sabato 8 marzo 2014

Io sono te e in te per sempre



Interior si avvicinò a piedi nudi alla finestra; l' inverno era stato piuttosto mite e adesso che stava per giungere la primavera faceva freddo, pioveva, il cielo era coperto e non lasciava filtrare neanche un raggio di luna; si accostò allo specchio, guardò riflesse le forme di Sasha distesa sul letto, la sentiva sospesa nel vuoto e sapeva di dover rispettare il suo silenzio; Sasha percepì la presenza di Interior, si voltò e vide che sullo specchio appannato  c'era un messaggio per lei:

Inquieta
Osservo

Solitarie
Ombre
Nubi
Oscure

Tuoni
Echeggiano

E

Incombono
Nervosi

Tempesta
Eterna

Pioggia
E
Respiro

Si
Espandono
Mentre
Parabole
Rompono
Equilibri

Sasha sorrise, si poggiò una mano sul cuore e si lasciò cullare dai suoi battiti. Interior ora poteva concedersi a Morfeo.

Sasha nel cuore di Iterior
Sciarada Sciaranti

martedì 4 marzo 2014

La festa dei moccoletti

Il Martedì Grasso annuncia la conclusione del Carnevale e a Roma una tradizione nata nel 1773 lo salutava al tramonto con "la festa dei moccoletti", una folla umana in maschera con delle lanterne o con delle candele protette da paralumi di carta che potevano avere le dimensioni di "un cero pasquale" o di una "coda di un sorcio" si riversava come un fiume in piena lungo piazza del Popolo, via del Corso e piazza Venezia, che insieme si trasformavano in una suggestiva:

"via Lattea dei lumi"

L'improvvisatore
Hans Christian Andersen

avvolgente teatro all'aperto di una rappresentazione che alternava le luci alle tenebre e la vita alla morte. Ogni partecipante cercava di proteggere il suo moccolo e tentava di spegnere quello del suo avversario costringendolo così a togliersi la maschera e ovviamente il divertimento era maggiore e diventava più interessante se i contendenti appartenevano al sesso opposto.


La festa dei moccoletti
Jean Louis Baptiste Thomas
1817

" Mentre al calar delle tenebre, festoni e maschere e ogni cosa va a poco a poco sbiadendo e perdendosi in una messa oscurità che tutto involge in un colore grigio cupo, ad un tratto, qua e là, alle finestre, sulle altane, sui balconi, nelle carrozze e tra la folla a piedi, cominciano a risplendere dei lumi; prima radi, poi più spessi, crescono, s'estendono, invadono tutto il Corso che si trasforma quant'è lungo in un gran tagliare e in una vampa di fuoco. 
Allora tutte le persone presenti non hanno più' che un solo pensiero, che un solo scopo costante, quello di spegnere la candela degli altri e conservare accesa la propria; e uomini, donne, ragazzi, signori e signore, principi e contadini, cittadini e forastieri, gridano e strillano e urlano senso posa il motto di scherno a chi s'è lasciato spegnere il lume: 
«Senza moccolo! Senza moccolo! », tantoché ben tosto non si sente più altro che un immenso coro di queste due parole, misto a scrosci di risa. Lo spettacolo a questo punto oltrepassa ogni immaginazione. Le carrozze s'avanzano lentamente colle persone che hanno dentro, ritte in piedi sui cuscini e sul serpe, col traccio disteso e alzato per tenere il lumicino fuori di pericolo; alcuni lo portano dentro un cartoccio; altri tiene un mazzo di candeline strette insieme e tutte accese, senza alcuna difesa; altri portano delle torce abbaglianti, ed altri un candelino che appena sta acceso. 
Persone a piedi, ficcandosi tra un veicolo e l'altro e seguitandoli, aspettano e colgono il destro per fare un salto e soffiare su un certo lumicino o dargli su un colpo; altri s'arrampicano sulle carrozze, e chinandosi verso l'interno, lo strappano dalle mani di qualcuno a viva forza; altri, inseguendo qualche sviato torno torno alla di lui carrozza, prima che salga a riaccendere la candela spenta della campagna, gli spengono la sua ch'egli è sceso a chiedere in favore o a rubare a qualcuno; altri, col cappello levato dinanzi allo sportello d'una carrozza, si fanno a pregare con gran rispetto ed umilmente una gentile signora, perché voglia porgere il suo lume per accendere il sigaro, e mentr'essa sta esitando dubbiosa di porgerlo o no, le soffian sul candelino custodito e difeso con tanta tenerezza dalla sua manina; gente alle finestre tentano con un uncino attaccato ad una cordicella di pescare qualche candela; o con fazzoletti legati all'estremità d'una pertica le spengono destramente nella mano stessa del portatore nel momento stesso del suo trionfo: uno, appiattato dietro una cantonata, aspetta il momento giusto per balzar fuori all'improvviso addosso alle superbe torce, con uno smisurato spegnitoio che pare un'alabarda; altri circondano una carrozza e vi si aggrappano; altri tirano a furia aranci e mazzolini di fiori contro una ostinata lanternina, o fanno un regolare bombardamento contro una piramide d'uomini con uno su in cima che porta sulla testa un lumicino sfidando tutti. 
« Senza moccolo! Senza moccolo! ». "

Impressioni d'Italia
Charles Dickens


La festa dei moccoletti
Ippolito Caffi
1852

Nel 1837 Ippolito Caffi nel descrivere un suo quadro esposto all'Accademia di Venezia illustra così la festa dei moccoletti:

"è illuminato dalla luna nella parte superiore delle fabbriche; di sotto un numero infinito di moccoli, torce a vento, palloni di carta colorita...
La quantità di maschere in carrozza, a piedi e sulle finestre ... il miscuglio, il moto, il fracasso ... e il veder tutti affaccendati a smorzar moccoli e tutti attenti ad accenderli amichevolmente. Le case son tutte piene di tappeti e le carrozze e i carri trionfali son tutti adornati ad uso d'un baccanale. Sentiremo cosa dirà il pubblico."




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