" ... La Resistenza, il 25 aprile, parve aver raggiunto il suo solo scopo. Ma quello era veramente il suo solo scopo?
La Resistenza, a ripensarla ora, ci appare nel ricordo come uno di quei momenti felici di esaltazione e di ispirazione che ogni tanto battono l’ala, come nella vita dei singoli, nella vita dei popoli, e che, una volta passati, non tornano più. Ma la Resistenza fu soltanto questo, e noi, raccolti dopo dieci anni, siamo soltanto qui per deporre sospirando un fiore sulla sua tomba?
Fu soltanto l’impeto di una solitaria riscossa, un miracolo inesplicabile che rimane soltanto come motivo di adorazione e di leggenda, un’apertura di cielo fiammeggiante che durò un’ora e subito fu risommersa dalla foschia stagnante degli anni sopravvenuti, oppure fu un’esperienza destinata ad arricchire per sempre la nostra vita di popolo, un fattore di civiltà rivelato dalla guerra, ma destinato ad essere d’ora innanzi una delle forze politiche animatrici e disciplinatrici della nostra pace?
Di fronte al sacrificio degli uomini della Resistenza, di fronte all’esempio di spontanea accettazione del sacrificio che essi dettero, verrebbe voglia a noi superstiti di inginocchiarci come dinanzi a un miracolo. Ma no: non fu un miracolo: fu una realtà politica. Qualcosa che sta sulla terra: qualcosa che continua, che continuerà, se noi vorremo.
Il carattere che distingue la Resistenza da tutte le altre guerre, anche da quelle fatte da volontari, anche dall’epopea garibaldina, è stato quello di essere, più che un movimento militare, un movimento “civile”. Non bisogna dimenticarsi che le formazioni partigiane non erano che uno degli organi di un movimento rivoluzionario più vasto, che faceva capo ai Comitati di Liberazione: e che quello spirito di sacrificio che ha portato migliaia di martiri a sfidar la tortura e la fucilazione e il capestro, non era espressione di uno spirito di avventura militaresco, non il dissennato e cieco amore del rischio per il rischio, che confina con la follia: era la coscienza di un dovere civile da adempiere, la consapevolezza della necessità non più differibile di un rinnovamento totale della nostra vita nazionale, di una ricostruzione dalle fondamenta della struttura sociale che aveva reso possibili quegli errori.
Per questo lo spirito di sacrificio che animò gli eroismi della Resistenza può essere considerato come un fattore continuativo di rinnovamento politico e sociale. Già nel periodo della Resistenza questo spirito di sacrificio si dimostrò capace di animare e di nobilitare gli atti più umili della vita quotidiana, dando ad essi (o per meglio dire scoprendo in essi) un senso di solidarietà sociale, un senso di partecipazione alla vita collettiva: ed è proprio per questa esperienza che la Resistenza, nata in guerra come abnegazione eroica di fronte alla morte, può diventare in pace, tradotta per dir così in termini di ordinaria amministrazione, il senso del dovere politico, il senso della politica intesa come dovere di sacrificarsi al bene comune, che è poi il fondamento morale senza il quale non può vivere una democrazia. "
Uomini e città della Resistenza
Piero Calamandrei
Lieto 25 Aprile
E' da sciagurati dimenticare il Sacrificio del movimento dei Partigiani.
RispondiEliminaCiao Sciarada.
buon 25 aprile!
RispondiEliminaMolto giusto cara Sciarada. Cerchiamo di comprendere il vero senso del sacrificio di tutta la gente comune che ha combattuto con coraggio ed abnegazione. Un sacrificio che ci unisce e fonda la morale di tutto un popolo.
RispondiEliminaGrazie e buon 25 Aprile.
Un carissimo saluto
RispondiEliminaExcelente reflexión, y muy bien traída para estos tiempos donde todos anhelamos la Paz, y un pueblo entero resiste contra el tirano, y aunque el sentido que tu le has dado es espiritual, no he querido callarme y denunciar la masacre que está cometiendo este descerebrado presidente de Rusia.
RispondiEliminaUn fuerte abrazo, amiga.
Bellissime le parole di Calamandrei.
RispondiEliminaIl 25 aprile dev'essere una conquista di tutti i giorni.
Ben lo si vede in questi tempi