domenica 10 aprile 2022

Crescendo di violenza

" 23. La guerra resta tuttavia pur sempre un mezzo serio relativo a uno scopo serio.

Maggiori determinazioni in proposito Ecco la guerra, ecco il capo che la guida, ecco la teoria che la regge. Ma la guerra non è un passatempo, un divertimento consistente nel rischiare e riuscire, un’opera di libera ispirazione; è un mezzo serio inteso a uno scopo serio. Tutto ciò di cui essa si appropria nel giuoco variopinto della fortuna, degli slanci appassionati, del coraggio, della immaginazione, dell’intuizione, non costituisce che particolare del mezzo. La guerra di comunità – nazioni intere, e specialmente nazioni civili – nasce sempre da una situazione politica e vien provocata solo da uno scopo politico: costituisce dunque un atto politico. Se essa fosse una manifestazione completa, indisturbata, assoluta di forza, quale dovremmo dedurla dalla pura astrazione, allora, dall’istante in cui la politica le ha dato vita, si sostituirebbe a essa come alcunché di assolutamente indipendente, la eliminerebbe, non seguendo più che le proprie intrinseche leggi, come la esplosione di una mina non è più suscettibile di essere guidata dopo che si è appiccato il fuoco alla miccia. È in tal modo che finora si è concepita la cosa, quando una disarmonia fra politica e condotta di guerra ha fatto pensare a distinzioni teoriche del genere. Tuttavia, non è così; anzi, questa concezione è radicalmente falsa. Nel mondo della realtà la guerra non è, come abbiamo veduto, una cosa così assoluta che la sua tensione si risolva in una sola decisione; è, invece, l’azione di forze che non si sviluppano in modo uniforme e regolare: che talvolta si sviluppano abbastanza per vincere gli ostacoli frapposti dall’inerzia e dagli attriti, tal’altra sono troppo deboli per produrre un effetto. Trattasi dunque, in certo qual modo, di un pulsare più o meno violento, capace in conseguenza di risolvere più o meno rapidamente le tensioni e di esaurire le energie: in altri termini, è un atto che conduce più o meno prontamente allo scopo, ma che dura sempre abbastanza perché nel suo corso consenta influenze atte a imporgli questa o quella direzione: sì da restare insomma sottoposto alla volontà di una intelligenza direttrice. Se consideriamo ora che la guerra procede da uno scopo politico, è naturale che questo motivo primo che le ha dato vita continui a costituire elemento precipuo per la sua condotta. Ma non perciò lo scopo politico assume il carattere di un legislatore dispotico: deve adattarsi alla natura del mezzo, donde risulta che sovente esso si modifichi molto profondamente; ma è pur sempre l’elemento da tenersi soprattutto in considerazione.
Così, la politica si estrinseca attraverso tutto l’atto della guerra, esercitando su questa un influsso continuo, per quanto è consentito dalla natura delle forze che nella guerra si manifestano.

24. La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi

La guerra non è dunque solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi. Quindi, quanto alla guerra rimane di proprio non si riferisce che alla natura particolare dei suoi mezzi. L’arte della guerra può esigere, in linea di massima, che le tendenze e i disegni della politica non vengano a trovarsi in contraddizione con tali mezzi, e il comandante in capo può esigerlo in ogni caso.
Tale condizione non è certo lieve: ma qualunque sia, anche in casi particolari, la sua reazione sui disegni politici, essa non può andare al di là di una semplice modificazione dei medesimi, poiché il disegno politico è lo scopo, la guerra è il mezzo, e un mezzo senza scopo non può mai concepirsi.

Rifugiati sotto il ponte di Irpin - Ucraina 2022

Rifugiati sotto il ponte di Irpin - Ucraina 2022

25. Varia natura delle guerre

Quanto più grandiosi e forti sono i motivi della guerra, quanto maggiormente essi abbracciano gli interessi vitali dei popoli, quanto maggiore è la tensione che precede la guerra, tanto più questa si avvicina alla sua forma astratta, tanto maggiore diviene la collimazione fra lo scopo politico e quello militare, e la guerra sembra allontanarsi tanto più dalla politica, quanto maggiore è il suo carattere puramente bellico.
Per converso, quanto più deboli sono i motivi e le tensioni, tanto meno la tendenza naturale dell’elemento guerra, e cioè la violenza, collimerà colla linea fondamentale indicata dalla politica: la guerra dovrà deviare dalla propria direzione naturale, lo scopo politico si allontanerà dall’obbiettivo di una guerra ideale, e il carattere della guerra tenderà a divenire puramente politico.
A evitare errate concezioni, osserveremo, però, che quanto abbiamo chiamato tendenza naturale della guerra non lo è che dal punto di vista filosofico, o meglio logico, e non si riferisce affatto alla tendenza delle forze impegnate realmente in un conflitto, intese, per esempio, come somma delle passioni ed emozioni dei combattenti. È vero che in certi casi queste potrebbero essere eccitate a tal punto da poterle a stento contenere nei limiti tracciati dal disegno politico: ma generalmente questo contrasto non si verifica, perché l’esistenza di tendenze così poderose implica anche quella di un piano grandioso, collimante con esse.
Quando il piano non mira a grandi scopi, anche le tendenze delle forze spirituali delle masse saranno così deboli da richiedere che nelle masse si infonda un maggior impulso, anziché imporre loro un freno.

26. Tutte le guerre possono venire considerate come atti politici

E pertanto, per ritornare all’argomento principale, se è vero che in una determinata specie di guerra la politica sembra scomparire completamente, mentre in un’altra essa diviene preponderante, si può tuttavia affermare che in entrambi i casi la guerra costituisce un atto politico.
E invero, se la politica è da considerarsi come l’intelligenza dello Stato personificato, occorre che fra tutte le ipotesi che il suo calcolo deve abbracciare, possa essere compresa anche quella in cui la natura di tutte le condizioni imponga una guerra della prima specie. L’altra specie di guerra potrebbe considerarsi di carattere maggiormente politico della prima, solo qualora si volesse scorgere nella politica non già una cognizione generale, bensì il concetto convenzionale di un’astuzia rifuggente dalla forza, circospetta, fors’anche sleale.

Makariv - Ucraina 2022

Makariv - Ucraina 2022

27. Conseguenze di questo punto di vista per l’interpretazione della storia militare e per le basi della teoria

Si vede dunque, anzitutto, che in ogni caso la guerra deve essere concepita non come cosa a sé stante, ma come strumento politico. E solo partendo da questa concezione è possibile non cadere in contrasto con tutta la storia militare: è questa la sola chiave dell’analisi razionale di questo grande libro. In secondo luogo, questo stesso punto di vista ci dice quanto le guerre debbano essere diverse, a seconda dei motivi e delle condizioni da cui traggono origine.
Il primo, e in pari tempo il più considerevole e decisivo, atto di raziocinio esercitato dall’uomo di Stato e condottiero, consiste nel giudicare sanamente, sotto questo punto di vista, la guerra che egli sta per intraprendere, anziché valutarla o volerla valutare per ciò che non può essere secondo la natura cose cose. Quest’è pertanto la prima, e la più complessa, di tutte le questioni strategiche: la esamineremo in seguito, trattando del piano di guerra.
Ci basta per ora avere svolto il soggetto fino a questo limite e avere così fissato il punto di vista principale dal quale occorre mettersi per considerare la guerra e la sua teoria.

28. Risultato per la teoria

Secondo quanto precede, la guerra non solo rassomiglia al camaleonte perché cambia di natura in ogni caso concreto, ma si presenta inoltre nel suo aspetto generale, sotto il rapporto delle tendenze che regnano in essa, come uno strano triedro composto:
1. della violenza originale del suo elemento, l’odio e l’inimicizia, da considerarsi come un cieco istinto;
2. del giuoco delle probabilità e del caso, che le imprimono il carattere di una libera attività dell’anima;
3. della sua natura subordinata di strumento politico, ciò che la riconduce alla pura e semplice ragione.
La prima di queste tre facce corrisponde più specialmente al popolo, la seconda al condottiero e al suo esercito, la terza al governo. Le passioni che nella guerra saranno messe in giuoco debbono già esistere nelle nazioni; l’ampiezza che acquista l’elemento del coraggio e del talento nel campo della probabilità e del caso dipende dalle qualità del condottiero dell’esercito; gli scopi politici, per contro, riguardano esclusivamente il governo.
Queste tre tendenze, che si presentano come altrettanti sistemi diversi di legislazione, hanno profonde radici nella natura intima del soggetto, e sono in pari tempo di grandezza variabile. Una teoria che negligesse l’una o che pretendesse di stabilire fra loro rapporti arbitrari, si troverebbe immediatamente
in tale contrasto con la realtà, da doversi, già per questo solo motivo, considerare come distrutta.
La soluzione del problema esige dunque che la teoria graviti costantemente fra queste tendenze, come fra tre centri di attrazione.
Nel libro che tratta della teoria della guerra, esamineremo per quale via sarà più agevole soddisfare a questa difficile condizione. In ogni caso, la determinazione del concetto di guerra, che qui abbiamo abbozzata, sarà il primo raggio di luce che ci illuminerà nella imbastitura fondamentale della teoria e ci aiuterà a individuare e a distinguere gli elementi principali del soggetto.


Della Guerra
Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz
Traduzione - Ambrogio Bollati ed Emilio Canevari

Vedi: 


P.S. Il colore verde nel testo segnala il corsivo nell'originale


La guerra è un atto di forza per imporre la propria legge e soddisfare lo scopo politico che muove l'alea in un crescendo di violenza perpretata da gente incivile incapace di osservare un pur minimo codice morale mentre semina dolore, morte, ditruzione.

Ramo d'ulivo

" ... Le donne uscivano dalle case ai primi lucori, dopo avere passata gran parte della notte ai piedi delle sante immagini, bruciando l’olivo portato a casa nella Domenica delle Palme; facendo ardere delle candele benedette. Molte piangevano; altre parevano istupidite; poche avevano la forza di parlare, di sfogarsi.
Gli uomini giravano i campi al fioco lume; incalzati dalle ultime speranze che andavano man mano morendo ... "

Tre donne
1891
Beatrice Speraz

Buona Domenica delle Palme

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