" ... Alle dieci e mezzo di quella domenica, il sagrestano della parrocchia dei SS. Apostoli uscì sulla porta dell'antica chiesa napoletana e cominciò ad agitare vivamente un grosso e stridulo campanello di argento. Il sagrestano, appoggiato allo stipite della pesante vecchia porta di quercia, scrollava il campanello a trilli, a distesa, continuamente: serviva per avvertire i fedeli di via Gerolomini, del vico Grotta della Marra in Vertecoeli, della piazza SS. Apostoli, delle Gradelle, che fra poco sarebbe cominciata nella chiesa dei SS. Apostoli la messa cantata, la funzione grande di Pentecoste. Ad un tratto, il campanello si chetò: ma il sagrestano rimase accanto alla porta, ritto sugli scalini, ripetendo ogni due minuti innanzi alla piazza deserta:
- Avanzate il piede, che ora esce la messa.
Pure le bottegaie che passavano e ripassavano innanzi agli sportelli socchiusi delle loro botteghe, le massaie che andavano a dare un’occhiata ancora alla cucina, dove il grosso pezzo di carne bolliva nel sugo di pomodoro, le signore borghesi che ancora erano nelle mani della pettinatrice, non si affrettavano ancora: perchè uscisse la messa cantata, il sagrestano doveva aver suonato tre volte. Solo qualche popolana giungeva, col nuovo vestito di percalle e la pettinessa di argento ficcata nel lucido mazzocchio dei capelli, tirandosi dietro dei bambini. Il sagrestano, assai sdegnoso di questa minuta gente, andava ripetendo, agli echi della piazza, monotonamente:
- Avanzate il piede, che ora esce la messa.
Nel palazzo numero due di piazza SS. Apostoli, in quella mattinata festiva, il movimento si accentuava. Era un grande palazzo giallo, con un cortile largo, mal lastricato, che i cocchieri e i mozzi di stalla della principessa di Santobuono, strigliando i cavalli, lavando le carrozze e strofinando i finimenti, riempivano di pozze di acqua sudicia: e dalle botteghe interne spalancate del cortile un acuto puzzo di stalla si diffondeva dappertutto. Giusto, in quell’ora, la due mantici della principessa di Santobuono era quasi in ordine, fra un gran chiasso di cocchieri e di mozzi, fra lo scalpitare dei cavalli che dovevano uscire di là, scendere a venti passi, per andare nella strada San Giovanni a Carbonara, a prendere la principessa che abitava un palazzo simile a una fortezza e condurla a messa. La scala del palazzo numero due, ai SS. Apostoli, era assai sporca: poichè, non essendovi portiere, la pulizia era affidata agli inquilini, piano per piano. Giusto, donna Orsolina che abitava al primo piano, era ancora incinta, quell’anno, di cinque mesi, e i suoi altri quattro piccoli figli non le davano un minuto di pace, non davano pace alla serva Mariagrazia: quella domenica, specialmente, donna Orsolina non arrivava più ad abbottonarsi il vestito di lana nera, assai consumato, orribilmente corto innanzi, e rossa, e pallida, volta a volta, con le lagrime agli occhi, malediva il momento in cui invece di farsi monaca di casa, aveva preso un amore pazzo e stupido per Ciccio, l’impiegato postale... "
O Giovannino o la morte - 1896
Matilde Serao
Lieta Pentecoste
Per ulteriori informazioni:
sì, poteva essere solo serao :)
RispondiEliminabuon giorno e grazie
Una delle inimitabili :)
EliminaGrazie a te e splendido giorno!
lieto giorno
EliminaIl verismo di questa brava scrittrice è encomiabile. Bello questo pezzo che hai scelto. Grazie e ti abbraccio cara Sciarada.
RispondiEliminaCon grande semplicità e, come dici tu, con grande verità la Serao riesce a regalarci dei grandi sorrisi.
RispondiEliminaRicambio l'abbraccio Pia, grazie a te e lieto giorno!