Il 17 gennaio 1787 Johann Wolfgang von Goethe si trova a Roma, partecipa alla Festa di Sant'Antonio Abate, osserva con attenzione il rito della benedizione degli animali che a partire dal 1437 si svolge ogni anno nella chiesa di Sant'Antonio Abate all'Esquilino ubicata in via Carlo Alberto vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore, e il giorno dopo nel suo diario di viaggio scrive:
" Ieri, festa di sant'Antonio Abate, abbiamo goduto una divertente giornata.
Faceva il più bel tempo del mondo, durante la notte c'era stato il gelo, e il giorno era sereno e tiepido. È facile constatare che tutte le religioni che hanno allargato i limiti del loro culto o della loro meditazione filosofica, hanno finito col rendere in certa misura partecipi dei favori della spiritualità anche gli animali.
Sant'Antonio, abate o vescovo, è il patrono delle creature a quattro zampe, e la sua festa diventa un saturnale delle bestie normalmente addette a portare la soma, nonché dei loro guardiani e conducenti.
Oggi tutti i padroni debbono restarsene a casa, oppure girare a piedi, e non si manca mai di raccontare qualche brutta storia di signori miscredenti che, avendo obbligato in questo giorno i loro cocchieri ad attaccare gli equipaggi, sono stati puniti con gravi sciagure.
La chiesa sorge su una piazza così vasta da sembrare quasi deserta, ma che nella ricorrenza è animatissima; cavalli e muli, con le criniere e le code intrecciate di nastri vistosi e sovente sfarzosi, vengono condotti davanti a una cappelletta alquanto discosta dalla chiesa, dove un prete, con un grande aspersorio in mano e una fila di secchi e tinozze d'acqua benedetta dinanzi a sé, annaffia senza risparmio i vispi animali, a volte raddoppiando maliziosamente d'energia per incitarli.
Cocchieri devoti portano ceri grandi e piccoli, i signori inviano elemosine e doni, affinché per tutto l'anno le preziose e utili bestie siano preservate da ogni guaio.
Asini e bestiame cornuto, oggetto di non minori cure per i proprietari, beneficiano di questa distribuzione di grazie per la parte loro destinata.
Ci concedemmo poi il piacere d'una lunga passeggiata sotto quel cielo così benigno, circondati da oggetti del massimo interesse, cui stavolta dedicammo, però, poca attenzione, indulgendo senza ritegno all'allegria e agli scherzi. "
Viaggio in Italia
Johann Wolfgang von Goethe
Traduzione Emilio Castellani
Benedizione dei cavalli
1823
Antoine Jean Baptiste Thomas
Asini, bovi, cavalli utili al lavoro dei campi insieme ad agnelli, pecore, capre, conigli, galline, maiali, mucche, oche, cani e gatti, parati a festa, arrivano dalla campagna circostante, accompagnati dagli allevatori e dai contadini con cui condividono un rapporto simbiotico di sopravvivenza, e tra le carrozze dei nobili brulicano nel piazzale della chiesa in attesa di essere aspersi con l'acqua santa per ben augurare un anno produttivo e sostanzioso in quel passaggio che dalla posa invernale porta al fermento primaverile.
Il 17 gennaio 1702 l'ambasciatore dell'imperatore d'Austria, per evitare la ressa antistante alla chiesa di Sant'Antonio Abate all'Esquilino fa benedire i suoi cavalli in una delle cappelle di Sant’Eligio de’ Ferrari e provoca così una contesa tra le due comunità religiose che auspicano per sé il servizio della benedizione.
La questione si risolve solo nel 1831 con il Cardinale Vicario che attribuisce il rito benedizionale alla chiesa di Sant'Antonio Abate all'Esquilino, pena, la sospensione a divinis, per chi non rispetti l'ufficialità della decisione.
Nel XX secolo per questioni di ordine pubblico e di traffico la tradizione rituale della benedizioni degli animali passa alla chiesa di Sant’Eusebio all'Esquilino tra via Napoleone III e piazza Vittorio.
Sant'Antonio, padre del monachesimo e protettore degli animali da fattoria, di quelli domestici, degli allevatori e dei contadini, nasce a Coma, l'odierna Qumans in Egitto, intorno al 251 da madre e padre cristiani, ha una sorella più piccola che affida a una comunità di vergini dopo la morte dei genitori che avviene quando lui ha 18 anni. Dona i loro averi ai poveri e si stabilisce fuori dal villaggio per condurre in solitudine una vita casta, umile, dedicata al lavoro e alla preghiera.
Proviamo a conoscerlo meglio con le parole del suo discepolo e biografo, Atanasio di Alessandria, che in " Vita Antonii" racconta del diavolo:
"... che odia il bene ed è invidioso, non sopportò di vedere in un giovane tale proposito di vita e incominciò a mettere in opera anche contro di lui i suoi intrighi abituali.
Per prima cosa cercò di distoglierlo dall’ascesi ispirandogli il ricordo delle ricchezze, la sollecitudine per la sorella, l’affetto per i parenti, l’amore per il denaro, il desiderio di gloria, il piacere di un cibo svariato e ogni altro godimento della vita. Infine gli suggeriva il pensiero di come sia aspra la virtù e quali fatiche richieda e gli metteva dinanzi la debolezza del corpo e la lunghezza del tempo.
Insomma risvegliò nella sua mente una grande tempesta di pensieri, perché voleva distoglierlo dalla sua giusta decisione.
Ma come il Nemico si vide debole di fronte al proposito di Antonio e vide che era piuttosto lui a essere vinto dalla fermezza di Antonio, respinto dalla sua grande fede e abbattuto dalle sue continue preghiere, allora confidò in quelle armi che si trovano presso l'ombelico e se ne gloriò - sono queste le prime insidie contro i giovani -. Assale così il giovane turbandolo di notte, molestandolo di giorno al punto che quelli che lo vedevano si accorgevano della lotta che si combatteva tra i due.
L’uno, infatti, suggeriva pensieri impuri, l'altro li scacciava con le preghiere; l'uno lo eccitava, l’altro, come arrossendo di vergogna, dava forza al suo corpo mediante la fede e i digiuni.
Il diavolo, sciagurato, di notte assumeva anche l'aspetto di una donna e ne imitava il comportamento in tutte le maniere, con il solo intento di sedurre Antonio. Ma questi, pensando a Cristo e meditando sulla nobiltà che l’uomo possiede grazie a lui e sulla qualità spirituale dell’anima, spegneva il fuoco della sua seduzione.
Di nuovo il Nemico gli suggeriva la dolcezza del piacere, ma Antonio, come adirato e addolorato, pensava alla minaccia del fuoco e al tormento del verme, opponeva questi pensieri alle tentazioni del Nemico e passava attraverso di esse senza patirne danno.
Il santo per seguire il suo percorso spirituale si allontana dal villaggio:
Dopo aver dato ordine a un suo amico di portargli del pane a lunghi intervalli di tempo, entrò in un sepolcro, chiuse la porta e rimase là dentro, solo. Ma il Nemico, che non sopportava la cosa, perché temeva che in breve tempo il deserto divenisse una città di asceti, una notte entrò nel sepolcro con una moltitudine di demoni e lo percosse a tal punto da lasciarlo steso a terra, incapace di parlare.
Antonio, poi, assicurava che la sofferenza era talmente grande da fargli dire che le percosse inflitte da
uomini non avrebbero mai potuto causare tale tormento.
Per disposizione della divina Provvidenza - il Signore, infatti, non distoglie mai il suo sguardo da quanti
sperano in lui - il giorno seguente giunse quel suo amico a portargli il pane. Come aprì la porta, vide che Antonio giaceva a terra come morto; lo prese, lo trasportò alla casa del Signore, nel villaggio, e lo adagiò a terra.
Molti parenti e la gente del villaggio stavano seduti attorno ad Antonio come presso un morto. Ma verso mezzanotte questi rientrò in se stesso, si svegliò e come vide che tutti dormivano e che solo quel suo amico era sveglio, gli fece cenno di venire accanto a lui e lo pregò di prenderlo di nuovo e di riportarlo ai sepolcri, senza svegliare nessuno.
Sant'Antonio bastonato dai diavoli
1423
Stefano di Giovanni di Consolo detto Sassetta
Pinacoteca Nazionale - Siena
Nel 285 si sposta sul Pispir nelle vicinanze del Mar Rosso:
Sempre più risoluto nel suo proposito, si diresse verso la montagna. Al di là del fiume trovò un fortino abbandonato, pieno di serpenti perché non era più abitato da tempo; qui si trasferì e stabilì la sua dimora.
I serpenti, come se qualcuno li inseguisse, se ne fuggirono subito. Antonio sbarrò l’ingresso e depositò i pani sufficienti per sei mesi - i tebani hanno questa usanza e spesso i pani si conservano per un anno intero. All'interno aveva l’acqua e rimase là dentro l’eremo solo, come se fosse disceso in un santuario, senza uscire e senza vedere nessuno di quelli che venivano da lui.
Per molto tempo perseverò nella sua ascesi, ricevendo il pane che gli veniva calato dall’alto, dal tetto, solo due volte all’anno.
Qui:
Passò così circa vent’anni, da solo, nella vita ascetica; non usciva e si faceva vedere raramente.
Poi, siccome molti desideravano ardentemente imitare la sua vita di ascesi, e poiché erano venuti altri suoi amici e avevano forzato e abbattuto la porta, Antonio uscì come un iniziato ai misteri da un santuario e come ispirato dal soffio divino. Allora per la prima volta apparve fuori dal fortino a quelli che erano venuti a trovarlo.
Ed essi, quando lo videro, rimasero meravigliati osservando che il suo corpo aveva l'aspetto abituale e non era né ingrassato per mancanza di esercizio fisico, né dimagrito a causa dei digiuni e della lotta contro i demoni. Era tale e quale l'avevano conosciuto prima che si ritirasse in solitudine. E anche il suo spirito era puro; non appariva né triste, né svigorito dal piacere, né dominato dal riso o dall'afflizione.
Non provò turbamento al vedere la folla; non gioiva perché salutato da tanta gente, ma era in perfetto equilibrio, governato dal Verbo, nella sua condizione naturale.
Il Signore, per opera sua, guarì molti dei presenti che pativano nel loro corpo e liberò altri dai demoni.
Il Signore concedeva ad Antonio il dono della parola e così consolava molti che erano afflitti, riconciliava altri che erano in lite e a tutti ripeteva che nulla di quanto è nel mondo deve essere preferito all’amore per Cristo.
Parlando e ricordando i beni futuri e l’amore che ha mostrato per noi uomini il Dio che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, convinse molti ad abbracciare la vita solitaria. E così apparvero dimore di solitari sui monti e il deserto divenne una città di monaci che avevano abbandonato i loro beni e si erano iscritti nella cittadinanza dei cieli.
Visione di Sant'Antonio
Tavoletta toscana del '400
Pinacoteca Vaticana
I suoi seguaci sono numerosi e nel 305 si accampano ai piedi del monte dove vive e formano il primo nucleo di quello che sarà il monastero Deir Amba Antonius a Fayyum:
Un giorno uscì e tutti i monaci gli vennero incontro e lo pregarono di tenere loro un discorso. Ed egli rivolse loro queste parole in lingua egiziana.
«Le Scritture sono sufficienti alla nostra istruzione, ma è bello esortarci vicendevolmente nella fede e incoraggiarci con le nostre parole. Voi, dunque, come figli, portate al padre quello che sapete e ditemelo; io più anziano di voi, vi affiderò quello che so e che ho imparato dall’esperienza. Per prima cosa sia questo lo sforzo comune a tutti: non cedere all’indolenza dopo che abbiamo iniziato, non scoraggiarci nelle fatiche e non dire: “Da molto tempo pratichiamo l'ascesi”; piuttosto, accresciamo il nostro zelo come se incominciassimo ogni giorno. L'intera vita dell’uomo è brevissima a paragone dei secoli futuri, tutto il nostro tempo è niente di fronte alla vita eterna. Ogni cosa nel mondo viene venduta secondo il suo prezzo e scambiata con altre cose che sono di pari valore, ma la promessa della vita eterna si compra a un bassissimo prezzo. Sta scritto: I giorni della nostra vita sono settanta anni, ottanta se vi sono le forze e la maggior parte è pena e fatica. Quand'anche avessimo perseverato nell'ascesi tutti gli ottanta o i cento anni, non regneremo per cento anni, ma, invece di cento anni, regneremo nei secoli dei secoli e, dopo aver lottato sulla terra, non è sulla terra che otterremo l'eredità, ma riceveremo la promessa nei cieli e, deposto il corpo corruttibile, ne riceveremo uno incorruttibile.
Nel 311 va ad Alessandria per supportare i cristiani:
In seguito la Chiesa subì la persecuzione di Massimino. Quando i santi martiri furono condotti ad Alessandria, Antonio lasciò la sua dimora solitaria e li seguì dicendo: «Andiamo anche noi a combattere, se saremo chiamati, o a contemplare quelli che combattono».
Desiderava ricevere il martirio, non voleva però consegnarsi di sua iniziativa e serviva i confessori condannati nelle miniere e nelle prigioni. Grande era il suo zelo in tribunale nell'incoraggiare quelli che erano chiamati a sostenere la lotta, nell'assisterli quando rendevano testimonianza e nell’accompagnarli fino alla morte.
Il giudice, allora, vedendo il coraggio di Antonio e dei suoi compagni e il loro zelo in quest’opera, proibì ai monaci di mostrarsi in tribunale e di abitare in città.
Quel giorno a tutti gli altri sembrò opportuno nascondersi, Antonio invece se ne preoccupò così poco che lavò la sua tunica e l'indomani se ne stette bene in vista in un luogo elevato di fronte al tribunale e si fece vedere apertamente dal prefetto.
Tutti ne furono stupiti; il prefetto, passando di là dopo l’udienza, lo notava, ma Antonio stava là senza paura, mostrando quale sia lo zelo di noi cristiani.
Pregava di poter subire anche lui il martirio, come ho già detto, e sembrava rattristarsi di non avere potuto testimoniare la propria fede; ma il Signore lo custodiva per il bene nostro e degli altri, perché divenisse maestro di molti nella vita ascetica che aveva appreso dalle Scritture.
Tanti, anche solo al vedere il suo modo di vivere, si sforzavano di imitarne la condotta. Com’era sua abitudine, dunque, si metteva nuovamente al servizio dei confessori e, come se fosse incatenato con loro, affrontava ogni fatica per servirli.
E poi nel 312:
Quando cessò la persecuzione e il beato vescovo Pietro subì il martirio, Antonio partì e si ritirò di nuovo nella sua dimora solitaria; stava là e viveva ogni giorno il martirio della coscienza e combatteva le battaglie della fede. Praticava una grande ascesi con più forte vigore; digiunava continuamente, portava una veste con il pelo di capra all’interno e la pelle all'esterno, e ne fece uso fino alla morte. Non si lavava né il corpo né i piedi con l’acqua, l’immergeva nell’acqua solo se vi era necessità.
Nessuno lo vide mai nudo, se non dopo la morte, quando fu sepolto.
si stabilisce sul Monte Interiore:
Antonio, come se fosse ispirato da Dio, amò quel luogo. Era il posto indicatogli da chi gli aveva parlato sulla riva del fiume.
2. All’inizio ricevette dei pani dai suoi compagni di viaggio e restò solo sul monte; nessun'altro stava con lui. Ormai considerava quel posto come casa sua.
3. I saraceni stessi, vedendo lo zelo di Antonio, passavano di proposito per quella via ed erano contenti di potergli portare dei pani;
4. dalle palme ricava un povero e frugale sostentamento. Poi, quando i fratelli vennero a conoscenza del luogo, come figli che si ricordano del padre, provvidero a mandargli dei viveri;
5. ma Antonio, vedendo che alcuni dovevano affrontare fatiche e disagi per procurargli il pane, volle risparmiare anche questa fatica ai monaci. Rifletté e chiese ad alcuni di quelli che venivano a trovarlo di portargli una zappa, una scure e un po' di frumento.
6. Quando gli portarono queste cose, esplorò i dintorni della montagna e, trovato un piccolo campo adatto alla coltivazione, cominciò a lavorarlo e, dato che il fiume gli forniva acqua in abbondanza per irrigarlo, cominciò a seminare. Così fece ogni anno e in questo modo si procurò il pane, ben contento di non infastidire nessuno e di non essere di peso agli altri in nulla.
7. In seguito, vedendo che altri ancora venivano da lui, si mise a coltivare anche alcun ortaggi perché chi veniva a trovarlo ricevesse qualche conforto dopo la fatica di quel difficile cammino.
8. All’inizio le bestie del deserto, che veniva per l’acqua, danneggiavano spesso le sue sementi e le sue colture,
9. ma Antonio prese dolcemente una di queste bestie e a tutte disse: «Perché mi fate del male mentre io non ve ne faccio? Andatevene e nel nome del Signore non avvicinatevi mai più a questo posto ». E da quel momento, come spaventate dal suo ordine, non si avvicinarono più.
Nel 355 un anno prima della morte:
Una volta gli ariani, mentendo, dissero che Antonio aveva le loro stesse idee, ma egli si indignò e si stupì quando venne a saperlo.
Poi, su richiesta dei vescovi e di tutti i fratelli, scese dal monte; venne ad Alessandria e condannò pubblicamente gli ariani dicendo che la loro eresia era l'ultima e precedeva la venuta dell’Anticristo.
Insegnava al popolo che il Figlio di Dio non è una creatura e che non è stato creato dal nulla, ma che è il Verbo eterno e Sapienza della sostanza del Padre. « Perciò è un’empietà dire: “Vi fu un tempo in cui non esisteva” perché il Verbo è sempre esistito insieme al Padre. Non abbiate dunque nessun rapporto con gli empi ariani. Non vi è infatti comunione tra la luce e le tenebre. Voi che custodite la vera fede siete cristiani, quanti invece affermano: “Il Figlio che viene dal Padre, il Verbo di Dio, è una creatura”, non differiscono in nulla dai pagani che adorano la creatura al posto del Dio che l'ha creata. Credete che tutta la creazione si indigna contro di loro perché annoverano tra le creature il Creatore e Signore di tutto, nel quale tutte le cose sono state fatte».
Nello stesso anno:
La fama di Antonio giunse fino agli imperatori. Non appena Costantino Augusto e i suoi figli, gli Augusti Costanzo e Costante, ebbero notizie dei prodigi compiuti da Antonio, gli scrivevano come a un padre e lo pregavano di rispondere.
Ma Antonio non tenne in gran conto le loro lettere, né provò piacere al riceverle; rimase tale e quale prima che le scrivessero.
Quando gli portavano le lettere, chiamava i monaci e diceva: «Perché vi meravigliate se un imperatore ci scrive? È un uomo! Meravigliatevi piuttosto che Dio abbia scritto la legge per gli uomini e abbia parlato loro per mezzo di suo Figlio».
Non voleva ricevere quelle lettere perché diceva che non sapeva rispondere a lettere di quel genere, ma tutti i monaci lo spingevano a rispondere dicendo che gli imperatori erano cristiani e che non bisognava scandalizzarli con un rifiuto; e allora Antonio permise che gliela leggessero.
E rispose felicitandosi perché adoravano Cristo e offrendo alcuni consigli per la loro salvezza; li esortava a non dare importanza alle cose presenti, ma a ricordare il giudizio futuro e a riconoscere che solo Cristo è il re vero ed eterno.
Li pregava di amare gli uomini e di aver cura della giustizia e dei poveri. Ed essi si rallegravano nel ricevere le sue lettere. Così era amato da tutti e tutti desideravano averlo come padre.
La scelta di sant'Antonio:
I fratelli volevano costringerlo a restare presso di loro perché lì portasse a compimento la sua vita, ma Antonio non accettò per diversi motivi che lasciò capire pur senza dirli, e soprattutto per questo: gli egiziani, quando muore un uomo virtuoso e specialmente quando muoiono i santi martiri, amano dare sepoltura ai loro corpi avvolgendoli in lenzuola di lino e non li nascondono sotto terra, ma li dispongono su dei lettucci e li conservano nelle loro case; credono, in questa maniera, di onorare quelli che sono morti.
Antonio aveva spesso pregato i vescovi di ammonire il popolo circa quest'uso e aveva dissuaso i laici e ammonito le donne dicendo che quest’usanza non era né lecita, né santa.
«Le tombe dei patriarchi e dei profeti, infatti, sono conservate ancora oggi e il corpo del Signore fu deposto in un sepolcro e una pietra, posta all’ingresso, lo nascose fino a che risuscitò il terzo giorno».
Con queste parole dimostrava che quelli che, dopo la morte, non nascondono i corpi dei defunti, anche se fossero santi, trasgrediscono la legge. Che cosa c’è, infatti, di più grande e di più santo del corpo del Signore?
Molti, dopo averlo sentito, decisero di seppellire sotto terra i loro morti e ringraziavano il Signore per aver ricevuto questo sapiente insegnamento.
Sul finire della sua vita:
Antonio, conoscendo tale usanza e temendo che facessero così anche per il suo corpo, salutò i monaci che stavano fuori del monte e si affrettò a partire. Entrò nella parte interna della montagna, là dove abitava di solito, e pochi mesi dopo si ammalò. Chiamò allora i suoi compagni - erano due che abitavano con lui nella parte interna della montagna e che da quindici anni conducevano vita ascetica e lo servivano poiché era molto anziano - e diceva loro:
2. «Io, come sta scritto, me ne vado per la via dei padri. Vedo che il Signore mi chiama. Voi siate
vigilanti, non lasciate che la vostra lunga ascesi si perda, ma preoccupatevi di tener viva la vostra
sollecitudine come se cominciaste soltanto adesso.
3. Conoscete le insidie dei demoni, sapete quanto sono feroci eppure deboli. Non temeteli, dunque, ma respirate sempre Cristo e abbiate fede in lui. Vivete come se doveste morire ogni giorno, vigilate su voi stessi e ricordate le esortazioni che avete udite da me.
4. Non abbiate alcun rapporto con gli scismatici, nessun rapporto con gli eretici ariani: sapete come
anch’io li evitassi a motivo della loro dottrina avversa a Cristo ed eretica.
5. Cercate piuttosto, anche voi, di unirvi innanzitutto al Signore e poi ai santi perché, dopo la vostra morte, vi accolgano nelle dimore eterne come amici e familiari. A questo pensate e riflettete.
6. E se mi volete bene e vi ricordate di me come di un padre, non permettete che il mio corpo sia portato in Egitto per metterlo in qualche casa. È per questo motivo che sono rientrato sulla montagna e sono venuto qui.
7. Sapete anche come cercavo sempre di convincere quelli che così facevano e come li ammonivo a desistere da quest'uso. Seppellite voi il mio corpo, nascondetelo sotto terra e osservate quello che vi ho detto, cosicché nessuno, tranne voi soli, conosca il luogo dove è deposto.
8. Nel giorno della risurrezione dai morti io lo riceverò incorrotto dal Salvatore. Dividevi le mie vesti. Al vescovo Atanasio date una delle mie vesti di pecora e il mantello su cui mi stendevo; me l’aveva dato nuovo e io l'ho consumato;
9. al vescovo Serapione date l’altra pelle di pecora; voi tenete la veste di pelo. E ora, figlioli, addio! Antonio se va e non è più con voi».
Grotta in cui Sant'Antonio visse il suo eremitaggio
Nei pressi del monastero a lui dedicato - Egitto
17 gennaio 356 nel deserto della tebaide:
Dopo queste parole i fratelli lo abbracciarono. Antonio sollevò i piedi e, come vedesse degli amici venire da lui, pieno di gioia per la loro presenza - giaceva sdraiato con il volto radioso - spirò e fu riunito ai suoi padri.
I fratelli, secondo l’ordine ricevuto, lo avvolsero in un lenzuolo e lo seppellirono nascondendo il suo corpo sotto terra. Nessuno fino a oggi sa dove sia nascosto, tranne quei due monaci.
Ciascuno di quelli che hanno ricevuto la pelle di pecora del beato Antonio e il suo mantello consumato custodisce queste vesti come un grande tesoro. Quando le guardano, è come se vedessero Antonio e, quando le indossano, è come se portassero con gioia i suoi ammonimenti.
Morte di Sant'Antonio
Tavoletta toscana del '400
Pinacoteca Vaticana
Lieta Festa di Sant'Antonio Abate!
P.S. Sabato scorso mi è arrivato il nuovo P.C., ordinato direttamente alla casa madre, dopo averlo montato e dopo aver caricato programmi, articoli, foto ecc. ecc., sullo schermo compare una maschera che mi invita a inserire il cavo di alimentazione, ma il cavo di alimentazione era già inserito, per cui ho dovuto rimpacchettare il tutto e rispedirlo al mittente. A presto.
A parte la descrizione di Goethe, bella, la storia di questo santo raccontata da te è meravigliosa. Le storie die santi sono sempre interessanti in quanto ci mostrano come anche loro fossero persone come noi, ma con una fede, una perseveranza nella fede e nella fortezza che io me le sogno. Grazie Sciarada e buona serata.
RispondiEliminasinforosa
Grazie Sciarada. Non conoscevo tutta la storia di questo santo. Spero tu possa ricevere presto il Pc. In ottime condizioni. 😉 Un forte abbraccio, ciao.
RispondiEliminaUn carissimo saluto
RispondiEliminaIo ogni 17 gennaio faccio benedire il mio cane.
RispondiEliminaqui non ho i serpenti.
RispondiEliminaperò ho diverse altre specie di animali.
che non fuggono :)
lieto giorno
Devo aspettare un anno intero per il resto?
RispondiEliminaCon la macchina ci passo ogni mattina davanti a Sant'Eusebio all'Esquilino.
RispondiElimina