sabato 17 dicembre 2022

Ospitalità

Diciassettesima finestra del Calendario dell'Avvento del Focolare dell'Anima - IX edizione Natale 2022

Diciassettesima finestra del Calendario dell'Avvento del Focolare dell'Anima - IX edizione Natale 2022

" ... Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno.Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra,dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo.Si vada a prendere un po' di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero.
Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa' pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce».
All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.
Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov'è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda».
Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui.
Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne.
Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!».
Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia?
C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio» ... "

Genesi 18, 1-14

In questo passo della Genesi troviamo la quinta essenza della הכנסת אורחים - Hachnasat orchim - Accoglienza degli ospiti. Abramo nonostante il caldo cocente si siede davanti alla sua tenda per offrire ospitalità ai viandanti sotto le cui vesti, come da tradizione, si pensa possano celarsi gli angeli del Signore o lo stesso Dio.
Con tre staie, circa 30 Kg., di farina fa preparare per loro le focacce che verranno servite con il vitello migliore, panna acida e latte fresco e solo dopo che si saranno purificati e avranno indossato delle vesti pulite, solo dopo che si saranno rifocillati e riposati il padrone di casa ai forestieri accolti come nuovi membri temporanei della tribù, potrà chiedere il nome e l'etnia di appartenenza.
Questo concetto di accoglienza che tendeva ad agevolare i forestieri arrivati in una terra straniera, che all'epoca non contemplava la presenza di alberghi, in armaico è contenuto dalla parola ܐܪܚܘܬܐ -ʾrḥwtʾ, in greco antico prende il nome di ξενία - xenía e di conseguenza, secondo Vitruvio, indica anche il genere pittorico, simil natura morta, in cui venivano rappresentati i frutti, le galline e le uova, le pecore e il latte, gli ortaggi e le verdure, annessi e connessi presi dalle campagne per essere donati come buon augurio agli ξένοι/xenoi - ospiti - dagli ξενοδόχοι/xenodochoi - ospitanti.

L'apparizione dei viandanti ad Abramo e l'ospitalità di Abramo. Mosaico V secolo -  Navata centrale - Santa Maria Maggiore - Roma

L'apparizione dei viandanti ad Abramo e l'ospitalità di Abramo
Mosaico V secolo
Navata centrale - Santa Maria Maggiore - Roma

" ... I Greci... al tempo in cui furono più raffinati e più ricchi erano soliti mettere a disposizione degli ospiti triclini camere e dispense, e mentre il primo giorno li invitavano a cena, il secondo mandavano loro pollame, uova verdure e altri prodotti della campagna. Ecco perché i pittori denominavano xenia, ossia cose per gli ospiti, ciò che nei loro quadri raffigurava quanto veniva mandato agli ospiti. In questo modo le persone ospitate non avevano la sensazione di trovarsi fuori del loro ambiente godendo in questi appartamenti di un'accoglienza generosa e discreta ... "

De Architectura
Marco Vitruvio Pollione
Traduzione Luciano Migotto

La xenia non segue delle regole scritte è trasmessa per discendenza ed è parte integrante dei grandi poemi epici in cui è sotto l'egida di Zeus ξένιος/xenios, e ogni sua violazione può esser causa di una guerra, nell'Iliade è il rapimento di Elena, moglie di Menelao di Sparta, da parte di Paride, figlio di Priamo di Troia, a scatenare la guerra tra greci e troiani perché è la xenia ad esser stata infranta.
Nel canto VI è il vincolo di ospitalità, nato tra Ippoloco padre di Glauco che combatte per i troiani e Tideo padre di Diomede che combatte per i greci, a far deporre le armi ai due contendenti.
Nel canto IX per il vincolo di ospitalità Ulisse, che porta l'offerta di Agamennone, è accolto nella tenda di Achille con il vino più forte preparato da Patroclo e la carne migliore.
Nel canto XVIII è il vincolo dell'ospitalità che spinge il dio fabbro Efesto a porre via i suoi strumenti e a prodigarsi per accogliere nella sua fucina Teti che gli chiede una nuova armatura per il figlio Achille. 
Nel canto XXIV per il rispetto del vincolo di ospitalità Achille restituisce il corpo di Ettore al padre Priamo.

Priamo implora Achille per il corpo di Ettore - 1824 Alexander Ivanov - Tretyakov Gallery - Mosca - Russia

Priamo implora Achille per il corpo di Ettore
1824 
Alexander Ivanov
Tretyakov Gallery - Mosca - Russia

Nell'Odissea vi è un tripudio di ospitalità nel suo aspetto fausto e nefasto:
Nel primo canto sull'isola di Ortigia Calipso la esprime nel suo eccesso amoroso e la trasforma in prigionia, lei non vuol più far andar via Ulisse ed è costretta a lasciarlo partire perché è la volontà degli dei; i Proci dal canto loro ne abusano con il soggiorno pressante nella reggia di Ulisse e con lo sperpero dei i suoi beni mentre aspettano che Penelope scelga uno di loro come suo prossimo sposo. Qui fa il suo ingresso Atena sotto mentite spoglie ed è accolta da Telemaco con i principi dell'ospitalità.
Nel terzo canto Telemaco in cerca del padre ottiene la xenia da Nestore re di Pilo.
Nel quarto canto la ottiene da Menelao.
Nel sesto canto dopo esser naufragato sull'isola di Scheria Ulisse viene trovato da Nausica che lo porta alla reggia del padre Alcinoo e della madre Arète dove viene lavato, vestito, e rifocillato come richiesto dalla xenia e solo nel nono canto Ulisse rivela il suo nome.
Nel decimo canto Polifemo rappresenta un cattivo esempio di ospitalità, buono è quello di Eolo e ingannevole quello di Circe.
Nel quattordicesimo canto è descritta invece l'apoteosi della xenia e proviene da Eumeo che nella sua umile capanna accoglie e nutre Ulisse ignorandone la vera identità, per lui stende una pelle di caprone per farlo star comodo, si reca nel porcile, uccide due maiali, li cuoce sugli spiedi e glieli offre ricoperti di farina con un boccale di vino dolcissimo come il miele.

" ... Assai prima d’ogni altro, Telemaco simile ai Numi,
la vide; ché sedeva, col cuore in angoscia, fra i Proci,
l’immagine del padre con l’occhio dell’alma fissando,
se mai giungesse, e i Proci sperdesse lontan dalla casa,
sí che, lucrando onore, tornasse signor dei suoi tetti.
Pensava a ciò, seduto fra i Proci; ed Atena gli apparve;
ond’ei súbito all’atrio si spinse; ché in cuor gli pesava
sopra la soglia lasciare un ospite a lungo. Vicino
le andò, per man la prese, le tolse la lancia di bronzo,
e, a lei rivolto, il volo diresse di tali parole:
«Ospite, salve! Sarai fra noi benvenuto. Or ti ciba,
e dopo il pranzo dirai qual causa fra noi ti conduce».
Dentro, com’ebbe ciò detto, l’addusse; ed Atena seguiva...
... E allora disse il figlio d’Ulisse ad Atena, a lei presso
facendosi col viso, perché non udissero gli altri:
«Ospite caro, vorrai spiacerti di ciò ch’io ti dico?
A questa gente importa la cetera e il canto; e s’intende:
ché, senza scotto pagare, divorano i beni d’un altro:
d’un uomo onde ora l’ossa marciscono bianche alla pioggia
sopra la terra, oppure le voltola il flutto del mare:
ché se tornar lo vedessero in Itaca, tutti di certo
implorerebber dai Numi piuttosto sveltezza di gambe,
non già di vesti e d’oro dovizia opulenta ...
... «Ospite, tu mi rivolgi parole che ispira l’affetto,
come a suo figlio un padre; né mai m’usciranno di mente.
Ma su, rimani adesso, per grande che sia la tua fretta,
sí che tu faccia un bagno, che possa allegrare il tuo cuore,
ed alla nave lieto ritorni, recandovi un dono,
bello, d’eccelso pregio, che tu per ricordo mio serbi,
come l’usanza vuole che l’ospite all’ospite porga».
E gli rispose cosí la Diva dagli occhi azzurrini:
«Non trattenermi, ché assai del viaggio mi spinge la brama;
e il dono che l’amico tuo cuor ti consiglia di darmi,
me lo darai, che a casa lo porti, quando io qui ritorno.
Sceglilo bello assai, ché n’avrai ben degno ricambio» ... "

Odissea - Canto Primo
Omero
Traduzione Ettore Romagnoli

" ... Immantinente i cani latratori videro Ulisse,
e con grandi urli addosso gli corsero; e súbito Ulisse
prudentemente sedé, lasciò andar dalle mani il bastone.
Pure, qui, presso alle stesse sue stalle, ne andava malconcio,
se non correva a cacciarli, con rapidi passi, il porcaro,
che lasciò andare il suo cuoio, si precipitò su la porta,
e con grandi urli, con una gragnuola di pietre, i mastini
sperse, chi qua, chi là. Poi, volto al Signore, gli disse:
«Povero vecchio, per poco non t’hanno sbranalo i mastini,
all’improvviso! E avuto davvero ne avrei gran rimorso:
e già cordogli e pene mi dànno abbastanza i Celesti:
ché me ne sto qui doglioso, piangendo il mio re semidio,
ed allevare i porci mi tocca, ingrassarli per gli altri,
che me li mangino; e quello fors’anche patisce la fame,
ramingo se ne va fra genti e città forestiere,
se pure è vivo ancora, se vede la luce del sole!
Seguimi adesso, entriamo nella mia capanna, buon vecchio,
sí che ti possa anche tu saziare di cibo e di vino,
e poi mi dica donde sei giunto, e che pene hai sofferto».
Nella capanna, dicendo cosí, lo condusse il porcaro.
Sopra la terra ammucchiò gran copia di frasche, vi stese
la pelle d’un villoso caprone selvatico, folta,
grande, che bene potesse sdraiarsi, e lo fece sedere.
De l’accoglienza Ulisse fu lieto, e tai detti gli volse:
«Ospite, Giove e tutti ti diano gii altri Celesti
ciò che tu brami: ché fatta m’hai sí cordiale accoglienza!»
E di rimando, Eumèo porcaro, cosí tu dicevi:
«Ospite, anche se un uomo di te piú meschino giungesse,
io non saprei fargli sgarbo: ché gli ospiti, i poveri, tutti
li manda Giove. Certo, dovrai contentarti: ben poco
è ciò ch’io posso darti: ché questa e la sorte dei servi:
trepidar sempre, quando comandano i nuovi padroni:
poi che ai Celesti piacque frodar del ritorno il mio sire,
che mi voleva bene davvero, che dato m’avrebbe
certo podere, casa, corredo, e una sposa di garbo,
come il signor liberale suol dare al suo servo, che molto
sudi al lavoro, e un Dio gli arrida al lavoro ch’ei compie,
come sorride a questo ch’io compio. Oh!, se fosse invecchiato
qui, tali doni avrebbe largito a me pure, il mio sire ...
... Detto cosí, con la cinghia si strinse la tunica ai fianchi,
e si diresse a le stalle, dov’erano chiuse le mandre
dei porcellini; e due di lí fuor ne trasse, li uccise,
li rosolò, li squartò, i quarti infilò negli spiedi;
e quando furon cotti, presentò la carne ad Ulisse,
calda, infilata agli spiedi, cosparsa di bianca farina.
E quindi vino infuse dolcissimo dentro una coppa
d’ellera; e gli sedé di fronte, e, invitandolo, disse:
«Ospite, mangia di questi porcelli, ch’è il cibo dei servi:
ché quando poi son fatti piú grossi, li mangiano i Proci,
gente che in cuore non ha riguardo, e non teme i Celesti.
Ma non è cara ai beati Celesti la gente malvagia;
ma la giustizia, ma l’opra compensan degli uomini retti ...
... E a lui, porcaro Eumèo, rispondevi con queste parole:
«Ospite mangia, o tra i miseri misero! Godi pur quello
ch’è su la mensa. Il Dio, secondo che meglio a lui piaccia.
dona una cosa, e un’altra la nega: ch’ei può ciò che vuole».
Detto cosí, le primizie bruciò per gli eterni Celesti;
e offerse, dopo avere libato, il purpureo vino
a Ulisse, distruttore di Troia, che a mensa sedeva.
E il pane ad essi porse Mesaulio, che aveva il porcaro
compro col suo denaro, mentre era lontano il signore,
che la regina nulla ne seppe, né il vecchio Laerte:
coi suoi denari proprio l’avea comperato dai Tafi.
Sulle vivande imbandite gittarono tutti le mani.
E poi ch’ebber placata la brama del cibo e del vino,
tolse dinanzi a loro gli avanzi Mesaulio; e di vitto
sazi, di carne e di vino, si volsero gli altri a dormire ..."

Odissea - Libro Quattordicesimo
Omero
Traduzione Ettore Romagnoli

Eumeo accoglie Telemaco mentre Ulisse - sotto le spoglie di soldato cretese disperso - siede davanti al fuoco nella capanna - 17 secolo - Giovanni Bonaventura Genelli

Eumeo accoglie Telemaco mentre Ulisse, sotto le spoglie di soldato cretese disperso, siede davanti al fuoco nella capanna
17 secolo 
Giovanni Bonaventura Genelli

La xenia si manifesta anche nelle Argonautiche di Apollonio Rodio:
Nel primo libro è Etalide mandato come ambasciatore sull'isola di Lemno a conquistarla per se e per i suoi compagni, sulla penisola di Arto, Cizico re dei dolioni ospita gli argonauti e gli offre il necessario per innalzare un altare ad Apollo.
Nel secondo libro, Amico re dei Bebrici accoglie sì gli argonauti ma prima di farli ripartire viola la xenia e sfida uno di loro in un incontro di pugilato, si propone Polluce che uccide Amico scatenando la battaglia in cui i bebrici verranno sconfitti dagli argonauti. Sull'isola di Mariandine re Lico rivale di Amico venuto a conoscenza della sua morte accoglie ben volentiri gli argonauti offrendogli l'aiuto del figlio Dascilo come guida.
Nel terzo libro la xenia viene rispettata anche da Eete che prepara un banchetto per gli ospiti.

Non sapendo che fare, correvano senza parola,
tale era il terrore sospeso sopra di loro.
Intanto dalla nave gli eroi mandarono Etalide,
il rapido araldo; a lui affidavano ogni ambasciata
e lo scettro di Ermes, suo padre, che gli concesse
una memoria incorrotta di tutte le cose,
e anche quando se ne andò alle acque ineffabili dell'Acheronte,
neanche allora è calato sulla sua mente l'oblio,
ma il suo destino è una salda alternanza,
quando sotto la terra, quando ai raggi del sole,
in mezzo agli uomini. Ma perché dovrei raccontare
in esteso la storia di Etalide? Egli convinse
la regina Issipile a ricevere i viaggiatori
al morire del giorno, nel buio; ma quando sorse l'aurora,
non sciolsero ancora le gomene, per il soffio di Borea.
Le donne di Lemno accorsero per la città
all'assemblea (così Issipile aveva ordinato).
E quando furono tutte insieme raccolte,
in mezzo a loro, le esortava con queste parole:
"Orsù, mie care, diamo a questi uomini doni graditi,
da portar via sulla nave, cibi e vino soave ...
... si levò in piedi, e parlò in questo modo:
"Se voi qui tutte avete lo stesso proposito,
è mia intenzione mandare un messaggio alla nave".
Disse, e rivolta ad Ifinoe, che le era accanto,
comandò: "Va' dunque, Ifinoe: prega l'uomo
che è il loro capo di venire alla mia presenza:
gli dirò il volere del nostro popolo; e invita
anche gli altri, se vogliono, nella città e nel paese:
che vengano in amicizia, e senza avere paura".
Disse, e sciolse il consesso e tornò alla sua casa.
Così Ifinoe giunse dai Minii, ed essi le chiesero
con quali intenzioni veniva presso di loro.
Alle loro domande rispose essa subito:
"Mi manda Issipile, figlia del re Toante:
il capo di questa nave venga alla sua presenza:
gli dirà il volere del nostro popolo, e invita
anche gli altri, se vogliono nella città e nel paese;
che vengano in amicizia, e senza avere paura".
Così disse, e a tutti piacquero le fauste parole di lei.
Credettero che Toante era morto, e la figlia diletta
regnava dopo di lui; mandarono subito Giasone,
e anch'essi tutti erano pronti a partire ...

Le Argonautiche
Apollonio Rodio
Traduzione Guido Paduano

Scene della storia degli argonauti 1465 - Biagio d'Antonio Tucci e Jacopo da Sellaio - Metropolitan Museum of Art

Scene della storia degli argonauti 
1465
Biagio d'Antonio Tucci e Jacopo da Sellaio
Metropolitan Museum of Art

In uno dei racconti delle Metamorfosi di Ovidio Giove e Mercurio si trovano in Asia Minore, decidono di sostare nella città di Tyana in Frigia, cercano ospitalità sotto mentite spoglie e solo una coppia di anziani, Filemone e Bauci, decide di accoglierli sotto il proprio umile tetto offrendogli ristoro con corniole, latte cagliato, maiale, olive, radicchio e vino che miracolosamente continua a esser prelevato senza diminuire. Il loro gesto li salverà dalla distruzione della città e saranno ricompensati con il compito di custodire il tempio di Giove dove potranno vivere in serenità fino alla fine dei loro giorni.

" ... Al fine ad una picciola capanna
L'ascoso Re del del ciel col figlio arriva,
La qual di paglia e di palustre canna;
E da' lati, e di sopra fs copriva.
Quindi scoprendo il duol, che'l core affanna,
La vera carità ritrovar viva.
Fur da Fileno, e Baucide raccolti,
Ch'eran consorti già molti anni, e molti.

Da lor la povertà, ch'ognuno abborre,
Con lieto e santo cor sofferta sue.
Di quel, che manca, l'un l'altro soccorre,
E giova a' due con le fatiche sue.
Servi, e Signor cercar lì non occorre,
Tutta la casa lor non son, che due,
Quel, che comincia l'un l'altro al fin mada,
E da' due s'ubidisce, e si comanda.

Un picciol rame concavo indi appende
Alla fuliginosa atra catena,
Pien d'una pura fonte, dove intende
Di far bollir la rusticana cena
Nel picciol horto intanto il vecchio prende
Di molte herbe opportune ogni man piena,
E le porge à la moglie, e anch''ei sadopra,
Perch'ogni herba si purghi, e poga in opra.

Quell'herbe che vuol por, sceglie la moglie
A cocer per la cena, e l'apparecchia.
Filemone il radicchio in un raccoglie
Con la sinistra man debile, e vecchia.
La destra col coltel taglia le foglie,
E dalle assai minute ad una secchia,
E le lascia purgar nel'onde chiare,
Perché poi nel mangiar sian meno amare.

Prende poi il vecchio la bicorne forca,
E va, dove glie d'huopo, el capo leva,
E guarda in alto, e uno uncino inforca,
Ch'una spalla di porco alto teneva,
Dal fumo, e da la polve oscura, e sporca
La prende, e col coltel, ch'a lato haveva,
Ne taglia, e purga una mezzana fetta,
E dalla al rame poi purgata, e netta.

Perché non paia à lor lungo ìl soggiorno
Tal volta scioglie à lasua lingua il nodo,
E va passando l'otioso giorno
Con rustiche sentenze, e rozzo modo.
V'era un gran vaso lavorato al torno
Di faggio, ch'appiccato era ad un chiodo;
L'empie poi, che la vecchia l'ha ben netto,
D'acqua, e havea scaldata à questo effetto.

La porta a forestieri, e lor rimembra,
Che, giugnendo àl'albergo il viandante
Dee tal volta lavar le stanche membra,
E ristorar l'affaticate piante.
Questa a gli Dei ben carità rassembra
D'anime veramente elette, e sante.
Accettano il cortese almo costume,
Indi entran ne le lor povere piume ...

Le Metamorfosi - Libro VIII
Publio Ovidio Nasone
Traduzione Gio Andrea dell'Anguillara

Filemone e Bauci - 1608 - Adam Elsheimer -  Gemäldegalerie - Dresda

Filemone e Bauci 
1608 
 Adam Elsheimer
Gemäldegalerie - Dresda

L'ospitalità nell'antica Roma prendeva il nome di hospitium e l'ospite di hospĕs che significa anche straniero e coglie tutta l'ambivalenza attribuita a questa figura rafforzata dal termine hostis con cui condivide la stessa radice e che significa straniero ma anche nemico.
L'hospitium publicum si fondava sulle relazioni internazionali con ambasciatori, consoli, magistrati, senatori, di altri paesi e dava loro il beneficio di vitto, alloggio e protezione. Il vincolo tra ospite e ospitante era espresso dalla tessera hospitalis che riportava il nome di entrambi e per l'uno e per l'altro in terra straniera garantiva gli stessi diritti dei cittadini, si trasmetteva alla propria discendenza, poteva essere di avorio, bronzo, osso, piombo o altro materiale e avere varie forme.
In quella che segue si legge in etrusco: araz silqetenas spurianas da cui si presume che Spuriana, gentilizio di una famiglia di Tarquinia, avesse concesso hospitium allo straniero Araz Silquestas.

Tessera hospitalis della metà del VI sec. a.C ritrovata nell’area sacra di Sant’Omobono, nei pressi dell’antica strada che collegava il Foro Romano al Tevere Musei Capitolini - Roma

Tessera hospitalis della metà del VI sec. a.C ritrovata nell’area sacra di Sant’Omobono, nei pressi dell’antica strada che collegava il Foro Romano al Tevere Musei Capitolini - Roma

Le strutture ricettive atte ad accogliere gli stranieri si chiamavano xenodochíi o hospitium, termine che a lungo andare si è consolidato rispetto al primo; durante il censimento indetto da Quirinio in Siria e Giudea questi alloggi erano talmente affollati che Giuseppe e Maria trovarono ospitalità in una mangiatoia ed è lì che venne alla luce Gesù.

" Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.
Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide.
Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. "

Luca 2, 1-7

Maria e Giuseppe si presentano a Quirinio per il censimento - 1315-1320 - Mosaico bizantino - Chiesa del Santissimo Salvatore in Chora - Istanbul - Turchia

Maria e Giuseppe si presentano a Quirinio per il censimento
1315-1320 
Mosaico bizantino 
Chiesa del Santissimo Salvatore in Chora - Istanbul - Turchia 

Continua ... A domani 

Per ulteriori informazioni:

7 commenti:

  1. Interessante, tornerò domani per continuare la lettura. Saluti cari.

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  2. Che excursus dettagliato Sciary!!!!!! Sei eccezionale e sono curiosa di sapere come continua, a domani!!!!!!!

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  3. Semplicemente straordinaria la tua documentazione. Aspetto domani con il desiderio di sapere ...

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  4. Leggere i tuoi post è come attingere ad un pozzo ricco di storia curiosità notizie.Mi piace l'argomento,così ben documentato,dell'ospitalitànella storia e della sua sacralità:In molti dovremmo rileggere con maggiore attenzione i classici e farne tesoro,in questi tempi di memoria corta o assente...Grazie di cuore.

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  5. Quanta roba c'è dietro una parola

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  6. La diffidenza oggigiorno è più forte dell'accoglienza.

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