" Il verbasco i Greci lo chiamano flomo. Ve ne sono due varietà principali: una bianca, che viene ritenuta maschio, l'altra nera, che sarebbe la femmina. Una terza varietà si trova solo nei boschi. Ha le foglie più ampie di quelle del cavolo, e pelose; il gambo diritto, più alto di un cubito. Il seme è nero e inservibile, la radice è singola, dello spessore di un dito. Queste piante nascono nelle pianure. Il tipo selvatico ha le foglie come quelle della salvia, alte, e i rami legnosi. Esistono anche due varietà di flomide: sono pelose, hanno le foglie arrotondate, sono basse. Una terza varietà viene chiamata licnitide (da altri triallide: ha tre foglie o al massimo quattro, grasse e spesse, adatte per fare gli stoppini delle lucerne. Dicono che i fichi non marciscono assolutamente se vengono avvolti tra le foglie della specie che abbiamo definito femmina. È quasi inutile distinguere queste specie, dal momento che tutte producono i medesimi effetti. Contro gli scorpioni se ne prende in pozione la radice, in acqua, insieme alla ruta: una bevanda tanto amara quanto efficace. "
domenica 16 giugno 2024
Brilla d'aurei fiori la torcia del verbasco
Storia naturale -Libro XXIV
Plinio il Vecchio
Traduzione Paola Cosci
Le ipotesi che hanno provato a strutturare etimologicamente il Verbascum thapsus L., sono varie:
Dal latino Verber - verga per la forma dello stelo floreale e barba-barbatus - barba-barbuto per la sua tomentosità.
Dal Latino Verbum - parola, messaggio religioso per il suo aspetto simbolico.
Dal latino Verpa - membro virile per la sua conformazione.
Dal protoindoeuropeo gwrHi/gwerHi - montagna da cui l'antico iranico *gari-masca, che nel Pamir porta ai termini ramesk, yermesk, žirmesk, pari al latino *ver-mascum che nel linguaggio popolare si modifica in verbascum allacciato a verbum.
Dall'antico suffisso ligure asco - villaggio di origine preindoeuropea.
In greco il verbasco è chiamato φλόμος/phlomos, probabilmente dalla radice preindoeuropea bhle - brillare, gonfiarsi spiegato con l'abitudine di usarlo come stoppino immerso nell'olio per lampade e lucerne.
Il secondo attributo del nome scientifico thapsus è di Linneo: dal greco θαψία pari al latino Thapsía, che ricorda una pianta simile alla ferula, dotata di un alto stelo e di fiori gialli.
Dal greco θαψός pari al latino thapsós, che ricorda una pianta menzionata da Nicandro e Teofrasto, riconosciuta nel rhus cotinus - scotano e utilizzata per estrarre dalla corteccia un colorante giallo per tingere i capelli e i tessuti così come si fa con i fiori del verbasco.
C'è anche da dire che sulla penisola di Magnisi nella Sicilia Orientale si trova un sito denominato Θαψος/Thapsos in cui il verbasco cresceva copioso e i suoi filamenti erano usati anche qui per accendere le lucerne.
Popolarmente asso barbasso, barbaraschio, barbaresco, barabasso, bastone del pastore, candela del re, candela di Maria, candela di san Giovanni, candela regia, candelaria, candunabulu, gibliu, lampazzo giallo, leventun, luviun, tasso barbasco, tas barbas, lavadon, pan delle serpi, pianta di velluto, pianta domine, spronu, senpacantaru, tasso barbasso, trovodda, verbasco; gordolobo in spagnolo; Adam’s flannel, Aron’s rod, coinnle Muire, Jacob’s staff e Peter’s staff in gaelico e irlandese, candlewick plant, mullein e shepherd’s club in inglese, kleinblutige konigskerze in tedesco, bouillon blanc e molene in francese; di origine euroasiatica appartiene alla famiglia delle Scrophulariaceae è caratterizzata da un'abbondante tomentosità e può raggiungere anche i due metri di altezza; poiché è biennale, il primo anno forma una rosetta basale di grandi foglie peduncolate, ovali, oblunghe, spesse e lanuginose di un verde che vira verso l'argento; il secondo anno, le foglie sono più piccole, prive di peduncolo, ovali, oblunghe, spesse e lanuginose di un verde che vira verso l'argento; e si sviluppa un fusto eretto, solido e legnoso lungo il quale dalla primavera all'autunno, si intersecano privi di peduncolo i fiori gialli, a cinque petali, cinque stami con le antere arancioni, e un pistillo, che giorno per giorno si susseguono nella fioritura; un tempo questo stelo floreale una volta secco veniva ingrassato e usato come torcia o serviva per alimentare i forni dove veniva cotto il pane. I frutti sono delle capsule sferiche che contengono i semi piccoli, neri, rugosi, germinativi per molti anni e tossici.
" Il verbasco è in somma di due spetie, bianco ciò è, e nero: nel che s'intende il maschio, e la femina. Le frondi della femina sono simili à quelle del cavolo, bianche, molto più pelose, e più larghe: il fusto bianco, pelosetto, alto, un gombito, e qualche volta più: i fiori bianchi, overo gialli pallidi: il seme nero: e la radice lunga, acerba al gusto, grossa un dito, nasce nelle campagne. Quello, che si chiama maschio, produce le frondi lunghette, strette, e bianche, e il fusto sottile. Il nero veramente sarebbe simile al bianco, se non havesse le sue frondi più nere, e più larghe. Quello che chiamano salvatico, cresce con frondi silmili à quelle della salvia; con fusti alti, e legnosi, e intorno à questi sono i rami simili à quelli del marrobio: il suo fiore è giallo della splendideza dell’oro. Sonvene due altre spetie di pelofsi, e bassi, che producono le frondi ritonde. Oltre à queste n'e una altra terza spetie, chiamato da alcuni lichinite, e da altri thriallis, che produce al più tre, over quattro frondi, over poche più, ruvide, grosse, e grasse: le quali sono à proposito per bruciare nelle lucerne. La radice de i due primi è costrettiva: il perché si dà ella con vino alla quantità d'un dado ne i fusti del corpo. La sua decottione giova à i rotti, à gli spasimati, à i fracassati, e alla tosse antica: e lavandosene la bocca, mitiga il dolore de i denti. Il verbasco, che produce il fiore aureo, tinge i capelli, e messo in qual sì voglia luogo, tira a se le tignole. La decottione delle frondi fatta nell’acqua, conferisce à i tumori, e infiammagioni de gli occhi. Acconviensi con vino, e con mele all’ulcere estiomenate, e con aceto alle ferite; medicano à i morsi de gli scorpioni. Le frondi del salvatico s'impiastrano anchora in su le cotture del fuoco. Dicono, che serbandoli i fichi secchi nelle frondi della femina, non si putrefanno.
Chiamasi volgarmente il Verbasco, Tasso barbasso, di cui le prime due spetie del domestico sono note a ciascuno, ma il salvatico, il quale produce le frondi simili alla salvia, e fiori aurei, non penso, che sia così noto ad ogni uno; come che ne ancho il lichnite, di cui è qui il ritratto, se ben con più foglie dì quello, che scrive Dioscoride: le quali per esser tutte cariche di sottile, e bianca lanugine, agevolmente si poterono adoperare dagli antichi . nelle lucerne per lucignuolo. Honne veduto io una spetie con foglie di papavero Cornuto, di cui è qui nel sesto luogo la figura, e però non è maraviglia se scrisse Dioscoride, che il papavero cornuto haveva foglie di Verbasco, il quale come mi scrisse il Virtuosissimo Signor Cortuso, si trova abondevolmente nel lido di Vinegia. Ma le altre spetie non ho potute vedere io in Italia. Et quantunque vogliano il Ruellio, il Fuschio, e alcuni altri dotti moderni esser due spetie di Verbasco quelle due poco diverse piante, che escono nella primavera con frondi cresce molto, e quasi, simili al dissaco, e fiori nell'una gialli e nell'altra bianchicci, ritondi, e per intorno intagliati, chiamati da alcuni Fiori di primavera, e da altri herba Paralisis; nondimeno non me lo posso io per alcun modo persuadere. Perciò che primamente non si rassernbrano le frondi di queste due piante, le quali in una sono ritondette, e nell'altra lunghe, in alcun modo al Verbasco: ne sono in modo alcuno pelose, come le fece Dioscoride, ansi per il contrario liscie, e ben crespe. Oltre à ciò non ritrovo, che facesse del fiore memoria alcuna Dioscoride, ne altro degli antichi, che ne scriva le spetie dei Verbaschi. Il che non era da tacere nell’herba Paralisìs: perciò che era da essere celebrato il suo aureo fiore, per essere veramente il primo che ne annuntij la primauera. Queste usano indefferentemente alcuni moderni per li dolori delle giunture. Le cui radici ( secondo che dicono ) sì cuocono, e bevesene poscia la loro decottìone utilmente per le oppilationi delle reni, o della vescica. Dasi il succo dell’herba à bere, e parimente s'impiastra di fuori nelle rotture, e dislogagioni dell'ossa. La decozione vale con salvia, e miorana à i difetti frigidi de i nervi, e del cervello, e però si dà utilmente à bere nelle debilezze del cuore, e di tutto il corpo, Imperoche ( come dicono gli sperimentatori ) conforta, e fortifica mirabilmente il cuore. I fiori s'impiastrano utilmente sopra le punture de gli scorpioni, e de i ragni velenosi; l'herba, e parimente i fiori, e le radici anchora conosciuta per sé sanano peste, e applicate le ferite. L'acqua distillata applicata sopra alla fronte mitiga il dolore del capo. Le donne che si dilettano di lisciarsi macerano i fiori nel vino bianco insieme con radici di Frassinella, e di poi ne fanno acqua per lambicco, e lavansene il viso la mattina quando se ne levano del letto, dandoli così non poca splendidezza, ma quando vogliono distendere le crespe la mescolano con acqua di Limoni distillata. Ma ritornando à i veri Verbaschi dico, che per quanto m'ha dimostrato l'isperienza, sono universalmente tutti molto costrettivi, e diseccativi. Et imperò vale il fumo de i bottoni de i suoi fori secchi, insieme con terebinthina, e fiore di camamilla ricevuto per una banca forata, al sedere, alle rilassationi del budello, per li premiti nella disenteria, che chiamano i Greci tenasmi, e noi male della pondora. L’herba fresca della femina pesta con due pietre vive, e messa nelle inchiovature de i cavalli, subito gli guarisce. Il succo delle radici della femina , quando non ha prodotto anchora il fusto, dato alla quantità di due dramme con altrettanta malvagia calda, ò altro vino aromatico nel principio del parosismo, cura ( secondo che riferisce Arnaldo ) la febbre quartana: ma bisogna farlo tre, over quattro volte. Il fiore fregato in su quella spetie di porri, che sono ruvidi, gli manda via. ll medesimo fa la polvere della radice fregatavi sopra. Dannosi i fiori commodamente triti in povuere à bere ne i dolori delle budella, e spetialmcnte Colici. La decottione delle radici giova gargarizata all'infiammagioni del gorgozule. Le foglie peste, e scaldate sotto la cenere calda, risolvono impiastrate i tinconi. Di tanta virtù è il Verbasco, che sana non solamente i cavalli, e altri animali che tossiscono, ma ancbora i bolsi, e che batteno i fianchi. Il seme cotto nel vino, e dipoi pesto, e impiastrato vale nelle dislogagionì dell’ossa, levandone l’enfiagione, e il dolore. Le foglie applicate con aceto risolvono le scrofole e il gozzo; le foglie, e il seme cotte nel vino peste, e applicate tirano fuore tutte le cose fitte nel corpo, le foglie, e le sommità di quella spetie, che di tutte l'altre fa le foglie minori, cotte nell'acqua, e impiastrate giovano à i gottosi. L'acqua distillata de i fiori, messa ne gli occhi vi prohibisce il flusso de gl'humori, e spegne parimente la troppa rossezza della faccia, chiamata dagl'Arabi Gota Rosacea; e massimamente mettendovisi un poco di Camphora. Giova la medesima all'Herisipele, alle cotture del fuoco, alle Volatiche, e à tutte l'altre infettioni della pelle. I fiori impiastrati con tuorli d'uova, midolla di pane, e foglie di porri, cotte vagliono mirabilmente all'Emorrhoide, e il medesimo fa la polvere messa sopra un pezzo di pietra di macina di molino affocata, e presone il fumo con il sedere. E ancho simile al Verbasco quella herba, che Plinio chiama Blattaria, al IX. capo del XXV. libro, dove egli la descrive con queste parole. Simile veramente al Verbasco è una herba, che spesso inganna coloro, che la ricolgono per esso. Ha le foglie manco bianche: produce più fusti, e il fiore simile al verbasco. Messa ne i luoghi, ove sia di bisogno, tira a sé le tignuole, e le blatte: e però à Roma si chiama Blattaria. Questoo tutto disse Plinio. il che parimente fa il Verbasco del fiore aureo, secondo Dioscoride. Et però non credo, che di gran lunga errasse chi dicesse, che la Blattaria di Plinio, e il Verbasco del fior giallo di Dioscoride fusse una cosa medesima, e tanto pìù, quanto si vede, che il fiore della
Blattaria è molto più giallo di quello degli altri Verbaschi. Nasce ella per tutto, con frondi lunghe simili al Verbasco, ma dentate per intorno, e fiori aurei: dopo al cui disfiorire nascono alcuni bottoni simili à quelli del lino, ma più duri, e più lisci, dove è dentro il seme. Altre virtù non ritrovo io di questa pianta, ma per essere ella amara, non si può dire, se non che sia aperitiva, e astersiva. Scrisse del Verbasco Galeno all'VIII. delle facultà de i semplici, così dicendo. E nelle spetie del Verbasco, il bianco, e 'l nero, il bianco adunque è il maschio, le cui frondi sono più larghe, e maggiori, Enne oltre à questo uno altro salvatico; i cui fiori sono aurei, e rossi. e enne anchora senza le predette, un altro, il qual chiamano propriamente phlomide, e thriallide, la radice dei primi due è al gusto acerba; giova à i flussi. Usasi la sua decottione per lavarsi la bocca nel dolore de i denti. Le frondi hanno virtù digestiva, e massime di quello, che produce i fiori aurei: con cui fanno rossi i capelli. Hanno le frondi di tutte le spetie virtù dissecatina, e astersiva. Chiamano i Greci il Verbasco, elomos: i Latini Verbascum: i Tedeschi, Vullkraut: li spagnoli, Verbasco: i Francesi, Bovilloss.
Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli
La medicina popolare usava il verbasco per curare le malattie degli occhi e dei polmoni come la tubercolosi; assunto con l'acqua alleviava le infiammazioni delle tonsille e sembra che fumarne le foglie come tabacco portasse giovamento all'asma e al mal di gola, preparato con vino passito aveva una funzione espettorante, attenuava l'asma e la tosse negli uomini e negli animali, bagnato con il vino, tritato con la sua radice, avvolto nelle sue foglie e riscaldato nella cenere veniva applicato sugli ascessi e se a elargire la cura si prodigava una vergine nuda la guarigione era garantita; il midollo della radice si applicava sulle fistole e le foglie impregnate di aceto o di vino si ponevano sulle piaghe croniche, la radice cotta nel vino diventava un ottimo collutorio mentre con l'acqua aiutava nei casi di dissenteria, in caso di contusioni, fratture e slogature si univa al vino melato e in caso di febbre all'idromele.
Si racconta che un cacciatore impallinato per agevolare l'estrazione dei pallini dovesse cospargersi la ferita con il verbasco tritato.
Nel Medioevo si usava cucire dei guanti con le morbide e vellutate foglie del verbasco per proteggersi non solo dal freddo ma anche dalle ferite che potevano esser causate dal lavoro nei campi, chi affrontava lunghi viaggi le inseriva nelle scarpe per trovare conforto e potevano fungere anche da carta igienica, mentre i semi tossici erano usati per pescare.
In ambito magico Marco Vispsanio Agrippa sosteneva che il profumo dei fiori e delle foglie del verbasco scacciasse demoni e spiriti maligni, così si pensava nel Medioevo in cui con questa pianta si creavano anche pozioni d'amore.
" Contro il male ai polmoni...
Prendi, inoltre, un poco di bacche di ginepro e il doppio di verbasco, e il doppio ancora di matricaria, e cuocile tutte in un vino buono e puro; fatto questo, metti il tutto in una pentola e aggiungi enula cruda; tagliala in piccoli pezzi e cola il tutto attraverso un panno, e bevilo per due o tre settimane, digiuno e in piccole quantità; parimenti, ne potrai bere dopo il pasto e continuare sino a quando sarai risanato. "
Cause e cure delle infermità
Ildegarda di Bingen
Traduzione Paola Calef
Contiene acido caffeico acido fenil carbossilico, acido ferulico, acido protocatechico, alcaloidi, carotenoidi, cumarina; flavonoidi: 3’-metilquercitina, ) apigenina, lutedina, esperidina, rutina, verbascoside; mucillagini, fitosteroli, iridoidi: arpagide, arpagoside, aucubina, catalpolo idrati di carbonio; sali minerali: magnesio, zolfo; saponine; vitamine B2, B5, B12, D; xantofille.
Ha proprietà analgesiche, antiallergiche, antibatteriche, antinfiammatorie, antisettiche, antispasmodiche, astringenti, bechiche, decongestionanti, diuretiche, emollienti, espettoranti, mucillaginosa rinfrescanti, sedative, vulnerarie; e nel dizionario universale economico rustico del 1797 è descritto così:
" Verbasco, barbasco, Tasso barbasso, Tasso barbato, Guaraguasco, lat. Verbascum, Candelaria, Lanaria, Candela regis, Phlomon, Luchnitis , Lychnitis, Thyrallis, Planta domini, Blattaria, fr. Bovillon blanc, Molene, Bon homme, Herbe de s. Fiacre. La più comone specie di questa pianta, che è il verbasco bianco maschio, Verbascum mas latifolium luteum, C. Bauh. Verbascum thapsus, Linn. fr. Bovillon blanc male ou ailé, getta una radica dura, legnosa, bianchiccia, grossa come il dito ed accompagnata da varie fibre; il suo tronco s’inalza talora all’altezza di 2. braccia, rotondo e lanuginoso; le sue foglie sono grandi, molli, cotonose, ovali e finiscono in punta; le radicali sono sparse sul terreno e le cauline sono alterne, senza codetta ed abbracciano il tronco colla loro base; i suoi fiori che circondano la maggior parte del fusto sono monopetali, infondibulari, rotati, col tubo cortissimo, col limbo aperto, diviso in 5. parti ovali, ottuse, di color giallo pallido, contengono 5. stamine fertili vellutate e zafferanacee; il tutto è contenuto in un calice verde, peloso e diviso in 5. parti. Il suo pistillo si cambia in un frutto ovale, angoloso, diviso in 2. loggie e contiene delle piccole sementi nericcie ed angolose. Nasce questa pianta ne’ terreni incolti, arenosi ed esposti al sole; e fiorisce sul finir della state e per tutto l’autunno. Non è di mio istituto qui riferire gli usi medicinali di questa pianta; dirò bensì che la decozione di un pugno de’ suoi fiori fatta in una libra d’acqua data ai cavalli, ai buoi ed a simili bestie le libera dalla tosse e da qualunque altro male di petto; e Pietro Sorelli assicura che le foglie di essa peste ed applicate alla morsicatura di un animale velenoso giovino di ottimo rimedio. Di fatto assicurano i naturalisti che la donnola ferita da qualche serpe corra a stropicciarsi la parte offesa contro del verbasco e con tal mezzo perfettamente risani. In economìa s’adopra il fusto secco, ovvero qualche più grossa foglia del verbasco per farne degli stoppini o ponendola nella lucerna con olio o grasso, ovvero ricoprendola di sevo e formandone candele; da! che sono provenuti varj suoi nomi di Candelaria, Candela regìs, Lycbnitis, Phlomon ec. Le sue foglie messe fra gli abiti li preservano dalle tignuole; e quindi una specie di verbasco si chiama erba per le tignuole come si disse al suo articolo, cioè la blattaria. Ma questa sua virtù merita di essere un po' meglio verificata; mentre alcuni dicono che l’odore di questa pianta ponga in fuga le dette tignuole e viene da altri asserito che invece le attiri a sé e che il panno abbandonino per ricoverarsi in queste fogli . Si vuole in oltre che le foglie stesse mescolate ne' fichi, secchi li rendano esenti da qualunque putrefazione. Un fenomeno naturale assai curioso si osserva in qualche specie di questa pianta, qualora venga percosso il di lei più basso tronco da poderoso bastone; mentre dopo un breve minuto tutti i suoi fiori successivamente cadendo formano all'occhio dello spettatore un grato insieme ad improvviso spettacolo. Cerchino pure i filosofi di spiegarne la ragione, eh’ io passerò ad accennare le altre proprietà della pianta medesima senza nemmeno curarmi che l’astuto giocolatore si valga dell’accennata notizia per far credere al volgo che lo strano effetto provenga dalla virtù di magiche parole da lui sussurrate. Quelle femmine che sono ansiose di emendare coll’arte gl’ingiuriosi torti loro fatti dalla natura o dal tempo, potranno ritrovare nel verbasco un opportuno sollievo alle loro afflizioni; mentre il fiore di esso infuso nel ranno o lisciva da lavarsi il capo partecipa ai capelli il colore gradito dell'oro: questi stessi fiori macerati nel vino bianco con radica di frassinella e distillati danno un’ acqua che fa liscia la pelle e splendente; e se a questo prezioso liquore si aggiunga dell’acqua distillata di limone o sugo di quello sarà valevole a distendere ed appianare le noiose rughe di un volto increspato. Questa pianta per essere troppo comune non suole adoprarsi per ornamento de’ piccoli e privati giardini, ma nei più grandi si usa talvolta ove colle sue foglie bianchiccie e con le lunghe sue masse di fiori che sono in qualche specie odorosi non lascia di fare una sufficiente comparsa. Vengono però dal Tournefort accennate 2. specie di verbasco sotto il nome di Verbascum humìle bor. raginis flore, una delle quali fa il fiore turchino, e bianco l'altra, che poste sono dai fioristi nella classe delle orecchie d’orso e come tali ammesse vengono in qualunque giardino anche ristretto e di fiori più scielti vago soltanto ed ornato. "
Dizionario universale economico rustico
Oggi anche la medicina omeopatica si serve, dei granuli, delle gocce e della tintura madre di verbasco per le laringiti, le nevralgie del trigemino, le riniti, le sinusiti le tracheiti; e del tè di verbasco per l'asma, la bronchite, la pertosse e la tosse.
Sconsigliato l'uso alle donne in gravidanza.
Nel linguaggio dei fiori rappresenta la buona natura e un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di San Giovanni, entrambi i numeri sono sacri.
E ora per chiudere il cerchio aperto simbolicamente con Il verbasco tra germogli, radici e bastoni vi lascio un passo dei Promessi Sposi ambientato nella vigna di Renzo:
" Era un guazzabuglio di steli, che facevano a soverchiarsi l'uno con l’altro nell’aria, o a passarsi avanti, strisciando sul terreno, a rubarsi in somma il posto per ogni verso; una confusione di foglie, di fiori, di frutti, di cento colori, di cento forme, di cento grandezze: spighette, pannocchiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli, azzurri. Tra questa marmaglia di piante ce n'era alcune di più rilevate e vistose, non però migliori, almeno la più parte: l’uva turca, più alta di tutte, co' suoi rami allargati, rosseggianti, co’ suoi pomposi foglioni verdecupi, alcuni già orlati di porpora, co’ suoi grappoli ripiegati, guarniti di bacche paonazze al basso, più su di porporine, poi di verdi, e in cima di fiorellini biancastri; il tasso barbasso, con le sue gran foglie lanose a terra, e lo stilo diritto all’aria, e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi fiori gialli ... "
I Promessi Sposi
Alessandro Manzoni
N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.
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