Il ratto di Proserpina
Omero, nel raccontare il ratto di Proserpina la temibile, alter ego latino della dea greca Persefone colei che porta distruzione, ci dice che:
" ... mentr’essa scherzava con l’altoprecinte
figlie d’Ocèano, e fiori coglieva sul morbido prato*:
iridi, crochi, rose, viole, giacinti, e il narciso ... "
prato* = Dove si troverà mai il prato testimone bucolico del ratto di Proserpina ? Non tutti gli autori che se ne sono interessati sono d'accordo: Per Omero è " nell’ampia contrada di Nisa " in Meonia/Lidia regione dell' Asia Minore.
Per Ovidio è a " Pergusa il nome il lago " vicino Enna e con lui Cicerone " Proserpina, sia stata rapita dal bosco di Enna ", e Claudiano " Era Pergusa, dal lago ceruleo, alimentato da ruscelli armoniosi e illeggiadriti da fiori di tante varietà che mischiando i profumi creavano soavi odori e così intensi da inebriare ".
Per il filosofo Proclo e lo storico geografo Strabone , l'agreste prato è a " Hipponion " l'odierna Vibo Valentia in Calabria.
Inno a Demetra
Attribuito a Omero
Venere
Cupido
e Ovidio che affida il suo racconto alla voce della musa dell'epica Calliope continua dicendo che la bella figlia di Cerere mentre è intenta a raccogliere fiori con le sue compagne di gioco viene vista dall'astuta Venere dea della bellezza che per accrescere la fama del figlio Cupido dio dell'amore gli suggerisce di scoccare la sua freccia verso Plutone dio dispensatore delle ricchezze che si celano negli antri più profondi della terra e re degli inferi, Cupido coglie al volo il consiglio della madre e:
L’ale il lascivo Amor subito stende,
E trova l’arco, e la faretra, e guarda,
E fra mille saette una ne prende,
Più giusta, più sicura, e più gagliarda.
E che talmente il volo, e l’arco intende,
Ch’ogni sorella sua fà parer tarda,
Et aguzzato il ferro à un duro sasso,
Ferma co’l piè sinistro innanzi il passo.
Lo stral nel nervo incocca, e insieme accorda
E la cocca, e la punta, e l’occhio à un segno:
Poi con la destra tira à se la corda,
E con la manca spinge innanzi il legno.
La destra allenta poi, lo stral si scorda,
E contra il Re del tenebroso regno
Fendendo l’aria, e sibilando giunge,
E dove accenna l’occhio il coglie, e punge.
Le Metamorfosi - Libro V
Publio Ovidio Nasone
Plutone trafitto e innamorato:
" ... Dio figlio di Crono, che tutti i defunti riceve;
e la rapí reluttante, piangente la trasse sul carro
d’oro... "
Inno a Demetra
Attribuito a Omero
Proserpina
che trainato da quattro magnifici destrieri neri porta Proserpina nel regno dell'oltretomba e:
Quando tornar la madre non la vede
La sera in compagnia de le donzelle,
La qual con tutte ne ragiona, e chiede,
E non è, chi ne sappia dir novelle,
Move per tutto il doloroso piede,
Cercandola hor co’l Sole, hor con le stelle,
Fà poi con alte, e dolorose strida
Palese il gran dolor, che in lei s’annida.
Le Metamorfosi - Libro V
Publio Ovidio Nasone
Cerere, colei che ha in sé il principio della crescita, dea della fertilità, signora delle stagioni e nume tutelare dei raccolti, alter ego latino della dea greca Demetra , cerca in ogni dove e con disperazione Proserpina:
"... Per nove dí, sovressa la terra, la Dea veneranda
corse, in entrambe le mani stringendo una fiaccola ardente;
né, pel suo cruccio, mai di nèttare dolce o d’ambrosia
cibo toccava, mai non tuffò nei lavacri le membra ... "
Inno a Demetra
Attribuito a Omero
Nel suo peregrinare Cerere incontra Ecate colei che colpisce da lontano, dea della magia che le consiglia di parlare con il dio del sole Helios*. Lei corre subito da lui e gli dice:
Ma tu, che sopra tutta la terra e sul pelago tutto,
dal sommo ètra divino, dei raggi lo sguardo rivolgi,
dimmi la verità, se la sai, la diletta mia figlia
quale dei Numi, quale degli uomini nati a morire
l'ha, mal suo grado, ghermita, mentre ero lontana, e s’invola».
Così diceva; e il Sole rispose con queste parole:
«Dèmetra, figlia di Rea chioma fulgida, tutto saprai:
ché assai t'onoro, e assai mi duole vederti crucciata
per la tua figlia bella da l’agil malleolo. Nessuno
dei Numi colpa n’ha, se non Giove signore dei nembi:
ad Ade, al suo germano, la diede, ché fosse sua sposa;
e questi la rapí sui suoi corridori, l’addusse,
che strida alte levava, per nebbie, per tramiti d’ombra.
Helios* = In Ovidio è la ninfa Aretusa a svelare la verità a Cerere. La ninfa figlia di Nereo " vegliardo del mare " ( così lo chiama Omero ) e dell'oceanina Doride fu trasformata in fonte da Diana, alter ego della dea greca Artemide, per sfuggire alla corte spietata del dio del fiume Alfeo figlio di Oceano
Inno a Demetra
Attribuito a Omero
Cerere adesso sa la verità e nella versione di Omero raggiunge inconsapevolmente Elèusi e qui " col cuore serrato d’angoscia " si siede " presso la fonte Partenia " , assume un aspetto da vecchia e si fa umana agli occhi delle quattro figlie del re Celèo venute alla fonte per riempire le loro brocche d' acqua. La dea racconta di chiamarsi Deo, proviene da Creta ed è stata rapita dai pirati da cui successivamente riesce a scappare, diviene serva di tanti padroni fin quando la sorte la porta in quel luogo a lei sconosciuto. Si propone come nutrice o come ancella e le belle figlie di Celèo la portano a corte dove la regina Metanìra ha da poco partorito Demofoónte. Cerere quindi sotto mentite spoglie si prende cura del piccolo principe, lo unge con l'ambrosia e nell'oscurità, con l'intento di renderlo immortale come un dio, lo custodisce tra le sacre fiamme del fuoco. Una notte Metanìra si alza, vede il figlio tra le fiamme, si spaventa e urla, Cerere si indigna per la mancanza di fede che a lei si deve e lascia cadere al suolo Demofoónte che muore. La dea svela ora la sua vera natura e inveisce contro gli " Uomini ciechi senza sagacia " , incapaci di capire la differenza tra bene e male; chiede ai mortali di edificare un tempio in suo onore e ne fa la sua dimora. Da qui da sfogo al suo dolore per il rapimento di Proserpina e:
" ... I curvi aratri, e i vomeri lucenti,
I rastri, e gl’istrumenti d’ogni sorte,
Tutti rompe, e distrugge, e gl’innocenti
Huomini, et animai condanna à morte.
Comanda poi, che sterile diventi
Il fertil campo, e frutto non apporte
À chi il seme in deposito gli crede,
E manchi de l’usura, e de la fede... "
" ... La terra, non più matre, anzi matrigna,
Ogni herbaggio nutrisce infame, e strano,
E fà, che ’l seme buon manca, e traligna,
E diventa di nobile villano.
Fà, che l’inespugnabile gramigna,
E che ’l loglio, e la vecchia affoghi il grano.
Se la pioggia il corrompe, il Sole il coce,
La terra, il foco, e l’acqua, e ’l ciel li noce ... "
Le Metamorfosi - Libro V
Publio Ovidio Nasone
Il Signore della folgore Giove, il supremo tra gli dei, alter ego latino del dio greco Zeus, davanti a tanta devastazione convoca Cerere e le dice:
" ... D’oltraggio io non saprei dannar Plutone,
Di danno si nel pegno amato, e fido,
Ch’ei non v’andò con questa intentione,
E lo sforzò la face di Cupido.
Anzi io sarei di ferma opinione
Di dar Regina al sotterraneo lido,
E consorte à colui la nostra prole,
Che ’l terzo tien de l’universa mole ... "
" ... Ma se pure il desio, che ti conduce,
Cerca disfar questo connubio à fatto,
Ritornerà Proserpina à la luce
Per sententia del ciel con questo patto;
Se nel paese de l’infernal duce
Non ha del cibo al gusto satisfatto:
Ma non se i frutti Stigij ha già gustati,
Che cosi voglion de le Parche i fati .., "
Le Metamorfosi
Attribuito a Omero
Quindi Giove non attribuisce alcuna colpa al fratello Plutone colpito dalla freccia dell'amore scoccata dal fervente Cupido, ma per placare il dolore di Cerere decide che se Proserpina non ha toccato cibo negli inferi potrà tornare alla madre, ordina a Mercurio di andare a liberarla, il dio dalle ali argentate, alter ego latino del dio greco Hermes, scende nell'Averno e dice:
" ... ' Ade ceruleo crine, che sei dei defunti signore,
a me Giove ordinò che la bella Persèfone a luce
io conducessi fra loro, dall’Èrebo, si che la madre
lei rivedere potesse, calmasse il rancore e la furia
funesta ai Numi tutti: ché medita un fiero disegno:
sotto la terra i germi nasconde; e perdute le offerte
vanno dei Numi: fiero corruccio la preme; e in Olimpo
tornare più non vuole: seduta in un tempio fragrante,
soletta se ne sta, d’Elèusi la rocca protegge ' ... "
Inno a Demetra
Publio Ovidio Nasone
Plutone alter ego del dio greco Ade non può che obbedire al volere del tribunale degli dei, ma prima di lasciar andare Proserpina, con astuzia le offre un melograno, lei affamata ingenuamente lo prende e ne mangia sei chicchi. Adesso Giove ha un altro problema da risolvere: come può Proserpina ritornare alla madre dopo aver mangiato il cibo degli inferi?
" ... Dal Re del più felice alto soggiorno
Le liti al fin fur giudicate, e rotte,
Fra lei, ch’anchor piangea l’havuto scorno,
E fra il rettor de le tartaree grotte,
E fe, che stesse fuor sei mesi* al giorno,
Sei mesi dentro à la perpetua notte
Proserpina, hor fra lor l’anno hà partito,
E si gode hor la madre, hora il marito ... "
Le metamorfosi - Libro V
Publio Ovidio Nasone
Sei mesi* = In Omero:
" ... un chicco soave lo sposo,
di melagrano le die’ di nascosto, perché lo mangiasse,
e a sé cosí provvide, perché non restasse la sposa
eternamente presso la Diva dal cerulo peplo ... "
per cui due terzi dell'anno Proserpina li condivide con la madre Cerere alla luce e per un terzo vive nell'oscurità con Plutone agli inferi.
In Ovidio il numero dei chicchi di melograno mangiati da Proserpina non è specificato:
" ... ritrovando nel giardino Averno
Molti pomi granati, ne prese uno,
E ruppe prima il pomo, e poi il digiuno ... "
e divide l'anno di Proserpina in due metà esatte
Proserpina ha dunque una duplice natura, con l' arrivo dell' equinozio d'autunno trascorre sei mesi nell'oscurità con il consorte Plutone e come seme di frumento emergerà*, rinascerà e ritornerà alla luce all'equinozio di primavera per vivere con la madre Cerere.
Il ratto di Proserpina si lega ai Misteri Eleusini che meritano un ulteriore approfondimento. I Grandi Misteri duravano 9 giorni e iniziavano il 13 di Boedromione mese che nel nostro calendario corrisponde a settembre/ottobre e i Piccoli Misteri si celebravano dal 19 al 21 di Antesterione che nel nostro calendario corrisponde a febbraio/marzo.
emergerà* = Il nome Proserpina in latino deriva dal verbo latino proserpere che significa emergere
" ... Proserpina (il nome è di origine greca, trattandosi di quella dea che i Greci chiamano Persefone) che simboleggerebbe il seme del frumento e che la madre avrebbe cercata dopo la sua scomparsa ... "
De natura deorum - Libro II
Marco Tullio Cicerone
Buon equinozio d'autunno
Un abbraccio e bentornati!
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