domenica 14 settembre 2025

Astratto in Materia - L'incanto

Astratto in Materia - L'incanto

L'incanto: Una foglia che si specchia in un'altra con la complicità della luce.

Se vi va di partecipare, materializzate il vostro concetto di incanto attraverso un oggetto concreto che possa rappresentarlo. Sono ben accette anche le definizioni, il gioco non è così fiscale; il tutto sarà riportato nel post.

P.S. Segugi, se partecipate lasciate il nome di battesimo o anche il soprannome, giusto per distinguervi. 

Per chi è interessato: 

mercoledì 10 settembre 2025

Il Colosseo sotto la pioggia

Il Colosseo è eterna memoria di pietra, sotto la pioggia è storia che piange, ogni goccia che tocca le sue arcate è un brusio del passato, un eco di gladiatori e di imperatori dimenticati. Il cielo grigio azzurro lo avvolge come un mantello e il vento porta con sé voci spezzate, applausi lontani, il clangore di spade ormai deposte. La pioggia lo purifica, lo rende meno monumento e più anima; mentre ogni suo arco, ogni sua crepa, ogni sua ombra sussurra lambita, lo si sente respirare e in quell’istante, mentre il mondo corre e si ripara, lo guardi; capisci che non stai osservando una rovina, ma il cuore di Roma che sotto l'acqua batte anche dentro di te.

Sciarada Sciaranti

Arcate del Colosseo sotto la pioggia

"... Dunque. C'era un posto dove non arrivava mai nessuno di nuovo. Finché un mattino di pioggia arrivò…
... Iniziò a piovere. La pioggia fece parlare le foglie, ogni foglia una parola. Una foglia gli cadde in testa, poi un'altra.
Sì, disse a occhi chiusi, sto diventando un vecchio albero in un bosco. Gli alberi diventano pagine, il libro mi circonda. Sarebbe bello durare quanto i racconti che abbiamo ascoltato e che raccontiamo. Ma loro dureranno più di noi...
... Cominciò a piovere forte. Ma la chioma dell'albero lo copriva. Voleva alzarsi in piedi e andarsene, ma il muschio era così morbido, e il rumore della pioggia così amico. Non aveva più freddo."

Pane e Tempesta
Stefano Benni

Ciao Stefano...

Ecco il link del reel:

lunedì 8 settembre 2025

La Natività della Vergine Maria tra eclissi di Luna e Calendario Bizantino

Eclissi di Luna 7 settembre 2025 - Sciarada Sciaranti

Eclissi di Luna 7 settembre 2025
Fase finale con l'ombra della Terra sulla Luna
Vigilia della Natività della Vergine Maria

La festa della Natività della Vergine Maria, che si celebra l'8 settembre, affonda le sue radici nel V secolo, all'interno dell’Impero Romano d'Oriente in cui la commemorazione della nascita della Madre di Dio comincia a diffondersi probabilmente in relazione alla dedicazione della basilica di Gerusalemme, costruita nel luogo ritenuto tradizionalmente la casa dei genitori di Maria.
Come tutte le grandi feste della tradizione bizantina, la Natività di Maria non si limita a un solo giorno, ma si articola in un vero e proprio ciclo liturgico; è preceduta da una Προεόρτια/Proeortia, da πρό/pro - prima più ἑορτή/eorté - festa, nell'accezione prima della festa, che inizia il 5 settembre con i giorni di preparazione spirituale in cui la Chiesa propone inni e letture che annunciano la nascita della Θεοτόκος/Theotokos da Θεός/Theós - Dio più τίκτω/tíkto - generare, partorire, nell'accezione colei che genera Dio. Il 7 settembre, che quest'anno ha visto una bellissima eclissi totale di luna, è la vigilia liturgica, momento culminante della Proeortia, con i vespri solenni, la proclamazione delle profezie veterotestamentarie, i canti mariani e, in alcune tradizioni locali, la benedizione dei frutti della terra, in segno di gratitudine e speranza per il nuovo ciclo agricolo.
Il giorno seguente, l'8 settembre, la Chiesa celebra la nascita di Maria con la Divina Liturgia, le letture evangeliche, le omelie e le processioni. Maria è presentata come "Aurora della Salvezza", colei che inaugura il mistero dell'Incarnazione. Ma la festa non si conclude con il giorno della celebrazione, si prolunga fino al 12 settembre, giorno dell'Ἀπόδοσις/Apodosis, da ἀπό/apo - da più δίδωμι/didōmi - dare, nell'accezione di restituzione in cui si "congeda" liturgicamente la solennità. Durante l'Apodosis si ripetono gli inni principali della festa e si rinnova la contemplazione del mistero mariano, offrendo ai fedeli un tempo di riflessione e interiorizzazione.
La festa della Natività di Maria Vergine, è collocata appena una settimana dopo l'inizio dell'anno ecclesiastico orientale e assume un significato profondo, è la prima grande celebrazione del nuovo ciclo liturgico.
Ma per comprenderne appieno il valore bisogna risalire alla nascita del calendario bizantino, introdotto nel 312 d.C. dall'imperatore Costantino I, in un momento cruciale per la cristianizzazione dell'Impero.

"L'anno sacro bizantino comincia col settembre, il mese della Nativita della Madonna. Gia nel primo giorno si commemora il ritrovamento dell'icona mariana del monastero dei Miasini presso Melitina in Armenia, che era stata sprofondata nel lago di Gazuro per salvarla dalla profanazione degli iconoclasti, e venne poi miracolosamente ritrovata. Ma la grande festa iniziale é quella dell'8 settembre, la Nativita, festa delle principali, preceduta da una vigilia e seguita, nel giorno successivo, come si suole per le massime feste, dalla memoria dei personaggi secondari di quel mistero, i Santi « antenati » (προπάτορες), Gioacchino ed Anna. Tra la ricca messe poética di questi tre giorni scegliamo la seguente strofa di propria melodía di Stefano Agiopolita per il Grande Véspero:
« Quest’oggi
dell'universale letizia i proemi;
oggi spirarono l’aure
di salvezza prenunzie;
della nostra natura
la sterilità restò sciolta;
che la sterile, madre ci appare
di Colei che vergin sará dopo il parto
del Crearore, da cui
l’aliecno s'appropria il Dio per natura,
ed agli erranti, per via della carne,
salvezza oprerá
Cristo il filántropo
e redentore dell’anime nostre ».

E quest’altra in onore dei due Genitori:

« O Diade beata,
i genitori tutti voi superaste,
che all’intero creato
una superior germinaste.
Davver sei beato, Gioacchino,
padre ordinato a tale figliuola.
Beato il tuo útero, Anna,
perché esso la Madre
della vita a noi germinó.
Beato quel seno con cui allattasti
Leí che di latte nutrì
Colui che nutre ogni spirito...»."

Enciclopedia Mariana Theotócos

Nascita di Maria Vergine  - prima metà del XVII secolo - Pietro da Cortona -  Galleria Nazionale dell'Umbria - Perugia

Nascita di Maria Vergine
Prima metà del XVII secolo
Pietro da Cortona
Galleria Nazionale dell'Umbria - Perugia

Questo calendario cristiano, basato sul giuliano, si distingue per il conteggio degli anni che partono dalla creazione del mondo fissata al 1° settembre 5509 a.C. Nel sistema bizantino, questo computo prende il nome di Anno Mundi, ovvero "Anno del Mondo", e rappresenta il tempo trascorso dalla creazione secondo la cronologia biblica. I teologi bizantini, basandosi sulle genealogie bibliche e sulla tradizione della versione dei Settanta, calcolarono che tra la creazione e la nascita di Cristo intercorressero 5509 anni. Così, l'anno 1 d.C. corrisponde all'anno 5509 dalla creazione, e il 1° settembre 5509 a.C. diventa l'inizio del tempo sacro.
La scelta del 1° settembre come inizio dell'anno liturgico non è solo simbolica dal punto di vista cosmico e agricolo, ma anche profondamente teologica, sugella il legame tra l'Antico e il Nuovo Testamento. La creazione, collocata all'origine del tempo sacro, appartiene alla narrazione dell'Antico Testamento, mentre la nascita di Maria, celebrata subito dopo, apre il cammino verso il Nuovo Testamento e il compimento della promessa. In questo modo, il calendario bizantino non solo scandisce il tempo, ma lo trasfigura, il principio del mondo e il principio della redenzione si affiancano, come due atti di un'unica storia di salvezza.
Il calendario bizantino non fu il primo calendario usato dai cristiani, ma fu il primo sistema ufficiale e teologico adottato a livello imperiale. A differenza delle comunità cristiane dei primi secoli, che seguivano il calendario giuliano e celebravano le feste secondo tradizioni locali, il calendario bizantino offrì una visione del tempo sacro, scandito dalla creazione e integrato nella liturgia. Ancora oggi, esso sopravvive nella pratica delle Chiese ortodosse orientali, come struttura del tempo ecclesiastico.
Nel 1° settembre confluiscono anche radici pratiche e simboliche: in Oriente, questa data segnava l'inizio dell'anno agricolo e del ciclo fiscale imperiale, regolato dall'indizione, un sistema quindicennale in cui ogni anno era numerato da 1 a 15. Il tempo agricolo, fiscale e liturgico si armonizzavano in questa data, che diventava così un punto di convergenza tra vita rurale, amministrazione e spiritualità.
Era il tempo della vendemmia, della raccolta, e della preparazione dei campi per la semina autunnale. Questo momento di rinnovamento naturale si intrecciava con la visione teologica della creazione, così come Dio, nel primo giorno, separò la luce dalle tenebre e fece germogliare la terra, anche l'uomo, in quel tempo, separava il grano dalla paglia e preparava il terreno per la nuova vita. Il parallelo tra la creazione cosmica e il ciclo agricolo è evidente, il tempo divino e il tempo umano si incontrano nel ritmo della liturgia.
Nel mondo romano occidentale invece, l'anno agricolo tradizionalmente iniziava a marzo, mese dedicato a Marte, dio della guerra e della primavera, che segnava il risveglio della terra e l'avvio delle attività nei campi. Anche dopo la riforma del calendario civile, che spostò l'nizio dell'anno al 1° gennaio, il ciclo agricolo romano continuò a seguire il ritmo stagionale, mantenendo la primavera come punto di partenza. Questo contrasto evidenzia la diversa concezione del tempo, per Roma, il tempo era scandito dalle stagioni e dalle attività civili e militari; per Bisanzio, il tempo era teologico, legato alla creazione e alla liturgia.
A rafforzare il legame tra il capodanno ecclesiastico e la protezione mariana, la Chiesa bizantina celebra il 1° settembre anche la Sinassi della Madre di Dio dei Miasseni. Secondo la tradizione, durante l'iconoclastia (VIII - IX secolo), i monaci del monastero di Miasena, presso Melitene in Armenia, immersero un'icona della Theotokos nel lago Gazuro per salvarla dalla distruzione. L'icona rimase sommersa per anni, ma riemerse miracolosamente, intatta. Questo evento, commemorato proprio il primo giorno dell'anno liturgico, suggella il legame tra la creazione, la protezione divina e la figura di Maria.
La festa della Natività di Maria, inserita nel calendario bizantino come prima grande celebrazione dell'anno, si diffonde in Occidente nel VII secolo, grazie a Papa Sergio I (687 - 701), di origine siriaca, che introdusse nella liturgia romana diverse feste mariane di matrice orientale, tra cui la Natività, la Presentazione e la Dormizione. In Italia, la festa si radicò profondamente e nella liturgia ambrosiana, la troviamo attestata nel X secolo. Il Duomo di Milano, consacrato nel 1572, è dedicato proprio a Mariae Nascenti, segno della forte devozione locale.
C'è da dire che la diffusione del calendario bizantino in Italia non fu immediata né uniforme. Essa avvenne con la presenza diretta dei Bizantini nelle regioni meridionali e insulari. A partire dal VI secolo, l'Impero d'Oriente riconquistò vaste aree dell'Italia, portando con sé la liturgia greca, la teologia orientale e il computo bizantino del tempo. In Sardegna, la dominazione iniziò nel 534 d.C. dopo la sconfitta dei Vandali; in Calabria, Puglia e Basilicata, il controllo bizantino si consolidò tra il 535 e il 553, durante la guerra gotica. In Sicilia, la presenza bizantina durò dal 535 fino alla conquista araba, conclusa nel 902.
In queste terre, il calendario bizantino venne adottato nelle strutture ecclesiastiche locali, soprattutto nei monasteri e nelle diocesi che seguivano il rito greco e la liturgia orientale. Le feste mariane, come la Natività di Maria, venivano celebrate secondo il computo bizantino, e il 1° settembre segnava l’inizio del ciclo liturgico. Questa integrazione si riflette anche nella cultura popolare dove il tempo sacro bizantino si fonde con il ritmo agricolo e le tradizioni locali.
Nel 1699 Pietro il Grande, zar di Russia, decretò la fine del calendario bizantino come sistema ufficiale, nell'ambito delle sue riforme di occidentalizzazione. Con l'introduzione del calendario giuliano e lo spostamento dell'inizio dell'anno al 1° gennaio, la Russia si allineava al modello europeo, abbandonando una visione del tempo che non era solo cronologica, ma teologica.
La fine dell'uso civile non ne segnò però la scomparsa, il calendario sopravvive tuttora nella liturgia delle comunità ortodosse, presenti anche in Italia, che ne mantengono vivo il ritmo sacro e il 1° settembre continua a segnare l'inizio dell'anno ecclesiastico. Le letture bibliche, le preghiere e le commemorazioni mantengono intatto il respiro sacro del tempo, scandito non da convenzioni numeriche, ma da misteri e ricorrenze. La Natività di Maria, celebrata l’8 settembre, resta la prima grande festa del ciclo liturgico, come avviene da secoli.
In questo calendario, il tempo non si misura, si contempla; non si consuma si celebra. È un tempo che non corre, ma ritorna; che non si impone, ma accompagna.
In molte regioni del Sud Italia, l'8 settembre è vissuto come consacrazione del capodanno mariano. Nei proverbi e nei dialetti locali, si parla della Madonna Bambina come colei che "porta l'anno nuovo". In Calabria si dice "Lu capudannu di la Madonna", in Sicilia "A la Madonna Bambina si cambia stagione", in Puglia "La Madonna piccinna porta l’annu novu", e in Sardegna si parla del "primu de s’annu de sa cresia", riferendosi all’inizio del ciclo liturgico.
Queste espressioni testimoniano la persistenza culturale del calendario bizantino, non solo nella liturgia, ma nella memoria collettiva, nei ritmi agricoli e nella devozione popolare. Il tempo, nella visione bizantina, non è solo cronologico: è sacro, ritmato, abitato dalla presenza divina. E la Natività di Maria, celebrata all'inizio dell'anno ecclesiastico, ne è il primo segno luminoso.

Lieta Natività della Vergine Maria!


domenica 7 settembre 2025

Luna del Mais in eclissi alla Vigilia della Natività della Vergine Maria

Nel crepuscolo di questo 7 settembre 2025, mentre l’estate sfuma in un silenzio dorato, la Luna nella fase di plenilunio si veste di rosso sangue; come un cuore che pulsa nel cielo incantato, la madre delle notti, si eclissa per accogliere la nascita di colei che ha portato la luce nel mondo. È la vigilia della Natività della Vergine Maria e il firmamento si fa preghiera visiva, un segno celeste, un manto d’ombra e di luce, che avvolge la notte in un abbraccio mistico.
L'eclissi totale di Luna si apre nel tardo pomeriggio, con la penombra che inizia a velare il nostro satellite alle 17.28. Verso le 18.30, l’ombra terrestre comincerà a scolpire il disco lunare, e alle 19.30 la totalità prenderà il suo posto nel cielo. Il momento più intenso arriverà alle 20.11, quando la Luna, che quest'anno non è quella del Raccolto ma quella del Mais, completamente immersa, brillerà di un rosso profondo e suggestivo. La fase totale durerà poco più di un'ora e venti minuti, e l’intero evento si concluderà intorno alle 22.55, dopo oltre cinque ore di danza celeste.
In Italia potrete osservala, a partire dalle 19.30, da un luogo alto, rivolti a est, lontano dalle luci e vicini al silenzio.
Che sia spiaggia, collina, montagna o terrazza solitaria, questa Luna rosso sangue è un invito alla meraviglia in una notte che parla di grazia, di nascita, e di quella bellezza che solo il cielo sa raccontare.

Eclissi di luna piena rosso sangue

Lieta eclissi! 

Eclissi di Luna 7 settembre 2025 - Sciarada Sciaranti

Eclissi di Luna 7 settembre 2025 - Sciarada Sciaranti


venerdì 5 settembre 2025

Di afidi e formiche, eserciti e colonialismo

... gli afidi, che amano talmente la mia dolcezza interiore da rimanere immobili per ore e ore con il loro apparato boccale (del tutto simile a una vostra siringa) conficcato nei miei tessuti vegetali. Una condizione piuttosto pericolosa per degli insetti piccoli, privi di armi e dolci come il miele...
... A questo punto sorge spontanea una domanda: come hanno fatto gli afidi a sopravvivere per milioni di anni nonostante questa schiera di nemici?
Per di più essi non possiedono - almeno così sembra - delle difese: non hanno artigli, né corna e neppure pungiglioni. Tuttavia, come potrete notare ogni primavera, questi animaletti prosperano su noi rose e su tante altre piante e addirittura, secondo il parere di molti entomologi, la specie più dannosa alle colture agrarie appartiene proprio a un afide. Evidentemente questi insetti sanno difendersi e lo sanno fare molto bene, visti i risultati. Il problema - per voi uomini che vedete il mondo in modo molto diverso - è che usano dei metodi talmente differenti dai vostri da risultare invisibili.

Afidi

La loro principale difesa consiste nell’attenta selezione dei generi: guardando infatti una popolazione di questi insetti, si nota che è composta unicamente da individui di sesso femminile, i maschi non esistono. Gli afidi riescono comunque a mettere al mondo dei figli grazie a un processo chiamato “partenogenesi”, in cui le femmine possono fare figli da sole senza il bisogno di inutili maschi. La cosa è solo in apparenza strana, visto che nel mondo degli insetti è piuttosto comune, per esempio tra le vespe, le api, le formiche e le cocciniglie. Ma non finisce qui, anzi… I pidocchi delle piante non depongono le uova come fanno tutti gli insetti, ma partoriscono direttamente le loro figlie, proprio come i mammiferi. E non solo: la figlia appena nata è già incinta ed è pronta a mettere al mondo, dopo poche ore, un’altra figlia. In pratica, quando un afide diventa mamma, nel giro di poche ore si trasforma in nonna e bisnonna! Questo meccanismo prende il nome di “inscatolamento delle generazioni” e nella pratica si traduce in milioni e milioni di individui generati in pochissimo tempo. Infatti, tutti gli elementi della popolazione sono in grado di fare figli e tutti hanno una capacità riproduttiva straordinaria. Ecco quindi spiegato il motivo per cui un nostro bocciolo si riempie, in pochi giorni, di un grumo di afidi ammassati l’uno sull’altro. Ed è proprio questo il loro metodo di difesa: le legioni di nemici ne possono predare quanti vogliono, ma non riusciranno mai a frenare il loro impressionante tasso riproduttivo...

Afidi

... Per soddisfare il loro metabolismo, questi insetti sono costretti a suggere litri di questa mia sostanza povera di proteine ed esageratamente ricca di zuccheri. Ecco perché gli afidi devono eliminare gli zuccheri, e lo fanno attraverso una sostanza chiamata “melata”: un liquido appiccicoso e dolce che cade sulle foglie e sugli altri organi vegetali ricoprendoli con una sottile pellicola trasparente.
In natura, però, vale la legge per cui lo scarto di uno è una risorsa per un altro, e visto che l’avanzo degli afidi è dolce come il miele, figuriamoci cosa succede… Subito arrivano degli organismi affamati di zucchero! Le fumaggini, per esempio, sono dei funghi che sfruttano le sostanze nutritive della melata per crescere rigogliosi ricoprendo le mie foglie con una patina di muffa scura.
Ma prima delle fumaggini, ecco che giunge sulla vegetazione ricoperta da melata un popolo femminile ghiotto di zucchero e con un carattere belligerante... 

Afidi

... Sono le formiche...
... Con le antenne, le guerriere del prato tamburellano l’addome degli afidi succhiatori di linfa, che reagiscono emettendo una gocciolina di sostanza zuccherina che subito viene ingurgitata. Detto in altre parole: le formiche hanno imparato a mungere gli afidi!
La cosa ha un vantaggio anche per gli animaletti verdi, che ricevono una protezione di grande qualità: se per caso, infatti, arriva una coccinella, oppure una crisopa, o un parassitoide, o un altro predatore, esso verrà scacciato immediatamente dalle formiche a suon di mandibole.
Ma non è tutto: quando la mandria di afidi ha ormai esaurito il “pascolo”, cioè un getto della pianta, allora le formiche li prelevano con le loro mandibole e compiono una transumanza in miniatura: li trasportano sopra un altro organo vegetale ancora fresco e ricco di linfa elaborata.
L’amicizia tra questi due insetti continua anche con l’arrivo del gelido inverno: quando le temperature calano, le formiche prelevano gli afidi e li portano al di sotto della superficie terrestre, un luogo al riparo dagli agenti atmosferici ma anche dai potenziali nemici.


Voci della natura
Gianumberto Accinelli

Afidi

I fiori delle piante attaccate dagli afidi non si schiudono, appassiscono senza portare a compimento il loro ciclo vitale

Nel sottobosco delle relazioni utilitaristiche, poche alleanze sono tanto efficaci quanto quella che si consolida tra l'esercito degli afidi e l'esercito delle formiche. I primi, senza limiti, colonizzano e succhiano la linfa vitale delle piante privandole del loro vigore, le seconde li proteggono come mucche da mungere. Ma quando meno se l'aspettano arriva la coccinella, la rivoluzionaria che non ha eserciti e né strategie di conquista, non vuole costruire imperi, ricuce le ferite, non ha il bisogno di vincere, non le interessa, disorganizza il danno non per ideologia, ma per un istinto inversamente proporzionale; ripulisce e ricorda alle piante che la bellezza può tornare e che si può ricominciare a vivere.

lunedì 1 settembre 2025

In quel mattino di settembre

"... In quel mattino di settembre, l’anima gli si dilatava col respiro. Il giorno aveva una specie di santità; il mare pareva risplendere di luce propria, come se ne' fondi vivessero magiche sorgenti di raggi; tutte le cose erano penetrate di sole ..."

Il piacere
Gabriele D'Annunzio

Mediterraneo

Mentre il mondo sprofonda e si avvinghia sempre di più tra le spire di un delirio accecante, la bellezza resta lì, in attesa che qualcuno si fermi e la veda.

Lieto settembre.

venerdì 15 agosto 2025

Lettera alla Vergine Maria Assunta

Vergine Maria Assunta, tu che nella tua grandezza tutto comprendi, tu che vedi i cuori senza giudicarli, tu che accogli anche chi ti svilisce.

Ci sono idee che germogliano da convinzioni, da convenienze, da scorciatoie comode, dalla voglia di delegittimare, e quando queste guidano il pensiero, non nasce conoscenza, ma ottusità travestita da cultura. Hanno l'intento di colpire, e sempre lo stesso bersaglio, cambiano solo le frecce, quando una si spezza, troppo fragile, troppo instabile, troppo falsa, non si fermano, ne prendono un’altra, la modellano, l’appuntiscono, e la lanciano ancora con più vigore, perché la prima non è riuscita ad andare a segno.
Generano puzzle truccati, pezzi forzati, incastri sbagliati, ma il disegno deve rimanere quello, eternamente coerente con le linee tracciate, non diffondono sapere, fabbricano ostilità.
Se la storia non aiuta, si riscrive con la fantasia; il pregiudizio è servito, lo stereotipo nutrito e il Carnevale ingrassato; quando il vento cambia, non si interrogano, si riorganizzano, perché non è la verità che le stimola, ma il bisogno di avere sempre un nemico.
Se il piedistallo che le sorregge crolla, è subito pronto l'altro; l’importante è non restare mai senza frecce e senza bersaglio, sarebbe come smettere di respirare.

Lieta Assunzione carissima Vergine Maria
Sciarada Sciaranti

Assunzione della Vergine, pala d'altare 1646 circa - Carlo Francesco Nuvolone  - Pinacoteca di Brera

Assunzione della Vergine
Pala d'altare 1646 circa 
Carlo Francesco Nuvolone
Pinacoteca di Brera

domenica 10 agosto 2025

Le anime del Purgatorio nella notte di San Lorenzo

"... Vapori accesi non vid’io sì tosto
di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d’agosto,

che color non tornasser suso in meno;
e, giunti là, con li altri a noi dier volta,
come schiera che scorre sanza freno.

"Questa gente che preme a noi è molta,
e vegnonti a pregar", disse ’l poeta:
"però pur va, e in andando ascolta".

"O anima che vai per esser lieta
con quelle membra con le quai nascesti",
venian gridando, "un poco il passo queta ..."

Purgatorio - Canto V versi 36 - 47
Divina Commedia
Dante Alighieri

Purgatorio Canto V - Divina Commedia 1883 - Gustave Doré

Purgatorio Canto V - Divina Commedia 1883 - Gustave Doré

Nei versi 36-42 del V canto del Purgatorio, Dante paragona la rapidità con cui le anime si slanciano verso di lui alla fugace apparizione dei "vapori accesi" che fendono le nubi nei temporali d’agosto. Sono anime morte di morte violenta, ma redente all’ultimo istante, che si affrettano con ardore e speranza verso il poeta come le stelle cadenti che illuminano il cielo durante la notte di San Lorenzo. Il loro impeto non è solo desiderio di essere ascoltate, ma anelito di purificazione, e raccontare la propria storia è il primo passo verso la luce. 
Nella tradizione popolare, come fulgidi bagliori che attraversano le tenebre, esse si fanno simili alle lacrime celesti del martire, scintille di misericordia accese nel cuore del Purgatorio. Si presentano per un istante nel cielo come segni luminosi che mostrano la via della redenzione e della liberazione avvenuta.
Evocano i fuochi fatui (Vedi Halloween) che, nella notte della Vigilia di Ognissanti-Halloween, brillano attraverso le zucche illuminate, simboli degli spiriti del purgatorio che errano in cerca di pace.

Lieta Festa di San Lorenzo!

Post programmato



Per ulteriori informazioni:


mercoledì 6 agosto 2025

La Trasfigurazione tra Antico e NuovoTestamento

"Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.
E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti»."

Matteo 17,1-9

Trasfigurazione 1518-1520 - Raffaello e Giulio Romano - Pinacoteca vaticana Città del Vaticano - Roma

Trasfigurazione 1518-1520 
Raffaello e Giulio Romano
Pinacoteca vaticana Città del Vaticano - Roma

La Trasfigurazione, è uno degli eventi più intensi e teologicamente significativi della vita di Gesù, Si svolge sul Monte Tabor, dove la natura divina del figlio di Dio si rivela attraverso la luce che emana dal corpo che si trasfigura davanti a Giacomo il Maggiore, a Giovanni l’Evangelista e a Simon Pietro. È il preludio della gloria della Risurrezione, una visione anticipata della vittoria sulla morte.
Con Mosè, custode della תּוֹרָה - Toràh che contiene gli insegnamenti di יהוה/YHWH - Dio; con Elia, profeta atteso per l'annuncio della venuta del Messia promessa da אֲדֹנָי אֱלֹהֵי יִשְׂרָאֵל/Adonài Elohé Yisrael - Signore Dio d’Israele, con le loro due voci che preparano, si fanno presenza e convergono in Cristo Parola vivente che da potenza si compie in atto consacrando l'unione tra l'Antico e il Nuovo Testamento, la Trasfigurazione è la risposta nero su bianco data a chi, con la voglia di offendere e mortificare,  tenta invano di ridurre il Cristianesimo a una religione "giovane", con appena 2000 anni di storia, "un'ingenuità" culturale notevole e assurda, storicamente inconcepibile, che paradossalmente, finisce per colpire e scredita in primis il neopaganesimo che ha circa 70 anni di vita, deinde il paganesimo celtico la cui età si aggira tra i 700 e i 1100 anni, il paganesimo romano con i suoi 1100 anni e quello greco con i suoi 2000 anni.
Il Cristianesimo non nasce in un vuoto culturale, possiede una struttura religiosa identitaria profondamente definita e non ha mai avuto la necessità di rubare, il suo DNA affonda le radici ad Oriente nell'Ebraismo, religione che vive da 3800 anni e che ha interagito con la tradizione mesopotamica durante la cattività babilonese e con quella egiziana durante la permanenza degli ebrei in Egitto. Se si vuole davvero parlare di antichità, l’ebraismo è ben più antico delle religioni greco-romane e celtiche, e costituisce il fondamento spirituale da cui il Cristianesimo prende forma.
Originariamente radicata nella tradizione orientale, la Trasfigurazione era commemorata il 6 agosto già tra il V e il VI secolo, soprattutto in relazione alla dedicazione delle basiliche sul Monte Tabor, luogo tradizionalmente identificato con l’evento evangelico. La data è profondamente simbolica, un punto di equilibrio teologico, celebra la luce che precede la tenebra, la gloria che anticipa la sofferenza, in un perfetto contrappunto liturgico tra Tabor e Golgota con il ricordo della tradizione secondo la quale, la Trasfigurazione sarebbe avvenuta quaranta giorni prima della Crocifissione, che la liturgia latina commemora il 14 settembre con la festa dell’Esaltazione della Santa Croce.
Il passaggio all’Occidente avviene gradualmente, a partire dal IX secolo; non entra subito nel calendario liturgico romano come festa autonoma, inizialmente è evocata nella liturgia quaresimale, in particolare durante il sabato delle Quattro Tempora, dove il Vangelo della Trasfigurazione è letto come prefigurazione della Passione. In questo contesto, la visione gloriosa di Cristo sul monte non è fine a sé stessa, ma diventa pedagogica: un raggio di luce che illumina il cammino verso la Croce, offrendo ai fedeli una speranza anticipata della gloria pasquale. 
Callisto III, nel 1457, la  ufficializza nel calendario romano, estendendola a tutta la Chiesa latina. La decisione non è solo liturgica, ma anche politica e spirituale perché vuole ringraziare Dio per la vittoria cristiana contro i turchi nella battaglia di Belgrado, avvenuta proprio il 6 agosto dell’anno precedente. In quel gesto, la Trasfigurazione diviene anche segno di speranza e di protezione divina in tempi di crisi.
Così, la festa che trova la sua origine in Oriente, e che per secoli mantiene una presenza discreta nella liturgia occidentale, viene accolta con piena dignità nella Chiesa universale. E il suo collocamento nel calendario, lontano dalla Quaresima, ma in dialogo con essa, continua a ricordare che la gloria di Cristo non è evasione dalla sofferenza, ma promessa che la attraversa e la trasfigura.

Lieta Festa della Trasfigurazione!

Post programmato

Per chi è interessato

giovedì 31 luglio 2025

Il labirinto di Notre-Dame d'Amiens

Nel cuore della navata centrale della maestosa Cattedrale di Notre-Dame d'Amiens, per i pellegrini che non potevano recarsi in Terra Santa, nel 1288 fu realizzato un enigmatico quanto affascinante labirinto pavimentale lungo 240 metri, un vero è proprio cammino iniziatico, spirituale e unicursale, senza bivi o vicoli ciechi, pensato per condurre l’anima verso la Gerusalemme celeste, approdo dell'illuminazione,  della rinascita e della salvezza, rappresentato simbolicamente dall'arrivo al suo centro dove inizialmente, costituito da una barra e da un semicerchio incastonati nella pietra, brillava un sole d’oro nascente sull’orizzonte che indicava la luce di Dio e guidava il pellegrino lungo il tracciato unico del labirinto. Tra il XV e XVI secolo, il sole d’oro venne sostituito con uno di rame ma, durante la Rivoluzione Francese, alla fine del XVIII secolo venne danneggiato e rimosso insieme al labirinto.
Nel XIX secolo, la memoria tornò a scolpire la pietra e il labirinto fu ricostruito fedelmente, al posto del sole fu posta una croce formata da scettri, orientata secondo i venti dei quattro punti cardinali: la tramontana a nord, fredda e pura; il levante a est, carico di luce e speranza; l'ostro a sud, caldo e fertile e il ponente a ovest, dolce e riflessivo.
Il sole cedette il passo alla croce, dal simbolo della luce di Dio si passò a quello ancor più teologico, più diretto, più potente della crocifissione che racchiudeva il primo. Una sorta di nuova lingua che infondeva al cuore dei pellegrini lo stesso messaggio.
Attorno alla croce, come guardiani silenziosi, furono scolpiti i nomi dei maestri costruttori Robert de zarches, Thomas de Cormont, Regnault de Cormont e del vescovo Évrard de Fouilloy.
Camminare nel labirinto è camminare nella vita tra fasce scure che rappresentano le difficoltà, le paure, le prove, e fasce chiare in cui si colgono i momenti di chiarezza, di grazia, di intuizione e di speranza. Ogni passo è una preghiera, ogni curva una riflessione, non è un perdersi, ma un ritrovarsi. È la danza sacra di un pellegrinaggio interiore.

Labirinto di Notre-Dame d'Amiens

I miei piedini sulla croce della labirinto di Notre-Dame d'Amiens

Per chi è interessato:

venerdì 25 luglio 2025

La soglia di san Giacomo il Maggiore

San Giacomo, detto il Maggiore per distinguerlo da Giacomo di Alfeo detto il Minore, è uno degli uomini più vividi del Nuovo Testamento, capace di unire la dimensione evangelica, il martirio, la tradizione popolare e il simbolismo agricolo.
Nasce a Betsaida, in Galilea, da Salomè e Zebedeo, è un pescatore come il padre e il fratello Giovanni detto l'Evangelista; la professione dei due fratelli, parte integrante della loro identità, diviene emblema della missione a cui sono chiamati quando tra i primi scelti da Gesù si trasformano da pescatori di pesci in pescatori di uomini sublimando l'archetipo del ΙΧΘΥΣ/Ichthys - pesce che nel II secolo, attraverso l’acrostico Ἰησοῦς Χριστός Θεοῦ Υἱός Σωτήρ - Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore, diviene una delle icone più distintive di Cristo in cui il nutrimento fisico coesiste con quello spirituale e salvifico.

"Καὶ προβὰς ἐκεῖθεν εἶδεν ἄλλους δύο ἀδελφούς, Ἰάκωβον τὸν τοῦ Ζεβεδαίου καὶ Ἰωάννην τὸν ἀδελφὸν αὐτοῦ, ἐν τῷ πλοίῳ μετὰ Ζεβεδαίου τοῦ πατρὸς αὐτῶν καταρτίζοντας τὰ δίκτυα αὐτῶν· καὶ ἐκάλεσεν αὐτούς.
E andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò."

Matteo 4:21

Il Messia soprannomina Giacomo e Giovanni Boanerghes, che dall’aramaico bānē - figli di e rēḡeš - tumulto, commozione, rumore e dalla forma simile ebraica בְּנֵי/bene - figli di e רֶגֶשׁ/regesh - emozione, sentimento, commozione, si traduce come "figli del tumulto" o "figli dell’ira", e nel contesto evangelico è interpretato come "figli del tuono" per indicare il loro carattere ardente, impetuoso, la potenza del loro annuncio e la funzione apotropaica del rumore celeste che attraverso loro scaccia il male e protegge la terra.

"Καὶ Ἰάκωβον τὸν τοῦ Ζεβεδαίου καὶ Ἰωάννην τὸν ἀδελφὸν Ἰακώβου· καὶ ἐπέθηκεν αὐτοῖς ὀνόματα Βοανηργές, ὅ ἐστιν Υἱοὶ βροντῆς.
Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome Boanerges, che vuol dire figli del tuono."

Marco 3, 17

San Giacomo il Maggiore, testimone  della Trafigurazione:

"Καὶ μεθ’ ἡμέρας ἓξ παραλαμβάνει ὁ Ἰησοῦς τὸν Πέτρον καὶ Ἰάκωβον καὶ Ἰωάννην τὸν ἀδελφὸν αὐτοῦ, καὶ ἀναφέρει αὐτοὺς εἰς ὄρος ὑψηλὸν κατ’ ἰδίαν. καὶ μετεμορφώθη ἔμπροσθεν αὐτῶν, καὶ ἔλαμψεν τὸ πρόσωπον αὐτοῦ ὡς ὁ ἥλιος, τὰ δὲ ἱμάτια αὐτοῦ ἐγένετο λευκὰ ὡς τὸ φῶς.
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte; e fu trasfigurato davanti a loro."

 Matteo 17,1 - 2

della risurrezione della figlia di Giairo:

"Καὶ οὐκ ἀφῆκεν οὐδένα μετ’ αὐτοῦ συνακολουθῆσαι εἰ μὴ τὸν Πέτρον καὶ Ἰάκωβον καὶ Ἰωάννην τὸν ἀδελφὸν Ἰακώβου [...] καὶ εὐθὺς ἀνέστη τὸ κοράσιον καὶ περιεπάτει· ἦν γὰρ ἐτῶν δώδεκα· καὶ ἐξέστησαν εὐθὺς ἐκστάσει μεγάλῃ.
E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. [...] Prese la mano della bambina e le disse: ‘Talità kum’, che significa: ‘Fanciulla, io ti dico: alzati!"

Marco 5, 37 - 42

e dell’agonia nel Getsemani:

"καὶ παραλαμβάνει τὸν Πέτρον καὶ Ἰάκωβον καὶ Ἰωάννην μετ’ αὐτοῦ, καὶ ἤρξατο ἐκθαμβεῖσθαι καὶ ἀδημονεῖν. καὶ λέγει αὐτοῖς· Περίλυπός ἐστιν ἡ ψυχή μου ἕως θανάτου· μείνατε ὧδε καὶ γρηγορεῖτε.
Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: ‘La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate."

Marco 14, 33 - 34

predica il Vangelo nella penisola iberica, ma quando nel 44 d.C. torna in Giudea viene martirizzato per decapitazione su ordine di Erode Agrippa I.

"Κατ᾽ ἐκεῖνον δὲ τὸν καιρὸν ἐπέβαλεν Ἡρῴδης ὁ βασιλεὺς τὰς χεῖρας κακοῦσαι τινὰς τῶν ἀπὸ τῆς ἐκκλησίας· ἀνεῖλέ τε Ἰάκωβον τὸν ἀδελφὸν Ἰωάννου μαχαίρῃ.
In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni."

Atti degli Apostoli 12, 1 - 2

San Giacomo il Maggiore - miniatura dal Libro fiammingo delle Ore di Maria de' Medici - 1515  - 1520 - Artista anonimo

San Giacomo il Maggiore - miniatura dal Libro fiammingo delle Ore di Maria de' Medici 
 1515  - 1520 
 Artista anonimo

È il primo apostolo martire, la Legenda Aurea narra che i suoi discepoli trasportano il suo corpo in Galizia dove viene sepolto; nell’831, un eremita scopre il sepolcro grazie a una stella che brilla nel cielo, il luogo prende il nome di Campus Stellae -Campo della Stella da cui deriva Compostela, una delle mete di pellegrinaggio devozionale più importanti della tradizione cristiana e Roma istituisce la festa liturgica, crocevia di spiritualità, cultura e natura, confermandola al 25 luglio, data che ricorda il martirio del santo.
Nel 1630, Papa Urbano VIII lo proclama patrono ufficiale della Spagna e quando il giorno della sua festa cade di domenica, si celebra l’Anno Santo Compostelano.
Ci troviamo nel cuore della levata eliaca di Sirio, per gli Egizi intorno al 21 luglio del calendario egizio, 31 luglio se fosse esistito il gregoriano, dopo circa 70 giorni di invisibilità, apriva la stagione di Akhet o stagione delle inondazioni, l'inizio dell'anno, e annunciava le piene del Nilo che depositavano sul terreno uno strato di limo ricco di sali minerali e nutrienti, trasformando il deserto in terra fertile atta a garantire la sopravvivenza della civiltà, rappresentava un evento vitale per l’agricoltura. Per gli antichi romani che chiamavano Sirio canicula - cagnolina, in quanto stella più brillante della costellazione del Cane Maggiore, e del firmamento, il suo sorgere all’alba, in concomitanza con il sole, che nel periodo imperiale avveniva intorno al 19 - 20 luglio del calelendario giuliano, 30 - 31 luglio se fosse esistito il gregoriano, segnava, per convenzione intorno al 24 luglio, l’inizio dei "dies caniculares - giorni canicolari", i più caldi e critici per la salute, l’agricoltura e la navigazione che si concludevano intorno al 24 agosto, 4 settembre se fosse esistito il gregoriano.

"... Quando Sirio sorge, le ginocchia si fiaccano e il cuore si brucia per il calore del sole ..."

Le opere e i giorni
Esiodo 
Traduzione Giovanni Tarditi

"Ὅτε δὲ ὁ Σείριος ἀνατέλλει, τότε μάλιστα αἱ νόσοι ἐπικρατοῦσιν, καὶ οἱ ἄνθρωποι ἀσθενέστεροι γίγνονται.
Quando Sirio sorge, allora le malattie prevalgono maggiormente, e gli uomini diventano più deboli."

Corpus Hippocraticum, De aere, aquis et locis
Ippocrate
Traduzione Giovanni Dall'Orto

Per i cristiani che festeggiano San Giacomo il Maggiore con il sentire attento dei contadini, il 25 luglio diventa una soglia, un confine invisibile tra la pienezza dell’estate e il suo lento dissolversi. Nel momento culmine del calore San Giacomo porta il primo fresco recita il detto popolare. Si colgono quei mutamenti sottili come il sole che comincia a inclinarsi diversamente, le giornate che visibilmente si accorciano, il vento che cambia tono nelle brezze serali, i tramonti che cambiano colore e l’aria che muta il suo profumo mentre si ascoltano i racconti antichi; si avvertono i primi temporali pomeridiani, segni di instabilità atmosferica; il pane, preparato con la farina del grano appena mietuto, eco di quel pane spezzato che nell'Ultima Cena si fa corpo di Cristo e che viene distribuito agli apostoli tra cui Giacomo il Maggiore, è portato in chiesa per essere consacrato e condiviso con la comunità, durante le messe votive per il ringraziamento del raccolto, insieme ai prodotti del territorio e alle mele di San Giacomo, così chiamate perché giungono a maturazione proprio nel tempo in cui il santo viene celebrato; si prende parte alle processioni per la benedizione dei campi, e delle sementi in attesa della vendemmia perché San Giacomo con i tetti bagnati, del vin siamo privati.
San Giacomo il Maggiore, apostolo coraggioso, martire della fede, guerriero e pellegrino, custode del tempo compiuto, è patrono dei cavalieri, dei cappellai, dei calzettai, dei contadini, dei droghieri, dei farmacisti, dei pellegrini, dei soldati, dei veterinari, dei viaggiatori; è invocato contro i reumatismi, il mal tempo, i fulmini, i tuoni, il cui suono evoca quello degli zoccoli del suo cavallo celeste, e sempre a lui ci si rivolge per la protezione dei raccolti, del bestiame e della transumanza .

Lieta festa di San Giacomo!

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