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giovedì 30 aprile 2020

Foglie di fresie

Foglie di fresie
Distese su se stesse
La pioggia goccia

Sciarada Sciaranti


La pioggia goccia
Aprile insolito
Lacrima con noi. 

Sinforosa 
Blog: SINFOROSA CASTORO

Foglie di fresie flesse

mercoledì 29 aprile 2020

Chiocciola dormiente

Inizialmente ho pensato che si trattasse della stessa piccolina di cui vi avevo già parlato in Chiocciola d'aurea conchiglia, poi ho confrontato i disegni della spirale e sono diversi, si è attaccata in un angolo riparato per superare l'inverno e diciamo che non si è trattenuta nel fare la popò.

Chiocciola in letargo

" ... Spesso la sopravvivenza dipende da qualcosa di specifico: una relazione, una fede, una speranza in equilibrio sull’orlo delle possibilità. O da qualcosa di più effimero: il modo in cui il sole filtra dal vetro duro e apparentemente impenetrabile di una finestra e riscalda la coperta, o il vento che, invisibile a parte ciò che si lascia dietro, è così rumoroso da farsi sentire attraverso le pareti isolate di una casa. Per parecchie settimane la chiocciola visse nel vaso a pochi centimetri dal mio letto.
Di giorno dormiva sotto le foglie di violetta e di notte partiva in esplorazione. La mattina, quando facevo colazione, tornava nel recipiente per dormire nel buchino che si era scavata nella terra. Anche se in genere di giorno dormiva, per me era un conforto guardare le violette e vedere la sua sagoma irregolare nascosta sotto una foglia.
Ogni sera si svegliava e con straordinaria eleganza si avvicinava all’orlo del vaso e sbirciava giù, esaminando ancora una volta lo strano paese che le si stendeva davanti. Riflettendo con aria regale su dove si trovava, come se fosse in cima alla torre di un castello, agitava i tentacoli qua e là, come se rispondesse a una lontana melodia. Mentre io mi preparavo per la notte, la chiocciola scendeva con tutta calma lungo il vasetto fino al piattino sottostante, trovava i boccioli che ci avevo messo io e cominciava a fare colazione ..."

Il rumore di una chiocciola che mangia
Elisabeth Tova Bailey
Traduzione Ada Arduini

martedì 28 aprile 2020

Cuor gentili

A forza di stritolare i cuor gentili 
si ritorna in inverno anche se il cielo è quello di aprile.

Tramonto d'aprile

Se il Mar, che dorme, e l’ingemmato Aprile
Contemplo, e il Ciel, che tante luci aggira,
Io certo giurerei, che non si mira
 Altra quaggiù vista, o beltà simìle.
Pur di beltade un paragon ben vile
Sono il Cielo, e l’Aprile, e il Mar senz’ira,
Qualora il Mondo attonito rimira
In nobiltà di stato un cor gentile.
Poi se il Verno io contemplo, e se il furore
Del Mar, che mugghia, o il Ciel di nembi armato,
Ecco tutto d’orror mi s’empie il cuore.
Pur più del Verno, e più del Ciel irato,
E più del Mar spira d’intorno orrore
Un cuor superbo in povertà di stato.

Ludovico Antonio Muratori

domenica 26 aprile 2020

Cuore d'acqua

Una goccia d'acqua cade dalle mani ed ecco che  assume la forma di un...

Goccia d'acqua a forma di cuore

Cuore

Buona domenica 

sabato 25 aprile 2020

L'avventura della Liberazione

... " La sopravvivenza della Resistenza, ovvia a posteriori, è il primo e niente affatto scontato azzardo, che pochi avrebbero dato per vincente nell’inverno del ’43, e non tutti nemmeno nell’inverno successivo. Si tratta di un’avventura lunga solamente venti mesi, che è però fuorviante immaginare come un percorso rettilineo. Se ci si colloca in un ideale punto prospettico coincidente con l’insurrezione finale – il 25 aprile – i venti mesi precedenti finiscono per apparire come qualcosa di fatale, scontati preliminari di una vicenda che non poteva che concludersi come si concluse. Viceversa, il senso di sfida, di dramma, in certi periodi anche di tragedia o di scoraggiamento che caratterizzano la concreta esperienza storica, può essere compreso solamente rinunciando al senno del poi, avvicinandoci per quanto possibile al punto di vista dei protagonisti che, ovviamente, non sapevano come sarebbe andata a finire".  ... "

Santo Peli citato da Carlo Greppi in 25 aprile 1945

giovedì 23 aprile 2020

Dies Natalis - Anno X

Lo zero - صفر sifr, il vuoto in arabo, per assonanza, diventa lo zephirum in latino, vento di ponente che soffia verso la soglia della cifra doppia, si affianca all'uno - واحد wahid e fa nascere il dieci - عشرة ashr, così la forma singola si amplia, acquisisce un elemento per poter accedere allo stadio successivo.
Il dieci è la somma dei primi quattro numeri, princìpi cosmogonici della tetraktýs pitagorica, l'Universo dove 1'uno, la monade, unità primigenia indivisa e compiutezza, svetta in alto e si fa fuoco, il due, l'androgino che si separa in opposti complementari, maschile e femminile, segue e si fa aria, il tre, la creazione, proporzione dello spazio e del tempo, si assembla e si fa acqua e infine il quattro, la sostanza, solidità strutturale, si aggancia alla base e si fa terra.
Il dieci è la yud, funzione divina, il punto della Tzimtzum, la contrazione che da alla luce il mondo, il compimento massimo.
Il dieci sorge da due mani che si incontrano e se il 20 lo precede si ritorna al 2010 anno in cui Anima Mundi in un giorno di primavera ha emesso il suo primo vagito.

I dieci anni di Anima Mundi

Il mio grazie più sentito a tutti voi!

martedì 21 aprile 2020

2773 - Ab Urbe condita

2773 - Dalla fondazione dell'Urbe.
Buon compleanno Roma ...


Roma veduta per profilo dal Monte Mario - Incisione di Giovanni Battista Cipriani

Roma veduta per profilo dal Monte Mario
Giovanni Battista Cipriani

" Roma! Un tripudio infantile l’assaliva al solo pensiero che Roma s’avvicinava; che Roma, la città meravigliosa, lungamente sognata, la capitale del mondo, il nido d’ogni delizia e d’ogni splendore, Roma stava per diventar sua!
La stanchezza del viaggio, lo sgomento dell’avvenire così diverso dal passato, il dolore delle dolci cose perdute, la paura della gente ignota che l’aspettava, le ripugnanze dei primi giorni di matrimonio, ogni tristezza, ogni repulsione, ogni delusione svaniva davanti alla realtà del sogno lungamente, ardentemente accarezzato ... "

Nostalgie
Grazia Deledda


La bellezza non può certo cancellare le ferite dell'anima, ma le può accarezzare
e in punta di piedi la vorrei offrire a tutti coloro che hanno perso qualcuno.

Sciarada Sciaranti

domenica 19 aprile 2020

L'eco del silenzio

Gli italiani sono immensi, ogni qualvolta la situazione si fa dura, mentre le istituzioni parlano, parlano, parlano e si bloccano davanti agli ostacoli, loro ci sono, con la genialità creativa, il sorriso, l'allegria e la generosità che li contraddistingue trasformano la speranza  in atto.
Una delle tante iniziative vede 26 scrittori con i loro racconti in "Andrà tutto bene" un libro pubblicato dalla Garzanti i cui proventi saranno devoluti all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Andrà tutto bene . AA. VV. - Garzanti


Per voi senza svelare troppo ho scelto un piccolo pezzo del racconto di Andrea Vitali che chiude la raccolta e si svolge in una domenica sul lungolago:


TARLI, FANTASMI, DUE PASSI E... UN ALISCAFO


" ... Uscendo in orari poco frequentati mi sono trovato in compagnia di rari rumori, qualche abbaiare di cane e il mio boffare lungo le salite, e del silenzio. Non quello di questi giorni, sostanza dello stato delle cose, gravido di morti senza baci e saluti, senza una mano a stringere l’altra che se ne va, e chissà se è l’una che invita al coraggio di vivere o l’altra che trasmette un arrivederci. Un silenzio più dolce, solo temporaneo, come il piede di una madre che controlla il sonno di un figlio da poco addormentato. Pieno di echi però, voci della memoria che, al contrario di quanto potevo supporre, aveva trattenuto i luoghi reali per proiettarli poi sul palcoscenico dei racconti ... "

Andrà tutto bene
AA. VV.
Gli scrittori al tempo della quarantena

R. Armeni, S. Auci, A. Basso, B. Bellomo, G. Biondillo, C. Bonvicini, F. Bosco, M. Buticchi, C. Caboni, D. Carrisi, A. Dalton, G. Festa, A. Frontani, E. Galiano, A. Gazzola, E. Gnone, M. Gramellini, J. Lahiri, F. Noiville, C. Sánchez, G. Sundas, S. Truzzi, I. Tuti, H. Tuzzi, M. Vichi, A. Vitali.

E tutti ci stringiamo attorno ai parenti di chi ha attraversato la soglia di quel mondo che per noi è invisibile.

giovedì 16 aprile 2020

Luis Sepúlveda è fatto così

Ha contratto il COVID-19 durante un viaggio in Portogallo ed è morto oggi, aveva settantanni.
Questo è lui: 

" ... Mi sorprendono le parole e il loro potere di fondare realtà; sono un figlio delle parole perché come cileno discendo dagli indios mapuche, dai primi abitanti del mio paese che, pur non possedendo una scrittura, avevano in cambio uno smisurato amore per il parlato, per le parole, che disponevano in ordine nelle fredde notti australi in modo da raccontare le cose del giorno, da raccontare la vita e la morte, le speranze e i sogni, e a forza di nominarle, facevano sì che tutto avesse vita e fosse reale.
Anche i capi guerrieri del mio popolo mapuche erano eletti, non in tornei di forza o mediante prove di abilità fisica, ma in gare verbali. Dovevano parlare per ore e ore, giorno e notte, facendo un discorso equilibrato, coerente e poetico. Il più bravo veniva eletto cacicco e reggeva le sorti della nazione mapuche, della Gente della Terra.
Uno di loro, racconta la storia, parlò per quattro giorni e quattro notti e, per rendere più difficile la prova, lo fece portando sulle spalle un tronco del suo stesso peso. Così, sostenendo il proprio peso,  il grande cacicco Caopoliciin, signore delle terre del Sud e delle isole, parlò, narrò, per quattro giorni e quattro notti, raccontando nei dettagli quello che osserva un fiume nel suo vertiginoso viaggio fino al  mare. Questo mio antenato, come tutti noi uomini e donne che amiamo le parole, faceva letteratura e al tempo stesso fondava tutte le cose che nominava, dava loro ragione di essere. Può esserci un esempio più alto di universalità umana?
Quando noi uomini parliamo di umanità, nominiamo una grande famiglia il cui maggior tesoro è la diversità di razze, lingue, colore di pelle, usanze, modi di mettersi in relazione con la vita e con la morte.
Eppure questa famiglia così varia ha una componente comune che ci rende umani: la consapevolezza dei diritti dell'uomo e il bisogno impellente di averli come unica norma che ci organizza la vita.
Quando qualcuno scrive «Diritti Umani» sulla carta, sullo schermo di un computer, su un muro o sulla sabbia di una spiaggia, sta scrivendo la poesia della più grande universalità umana. E lo stesso accade se qualcuno dice «Diritti Umani» in una casa, in un paese d'esilio, nella trincea di una guerra assurda - e tutte le guerre sono assurde e superflue - o in una strada scossa da migliaia di manifestanti che difendono la vita. Anche la letteratura e il suo indispensabile messaggio di universalità umana si pronunciano a voce alta e con clamore di folla.
Nella mia lingua, lo spagnolo, che unisce e dà identità culturale a quasi cinquecento milioni di persone, la parola PAZ, pace, ha solo tre lettere, ma sono lettere contundenti e granitiche. È una parola che amiamo perché l'abbiamo detta e scritta per secoli senza ottenere, e non per colpa nostra, che la pace fosse la luce che illumina la nostra vita. Ma continuiamo a insistere proprio perché sappiamo che la parola pace è uno dei grandi gioielli dell'universalità umana. La letteratura è fatta di parole e la sua grandezza è decisa proprio dall'universalità umana dello scrittore. Non sono la saggezza né il patrimonio culturale a dare splendore a parole brevi e belle come PANE, PACE, LAVORO, GIUSTIZIA e LIBERTA'. C'e chi le dice o le scrive non sa, o non vuol sapere, che il loro senso è inequivocabile, qualunque sia la lingua in cui le dica o le scriva, le spoglia di quell'universalità umana che hanno queste parole fondatrici dei Diritti Umani, il grande retaggio di tutte le civiltà ... "

Il potere dei sogni
Luis Sepúlveda
Traduzione Ilide Carmignani



Sugli amici morti ha scritto:

" ... «Hugo, il Selvaggio, era fatto così» dice qualcuno.
«No, il Selvaggio è fatto così, perché se li nominiamo e raccontiamo le loro storie, i nostri morti non muoiono» replica un altro.
E i bicchieri di vino si alzano e si toccano con un rumore allegro di campane nella notte fraterna di Santiago ... "

Cena con poeti morti
Luis Sepúlveda
Traduzione Ilide Carmignani

E io uso le sue stesse parole per salutarlo:

«Luis Sepulveda era fatto così» dice qualcuno.
«No, Sepùlveda è fatto così, perché se li nominiamo e raccontiamo le loro storie, i nostri morti non muoiono» replica un altro.
E i bicchieri di vino si alzano e si toccano con un rumore allegro di campane nella notte fraterna d'Italia.

martedì 14 aprile 2020

Randagia

È entrata nel giardino, ha creato un rifugio in un vaso per il suo piccolo, si è mantenuta a distanza di sicurezza e mi ha guardata con circospezione tutte le volte che ho spostato le foglie per osservarla, non mi ha mai permesso di avvicinarmi.
Il micio è cresciuto, ha imparato a cacciare, è diventato indipendente e poi lei è andata via.


domenica 12 aprile 2020

Annuncio di Risurrezione

Buona Pasqua

Risurrezione - 1574 circa  - Santi di Tito - Basilica di Santa Croce -  Firenze

Risurrezione
1574 circa
Santi di Tito
Basilica di Santa Croce -  Firenze


" ... Pasqua era giunta, la festa della luce e della liberazione per tutta la natura! L'inverno aveva dato il suo addio, ravvolto in un fosco velo di nebbie, e sopra le turgide nuvole in corsa s'avvicinava ora la primavera. Aveva spedito innanzi i suoi messaggeri di tempesta per destare la terra dal lungo sonno, ed essi fremevano su boschi e piani, battevan le ali sulle cime possenti dell'alpe e sconvolgevano il mare dal profondo. Era nell'aria come un lottare e un muggire selvaggio, e ne usciva tuttavia quasi un grido di vittoria: ché tra le burrasche di primavera, frementi di vita, s'annunciava la risurrezione ..."
San Michele
Elisabeth Bürstenbinder
Traduzione Lamberto Brusotti

Per ulteriori informazioni

venerdì 10 aprile 2020

Il silenzio del Venerdì Santo

Cristo crocefisso - 1631 - Diego Velázquez -  Museo del Prado - Madrid

Cristo crocefisso
 1631
Diego Velázquez 
Museo del Prado - Madrid

Venerdì Santo, prima di sera, c'era l'odore di primavera;
Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto;
Venerdì Santo, piene d'incenso sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo, anche l'amore sembra languore di penitenza
Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia,
poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo...

Venerdì Santo, prima di sera, c'era l'odore di primavera;
Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto;
Venerdì Santo, piene d'incenso sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo, anche l'amore sembra languore di penitenza
Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia,
poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo...



Francesco Guccini


Buon Venerdì Santo ...

Per ulteriori informazioni

mercoledì 8 aprile 2020

Il cancello sulla luna


" ... Ottilia – Guarda bene. Da vicino vicino vicino. Cosa vedi? 
Io – Una superficie granulosa, picchiettata, bernoccoluta.
Ottilia – Passa tra bernoccolo e bernoccolo, granello e granello, venatura e venatura. Troverai il cancello d’un giardino, con verdi aiole e vasche limpide.
Io sto là in fondo.
Io – Tutto quello che tocco è ruvido, arido, freddo.
Ottilia – Passa lentamente la mano sulla superficie. È una nuvola soffice come di panna montata...
Io – Tutto è uniforme, sordo, compatto..
Ottilia – Apri bene occhi e orecchi. Senti il brulichio e luccichio della città, finestre e vetrine illuminate, e le trombe e lo scampanellio, e la gente bianca e gialla e nera e rossa, vestita di verde e azzurro e arancio e zafferano.
Corinna – Fulgenzio! Dove sei!
Io ormai non potevo più staccarmi dal mondo di Ottilia, dalla città che era anche nuvola e giardino. Qui le frecce invece d’andar dritte facevano tante giravolte, lungo linee invisibili che s’aggrovigliavano e si sbrogliavano, s’aggomitolavano e si dipanavano, ma alla fine colpivano sempre il bersaglio, magari un altro bersaglio da quello che ci s’aspettava. Il fatto strano era questo: più mi rendevo conto che il mondo era complicato frastagliato inestricabile più mi pareva che le cose da capire veramente fossero poche e semplici, e se le avessi capite, tutto mi sarebbe stato chiaro come le linee di un disegno ... " 

Lo specchio, il bersaglio
Italo Calvino

Segue da: Sulla Superluna del 7 aprile 2020

martedì 7 aprile 2020

Sulla Superluna del 7 aprile 2020


Superluna 7 aprile 2020

" ... Lo specchio non rifletteva più la mia faccia e nemmeno l’ombra d’Ottilia, ma solo una distesa di sassi sparpagliati come sulla superficie della luna. ...
Per rafforzare il mio carattere presi a esercitarmi nel tiro al bersaglio. I miei pensieri e le mie azioni dovevano diventare come i dardi che saettano nell’aria percorrendo la linea invisibile che termina in un punto esatto, al centro di tutti i centri. Però io non avevo mira. I miei dardi non colpivano mai il segno. Il bersaglio mi pareva lontano come un altro mondo, un mondo tutto di linee precise, colori netti, regolare, geometrico, armonioso. Gli abitanti di quel mondo dovevano fare solo gesti esatti, scattanti, senza sbavature; per loro dovevano esistere solo le linee rette, i circoli tracciati col compasso, gli angoli tirati con la squadra...
Quando vidi per la prima volta Corinna, compresi che quel mondo perfetto era fatto per lei, mentre io ne ero ancora escluso. Corinna tirava all’arco e zvlann! zvlann! zvlann! una freccia dopo l’altra si conficcava al centro.
– Sei una campionessa?
– Mondiale.
– Sai tendere l’arco in tanti modi diversi e ogni volta la traiettoria della freccia colpisce il bersaglio. Come fai?
– Tu credi che io sia qui e il bersaglio là. No: io sono e qui e là, sono quella che tira e sono il bersaglio che attira la freccia, e sono la freccia che vola e l’arco che scocca la freccia.
– Non capisco.
– Se diventerai anche tu così, capirai.
– Posso imparare anch’io?
– Posso insegnarti.
Nella prima lezione Corinna mi disse: – Per dare al tuo sguardo la fermezza che ti manca devi guardare il bersaglio a lungo, intensamente. Solo guardarlo, fisso, fino a perdertici dentro, a convincerti che al mondo c’è solo il bersaglio, e che nel centro del centro ci sei tu.
Io contemplavo il bersaglio. La sua vista m’aveva sempre comunicato un senso di certezza; ma adesso, più lo contemplavo, più questa certezza lasciava il passo ai dubbi. In certi momenti le zone rosse mi sembravano in rilievo sulle zone verdi, in altri momenti vedevo le verdi sopraelevate mentre le rosse sprofondavano giù. Dislivelli s’aprivano tra le linee, strapiombi, abissi, il centro era nel fondo d’un gorgo o sulla cuspide d’una guglia, i cerchi aprivano prospettive vertiginose. Mi sembrava che di tra le linee del disegno sarebbe uscita una mano, un braccio, una persona... Ottilia! Pensavo subito. Ma m’affrettavo ad allontanare dalla mente quel pensiero. Era Corinna che dovevo seguire, non Ottilia, la cui immagine bastava a far svanire il bersaglio come una bolla di sapone.
Nella seconda lezione Corinna mi disse: – È quando si rilassa che l’arco scocca la freccia, ma per questo deve prima esser ben teso. Se vuoi diventare esatto come un arco devi imparare due cose: a concentrarti in te stesso e a lasciare fuori di te ogni tensione.
Io mi tendevo e mi rilassavo come una corda d’arco. Facevo zvlann! ma poifacevo anche zvlinn! e zvlunn!, vibravo come un’arpa, le vibrazioni si propagavano nell’aria, aprivano parentesi di vuoto da cui prendevano origine i venti. Tra gli zvlinn! e gli zvlunn! dondolava un’amaca. Io salivo a spirale avvitandomi nello spazio ed era Ottilia che vedevo cullarsi nell’amaca tra gli arpeggi. Ma le vibrazioni si smorzavano. Io precipitavo.
Nella terza lezione Corinna mi disse: – Immagina d’essere una freccia e corri verso il bersaglio.
Io correvo, fendevo l’aria, mi convincevo di somigliare a una freccia. Ma le frecce a cui io somigliavo erano frecce che si perdevano in tutte le direzioni tranne che nella giusta. Correvo a raccogliere le frecce cadute. M’inoltravo in distese desolate e sassose. Era la mia immagine rimandata da uno specchio?
Era la luna?
Tra i sassi ritrovavo le mie frecce spuntate, conficcate nella sabbia, storte, spennacchiate. E lì in mezzo c’era Ottilia. Passeggiava tranquilla come fosse in un giardino, raccogliendo fiori e ghermendo farfalle.
Io - Perché sei qui, Ottilia? Dove siamo? Sulla luna?



Superluna 7 aprile 2020


Ottilia – Siamo sul rovescio del bersaglio.
Io – E tutti i tiri sbagliati finiscono qui?
Ottilia – Sbagliati? Nessun tiro è sbagliato.
Io – Però qui le frecce non hanno nulla da colpire.
Ottilia – Qui le frecce mettono radici e diventano foreste.
Io – Non vedo che rottami, frantumi, calcinacci.
Ottilia – Tanti calcinacci uno sull’altro fanno un grattacielo. Tanti
grattacieli uno sull’altro fanno un calcinaccio.
Corinna – Fulgenzio! Dove sei finito? Il bersaglio!
Io – Devo lasciarti, Ottilia. Non mi posso fermare qui con te. Devo puntare sull’altra faccia del bersaglio...
Ottilia – Perché?
Io – Qui tutto è irregolare, opaco, informe...
Ottilia – Guarda bene. Da vicino vicino vicino. Cosa vedi? "

Lo specchio, il bersaglio
Italo Calvino

... Continua in: Il cancello sulla luna

domenica 5 aprile 2020

Domenica delle Palme e foglioline d'oro

" Tutte le feste andava a visitare le donne presso le quali era stato da ragazzo: esse lo ricevevano come fosse già un sacerdote, famigliari ed anche allegre, ma sempre dignitose; ed egli arrossiva guardando Marielena; arrossiva con un po’ di dispetto contro sé stesso perché sebbene la donna gli piacesse ancora, gli appariva nel suo crudo realismo, grassa, molle, deforme. Eppure la presenza di lei, i suoi occhi dolci, lo eccitavano.
Spesso lei e le sorelle lo invitavano a pranzo, nei giorni di festa. Una volta, la Domenica delle Palme, mentre esse apparecchiavano e aspettavano altri invitati, egli, arrivato presto, uscì nel loro orticello e si mise a camminare lungo la muriccia di cinta, sotto gli alberelli coperti di foglioline d’oro.
Il cielo era d’un azzurro latteo, l’aria calda e molle per il vento di levante: in lontananza si sentiva già il canto del cuculo.
D’un tratto, mentre si sollevava sulla punta dei piedi per staccare infantilmente una perla di resina da un mandorlo, vide nel vicolo di là della muriccia due occhi verdognoli dalla pupilla lunga che lo fissavano. Sembravano gli occhi di un gatto; e tutta la persona della donna, vestita di grigio, seduta aggomitolata sullo scalino di una porticina nera in fondo al vicolo, aveva qualche cosa di felino.
La rivedeva ancora, nitidamente, davanti a sé: gli sembrava di avere ancora fra il pollice e l’indice la goccia molle della resina, mentre i suoi occhi affascinati non potevano staccarsi da quelli di lei, E sopra la porticina rivedeva una piccola finestra circondata di una striscia bianca, con una piccola croce sopra. Egli conosceva bene, fin da ragazzo, quella porticina e quella finestra: e quella croce contro le tentazioni lo divertiva, perché la donna che abitava la casupola, Maria Paska, era una donna perduta. Eccola lì ancora davanti a lui, col suo fazzoletto frangiato, aperto sul collo bianco, fin dove scendono come due lunghe goccie di sangue i pendenti di corallo. Coi gomiti sulle ginocchia e il viso pallido e fino fra le mani, Maria Paska non cessa di guardarlo, e finalmente gli sorride, senza muoversi: i denti bianchi, serrati, gli occhi lievemente crudeli, accentuano l’espressione felina del suo viso. D’un tratto però ella si lascia cader le mani sul grembo, solleva la testa e prende un’espressione grave e triste. Un uomo grosso, con la berretta tirata da un lato perché gli nasconda il viso, s’avanza cauto nel vicolo, lungo il muro verso il quale si volge ... "

La madre
Grazia Deledda
1920


Giardino della Domenica delle Palme


Buona Domenica delle Palme e Settimana Santa...
Per ulteriori informazioni

giovedì 2 aprile 2020

Fior di grespino

Si è fatto strada tra i rami aggrovigliati di un gelsomino del Madagascar e dopo la pioggia si è schiuso ai raggi del sole.

Fior di grespino tra i rami attorcigliati di un gelsomino del Madagascar

Fior di grespino