Per l'essere umano vivere il presente e ricordarsi del passato non è mai stato sufficiente e si è molto impegnato nel cercare di svelare il futuro attraverso i rituali che includono il ciclo vitale, di nascita, morte e rinascita, coadiuvato dagli elementi, acqua, aria, terra e fuoco.
Voglio regalarvi un sorriso in questo ultimo giorno di festa e se per " Santa Lucia " siamo stati in Sicilia, oggi andiamo a curiosare nelle tradizioni del nostro Piemonte dedicate all'Epifania.
Partiamo dalla vigilia per continuare con la mattina, la sera e porgiamo uno sguardo anche ai riti praticati in campagna:
" ... Natale, Capo d'Anno ed Epifania, ecco tre feste solenni che si succedono nel volger di pochi giorni e che fanno desiderare un po' di tregua a molte saccocce smunte, ma ecco tosto sopraggiungere il carnevale cosi che se
L'Epifania a mena le feste via,
'L Carlevè* ai turna a mnè.
Carlevè* = Carnevale
I bimbi hanno ben poco da desiderare nel giorno dell'Epifania, perché i loro desiderii, almeno in parte, sono già stati soddisfatti e per buona ventura delle mamme, non conoscono la Befana e le sue sorprese. Ma se i bimbi non han nulla da sperare, le ragazze, e specialmente le ragazze da marito, attendono con giubilo l'Epifania, giacché è in questo giorno ch'esse ricorrono a molte prove dalle quali si ripromettono varie particolarità in torno al loro avvenire.
Alla vigilia della festa, alcune di esse prendono una scodella nuova, la riempiono d' acqua e v'immergono tre pezzetti di carta, su l'uno dei quali è scritto: « morte », su l'altro: « matrimonio » e sul terzo: « nubile ». Espongono quindi il recipiente all'aria aperta affinché geli durante la notte. Al mattino guardano la scodella, se l'acqua si è congelata, si sforzano di vedere nella massa qualche figura speciale che lontanamente accenni alla professione che eserciterà l'uomo che dovranno sposare. Cosi se la suddetta figura si assomiglierà ad una scarpa, o ad una pialla, lo sposo sarà calzolaio, falegname e via discorrendo. In pari tempo cavano fuori dall'acqua il biglietto rimasto a galla su cui sta scritta la loro sentenza se debbono cioè maritarsi, o restar nubili, oppure morire.
Alla mattina dell' Epifania le ragazze costumano di puntare sul cuscino del letto tre aghi infilati di filo bianco, rosso e nero; chiusi gli occhi, andando a tastoni, ne prendono uno. Se questo è infilato di rosso significa che nell'annata si mariteranno, se è infilato di bianco, che dovranno restar nubili, se di nero, che dovranno farsi monache.
Talvolta non contente della prova ricorrono a quest'altro esperimento: ripongono sotto il cuscino tre pacchetti contenenti cenere, crusca e farina; se estraggono quello di cenere, sono scontente perché la cenere indica morte; se toccano il pacchetto della crusca; è indizio che durante l'anno dovranno rimanere zitelle; se toccano quello di farina, giubilano come buon segno indicando un non lontano matrimonio.
A S. Germano Chisone si suol fare come a Pinerolo, una prova consimile: parecchie ragazze prendono quattro piattelli, in uno mettono della farina di frumento, nel secondo farina di barbarla (segale e frumento), nel terza farina di grano turco o di segale, nel quarto crusca. Velatesi quindi gli occhi, a ciascuna va tentoni ad immergere la mano in uno di quei piattelli; secondo che toccano il primo, il secondo, il terzo od il quarto, è destino che vadano spose in una casa di buona condizione, o di mediocre stato in primo grado, o di mediocre stato in secondo grado, o di miserie.
Ma come una ciliegia tira l'altra e i desideri non vengono mai soli, così la curiosità delle ragazze è insaziabile e non contente delle prove riferite, tanto più poi se queste sono riuscite negative, ricorrono a quest'altra. Prendono tre fagiuoli di vario colore, rosso, bianco c nero, li depongono sotto il cuscino, se toccano il nero lo buttano via indispettite, mostrano noncuranza per il bianco e se riescono a stringere fra la mano il rosso, gridano per la gioja.
Talune poi, le più allegre, si collocano nel mezzo della stanza e quindi si seggono per terra tenendo la schiena rivolta all'uscio; pongono la pantofola sulla punta del piede destro e la gettano in aria. Se cade con la punta rivolta verso l'interno della stanza, è ammonimento che neh" anno dovranno restare ancora zitelle; se cade nella direzione dell'uscio, il pronostico è buono indicando un prossimo matrimonio, se infine la pantofola cade rovesciata, significa che durante l'annata proveranno dei dispiaceri.
A S. Germano Chisone usano gettare uno zoccolo dietro le spalle, quindi voltandosi guardano da qual parte sia rivolta la punta: se all' insù significa che loro toccherà d' andare spose in montagna, se all'ingiù in pianura. E giacché ho citato per la seconda volta il nome di S. Germano, ricorderò che qui le ragazze costumano pure di dare un calcio nell'uscio del porcile e se l'inquilino grugnisce, significa che l'uomo da sposare sarà un brontolone.
Pongo fine alla serie delle prove citandone ancor una che si costuma in Pinerolo e nelle sue vicinanze, la prova dei mignunflet. Si fanno alla sera dell' Epifania: prendonsi due fogli di carta e si dà loro la forma d'un imbuto, collocandoli diritti sopra la tavola l'uno accanto all'altro. La ragazza che fa il giuoco, battezza un mignunflet col proprio nome e designa l'altro col nome di chi presuppone le voglia bene, quindi appicca contemporaneamente il fuoco ai due pezzi di carta. Quando uno od ambedue si rovesciano addosso, vuol dire che i due giovani si vogliono bene, quando l'uno o l'altro cade di fianco, indica indifferenza, se cade dalla parte contraria , che fra i due pretesi amanti non c'è amore di sorta. Ad una simile prova si sottopongono tutti i presenti al giuoco.
In campagna la ragazza incaricata di fare 1'esperimento, prende della canapa, la divide in due parti e dispostele in modo che restino diritte, esclama:
Sun andait a la fera di gramissei,
I l'ai mai vist dui matafam* pi bei,
Sa s' amu d' amur
Vedruma ur ur.
matafam* = spauracchi
e nel pronunziare quest' ultime parole, dà fuoco ai mignonflet.
Generale è poi l'usanza di mangiare la focaccia nel giorno dell' Epifania; a Pinerolo, nella valle del Chisone, in vai Pellice, in tutto il circondario insomma. É il regalo dei garzoni panattieri, quantunque però questi vadano perdendo la costumanza di largheggiare verso i loro avventori, dico largheggiare cosi per modo di dire, poiché ognuno sa che al regalo tien dietro la mancia che é sempre superiore al valore della focaccia.
Nella focaccia si trovano due fave, l'una bianca, e l'altra nera, e la si mangia per lo più alla sera in comitive. Fatta la distribuzione, colui al quale tocca il pezzo contenente la fava nera deve pagare un pranzo, o una merenda o alcune bottiglie; quegli che trova la bianca, si obbliga di pagare ai presenti la cena o qualche altra cosa e poiché la fava bianca prende il nome di « regina » e di re, la nera, cosi è comune il detto:
Chi trova la regina
Paga da sina*.
Chi trova '1 rè
Paga 'l disnè*
sina* = cena
disnè* - pranzo
In campagna alla sera dell'Epifania sogliono radunarsi nella stalla di Tizio o Sempronio a mangiare la focaccia. Ma prima che imbrunisca, schiere di giovani fanno provviste di castagne abbrustolite, nocciuole, fichi, dolci (le batiajé), da riempirne una calza bianca e rossa; poscia di comune accordo si avviano cantando al luogo convenuto. Giunti all' uscio della stalla, si fermano zitti e cheti, mentre il capo della brigata, accompagnato dal suono di una chitarra canta:
Buna sera, Madona,
Madona buna sera,
Buona sera, Martin,
Martin buona sera,
a cui la padrona di casa risponde:
Buna sera, Martin,
Martin buna sera.
E dime un po',
Da duva i rive?
I rivu da la fera.
Madona, buna sera.
Non appena pronunziate queste parole, apre l'uscio e getta la calza in grembo della padrona o di qualche ragazza che trovasi nella stalla, cantando:
L' carlerè sracoumanda:
Chi voi nen cherde
Ecco si la gamba *.
gamba*- Altrove si canta questa variante:
Parisia a sracoumanda :
Si vole nen cherdi*,
Guardè si la gamba.
cherdi* = credere
Clamorose risate scoppiano da ogni parte, mentre entrano i camerata strimpellando qualche vecchio istrumento. In un attimo la stalla si converte in una sala da ballo, tutti, giovani e vecchi, cedono alla forza irresistibile d'una nota musicale e quattro per quattro saltano lu brandu a la piemonteisa. Passato poi il primo furore del ballo, la padrona invita le coppie danzanti a mangiare la focaccia. Al giovane ed alla giovane cui per sortilegio tocca la parte della focaccia contenente la fava bianca e nera, sono rivolti gli auguri di tutti e da quell'istante sono gridati « gli sposi ». I favoriti dalla sorte entrano a braccetto nel ballo e danzano più volte soli in mezzo a strepitosi evviva. La festa continua fino ad ora tarda: al momento di lasciarsi ognuno dà la buona notte e stanco, ma soddisfatto, ritorna alle proprie case. Ma lo scherzo innocente della calza diventa talora triviale per opera di alcuni buontemponi che talvolta raccolgono qualche immondizia, solitamente sterco di bue, ne riempiono la calza, volendo fare uno scherzo bene spesso suggerito dalla malignità o dal desiderio di vendetta, e si avviano alla casa dove hanno stabilito di compiere l'impresa: spiano l'occasione di fare il tiro e quindi dal finestrino della stalla (lu pertus du ciatt) gettano la calza sulla schiena di qualcuno, dandosela tosto a gambe.
Ho detto più sopra che a Pinerolo, nella valle del Chisone e in Val Pellice, è generale 1' uso di mangiare la focaccia, ho accennato alla consuetudine di collocarvi dentro due fave ed al duplice significato che vi attribuiscono. Ricorderò ancora un'ultima costumanza che hanno gli abitanti di Fenestrelle. Qui alla sera dell'Epifania si fa la veglia nella stalla e tutti i parenti vi concorrono portando chi una focaccia, chi un fiasco di vinello. Poscia ognuno siede sopra rozze panche disposte all' intorno di una tavola su cui si ripongono gli oggetti portati. Il capo della famiglia si alza brandendo un coltello e taglia ad una ad una le focacce, ripone i pezzi sopra un piccolo asse: quindi facendo il giro li distribuisce agl'invitati e presane egli pure la sua parte, va a sedere al suo posto mentre un altro versa il vino nei bicchieri. Quegli cui toccano le fave (naturalmente sono più, perché varie le focacce, ognuna delle quali però non contiene che una sola fava) diventano l'oggetto dei discorsi di tutti. Se la fava è nera ed è toccata ad un giovane, le vecchie gli assicurano un avvenire brutto, pieno di dispiaceri, se è bianca gli predicono un avvenire splendido. La veglia si prolunga fino a tarda notte e quando i fumi del vino hanno esaltato le menti di quei montanari, questi si mettono a cantare un poco e quindi vanno a riposarsi. "
Capo d'anno ed Epifania in Piemonte - 1891
Filippo Seves
Buona Epifania a tutti e come sempre un saluto alle sorelle Befane💖!
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