E sappi che gli antichi non usavano di mettere d’oro in tavolozza altro che con questo verde.



Della natura d’un verde che si chiama verde azzurro.

Verde è un colore el quale è mezzo naturale: e questo si fa artifizialmente, chè si fa d’azzurro della Magna; e questo si chiama verde azzurro. Non ti metto come si fa, ma compera del fatto. Questo colore è buono in secco, con tempera di rossume d’uovo, da fare arbori e verdure e da campeggiare; e chiareggialo con giallorino. Questo colore per se medesimo è grossetto, e par come sabbionino. Per amor dell’azzurro trialo poco poco, colla man leggiera; però che se troppo il macinassi, verrebbe in colore stinto e cenderaccio. Vuolsi triarlo con acqua chiara; e quando l’hai triato, mettilo nel vasello dell’acqua chiara sopra il detto colore, e rimescola bene l’acqua col colore. Poi el lascia posare per ispazio di una ora, o due, o tre; e butta via l’acqua; e ’l verde riman più bello. E lavalo per questa forma due o tre volte, e sarà più bello.

Verde è un colore il quale è mezzo naturale: e questo si fa artificialmente, perché si fa d’azzurro della Magna; e questo si chiama verde azzurro. Non ti metto come si fa, ma compralo già fatto. Questo colore è buono in secco, con tempera di rosso d’uovo, per fare alberi e verdure e da campeggiare*; e schiariscilo con il giallorino*. Questo colore per se stesso è corposo, e sembra come di sabbia. Per amor dell’azzurro trituralo poco poco, con la mano leggera; però  se lo macinassi troppo, verrebbe un colore stinto e grigiastro. Vuol essere triturato con acqua chiara; e quando lo hai triturato, mettilo nel vaso dell’acqua chiara sopra il detto colore, e rimescola bene l’acqua col colore. Poi lascialo riposare per il tempo di una ora, o due, o tre; e butta via l’acqua; e il verde rimane più bello. E lavalo in questo modo due o tre volte, e sarà più bello.

campeggiare* = dare colore al campo di pittura
giallorino* = pigmento antimoniato di piombo usato dagli antichi egiziani


Del modo come si fa un verde di orpimento e d’indaco.

Verde è un colore el quale si fa d’orpimento le due parti, e una parte indaco; e triasi bene insieme con acqua chiara. Questo colore è buono a dipignere palvesi e lancie, e anche si adopera a dipignere camere in secco. Non vuole tempera se non colla.

Verde è un colore  che si fa di due parti di orpimento*, e una parte di indaco; e si tritura bene insieme con acqua chiara. Questo colore è buono a dipingere palvesi* e lance, e anche si adopera a dipingere camere in secco. Non vuole tempera se non colla.

orpimento* = dal latino aurum - oro e pigmentum - pigmento, minerale che ha il colore dell'oro 
palvesi* = scudi difensivi di forma rettangolare costruiti originariamente con materiale ligneo. 


Del modo come si fa un verde d’azzurro e giallorino.

Verde è un colore che si chiama azzurro della Magna, e giallorino. Questo è buono in muro e in tavola, e temperato con rossume d’uovo. Se vuoi che sia bello più, mettivi dentro una poca d’árzica. E ancora è bel colore mettendovi entro l’azzurro della Magna, pestando le prugnole salvatiche, e farne agresto, e di quello agresto metterne quattro o sei gocciole sopra il detto azzurro; ed è un bel verde; non vuole vedere aria. E per ispazio di tempo quell’acqua delle prugnole viene a mancare.

Verde è un colore che si chiama azzurro della Magna, e giallorino. Questo è buono in muro e in tavolozza, e temperato con rosso d’uovo. Se vuoi che sia più bello, metti dentro un poco di arzica*. E ancora è bel colore mettendovi dentro l’azzurro della Magna, pestando le prugnole selvatiche, e farne agresto, e di quello agresto metterne quattro o sei gocciole sopra il detto azzurro; ed è un bel verde; non vuole vedere aria. E devi aspettare il tempo che quell’acqua delle prugnole viene a mancare.

arzica* =  Reseda luteola, erba guada o guaderella, detta anche erba dei tintori da cui si estrae un pigmento giallo


Del modo da fare un verde d’azzurro oltramarino.

Verde è un colore che si fa d’azzurro oltramarino e d’orpimento. Convienti di questi colori rimescolare con senno. Piglia l’orpimento prima, e mescolavi dell’azzurro. Se vuoi che penda in chiaro, l’orpimento vinca; se vuoi che penda in iscuro, l’azzurro vinca. Questo colore è buono in tavola, e none in muro. Tempera con colla.

Verde è un colore che si fa d’azzurro oltramarino e di orpimento. Ti conviene  rimescolare questi colori con senno. Piglia l’orpimento prima, e mescola dell’azzurro. Se vuoi che penda verso il chiaro, l’orpimento vinca; se vuoi che penda  verso lo scuro, l’azzurro vinca. Questo colore è buono in tavolozza, e non in muro. Tempera con colla.


Della natura di un verde che si chiama verderame.

Verde è un colore il quale si chiama verderame. Per se medesimo è verde assai; ed è artificiato con archimia, cioè di rame e di aceto. Questo colore è buono in tavola, temperato con colla. Guarda di none avvicinarlo mai con biacca, perchè in tutto sono inimici mortali. Trialo con aceto, che ritiene secondo suo’ natura. E se vuoi fare un verde in erba perfettissimo, è bello all’occhio, ma non dura. Ed è buono più in carta o bambagina o pecorina, temperato con rossume d’uovo.


Verde è un colore che si chiama verderame. Per se medesimo è verde assai; ed è artificiato con alchimia, cioè di rame e di aceto. Questo colore è buono in tavolozza, temperato con colla. Guarda di non avvicinarlo mai con biacca, perché in tutto sono nemici mortali. Trituralo con aceto, che ritiene secondo la sua natura. E se vuoi fare un verde erba perfetto, è bello all’occhio, ma non dura. Ed è buono più sulla carta o bambagina o pecorina, temperato con rosso d’uovo.



Come si fa un verde di biacca e verdeterra, o vuoi bianco sangiovanni.

Verde è un colore di salvia, il quale si fa mischiato di biacca e verdeterra, in tavola, temperato con rossume d’uovo; o vuoi in muro, in fresco, mescolato el verdeterra con bianco sangiovanni, fatto di calcina bianca e curata.


Verde è un colore di salvia, il quale si fa mischiando biacca e verde terra, in tavolozza, temperato con rosso d’uovo; o vuoi in muro, in fresco, mescolato al verde terra con bianco sangiovanni, fatto di calcina bianca e curata.

Il libro dell'arte
Cennino Cennini
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