La letteratura spesso produce nessi leggendari che chiamano in causa miti e tradizioni popolari inesistenti, ma funzionali alla costruzione narrativa e simbolica, li nutre e li diffonde creando un immaginario collettivo che, pur privo di fondamento storico, viene percepito come autentico. In questo spazio sospeso tra invenzione e memoria, come abbiamo visto nella Notte di Guy Fawkes e la continuità immaginata, si colloca il romanzo di Thomas Hardy The Return of the Native del 1878.
In occasione della ricorrenza della Congiura delle Polveri, Hardy descrive i fuochi accesi sulla brughiera di Egdon Heath, attribuendo loro un'origine celtica e sassone che non trova riscontro nelle fonti storiche, conferisce al paesaggio un'aura arcaica e misteriosa, i fuochi diventano simbolo di continuità tra natura e destino, inscrivendo i personaggi in un ambiente che li sovrasta e li condiziona. Hardy intensifica così il senso di fatalità, trasformando la brughiera in un palinsesto di memorie immaginate. Come sottolinea Raymond Williams in The Country and the City del 1973, Egdon Heath è caricato di un senso mitico che sostituisce la storia documentata. L’assenza di un'origine celtica attestata da fonti scritte dirette spiega inoltre perché questa falsa genealogia abbia potuto diffondersi liberamente, colmando il vuoto identitario lasciato dalla storia.
Il gigante Gargantua distrugge il castello del Gué de Vède con l'Albero di San Martino - Incisione Gustave Doré - Gargantua e Pantagruel Libro I - François Rabelais 1873 - Editore Garnier Frères
François Rabelais invece nel primo libro del suo Gargantua e Pantagruele del 1532, racconta di un "albero di San Martino", nato dal bordone* da pellegrino piantato dal santo, che Gargantua sradica per usarlo come lancia, questa leggenda non trova un riscontro nella tradizione agiografica reale, non esiste alcuna fonte che attribuisca a San Martino un bastone trasformato in albero, ma poichè si àncora a una realtà storica e viene costruita intorno a un santo realmente vissuto la cui vita è attestatada fonti scritte precise, a partire dalla Vita Martini di Sulpicio Severo alla fine del IV secolo, è riconoscibile più come invenzione letteraria e pertanto poiché non ha la necessità di riempire un vuoto non si diffonde e rimane circosritta, confinata al registro parodico e letterario che l'ha creata.
"... Allora Gargantua montò sulla sua grande giumenta, accompagnato come abbiamo detto poco prima. E incontrando sul suo cammino un grande albero, comunemente chiamato l’albero di San Martino, perché un tempo San Martino vi aveva piantato il suo bordone da pellegrino, che era cresciuto fino a tale altezza e grandezza, disse: “Ecco ciò che cercavo; quest’albero mi servirà da bordone e da lancia.” E subito lo sradicò facilmente, ne tolse i rami e lo sistemò a suo piacimento ..."
"... Allora egli percosse con il suo grande albero contro il castello e, a gran colpi, abbatté torri e fortezze e ridusse tutto in rovina, tanto che quelli che vi erano dentro furono tutti uccisi e fatti a pezzi ..."
Gargantua e Pantagruel
François Rabelais
Liberamente tradotto da Me Medesima
Interessante è la traduzione italiana di Gildo Passini che nel 1933 aggiunge un elemento assente nel testo francese, l'Albero di San Martino diventa un ontano, specie diffusa nelle zone umide e rurali della Francia e dell'Italia, tanto quanto diffuso è il culto di San Martino.
"... Montò dunque Gargantua sulla sua grande giumenta accompagnato come dianzi abbiamo detto. E incontrando per la strada un alto e grosso ontano, chiamato comunemente l’albero di San Martino perché si credeva cresciuto da un bordone piantatovi già da San Martino, disse: «Ecco ciò che mi occorre: quest’albero mi servirà di bordone e di lancia». E lo svelse facilmente da terra, ne sfrondò i rami e lo accomodò a suo piacere ..."
"... Allora egli percosse del suo grosso albero contro il castello e a gran colpi abbatté torri e fortezze e ridusse tutto in rovina, onde furono morti e messi a pezzi quelli che vi erano dentro ..."
Gargantua e Pantagruele
François Rabelais
Traduzione di Gildo Passini
La versione italiana si distacca dunque dalla matrice rabelaisiana, e attraverso l'introduzione di una definizione in più ci offre un gancio interpretativo che giustamente rimane anch'esso ancorato al libro, un segno arboreo affascinante e suggestivo che diventa il punto di avvio di un filo conduttore simbolico, capace di legare natura, scrittura, tradizione e liturgia in un'unica continuità. Nell'alfabeto ogham, che gli studiosi come Damian McManus considerano un'invenzione tardo‑antica, probabilmente monastica cristiana, nata in Irlanda tra il IV e il V secolo d.C. con funzione didattica e mnemonica; la lettera F corrisponde alla parola Fearn - Ontano, e le glosse medievali - kennings, raccolte nell'Auraicept na n-Éces e studiate da George Calder, lo definiscono "albero del combattente", epiteto che trova un riflesso diretto in San Martino, combattente romano e poi miles Christi, simbolo di un passaggio dal guerriero terreno al guerriero spirituale, è anche "albero del sangue" o "colui che arrossisce", per il colore rossastro del suo legno e nella lettura analitica moderna richiama l'immagine della morte, del sacrificio e della rinascita, temi centrali della spiritualità cristiana.
L'11 novembre con la festa segna l'inizio della "Quaresima di San Martino", tempo di penitenza che prepara al Natale e introduce alla Pasqua caratterizzata dalla morte e la resurrezione di Cristo che trasformano il sangue versato in vita nuova.
Bordone* = In latino burdo, burdonem indicava il mulo o il bardotto, animale da soma che porta il peso. Da questa immagine concreta nasce il senso figurato di sostegno, così come il mulo regge il carico, il bordone diventa il bastone robusto che sorregge il pellegrino lungo il cammino. In francese antico bourdon designava sia il bastone sia il calabrone, per il suo ronzio grave e continuo: da qui il significato musicale di “nota bassa persistente” che accompagna la melodia. In italiano, oltre al valore originario di bastone, il termine ha assunto anche quello musicale e figurato: "tenere bordone" significa infatti appoggiare o accompagnare qualcuno, proprio come il bastone o la nota grave sostengono ciò che li circonda.
Lanterna di pomelo
Lieta Festa di San Martino!
Ecco il link del reel sulla Festadi San Martino
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Giorni liberi; 15
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Interessantissimo grazie, buona festa mitica Sciarada! Segugio
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