Aborrimento - Abate Cesare Orlandi
La postura dell'Aborrimento, mostra tutto il disagio per aver visto ciò che non voleva vedere: volta la testa nella direzione opposta a ciò che lo ripugna, segna il suo volto con una mimica di fastidio e alienazione:
" ... vultu ac fronte, quae est animi ianua; quae si significat voluntatem abditam esse ac retrusam, parvi refert patere ostium..."
" ... quelle del tuo volto e della tua immagine, che sono le porte dell'anima; se queste indicano che la tua disponibilità è tenuta in disparte e nascosta, non servirà a nulla spalancare l'uscio di casa ... "
Commentariolum Petitionis - Libro unico
Quinto Tullio Cicerone
" ... omnis enim motus animi suum quendam a natura habet vultum et sonum et gestum ..."
" .... Ogni passione ha dalla natura un suo volto, una sua voce e un suo gesto ... "
L'oratore
Marco Tullio Cicerone
aggrotta le sopracciglia per l'orrore che l'anima prova davanti a ciò che non considera buono:
" ... Animi imago vultus est, judices oculi. Nam hec est una pars corporis, que quot animi motus funt ..."
Il volto è l'espressione dell'anima , (è) gli occhi dei giudici. In realtà, questa è una parte del corpo, che è il movimento della mente... "
sfugge l'atrocità che gli si presenta alla vista sputando:
" ... Lo sputare è un gesto di abominazione ... e di volere con dispiacere alcuna cosa da noi scacciare, e perciò quando intendiamo, o vediamo alcuna cosa vergognosa, e sporca sputiamo, mostrando con questo gesto di ributtarla da noi, come gittamio via quell'escremento ... "
Cesare Ripa
citando dell'Arte de' cenni
di Giovanni Bonifaccio
e rifugge la sozzura riparando se stesso e la candida veste che indossa alzando le braccia a protezione.
L'Aborrimento è accompagnato da un ermellino che è l'effige della sua essenza perché ama il candore che lo riveste e detesta il lerciume tanto che preferisce morire piuttosto che insozzarsi nel fango: " Vago Armellin, che di tua bianca spoglia
Fai pompa altera a questi colli intorno
E tal pregi il Candor, che ti fa adorno,
Che temi ogn'aura il macchi, ogni ombra il toglia,
Ah qual folle desìo, qual strana voglia
Ti trae fuor dall'usato ai rai del giorno?
Non sai che far qui dee presto ritorno
Clori* dolce cagion, d'ogni mia doglia?
Fuggi, deh fuggi, che se resti alquanto,
Sola fra tante Ninfe ir la vedrai,
Come candida il cor, candida il manto;
Onde al gran paragon ti crederai
Tinto del fango, che sì aborri, e intanto
Misero! D'onta, e di dolor morrai."
Sonetto
Leonido Maria Spada
Clori* = o Cloride, dea dei fiori terza sposa di Zefiro e madre di Carpo
Sciarada Sciaranti