La scelta del 1° settembre come inizio dell'anno liturgico non è solo simbolica dal punto di vista cosmico e agricolo, ma anche profondamente teologica, sugella il legame tra l'Antico e il Nuovo Testamento. La creazione, collocata all'origine del tempo sacro, appartiene alla narrazione dell'Antico Testamento, mentre la nascita di Maria, celebrata subito dopo, apre il cammino verso il Nuovo Testamento e il compimento della promessa. In questo modo, il calendario bizantino non solo scandisce il tempo, ma lo trasfigura, il principio del mondo e il principio della redenzione si affiancano, come due atti di un'unica storia di salvezza.
Il calendario bizantino non fu il primo calendario usato dai cristiani, ma fu il primo sistema ufficiale e teologico adottato a livello imperiale. A differenza delle comunità cristiane dei primi secoli, che seguivano il calendario giuliano e celebravano le feste secondo tradizioni locali, il calendario bizantino offrì una visione del tempo sacro, scandito dalla creazione e integrato nella liturgia. Ancora oggi, esso sopravvive nella pratica delle Chiese ortodosse orientali, come struttura del tempo ecclesiastico.
Nel 1° settembre confluiscono anche radici pratiche e simboliche: in Oriente, questa data segnava l'inizio dell'anno agricolo e del ciclo fiscale imperiale, regolato dall'indizione, un sistema quindicennale in cui ogni anno era numerato da 1 a 15. Il tempo agricolo, fiscale e liturgico si armonizzavano in questa data, che diventava così un punto di convergenza tra vita rurale, amministrazione e spiritualità.
Era il tempo della vendemmia, della raccolta, e della preparazione dei campi per la semina autunnale. Questo momento di rinnovamento naturale si intrecciava con la visione teologica della creazione, così come Dio, nel primo giorno, separò la luce dalle tenebre e fece germogliare la terra, anche l'uomo, in quel tempo, separava il grano dalla paglia e preparava il terreno per la nuova vita. Il parallelo tra la creazione cosmica e il ciclo agricolo è evidente, il tempo divino e il tempo umano si incontrano nel ritmo della liturgia.
Nel mondo romano occidentale invece, l'anno agricolo tradizionalmente iniziava a marzo, mese dedicato a Marte, dio della guerra e della primavera, che segnava il risveglio della terra e l'avvio delle attività nei campi. Anche dopo la riforma del calendario civile, che spostò l'nizio dell'anno al 1° gennaio, il ciclo agricolo romano continuò a seguire il ritmo stagionale, mantenendo la primavera come punto di partenza. Questo contrasto evidenzia la diversa concezione del tempo, per Roma, il tempo era scandito dalle stagioni e dalle attività civili e militari; per Bisanzio, il tempo era teologico, legato alla creazione e alla liturgia.
A rafforzare il legame tra il capodanno ecclesiastico e la protezione mariana, la Chiesa bizantina celebra il 1° settembre anche la Sinassi della Madre di Dio dei Miasseni. Secondo la tradizione, durante l'iconoclastia (VIII - IX secolo), i monaci del monastero di Miasena, presso Melitene in Armenia, immersero un'icona della Theotokos nel lago Gazuro per salvarla dalla distruzione. L'icona rimase sommersa per anni, ma riemerse miracolosamente, intatta. Questo evento, commemorato proprio il primo giorno dell'anno liturgico, suggella il legame tra la creazione, la protezione divina e la figura di Maria.
La festa della Natività di Maria, inserita nel calendario bizantino come prima grande celebrazione dell'anno, si diffonde in Occidente nel VII secolo, grazie a Papa Sergio I (687 - 701), di origine siriaca, che introdusse nella liturgia romana diverse feste mariane di matrice orientale, tra cui la Natività, la Presentazione e la Dormizione. In Italia, la festa si radicò profondamente e nella liturgia ambrosiana, la troviamo attestata nel X secolo. Il Duomo di Milano, consacrato nel 1572, è dedicato proprio a Mariae Nascenti, segno della forte devozione locale.
C'è da dire che la diffusione del calendario bizantino in Italia non fu immediata né uniforme. Essa avvenne con la presenza diretta dei Bizantini nelle regioni meridionali e insulari. A partire dal VI secolo, l'Impero d'Oriente riconquistò vaste aree dell'Italia, portando con sé la liturgia greca, la teologia orientale e il computo bizantino del tempo. In Sardegna, la dominazione iniziò nel 534 d.C. dopo la sconfitta dei Vandali; in Calabria, Puglia e Basilicata, il controllo bizantino si consolidò tra il 535 e il 553, durante la guerra gotica. In Sicilia, la presenza bizantina durò dal 535 fino alla conquista araba, conclusa nel 902.
In queste terre, il calendario bizantino venne adottato nelle strutture ecclesiastiche locali, soprattutto nei monasteri e nelle diocesi che seguivano il rito greco e la liturgia orientale. Le feste mariane, come la Natività di Maria, venivano celebrate secondo il computo bizantino, e il 1° settembre segnava l’inizio del ciclo liturgico. Questa integrazione si riflette anche nella cultura popolare dove il tempo sacro bizantino si fonde con il ritmo agricolo e le tradizioni locali.
Nel 1699 Pietro il Grande, zar di Russia, decretò la fine del calendario bizantino come sistema ufficiale, nell'ambito delle sue riforme di occidentalizzazione. Con l'introduzione del calendario giuliano e lo spostamento dell'inizio dell'anno al 1° gennaio, la Russia si allineava al modello europeo, abbandonando una visione del tempo che non era solo cronologica, ma teologica.
La fine dell'uso civile non ne segnò però la scomparsa, il calendario sopravvive tuttora nella liturgia delle comunità ortodosse, presenti anche in Italia, che ne mantengono vivo il ritmo sacro e il 1° settembre continua a segnare l'inizio dell'anno ecclesiastico. Le letture bibliche, le preghiere e le commemorazioni mantengono intatto il respiro sacro del tempo, scandito non da convenzioni numeriche, ma da misteri e ricorrenze. La Natività di Maria, celebrata l’8 settembre, resta la prima grande festa del ciclo liturgico, come avviene da secoli.
In questo calendario, il tempo non si misura, si contempla; non si consuma si celebra. È un tempo che non corre, ma ritorna; che non si impone, ma accompagna.
In molte regioni del Sud Italia, l'8 settembre è vissuto come consacrazione del capodanno mariano. Nei proverbi e nei dialetti locali, si parla della Madonna Bambina come colei che "porta l'anno nuovo". In Calabria si dice "Lu capudannu di la Madonna", in Sicilia "A la Madonna Bambina si cambia stagione", in Puglia "La Madonna piccinna porta l’annu novu", e in Sardegna si parla del "primu de s’annu de sa cresia", riferendosi all’inizio del ciclo liturgico.
Queste espressioni testimoniano la persistenza culturale del calendario bizantino, non solo nella liturgia, ma nella memoria collettiva, nei ritmi agricoli e nella devozione popolare. Il tempo, nella visione bizantina, non è solo cronologico: è sacro, ritmato, abitato dalla presenza divina. E la Natività di Maria, celebrata all'inizio dell'anno ecclesiastico, ne è il primo segno luminoso.
Lieta Natività della Vergine Maria!
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