Il nepente, che nel corpus linguistico dell'Odissea è un ἅπαξ λεγόμενον/ápax legómenon - detto una sola volta del Libro IV, ha dato il suo nome alla nota pianta carnivora e nel corso del tempo è stato oggetto di vari studi per cercare di identificarlo con un'erba conosciuta anche senza la presenza di una pur minima descrizione morfologica.
Teofrasto si astiene dall'individuarla, Plutarco, Ateneo, Filostrato e Macrobrio sostengono che si tratti di un'allegoria simbolica:
" Se analizzi intimamente la nascosta saggezza di Omero, farai una scoperta interessante a proposito di quel calmante che Elena mescolò al vino,
che placa dolore ed ira e fa obliare tutti i mali:
non era un'erba, non una droga indiana, ma l'opportuna introduzione del racconto, che facendo dimenticare all'ospite la mestizia lo volse alla gioia. Infatti essa narrò le gesta gloriose di Ulisse alla presenza del figlio:
ciò che fece e sopportò il forte eroe.
Dunque esponendo la gloria del padre e le sue azioni coraggiose ad una ad una rese più lieto l'animo del figlio, e così si credette che a v esse mescola t o al vino un rimedio contro la mestizia. "
I Saturnali
Macrobio Teodosio
Traduzione Nino Marinone
Diodoro Siculo ha la convinzione che sia reale e che non rappresenti una semplice allegoria:" ... Ed adducono altre prove della venuta di Omero, ed in particolare il medicamento che Elena diede a Telemaco nella casa di Menelao, e la bevanda per l'oblio dei mali passati: infatti, il farmaco che "dissipa i dolori ", che Elena prese a Tebe d'Egitto - così afferma il poeta - da Polidamna, moglie di Tone, è evidente che egli l'aveva esaminato accuratamente. Dicono ancora i sacerdoti degli Egiziani che anche oggi le donne di questa città fanno uso del suddetto potente medicamento, ed affermano che solo presso gli abitanti di Diospoli da tempi antichi è stato scoperto un farmaco che cura ira e dolore ... "
Biblioteca Storica I, 97-7
Diodoro Siculo
A cura di Giuseppe Cordiano e Marta Zorat
Plinio crede di averlo identificato nell'elenio, pianta di Elena madre di Costantino, ma noi non abbiamo la più pallida idea su quale sia l'erba che corrisponde all'elenio:
" All'elenio, nato, come si è detto, da Elena, si attribuiscono virtù cosmetiche: mantiene perfetta, nutrendola, la pelle femminile, sia del viso che del corpo. Inoltre dicono che il suo impiego conferisca alle donne bellezza e un fascino sensuale. A questa pianta attribuiscono, se bevuta con vino, un effetto esilarante, quello posseduto dal famoso nepente decantato da Omero, che faceva sparire ogni senso di tristezza. Il succo è dolcissimo. A chi soffre di ortopnea fa bene bere a digiuno, con acqua, la radice di
elenio, bianca e dolce all'interno. In pozione con vino si usa anche contro i morsi dei serpenti. Si dice anche che, tritata, essa uccida i topi. "
Storia Naturale Libro XXI
Plinio il Vecchio
Traduzione Anna Maria Cotrozzi
" Omero certo, la prima fonte delle scienze antiche, in altri casi pieno di ammirazione per Circe, in fatto di erbe ha concesso il primato all'Egitto quando l'Egitto non era ancora una terra irrigata, come poi divenne per l'accumularsi del limo del fiume. Comunque, egli racconta che erbe egiziane furono date in gran numero dalla moglie del re ' alla sua Elena, tra cui quel famoso nepente che fa dimenticare gli affanni e induce al perdono, e che Elena avrebbe certo dovuto offrire come bevanda a tutti i mortali. "
Storia Naturale Libro XXV
Plinio il Vecchio
Traduzione Paola Cosci
Galeno propende invece per l'Anchusa officinalis o buglossa comune perché ha la caratteristica di generare allegria, gioia ed eccitazione se aggiunta al vino.
Anchusa officinalis dal greco ἄγχουσα/ánchousa participio presente attivo del verbo ἄγχω/angchō - stringere, premere, riferito alle donne che dalla radice rossa di questa pianta ricavavano un belletto per truccarsi; più officinalis deriva latina di officina a indicare un prodotto da laboratorio farmaceutico. Per la conformazione delle foglie è definita Buglossa comune dal greco βούγλωσσον composto da βοῦς/bous - bue e γλῶσσα/glossa - lingua. Popolarmente è conosciuta come buglossa volgare, erba di San Pietro perché la leggenda racconta che le chiavi del regno dei cieli abbiano la stessa forma; lingua bubola, lingua di bue, lingua di manzo, lingua di vacca; sugamiele; alkanet in inglese; originaria dell'area mediterranea appartiene alla famiglia delle Boraginaceae, può raggiungere gli ottanta centimetri di altezza, il fusto eretto o ascendete è ricoperto di peli e ramifica nella parte alta, le foglie opposte alterne, di un verde che vira al grigio sono lineari, lanceolate oblunghe, pelose e ruvide con i margini interi e ondulati, più grandi alla base del fusto, ridotte nella parte superiore, tendono a seccarsi durante la fioritura; i fiori tubulosi e stellati, melliferi e scorpioidi, riuniti in corimbi, sono divisi in cinque lobi azzurro-purpurei, si sviluppano alle ascelle e in cima alla pianta, il frutto è una tretanucola che rilascia 4 semi più larghi che lunghi, trasversalmente ovoidi o reniformi.
Nepente - Anchusa officinalis - XVIII - XIX secolo - Anonimo
" Nasce la buglossa nelle pianure, e ne i luoghi arenosi. Cogliesi il mese di Luglio. Dicono, che quella, che produce tre fusti, tritandosi con il suo seme, e con la sua radice, giova bevuta contra al rigore della febbre terzana: e quella, che ne produce quattro, contra à quelli delle quartane: cuocesi nel vino. Dicono essere questa utile anchora alle posteme. E simile al verbasco e produce le sue frondi sue sparse per terra, le quali sono nere, e aspre, simili alle lingue de i buoi. Messe le frondi nel vino, rallegrano, e consolano l'animo.
Che ben considera l'historia, che della Buglossa scrive Dioscoride, ritrova manifestamente, che più presto si possa dire essere la nera Borragine nostra degli horti, che quella che notamente s'adopera nelle spetiarie, imperoche la Borragine produce parimente le frondi ( quantunque più nere ) simili nei lineamenti, e nella figura loro al verbasco, e parimente al simphito della seconda spetie, il qual dice Dioscoride che produce le sue frondi simili alla buglossa: le cui pungenti foglie sono sempre sparse per terra, aspre, e simili alle lingue dei buoi. Ma non però per questo nego io totalmente, che questa Buglossa commune, che nasce nelle campagne, non ne sia anchora ella una spetie: imperoche se bene le frondi del tutto non si simigliano; nel toccarle però, e nel gustarle sono una cosa medesima. Et quantunque l'una produca i fiori celesti, e l'altra porporei; si veggono essere però di sembianza non molto lontani, e in un medesimo modo produrre i recettacoli del seme: imo che nuovamente se ne semina à i tempi nostri ne gli horti una certa spetie, la quale chiamano domestica, stataci portata di Spagna, con foglie molto più larghe: la quale se ben del tutto non si rassembra al verbasco, come fa la borragine; nondimeno nella forma delle foglie si rassembra non poco alle lingue de buoi. Ma sia come si voglia, io concederò, che le virtù dell'una e dell'altra sieno molto simili, se bene in amendue non del tutto uguali. Ma non mancano alcuni, i quali sprezzando ogni ragione assegnata, vogliono che la Buglossa del commune uso sia per ogni modo una spetie d'echio, parendo loro, che con ogni sembianza se gli rassomigli. Et altri sono, che pensano che sia ella il Cusio. Ma io sono assai lontano dalla opinione di costoro, come con efficaci ragioni ho insegnato, e scritto à i proprj luoghi. Che poi la Borragine possa agevolmente essere la vera Buglossa, si può provare per Avicenna, il quale nel II. libro de suoi canoni ne scrisse con queste parole. La Buglossa è una herba larga: le cui frondi sono come d'Almaru, aspre al toccarle: e i suoi rami sono anchor essi aspri, come i piedi delle locuste. Et quella è ottima, che nasce in Corascemi, che produce le sue frondi grosse: sopra le quali sono certi punti, i quali sono la base, e la radice delle spine, e de i peli, che nascono sopra quelle. Il che così manifestamente si vede nelle frondi della Borragine, che non si può negare, che d'altra, che di lei intendesse Avicenna. Ne per altro la scrisse egli, se non perché al tempo suo in cambio della vera Buglossa s'usava una altra herba. Et imperò dìceva poi: Quella, che si ritrova in questo paese, e che usano i medici, è per la più parte spetie d'Amaru, e non è la Buglossa, ne di quel giovamento, tutto questo disse Avicenna. Onde habbia la Buglossa acquistato il nome di Borragine, agevolmente si può farne coniatura da spulcio, il quale nel suo libro de i medicamenti dell'herba scrive che i Lucani chiamano la Buglossa, per havere proprietà grande nelle passioni del cuore, Coragine, onde può esser agevolmente accaduto, che corrompendosene col tempo il nome, sia stato permutato il C, in B. Le quali tutte ragioni manifestamente dimostrano, che la vera, e legittima Buglossa sia finalmente la Borragine. Nasce adunque la Borragine con foglie larghe, ma non del tutto tonde, ruvide, con molte bolle, armate di sottilissime spine, le quali fanno tutta la pianta rigida, e pungente. Il gambo produce ella alto un gombito, e qualche volta maggiore, carnoso, concavo, e per tutto spinoso, con molti rami. I fiori ha ella à modo di stella d'un vivido celeste colore, se ben si truova di quella, che lo fa bianco, dal mezo del quale, esce una punta nera, ma non però pungente, con seme nero, e strisciato. Ha la radice bianca grossa un dito, al gusto, dolce, e viscosa. Nasce ne gli horti per se stessa, e così copiosa, che malagevolmente se ne può respirare. Ma la Buglossa volgare produce le foglie più lunghe della Borragine, pelose, e ruvide, e minutamente spinose, il gambo alto più di un gòmbito, tondo, e parimente spinoso, dal quale escono più, rami che rimirano alla cima, nelle cui sommità nascono i fiori porporei minori che di Borragine, la radice fa ella come di Borragine, ma con più grossa corteccia. Trovansene di tre spetie una di domestica e due di silvatica. La domestica ha le foglie ben grandi e maggiori di quelle della Borragine. La prima delle salvatiche più volgare, che nasce per tutto ha le foglie maggiori della seconda, e i fiori porporei, i quali nell'altra sono neri, e le foglie minori. Hanno tutte le Buglosse insieme con la Borragine virtù mirabile in tutti i difetti del cuore, e ne i morbi malinconici, spetialmente le loro decottioni fatte così nell'acqua come nel vino. La radice della Buglossa vuolgare trita con aceto guarisce ungendosene la rogna. ll succhio cavato da tutta la pianta bevuto, vale contra li veleni, econtra le morsure di tutti gl'animali velenosi . L'acqua distillata data à bere, vale à coloro che vaneggiano nelle febbri, e giova, e mitiga l'infiammagioni de gl'occhi applicata tanto di dentro quanto di fuori. Commemorò la Buglossa Galeno al VI. delle facultà de semplici, così dicendo. La Buglossa è nel temperamento suo calida, e humida: e però si crede, che messa ne vino, faccia rallegrare, Cotta nell'acqua melata, giova alla tosse causata dall'asprezza delle fauci . Chiamano i Greci la Buglosa Beglooson: i Latini, Buglossum, e Lingua bubula: gli Arabi, Lifen althaur, e Lefan althaur: i Tedeschi, Burretsch: li Spagnoli, Borraia, e Borraiens: i Francesi , Borrache. "
Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli
Nepente - Anchusa azurea
Sorella dell'anchusa officinalis appartenente alla stessa famiglia e dello stesso genere stabilito da Linneo è l'Anchusa azurea Mill., Anchusa angustifolia L. dal greco ἄγχουσα/ánchousa participio presente attivo del verbo ἄγχω/angchō - stringere, premere, riferito alle donne che dalla radice rossa di questa pianta ricavavano un belletto per truccarsi; più azurea dal latino medievale lazur, lazulum riferito al persiano läžwärd attraverso l'arabo lāzwardī che adatta il sanscrito rājāvarta - lapislazzuli, pietra azzurra che ricorda il colore dei fiori. Per la conformazione delle foglie è definita Buglossa azzurra dal greco βούγλωσσον composto da βοῦς/bous - bue e γλῶσσα/glossa - lingua.Popolarmente conosciuta come anchusa italica - borai salvadegh, buglossa azzurra, erba perla azzurra, fior di Cervia, lingua bubula, lingua di bue; lingua di manzo, lingua di vacca; italienische Ochsenzunge in tedesco; italiensk oxtunga in svedese; buglosse d'Italie in francese; può raggiungere l'altezza di un metro, il fusto eretto è irsuto, ispido e ramifica nella parte alta, le foglie opposte alterne, verdi nella pagina superiore e più argentee in quella inferiore sono lineari, oblanceolate, oblunghe, irsute e ispide con i margini interi e ondulati, più grandi alla base del fusto, ridotte nella parte superiore, tendono a seccarsi durante la fioritura; i fiori tubulosi e stellati, melliferi e scorpioidi, riuniti in corimbi, sono a cinque petali azzurro violacei, si sviluppano alle ascelle e in cima alla pianta, il frutto è una tretanucola con semi bianchi o grigi, più lunghi che larghi, ovoidali e crestati con un anello basale liscio o ondulato.
L'anchusa nel dizionario universale economico rustico del 1897 è descritta così:
" Buglossa, lat. Buglossum, fr. Bouglose. Questa pianta si semina negli orti per le proprietà medicinali che contengonsi nella foglia e nella radice. Serve in economia per medicare i cavalli. Tagliata minuta è di pascolo ai piccoli gallinacci; coi fiori si guarniscono le insalate e col sugo si dà la tempra all’acciajo o al ferro. La sua radice è vivace, della grossezza d’un dito mignolo: gli steli si alzano a due piedi circa, ramosi, cilindrici, carichi di peli ruvidi e sparsi. Le foglie sono alterne, lanceolate, assai puntute non increspate come quelle della borraggine, ma guarnite come queste di peli da ambe le parti: ne differisce essenzialmente per li fiori che sono d’un sol pezzo, infundibuliformi, d’un azzurro porporino. Quando è in fiore fa un bel vedere. Le foglie bollite nell’acqua con dell’ allume danno un bel color verde. Si trova comunemente anche nelle campagne, nelle sponde delle strade e a prima vista si crede borraggine, alla famiglia della quale appartiene e con essa si adopra nella medicina o le si sostituisce avendone le stesse proprietà. La sua decozione nel latte è utile nella dissenteria. Se ne distinguono più specie o varietà. "
Dizionario universale economico rustico
Nepente - Anchusa azurea
I giovani fiori delle anchuse hanno il succo cellulare acido che colora i petali di rosa, i fiori più maturi se il succo cellulare è neutro assumono una colorazione che vira verso il viola mentre se è alcalino vira verso l'azzurro. Nel linguaggio dei fiori rappresenta le bugie e le menzogne perché quel belletto rosso, che si ricava dalle sue radici e che ricopre i visi delle donne, nasconde la verità.
Un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di San Giovanni, entrambi i numeri sono sacri.
" Nel paese degli aranci, nell’ora in cui il giorno di Dio declina, quando i pescatori, avendo tese le loro reti, tirano le barche al ricovero delle rocce, e che lasciando di spogliare i rami, sulla testa o sul fianco le giovani, aiutandosi, caricano le loro ceste piene. Dalle rive ove l’Argens serpeggia, dai piani, dalle
colline, dai sentieri, nelle lontananze s’innalza un lungo coro di canzoni. A\a belati di capre, canti d’amore, arie di zampogne, a poco a poco nelle montagne brune si perdono e regna l’ombra e la malinconia. Delle Marie che sparivano così si spegnevano le parole. si spegnevano a poco a poco, di nube d’oro in nube d’oro, simili a un’eco di cantico, simili a una musica lontana che al disopra della
chiesa antica, se ne sarebbe andata colla brezza...
...O Sante, belle marinare, che avete scelte le nostre paludi per innalzarvi in aria la torre ed i merli Della vostra chiesa bionda, come farà nella sua barca il marinaio quando il mare s’agita, se prontamente voi non gli mandate la vostra buona brezza? Come farà la povera cieca? Ah! non vi è né salvia né buglossa che possano guarirla dalla sua sorte lacrimevole, e senza dire una parola ella resta tutto il giorno a
ripassare la sua triste vita. O Sante, rendetele la vista, perché l’ombra, e sempre l’ombra, è peggiore della morte ... "
La morte di Mirella - 1911
Anonimo
Traduzione dall'occitano di Emanuele Portal
Nepente - Anchusa azurea
Oltre a quelle già elencate si è provato a identificare il nepente anche con la borragine, il caffè, la cannabis, la datura, il giusquiamo, l'oppio e lo zafferano ma i pro e i contro non giocano a loro favore, per cui credo che il suo fascino misterioso rimarrà tale per sempre.
Lieta Festa di San Giovanni!
N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.