Abuso - Abate Cesare Orlandi
N.B. Dal commento delle amiche Ambra e Claudia mi sembra di capire che le digressioni poetiche rendano più complicata la lettura e la comprensione del testo, inizialmente provate a saltarle lasciandovi guidare dal colore della scrittura e anche dall'immagine che è il fulcro del post, forse risulterà più semplice, se così non fosse vi invito a dirmelo in modo che possa riformulare il tutto. Grazie ragazze! 
L'allegoria dell'Abuso nasce dal pessimo uso che gli uomini fanno dell'anima, del corpo e della fortuna concessegli dal Supremo Creatore; ha un abito a liste di svariati colori che indicano l'innumerevole varietà dei suoi crimini e il suo aspetto è deformato dall'empietà del suo agire; con un ghigno sorridente, senza riflettere e indolente, guarda il tempo che fugge e non torna più: 
  " E pur le stolide* Alme* mal nate 
Ritrosa, o pigra tutte trapassano 
L'irrimediabile più viva etate*! " 
stolide* = Sciocche, stupide
Alme* = Anime
etate* = Età
 Paolo Rolli 
Poeta - librettista 
 Si bea inerte nella sua gioventù, indifferente a quel che sarà: 
 " Sempre la solita storia? Già il chiaro mattino 
entra dalle finestre e allarga con la luce le strette fessure, 
e continui a russare quanto basti a smaltire il robusto 
Falerno*, mentre la quinta linea* è toccata dall'ombra. 
Ehi, che fai? Già da un pezzo la canicola infuriata cuoce 
le messi inaridite e ogni gregge è al riparo d'un ampio olmo, ..." 
 " ... O meschino, e ogni giorno più meschino, a ciò siamo giunti? ... " 
 " ... Imparate, o dissennati, a conoscere le ragioni delle cose; 
ciò che siamo, per quale vita nasciamo, il luogo 
assegnato, come e da dove aggirare lievemente la méta, 
la misura delle ricchezze, ciò cui è lecito aspirare, l'utilità 
della ruvida moneta serbata, quanto convenga donare 
alla patria e ai cari congiunti, chi volle dio che tu fossi, 
e quale il ruolo a te assegnato nella condizione umana ... " 
 Falerno* = Vino prodotto in Campania 
quinta linea* = Si riferisce alla quinta linea della meridiana che segnata dallo gnomone, al 21 giugno, corrisponde alle ore 10.40, mentre al 21 dicembre, corrisponde alle ore 11.20, quindi, aiutati dai versi: " la canicola infuriata cuoce / le messi inaridite e ogni gregge è al riparo d'un ampio olmo," possiamo dire che il giovane di cui parla Persio, in estate si svegliava dopo le 10.40 del mattino. 
Satira III 
Persio 
Poeta satirico romano 
ignavo fin quando il tempo a disposizione incontrerà la fine, e il pericolo ignorato diverrà consapevolezza davanti al precipizio della vita sprecata, lasciando rammarico e pentimento al posto delle speranze naufragate:
" Benché d'Amor nel vasto Mare infido 
D'ogni giorno scorgessi infrante, e sparte* 
Su flutti galleggiare antenne, e sarte*, 
E di insepolte membra orrido il lido, 
 E un fero* udissi lamentevol grido 
Di naufraghi infelici in ogni parte, 
Pur m'affidai senza governo, ed arte, 
Ove il Mar mi parca* tranquillo, e fido. 
 Ma non si tosto* avea sciolto le vele, 
Che sorser congiurati a farmi guerra 
venti rabbiosi, onde mi tenni assorto. 
 Sbigottito io gridava, a terra, a terra; 
Ma al franger di nemica onda infedele 
Ruppe mia fragil barca in faccia al porto. " 
 sparte* = Sparse 
sarte* = Corde che nelle barche legano le vele alle antenne
fero* = feroce
mi parca* = Mi contiene
si tosto* = così veloce, rapido
Camillo Ranieri Zucchetti 
Poeta 
 L'abuso ha di fronte a sé un mendicante inginocchiato, e sprezzante con la mano sinistra getta in mare la sua ricchezza mostrando tutta la sua superbia che con capriccio sperpera ma non condivide, così scredita la sua nobiltà che disonora anche con l'arma che tiene nella mano destra, forgiata a scopo di difesa ma mossa con prepotenza per lo sterminio della specie umana a cui lui stesso appartiene: 
 " Nascendo il mondo, a loro* il Creatore 
diede solo la vita: a noi un'anima, 
perché da un mutuo amore fossimo costretti 
a chiedere e a prestare aiuto, 
a riunire in un sol popolo gli uomini dispersi, 
a uscire dall'ancestrale foresta 
abbandonando i boschi, dimora degli avi, 
a costruire case, unendo il nostro tetto 
al focolare altrui, 
così che la reciproca fiducia 
dei vicini rendesse più sicuro il sonno, 
a proteggere in armi il cittadino 
caduto o vacillante per grave ferita, 
a lanciare segnali con la medesima tromba, 
a difenderci con torri in comune 
e dietro porte chiuse da un'unica chiave. 
Ma ormai c'è più concordia tra i serpenti. 
Ogni belva risparmia quella 
che ha macchie simili alle sue: 
quando mai a un altro leone 
tolse la vita il leone più forte? 
in quale bosco un cinghiale è spirato 
sotto i denti di un cinghiale più grosso? 
In India la tigre vive in pace perpetua 
con altre tigri feroci e l'accordo 
regna persino tra gli orsi crudeli. 
Ma all'uomo non basta forgiare 
su scellerate incudini armi di morte 
(i fabbri primitivi, 
che ignoravano l'arte 
di modellare spade, 
si limitavano a fondere sarchi, 
rastrelli e sudavano su vomeri e zappe): 
vediamo popoli che per placare l'ira 
non si accontentano di uccidere, 
ma credono che petto, braccia e volto 
siano cibo e nient'altro. 
Se oggi vedesse queste infamie umane, 
cosa direbbe Pitagora, dove fuggirebbe? ... " 
loro* = Si riferisce agli animali 
 Satira XV 
Giovenale 
Calpesta i libri da cui ha imparato le preziose scienze mettendole  al servizio solo di sé stesso e dei propri interessi e le insudicia raggirando gli altri alla ricerca di una vana superiorità: 
 " O tu, che gli anni preziosi, e l'ore 
Ne' vani studi consumando vai, 
E sol Tesoro nell'altre Età ne fai 
Pel breve acquisto di fugace Onore; 
 Veggoti già per fama altrui Maggiore, 
Maggiore in merto: Ma d'acerbi guai 
Qual messe dopo morte al fin corrai, 
Se tardi apprendi a divenir migliore? 
 Ascolta, ascolta: nell'estremo giorno 
Audrà 'l tuo nome in sempiterno oblio, 
E frutto avrai sol di Vergogna, e Scorno 
 Ecco, diran le genti, il pazzo, il rio, 
che di sublime chiaro ingegno adorno, 
Tutt'altro seppe, che se stesso, e Dio ... " 
 P. Gio Battista Costa 
Religioso Camilliano 
 " Aveva Marsia Satiro in Frigia ottenuto dalla natura tale dolcezza nel suono, che i Pastori, e le Ninfe attonite e rapite lo ascoltavano. 
Fece egli di questo dono un pessimo uso, giacché credendosi ancora maggiore degli stessi Dei, ardì porsi al confronto con Apollo, che gli offeriva (offriva) celesti doni, se ceduto avesse. Non desistendo, dal Nume vinto, fu da esso vivo scorticato, e quindi in Fiume del suo nome convertito. " 
 Metamorfosi - Libro 6° 
Ovidio 
Sciarada Sciaranti

 
 
.jpg)


.jpg)