lunedì 14 giugno 2010

L'albero dei cedri

" ... Una giovane dagli occhi grandi, soavi, e smunta, malata, mi porse un cedro colla destra ... "

Da Quarto al Volturno
Giuseppe Cesare Abba


Il Citrus Medica è un albero originario dell'India e della Birmania, dalla Persia si è diffuso nel mediterraneo e nel III secolo a. C. in Italia.
Oggi si coltiva nell'area mediterranea, Medio Oriente, India, Indonesia, Australia, Brasile e Stati Uniti.



Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia lo classifica chiamandolo "mela assira". 


Il frutto veniva usato come repellente contro gli insetti, l'uso alimentare si diffuse solo due secoli dopo.



Fino al XVIII secolo, nel campo dell'arte, venne confuso con il "cedro del Libano", infatti nel quadro "l'Immacolata" di Marco Palmezzano del 1510, in alto a destra c'è un "citrus medica" carico di frutti al posto del "cedro del Libano" simbolo religioso di origine biblica.

© Sciarada Sciaranti

domenica 13 giugno 2010

Cancelli

In alcuni rilievi babilonesi che ci sono pervenuti sono raffigurati i primi cancelli che chiudevano dei recinti costruiti con delle lance legate da corde, quelli degli assiri erano in avorio e avevano una valenza magico-religiosa, allontanavano il male, i celti per la medesima ragione vi applicavano sopra crani di animali.



La funzione religiosa dei cancelli si trova anche nei bizantini che li usavano per dividere il luogo sacro della cappella, dall'esterno.


Nel periodo romanico, gotico e rinascimentale vengono aggiunte numerose decorazioni.
Nel cinquecento si collocano stemmi e monogrammi nobiliari e nel settecento la loro struttura raggiunge l'apice, come ad esempio nella galleria dell'Apollo al Louvre.
Nell'ottocento si ha il trionfo dell'uso del ferro come materiale di base e con il liberty e l'umbertino si sviluppa la foggia e il gusto personale.
Dal punto di vista simbolico i cancelli sono una soglia, un rito di passaggio tra ciò che siamo e ciò che saremo. 


© Sciarada Sciaranti



" ... Il cancello è il ricordo più intenso che ho, adesso, di quell’edificio. L’ho oltrepassato almeno due volte al giorno cinque giorni alla settimana per un certo numero di anni, ma ancora non riesco a rivederlo com’era. Nella memoria si trasforma in una “porta magica sospesa nel vuoto” che protegge l’ingresso all’università …"

Leggere Lolita a Teheran 
Azar Nafisi
Traduzione Roberto Serrai

venerdì 11 giugno 2010

Campioni del mondo


Entriamo in questo mondiale 2010 da campioni


con l'augurio che lo sport diventi l'unico scontro in cui gli uomini lottano per fedi differenti.

 

Concludo con il sorriso di Nelson Rolihlahla Mandela che purtroppo proprio oggi ha perso una sua pronipote in un incidente stradale. 

Viva lo sport

Forza     Azzurri

giovedì 10 giugno 2010

Il fico d'India

" ... macchie gigantesche di fichi d’india, dalle foglie pesanti nate le une sulle altre, incoronate di frutti e di fiori d’oro, sporgevano sui ciglioni e s’arrampicavano sulle chine ... "

La via del male
Grazia Deledda


Il fico d'India, "Opuntia ficus indica" è originario del Messico, dagli Atzechi era considerato sacro, tanto da essere disegnato nel Codice Mendoza e tanto da dare il nome alla loro antica capitale imperiale Tenochtitlan che letteralmente significa fico d'India sopra la roccia. Ancora oggi è rappresentato nella bandiera messicana.
Arrivò in Europa nel 1493, con la spedizione di Cristoforo Colombo di rientro a Lisbona, per trovare il suo habitat ideale nelle regioni del sud Italia: Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia.


In Sicilia, durante il periodo della vendemmia, si fa colazione con il frutto del fico d'India, tradizione che nasce dall'antica usanza del proprietario della vigna di donarlo con grande abbondanza ai vendemmiatori in modo che questi non mangiassero l'uva mentre la raccoglievano.

I cladodi ancora teneri conosciuti comunemente come pale hanno il sapore misto di asparagi e fagiolini, sono usati crudi nelle insalate oppure si saltano in padella con olio, aglio e peperoncino, possono anche essere impanati e fritti o ancora possono essere gratinati.



Il fico d'India è ricco di sali minerali come calcio, ferro e fosforo, di vitamina A, di vitamina C che nei tempi antichi lo rendeva indispensabile ai marinai per scongiurare lo scorbuto;
ha un'azione depurativa per l'organismo, diuretica con il decotto dei fiori, aiuta l'espulsione dei calcoli renali, abbassa il tasso di colesterolo nel sangue e attenua l'ipoglicemia nei diabetici; è un antiossidante, un astringente e a causa dei semi è sconsigliato a chi soffre di diverticolosi intestinale.

La polpa fresca applicata sulla pelle manifesta il suo potere, antinfiammatorio, cicatrizzante e riepitilizzante, promuove cioè nuovi strati di pelle, mentre i teneri cladodi - giovani pale, scaldati in forno ed usati come cataplasma, sono emollienti. 

Gian Lorenzo Bernini scolpì le pale e i frutti nella fontana dei quattro fiumi a Roma.

Appare anche nei dipinti di Bruegel il Vecchio, Frida Kahlo, Man Ray, Roy Lichtenstein e Tina Modotti.


N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.

© Sciarada Sciaranti

mercoledì 9 giugno 2010

La coccinella

"... Intanto viveva appunto in mezzo agli alberi e ai cespugli del giardino illudendosi di coltivare la terra: in realtà cercava un ultimo conforto, col confondersi o tentare di confondersi con la natura.
E gli pareva di essere felice quando questa corrispondeva con lui, quando il pesco gli buttava sui piedi i frutti maturi, gl'insetti si prendevano confidenza coi suoi capelli e i suoi vestiti, il ragno verde gli correva sulla mano come sopra una foglia, e la goccia di sangue della coccinella si posava sul suo dito bruno di terra ..."

La fuga in Egitto
Grazia Deledda


La coccinella è uno dei miei insetti preferiti,


appartiene all'ordine dei coleotteri, una famiglia che è composta da circa 6000 specie. Il suo meccanismo di difesa chiamato aposematismo attraverso i colori vistosi e brillanti quali l'arancione e il giallo delle elitre allontana i predatori che associano tali colori al veleno e ai suoi effetti, inoltre se viene disturbato o attaccato rilascia gocce di emolinfa, un liquido arancione dall'odore acre, forte e persistente che colora la superficie con cui viene in contatto. 



Sono quattro gli stadi larvali e uno di pupa che portano allo sviluppo dell'insetto adulto che è un entomofago, si nutre cioè di altri insetti.

martedì 8 giugno 2010

Il prato delle margherite




" ... taluni prati erano così bianchi di margherite che parevano coperti di neve; stormi numerosi d’uccelli passavano nell’aria tiepida e calma ... "


I giuochi della vita
Grazia Deledda



sabato 5 giugno 2010

Raggi di sole


" ... Fuggo i bei raggi del mio ardente sole,
silvestra fèra all’ombra delle fronde,
e vo cercando ruscelletti e fonti
per piagge e valli e pe’ piú alti poggi,
ove le caste ninfe di Diana
vanno seguendo li animai pe’ boschi ... "



Opere - Sestina IV
Lorenzo de' Medici




P.S.  Bravaaaaa..... Francesca - Schiavonebella e grande partita. 

Forza    Italia

venerdì 4 giugno 2010

Riflessi


" ... Scendono: l’acque tranquille de ’l fiume
scorron verdi tra ’l verde, e le nuvole sparse de ’l vespro

vi treman entro in vaghi riflessi di minio e di giallo;

da l’altra riva un uomo sta immobil pescando con l’amo;
pascon qua e là i puledri de’ zingari intorno le tende … "

A la fontana
Gabriele D'Annunzio


giovedì 3 giugno 2010

La terra dei faraoni - Il tempio di Sobek e Haroeris




" ... giugnemmo ad Ombos, le cui rovine fanno vedere quello che era anticamente questo luogo. Il colonnato del portico è fra i più belli che abbia veduti; i giroglifici vi sono benissimo eseguiti, e conservano ancora i loro colori ... " 



Viaggio in Egitto e in Nubia 
Giovan Battista Belzoni


La particolarità di questo tempio è che ha due entrate, due sale, due santuari, perché la parte sinistra settentrionale è dedicata al dio Falco Haoeris da Har-wer cioè Horus il maggiore, il grande e la parte destra meridionale al dio Coccodrillo Sobek, protettore delle acque, delle inondazioni e della fertilità del Nilo e della forza militare, venerato a Pa-Sebek - Terra di Sobek oggi Kom Ombo villaggio agricolo con campi di canne da zucchero e aranceti dove passava la via carovaniera per le miniere d'oro nubiane, dove il tempio fu edificato in quattro secoli dalla dinastia tolemaica nel cuore della Nuova Nubia esattamente tra il 181 a.C. e il 219 d.C. e dove venivano addestrati gli elefanti africani provenienti dall'Etiopia per fronteggiare quelli indiani durante la guerra dei Tolomei contro i Seleucidi. 
I capitelli delle colonne riproducono il fiore di loto o il giglio d'Egitto settentrionale e il papiro del delta.


Il leone con una mano dei nemici in bocca, si vedono anche le gambe i ginocchi e i piedi. 


Questa è la rappresentazione dei prigionieri dell'antico Egitto, le piccole cavità sulla loro testa indicano il colpi inferti dai sacerdoti, hanno una mano incatenata dietro la schiena, dai lineamenti, dai capelli, dal naso e dalla barba i primi due sono asiatici, il terzo africano forse nubiano. Ogni figura ha sotto di sé, non un cartiglio che era la forma esclusiva in cui scrivere il nome del faraone, infatti come si può vedere manca la base tipica del cartiglio ed è corredata da dei dentelli che al cartiglio mancano, questa piuttosto è la forma che i sacerdoti scelsero per raffigurare la fortezza dove venivano tenuti questi prigionieri e all'interno è inciso il loro luogo di provenienza. 


Partendo dall'alto a destra si vede una gamba con il piede che rappresenta la lettera "B" accanto a sinistra una bocca aperta che indica la lettera "R", sotto si ripetono le stesse lettere, il tutto per costruire la parola "Berber" ovvero "Berberi", il nome usato dagli egiziani per riferirsi agli africani.


Questa statua è romana e forse raffigura l'imperatore Traiano.


Questi sarcofaghi hanno la forma protettiva del cartiglio, contenevano dei coccodrilli imbalsamati.


Questa è la stessa scena di purificazione del faraone (in questo caso Tolomeo XII) ritratta nel tempio di Horus (già spiegata) solo che qui l'ankh e lo scettro del comando che escono dalle anfore non sono state scalpellate.


Questa è la scena dell'incoronazione in cui il faraone si trova tra le due divinità dell' alto e del basso Egitto. Rispetto al periodo più antico in questo greco-romano, il seno delle due divinità femminili viene sottolineato ed evidenziato, indice del fatto che la spiritualità lascia il posto alla materialità.


Il calendario egiziano era diviso in un anno di 360 giorni, 36 decadi di 10 giorni, 3 stagioni di 4 mesi, 30 giorni ogni mese. Queste tre leonesse sono le stagioni, partendo da destra si ha la stagione dell'inondazione, poi quella della semina e infine quella del raccolto. Accanto sulla sinistra delle leonesse c'è una colonna con dei simboli racchiusi in dei piccoli scomparti, per indicare i numeri dei giorni, nel primo che si vede dall'alto, partendo da destra c'è un disco tondo che indica la parola giorno, due segni uno sopra l'altro che hanno la forma di un ferro di cavallo, ognuno rappresenta il numero dieci, quindi due sono venti, accanto ci sono cinque piccoli rettangolini che indicano ovviamente il numero cinque, cosi qui si fa riferimento al venticinquesimo giorno, si continua per successione fino allo scompartimento che indica il numero ventinove con il doppio dieci e un disco tagliato a metà per il nove, sotto il trentesimo giorno che corrisponde a fine mese è rappresentato dalla coda di un animale che in egiziano corrisponde al suono "baha" ovvero "finito". in ultimo sotto il trentesimo giorno partendo sempre da destra ci sono tre rettangolini con sopra un simbolo che indica il termine stagione, accanto tre papiri nella terra che aspettano di essere raccolti, accanto il disco che indica il giorno con sotto un trattino concludendo quindi si fa riferimento "al primo giorno della terza stagione di raccolto".


Accanto alla colonna dei giorni sulla sinistra ci sono incisi dei simboli che indicano le feste durante i giorni dell'anno.


Nella parte sinistra è visibile l'occhio di Horus che è diventato il protettore dei medici l'uomo inginocchiato è l'imperatore Traiano.


Queste due donne rappresentano due delle quattro divinità protettrici dell'antico Egitto in basso c'è Iside con in testa il trono del marito Osiride e in alto sua sorella Nefthi sposa di Seth, la sedia sulla quale sono sedute era usata e lo è tutt'ora nelle campagne egiziane per partorire. Accanto sopra un tavolo sono descritti alcuni strumenti medici, nella prima fila in basso sono riconoscibili delle boccette, delle forbicine, una spugna e dei cucchiaini per dosare le preparazioni mediche, nella seconda fila ci sono delle pinze e una bilancia, in terza fila si notano degli uncini che venivano usati per far uscire il cervello dal naso durante la mummificazione senza rompere il cranio. Continuando verso destra si vedono una serie di rettangoli uno sopra l'altro che contengono i simboli per indicare le ricette mediche, iniziano tutte da destra con il segno della bocca aperta che oltre alla lettera "R " indica il verbo tipico delle ricette mediche "riscrivere".


Imhotep il dio della medicina rappresentato seduto.


La linea verticale che divide a metà questo quadrato divide in realtà in due il tempio, la parte sinistra da questa prospettiva appartiene a Sobek, la destra a Haroeris, nella parte indicata dalla mano si notano dei prigionieri incatenati che fanno offerte, carne, fiori e pane al dio.


La divisione del tempio avvenne sotto il controllo della dea della giustizia Maat, rappresentata in alto al centro seduta con le ali, sotto la dea sia a destra che a sinistra del rettangolino scavato ci sono un occhio e un orecchio per indicare che tutti avevano visto e sentito, erano testimoni della divisione del tempio.

© Sciarada Sciaranti

martedì 1 giugno 2010

La terra dei faraoni - Il tempio di Horus

" ... non ci fermammo che ad Edfu. Il tempio di questa città è paragonabile a quello di Tentira per rispetto alla sua bella conservazione, e superiore ad esso per la sua estensione. I propilei di questo monumento sono i più grandi ed i più perfetti che esistano in Egitto; ovunque vedonsi figure colossali scolpite in rilievo; l'interno è scompartito in parecchie sale che ricevono la luce dalle aperture quadrate fatte nei lati. La vista di tali aperture ha fatto nascere alcuni dubbi, i quali non sono stati tolti fino ad ora. Vedute queste nell'interno sembravano che fossero state fatte per dare luce, o per rinchiudere forse nei giorni di festa alcuni emblemi od ornamenti particolari; e quindi devesi credere ch'esse siano tanto antiche quanto lo è tutto l'edificio. Tuttavia allorché si esaminano al di fuori, si conosce ch'esse sono in contatto colle figure colossali scolpite sopra i muri, e che le tagliano e mutilano, lo che farebbe credere che le aperture fossero state fatte dopo che l'edifizio era già stato terminato. A mio credere esse veramente sono state fatte molto tempo dopo la costruzione del monumento per rischiararne l'interno ad uso di un popolo di religione diversa da quella, che professavano coloro che hanno fatto costruire il tempio. Il grande peristilo, ora ingombrato da casolari arabi, è il solo così perfetto che veggasi in Egitto; il portico è ugualmente superbo, quantunque ora sfortunatamente sia sepolto per tre quarti nei rottami. Tentai di penetrare nelle sale interne per alcuni fori della parte superiore del sekos; ma esse erano tanto ingombre che non potei avanzarmivi. I fellahs hanno fabbricato sulla sommità del tempio una parte del loro villaggio, ed alcune stalle pel loro bestiame. Un muro alto e largo, che s'allunga dalle due parti dei propilei, e fa il giro del tempio, serve come di recinto a tutto il monumento: esso, siccome tutto il restante, è coperto di giroglifici e di figure ... "

Viaggio in Egitto e in Nubia
Giovan Battista Belzoni


Il tempio di Horus a Edfu, dedicato al figlio di Osiride e Iside, il dio falco con il disco solare adornato da ali di rapace, garante dell'ordine cosmico,  è orientato a sud, lungo 137 metri, costruito in arenaria tra il 237 e il 57 a.C. su un antico sacrario a cui si accede attraverso una serie di ambienti in successione sempre più piccoli e oscuri e  nel quale secondo la leggenda erano stati inumati gli antichi dei ancestrali. Tra tutti i templi egiziani è il più completo e il meglio conservato, era la sede della grande festa annuale dell'incoronazione in cui si riaffermava il potere del faraone rappresentante del dio sulla terra, della festa di Behedet in cui una processione su imbarcazioni lungo le acque del Nilo riproponeva simbolicamente il viaggio di quattro giorni della dea Hator intrapreso da Dendera per riunirsi al suo compagno Hator a Edfu.


Un falco in granito nero con la doppia corona, è il simbolo del dio Horus


La scena della purificazione, uno dei Tolomei tra il dio Thot dalla testa di ibis, dio della saggezza e il dio Horus dalla testa di falco, entrambi versano in continuazione da un anfora, sulla testa del faraone non l'acqua ma l'ankh e lo scettro del comando non visibili nella scena perché scalpellati.


Il faraone aveva cinque nomi, due erano di fondamentale importanza, quello di nascita e quello di incoronazione, entrambi erano racchiusi in un cartiglio e si differenziavano per i simboli incisi accanto al cartiglio in questo foto si fa riferimento al nome di nascita con accanto i simboli del disco solare Ra e dell'anatra Sa che vuol dire figlio, quindi nell'insieme si legge Figlio del Sole.


In questa foto invece si fa riferimento al nome di incoronazione del faraone e i simboli accanto al cartiglio sono due cobra che portano sulla testa la corona rossa del basso Egitto e la corona bianca dell'alto Egitto. In entrambi i cartigli non vi è inciso alcun nome perché la costruzione di questo tempio durò 180 anni e iniziò dalla parte più interna del Sancta Sanctorum per arrivare a quella più esterna, intorno al 57 a.C. periodo in cui a causa dell'instabilità del governo dovuta ai problemi esistenti tra Cleopatra e il fratello Tolomeo si decise di rimandare l'incisione dei cartigli che non furono più scolpiti per il crollo della dinastia dei Tolomei con la morte di Cleopatra e l'assoggettamento dell'Egitto all'impero romano.


Il sacrario dove è custodito il "naos", un monolite di granito grigio del tempio antico, opera di Nectanebo II e un modellino della barca sacra di Horus.


Nel primo di questi due cartigli, a destra partendo dall'alto è inciso un quadratino che rappresenta la lettera "P" con sotto un piattino rovesciato che rappresenta la lettera "T", accanto a sinistra uno stomaco con l'intestino che rappresenta la vocale "O" oppure "U", sotto il leone che rappresenta la lettera "L", sotto ancora un rettangolo aperto che rappresenta la "M", sotto a destra due piume che rappresentano la "Y o J", con accanto a sinistra un fazzoletto che rappresenta la lettera "S", nell'insieme compongono il nome del faraone "Ptolmys" ovvero Tolomeo, nella metà inferiore del cartiglio troviamo una vipera che indica la "J o la Y" con sotto il piattino rovesciato la "T" con cui forma la parola "Jet" che significa abbia, accanto c'è "l'ankh" o"Nh" simbolo della Vita, in basso a sinistra è incisa una grande "A" inclinata che assomiglia alla zappa che il contadino usa per rendere fertile la terra ed è per questo associata all'amore fertile tra uomo e donna, quindi indica la parola "Mer" che significa amore o amato, in ultimo, a destra c'è il trono di "Osiris" che è anche il simbolo della moglie "Isit", perciò ricapitolando si ha la frase "Ptolmys Jet Nh Mer Isit" ovvero "Tolomeo abbia la vita amato da Iside".


Il Nilometro che serviva per misurare la piena del Nilo


Questa raffigurazione rappresenta la dea Iside con il disco solare con in cima il trono del marito Osiride, davanti a lei ci sono suo figlio Horus con la doppia corona che vuole dare la caccia al dio della cattiveria Seth per l'uccisione di suo padre Osiride e il dio Toth con la testa di airone che porta il papiro dove è scritto il permesso degli altri dei per dare la caccia a Seth.


Horus che con il sostegno della madre Iside su una barca cerca di scacciare Seth che si è trasformato in un ippopotamo.


Gli egiziani rappresentavano se stessi di profilo per indicare che erano vivi e sempre in movimento, i loro nemici al contrario venivano rappresentati frontalmente come queste due piccole in questa incisione, l'onda sottostante è una preposizione, una lettera per dire in, rappresenta l'interiorità.


I tre trattini verticali rappresentano il numero tre, la treccia affianco con gli spazi interni con tre trattini serve a confermare il numero tre, se gli spazi fossero stati vuoti avrebbe rappresentato il numero due come le due zampette finali che la formano.


Il dio della medicina Imhotep che con una mano tiene per la coda un ippopotamo che rappresenta Seth e con l'altra tiene un coltello per farlo a pezzi come lui ha fatto con suo fratello Osiride.

© Sciarada Sciaranti
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