mercoledì 1 marzo 2023

Il fuoco sacro di Vesta

" ... Perchè Vesta eziandio spicchi d'intatto
Fogliame adorna, or è dal sacro loco.
Del Frigio altare il secco lauro estratto.
Dicesi ( e aggiunge a ciò di fé non poco )
Che nuova fìamma arde nel tempio occulto
E ha più vigore il rinnovato foco ... "

Fasti - Libro III
Ovidio
Traduzione Giambatista Bianchi

Vestale - L'Antica Roma - 1796 - Jacques Grasset de Saint Sauveur

Vestale - L'Antica Roma - 1796 - Jacques Grasset de Saint Sauveur

Se oggi con l'immaginazione tornassimo nell'antica Roma potremmo partecipare all'anni sacri initium - l'inizio dell'anno sacro, il capodanno religioso che celebra le Matronalia dedicate a Giunone Lucina e le Feriae Martis che prevedono la processione degli Ancili e la rievocazione dell'unione di Marte e di Rhea Silvia da cui nascono Romolo e Remo.
La figlia di Numitore ad Alba Longa è dedita a quel culto di Vesta che segna il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale in cui la famiglia patriarcale costituisce il primo nucleo sociale che si riunisce attorno al focolare domestico sotto l'egida della dea che viene poi adottata da Roma perché è funzionale per la sua struttura di città-stato che vuole un emblema che garantisca la grandezza e l'imperitura esistenza dell'Urbe in cui i cittadini possano riconoscersi e attorno al quale possano aggregarsi. 
Nel Foro la ritualità dell'inestinguibile fuoco sacro travalica la sua originaria connotazione privata e acquista quella pubblica con le vestali che lo alimentano, lo custodiscono e lo rinnovano annualmente il primo di marzo: sull'ara dell'Aedes Vestae - Tempio di Vesta il fuoco viene spento, nell'Atrium Vestae - Casa delle Vestali, viene riacceso strofinando due legni di un arbor felix - albero fruttifero e in un crivello di bronzo viene riportato sull'ara purificata, insieme al tempio e agli altri oggetti sacri, con acqua prelevata alla fonte di Egeria nel bosco delle Camenae; i nuovi rami di alloro raccolti nel lucus Vestae - bosco di Vesta completano l'allestimento.
Numa Pompilio nel suo ruolo di primo pontefice massimo, come ci spiega Plutarco ha il compito:

"di sorvegliare le vergini sacre, chiamate Vestali."

ed è proprio a lui che:

"si attribuisce la consacrazione delle vergini Vestali e in generale il culto e la venerazione del fuoco perenne che esse custodiscono, sia che intendesse affidare a persone incorrotte e incontaminate l’essenza pura e incorruttibile del fuoco, sia che ne associasse alla verginità la natura improduttiva e infeconda."


" ... Si dice che le prime vergini a essere consacrate da Numa furono Gegania e Verenia; fu poi la volta di Canuleia e Tarpea; più tardi Servio ne aggiunse altre due, e il numero complessivo si è conservato fino ai nostri giorni ... "

Vite Parallele - Libro IV
Plutarco
 A cura di Angelo Meriani, Gabriele Marasco e Rosa Giannattasio Andria

Le sacerdotesse di Vesta durante l'epoca regia vengono scelte dai re, probabilmente in maniera diretta, tra le figlie dei cittadini appartenenti alla nobilitas romana mentre durante l'epoca repubblicana la scelta è fatta dal pontefice massimo che eredita il potere religioso del re e seleziona una ventina di ragazze, provenienti anche dal ceto meno agiato, tra le quali la sorte, su cui opera la divinità, designa la vestale. Da Aulo Gellio sappiamo che:

"... è sacrilegio prenderla che sia minore di sei anni e maggiore di dieci; che sia orfana di padre o di madre; che abbia difetti di pronuncia o sia minorata nell’udito o comunque segnata da un difetto fisico; che sia essa, o il padre suo, nella condizione di emancipato anche se, vivente il genitore, sia sotto la potestà del nonno; che i suoi genitori, uno o entrambi, siano stati in schiavitù o pratichino mestieri ignobili. Affermano però che anche quella di cui sia stata già scelta una sorella per quel sacerdozio, ha diritto all’esenzione; e così pure quella il cui padre sia flamine o augure o uno dei quindecenviri per le cerimonie sacre o dei settenviri epuloni o salio. Anche alla promessa sposa del pontefice e alla figlia del trombettiere di cerimonie è d’uso attribuire la dispensa da tale sacerdozio. Inoltre ... non si deve scegliere la figlia di chi non abbia il domicilio in Italia, e  - probabilmente in un'evoluzione successiva con l’introduzione dello ius trium liberorum del 18 a.C. -  ... va esentata quella di chi abbia tre figli ... "

Notte attiche
Aulo Gellio
A cura di Giorgio Bernardi Perini

Il rito della virginis capio - presa della vergine, che spezza la potestas della famiglia di origine e cambia lo stato sociale di colei che viene consacrata vestale, punta su una fanciulla che ha dai sei ai dieci anni di vita perché non è ancora entrata nella fase puberale e può offrire una purezza fisica e mentale non inficiata da alcuna attività sessuale che le permette di rappresentare in toto Roma e i romani; per ufficializzare il passaggio dalla sfera privata a quella pubblica, che giuridicamente la renderà sui iuris - indipendente, non più soggetta all'auctoritas tutoris - autorità del tutore, e le garantirà il diritto, negato alle donne comuni, di gestire le proprie finanze, di acquistare o vendere beni, di far testamento o di liberare uno schiavo, siede sulle ginocchia del padre e aspetta che il pontefice massimo, recitando questa formula: «Così io ti prendo, o Amata, come sacerdotessa vestale per celebrare i riti che una sacerdotessa vestale è giusto che celebri nell’interesse del popolo romano e dei Quiriti, essendo compiutamente idonea secondo la legge», la sottragga all'abbraccio del genitore afferrandola per una mano come se fosse una preda di guerra.

" Che il pontefice massimo la chiami, nell’atto di prenderla, col nome di Amata, si deve al fatto che di tale nome, secondo la tradizione, era colei che fu presa per prima. "

Notte attiche
Aulo Gellio
A cura di Giorgio Bernardi Perini

L'ingresso nell'Atrium Vestae prevede il taglio dei capelli della nuova vestale acconciati in sēni crīnes - ciocche, trecce a sei a sei che attorcigliate avvolgono il capo con tre estremità che si appoggiano sui due lati del collo, la chioma tagliata simbolo di iniziazione e d'uscita dall'infanzia viene disposta su un albero di loto definito arbor capillata:

" ... a Roma si sa di un loto nello spiazzo del tempio di Lucina, che fu costruito nell'anno privo di magistrati, nel 379 dalla fondazione di Roma [375 a. C.]. Non si sa di quanto l'albero sia piu antico del tempio, ma che sia piu antico non c'è dubbio, perché è da quel bosco che Lucina ebbe il nome: perciò
questa pianta ha circa 500 anni. Piu antico, ma la sua età non è conosciuta con precisione è il loto che viene detto crinito perché vi vengono portati i capelli delle vergini Vestali ..."

Storia Naturale - XVI
Plinio il Vecchio
Traduzione Francesca Lechi

Vestale con sēni crīnes

Vestale con sēni crīnes

Le sēni crīnes simboleggiano la purezza e la verginità, caratterizzano l'aspetto delle vestali e possono essere coperte da un'infŭla - benda sacra, accostata solitamente alle vittae crinalis, che indica la dignità sacerdotale o da un suffībŭlum - velo bianco quadrangolare, fermato da una fībŭla - fibbia, indossato durante i sacrifici. 

Vestale con infŭla

Vestale con infŭla

Vestale con suffībŭlum

Vestale con suffībŭlum

L'abito originariamente bianco successivamente ornato di porpora consiste in una veste di lino o di cotone detta carbăsus - càrbaso ed è annodata con il cingŭlum - cordoncino sacerdotale di lana; non è guarnita con gioielli, solo la Virgo Maxima, nella tarda età imperiale, per distinguere il suo status di gran sacerdotessa più anziana porta un medaglione al collo; le scarpe sono morbide di feltro o di pelle con la punta chiusa. 

Veste della vestale

Veste della vestale

Le vestali conducono la loro vita nell'Atrium e devono mantenersi caste e pure per i trentanni a venire; possono uscire solo per assolvere le funzioni che il ruolo assunto richiede; per strada le loro lettighe sono precedute dai littori che le proteggono dai maleintenzionati con delle verghe così come si usa per i consoli e i pretori che se le incrociano gli cedono il passo in segno di rispetto mentre i loro littori abbassano le verghe; se incontrano un condannato a morte possono concedergli la grazia mentre chiunque passi sotto la loro lettiga viene condannato a morte.
Nel primo decennio di sacerdozio imparono i loro compiti, nel secondo li mettono in pratica e nel terzo li insegnano alle nuove arrivate.

" ... dopo questo periodo, a chi lo voglia viene concesso anche di sposarsi, e volgersi a un altro tipo di vita, dopo aver abbandonato il servizio religioso.
Ma si dice che non molte abbiano approfittato di questa facoltà, e che quelle che lo fecero non ebbero una sorte felice: anzi, trascorso il resto della vita nel pentimento e nello sconforto, indussero nelle altre un tale terrore degli dèi, da indurle a perseverare nella continenza enella verginità fino alla vecchiaia e alla morte."

Notte attiche
Aulo Gellio
A cura di Giorgio Bernardi Perini

Sè una vestale commette un errore lieve viene fustigata dal pontefice massimo in un luogo buio coperta da un velo, sè invece perde la verginità, poiché è considerata madre di Roma e dei romani, viene ritenuta colpevole di incestus, responsabile di un attentato alla pax deorum e alla grandiosità dell'Urbe per cui sarà frustata a morte insieme all'amante.
Con Tarquinio Prisco la violenza fisica per l'inadempimento del voto di castità lascia il posto a una pena ancor più raccapricciante: su un terrapieno nei pressi di Porta Collina, che prenderà il nome di Campus Sceleratus - Campo Scellerato, si scava un antro sotterraneo, corredato di un letto, di coperte, di una lampada, di olio, di acqua, di latte e di pane, per ospitare la vestale che vi sarà seppellita viva dopo esser stata privata delle insegne sacerdotali e trasportata completamente coperta, imbavagliata e legata su una lettiga attraverso il Foro seguita in silenzio dal pubblico.
Il pontefice massimo reciterà una preghiera alzando le mani al cielo, la vestale verrà slegata e fatta scendere con una scala in quella che diverrà la sua dimora eterna su cui sarà versato un cumulo di terra poi livellato alla stessa altezza del terreno circostante.

" Non puniscono in altro modo le sante vergini che sono state sedotte, se non seppellendole vive. Perché?
Forse perché cremano i morti, e non era giusto dare sepoltura con il fuoco a chi non aveva custodito piamente il fuoco divino.
Oppure pensavano che non fosse conforme alla norma distruggere un corpo consacrato alle più importanti cerimonie del culto e accostare le mani a una donna sacra. Perciò, decidendo di lasciarla morire, la facevano scendere sotto terra in una stanza fabbricata, dove si trovavano una lampada accesa,
pane e un po’ di latte e di acqua; poi coprivano di terra la stanza dall’alto. E neppure dopo essersi purificati in questo modo hanno evitato il timore superstizioso, ma fino ad oggi i sacerdoti, recandosi sul posto, fanno ivi offerte funebri ... "

Questioni Romane
Plutarco
Traduzione Nino Marinone

Dopo 1150 anni le condizioni sociali di Roma mutano e anche le sue necessità funzionali per cui il culto di Vesta viene abolito nel 394 d. C. con i decreti teodosiani:

«L'Augusto Imperatore (Teodosio) ad Albino, prefetto del pretorio.

Nessuno violi la propria purezza con riti sacrificali, nessuno immoli vittime innocenti, nessuno si avvicini ai santuari, entri nei templi e volga lo sguardo alle statue scolpite da mano mortale perché non si renda meritevole di sanzioni divine ed umane. Questo decreto moderi anche i giudici, in modo che, se qualcuno dedito a un rito profano entra nel tempio di qualche località, mentre è in viaggio o nella sua stessa città, con l'intenzione di pregare, venga questi costretto a pagare immediatamente 15 libbre d'oro e tale pena non venga estinta se non si trova innanzi a un giudice e consegna tale somma subito con pubblica attestazione. Vigilino sull'esecuzione di tale norma, con egual esito, i sei governatori consolari, i quattro presidi e i loro subalterni.

Milano, in data VI calende di marzo sotto il consolato di Taziano e Simmaco.»

Codice Teodosiano, XVI.10.10

La chiusura del fuoco sacro la cui ultima vestale Virgo Maxima è Celia Concordia permette a Roma di non implodere su sé stessa e di innovarsi per continuare a vivere.

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