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giovedì 29 giugno 2023

Bollicine e quattro alberi per la Barca di San Pietro

Il raccolto ha uno stretto legame con le condizioni meteorologiche e un tempo i contadini che non potevano usufruire dei moderni strumenti di previsione si servivano di ciò che avevano: acqua di sorgente, albume d'uovo e la Festa di San Pietro e Paolo.

Barca di San Pietro - Festa di San Pietro e Paolo

Barca di San Pietro - Festa di San Pietro e Paolo

Barca di San Pietro - Festa di San Pietro e Paolo

 La mia barca ondeggia tra le bollicine e ha quattro alberi, che vorrà dire?

Barca di San Pietro - Festa di San Pietro e Paolo

Barca di San Pietro - Festa di San Pietro e Paolo

La festa di san Paolo si fa insieme con quella di san Pietro, perché egli soffrì il martirio in Roma nel medesimo giorno, e perché egli faticò con Pietro più di tutti gli altri Apostoli nello stabilire e dilatare la Chiesa... "

Opere dell'Abate A. Rosmini-Serbati - 1843
Antonio Rosmini Serbati

Lieta Festa di San Pietro e Paolo e tanti auguri a chi fa l'onomastico!

Questo è il link per il video sulla mia Barca di San Pietro

Youtube

https://www.youtube.com/shorts/d6u-QzgPcEE

Instagram

https://www.instagram.com/p/CuE25N0AUEi/

Per ulteriori informazioni

La Barca di San Pietro

lunedì 26 giugno 2023

Tra erbe e tradizione

La Festa di San Giovanni è passata, ma su gentile richiesta vi mostro il mazzetto di erbe officinali scelte quest'anno per omaggiare la tradizione che attraverso il folklore, come spiego in Anima Mundi dal 2010, racconta la storia degli esseri umani che si riconoscono e si raccolgono attorno alla loro identità collettiva; la sua valenza è simbolica e non è un talismano; l'ho fotografato quando era ancora sul tavolo di giardinaggio insieme alle coccole di ginepro che ho staccato dalla pianta per lasciare spazio alle nuove nate.
Dalla vostra sinistra: basilico, elicriso, virga aurea, lavanda, rosmarino, marrubio di cui vi parlerò in futuro, levistico, botri e verbena.

Per te Stefania

Mazzetto di San Giovanni

Le erbe le userò insieme alle altre che ho raccolto per preparare decotti, infusi, tisane e per profumare la casa durante l'inverno. 

Ringrazio la moltitudine di gente che ha seguito i post dedicati alle erbe di San Giovanni.  
Vi abbraccio!

Brucia con le coccole il legno di ginepro

sabato 24 giugno 2023

La saggezza dell'erba moly

" ... Essa, sgomenta, invito allor ti farà nel suo letto;
né rifiutare tu dovrai della Diva l’amplesso,
se i tuoi compagni vuoi che sciolga, e che bene ti tratti.
Chiedile prima però che il gran giuramento dei Numi
ella ti presti, che contro di te non disegna alcun danno;
ché, disarmato e fiacco, non debba poi farti del male».
Quando ebbe detto cosí, un’erba mi die’ l’Argicida,
che la divelse dal suolo, mi disse qual n’era il potere.
Negra essa avea la radice, sembravano latte i suoi fiori:
moli la chiamano i Numi: né facile cosa è sbarbarla
per i mortali; ma tutto concesso è ai signori del cielo.
Quindi, per mezzo a le selve dell’isola, Ermète a l’Olimpo
fece ritorno; ed io mi volsi alla casa di Circe; ... "

Odissea - Canto X
Omero
Traduzine Ettore Romagnoli

Erba Moli con Omero, L'ἀρχιατρός -Il capo-medico e Mercurio - miniatura del Codex Medicina Antiqua - Copia del 1250 di un originale del VI secolo

Erba Moli con Omero, L'ἀρχιατρός/archiatros -  capo-medico e Mercurio
miniatura del Codex Medicina Antiqua
Copia del 1250 di un originale del VI secolo

Omero introduce l'ultima erba che ho scelto quest'anno per completare il mazzetto di San Giovanni: la Moly, ammantata dal mistero, sospesa tra realtà e immaginazione, dal greco μῶλυ/moliu o moly probabilmente dalla radice mal/mol - essere morbido, tenero che condivide con il termine μαλάχη/malache - malva e con mollis - molle, morbido, languido; un'erba prodigiosa dai fiori bianchi e dalla nera radice che Mercurio porge a Ulisse affinchè lo renda immune dai veleni sciolti nel Ciceone ( Vedi Fragrante è il puleggio ) che gli offrirà la maga Circe.

Per Teofrasto esiste e ne descrive anche il luogo d'origine:

Presso Psofl, in luoghi sassosi, nasce la panacea in gran copia e di qualità eccellente: il moli si trova intorno a Fenco e in Cillene; e dicono che sia come quello di cui parla Omero, con radice tonda come una cipolla e con foglie di scilla. Se ne servono contro i veleni e gl' incanti: non è vero che sia cosi malagevole a cavarsi come vorrebbe Omero.

Historia Plantarum - Libro IX
Teofrasto
Traduzione Filippo Ferri Mancini

Plinio crede che possa essere l'Alicacabo:

" ... Esiste un'altra specie, chiamata alicacabo; è soporifera e capace di provocare la morte addirittura più rapidamente dell'oppio. Alcuni la chiamano morion, altri moly ... "

Storia naturale - Libro XXI
Plinio il Vecchio
Anna Maria Cotrozzi

E che:

" L'erba piu famosa di tutte, in base alla testimonianza di Omero, è quella che, secondo lui, gli dèi chiamano moli: egli ne attribuisce a Mercurio la scoperta e la spiegazione dell'uso contro i peggiori avvelenamenti. Dicono che oggi nasca nei pressi del Feneo e sul Cillene, in Arcadia; e pare sia quel tipo descritto da Omero, con la radice arrotondata e nera, grossa come una cipolla, e con le foglie della scilla; si estrae però senza difficoltà. Gli autori greci hanno disegnato il suo fiore di colore giallo, mentre secondo Omero era bianco. Ho trovato, tra i medici esperti di erbe, uno il quale sosteneva che essa nasce anche in Italia, e che lui me la poteva portare dalla Campania nel giro di qualche giorno, dopo averla raccolta in zone sassose e disagiate; la radice sarebbe lunga 30 piedi, e neppure nella sua interezza ma strappata. "

Storia Naturale - Libro XXV
Plinio il Vecchio
Traduzione Paola Cosci

Ruta salvatica harmola - Dioscoride  - Pietro Andrea Mattioli

Ruta salvatica harmola - Dioscoride  - Pietro Andrea Mattioli


Dioscoride prova a identificarla con una specie di Ruta selvatica la Peganum harmala:

" Chiaman o parimente Ruta salvatica quella, che in Cappadocia, e in Galatia d'Asia si chiama moli, È pianta, che da una sola radice produce molti sottili fusti con frondi molto piu lunghe, e piu tenere dell’altra ruta, di grave odore. Fa il fiore bianco, con certi bottoni in cima commessi di tre parti, poco maggiori di quelle della ruta domestica: ne i quali è dentro il seme triangolare, rossgno di colore, e al gusto amaro, e quello s’adopera: maturasi l’autunno.
Tritali con mele, vino, zafferano, fucco di finocchio, e fiele di gallina cont'ra gli impedimenti de gli occhi. Sono alcuni, che la chiamano harmala: i Siri la chiamano besasa: e i Cappadoci moli, per haver ella co il moli alcuna sìmilitudine, di radice nera, e di fiore bianco. Nasce nelle colline e nei terreni grassi ... "

Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli

E il Mattioli spiega:

" Il Moli ha frondi di gramigna, ma più larghe, e sparse per terra. Produce fiori bianchi, simili à quelli delle viole bianche, ma minori, uguali a quelli delle porporee. Il fusto è bianco, alto quattro gombiti: nelle cui fommita è alcuna similitudine d'aglio. Ha la radice picciola, e bulbosa utile maravigliolamente per la madrice aperta, mettendosi trita con unguento irino ne i pessoli.
Fece del Moli mentione Theophrasto al XV.cap. del IX. libro dell'Historia delle piante, così dicendo. Il Moli nasce appresso à Pheneo, e parimente ( come scrisse Homero ) appresso a Cillene: con radice tonda, simile, alla cipolla, e frondi simili alla scilla. Vale il suo uso contra i potentissimi incanti: ma non è così managevole da cavarsi, come dice Homero. Scrissene parimente Plinio al IIII. cap. del XXV. libro, in questo modo. Lodatissima tra tutte le herbe è quella, che pensa Homero esser chiamata Moli dagli Dei, di cui si dice esser stato l’inventore Mercurio, odorosissma contro, le grandi incantationi. Dicono, che nasce attorno Pheneo, e in Cillene d'Arcadia. Ha quella spetie, che scrive Homero, la radice tonda, e nera, come una cipolla, e le frondi di scilla: ma è malagevole da cavare. I Greci scrittorì la dipingono con rosso fiore, quantunque con bianco la facesse Homero. Ho ritrovato alcuni medici valenti nella scienza de i semplici, che dicono nascere anchora il Moli in Campagna d'Italia, donde me ne fu portata di quella con gran fatica in più giorni cavata tra sassi: le cui radici erano lunghe trenta piedi, come che in più pezzi fussero rotte. Questo o tutto del Moli disse Plinio. Per le cui parole si vede essere questo ultimo Moli assai differente dal primo, il quale è questo istesso di Dioscoride. Questo fin hora non so io, che nasca in Italia, ne manco l'ho veduto portatovi d'altronde, la pianta del Moli di cui è qui la figura mi fu mandata dal gentilissimo, e virtuosissimo Signor Iacomo Antonio Cortuso gentilhomo Padovano, la quale in vero si rassomiglia del tutto al vero, e legìtimo Moli, oltre à ciò credo veramente, che questa pianta chiamata da Dioscoride Molisia quella istessa, che chiama Galeno nel VII. libro nelle facultà de semplici Mile, così dicendo. Il Mile fa una radice picciola, e bulbosa: in cui è veramente facultà costrettiva. Et però scrive Dioscoride, che applicata con farina Erina (ciò è di loglio) serra la madrìce aperta. Dal che si può agevolmente conietturare, che il testo di Dioscoride sia in questo luogo scorretto: percioche dove si legge nel testo Greco di Dioscoride in questo capitolo μετά ιρινον μιρον, cio è, con unguento irino si deve leggere ( come scrive Galeno) μετά αιρινον αλειρον, ciò è, con farina Erina. che noi chiamiamo di loglio. Imperoche l’unguento irino apre valorosamente la madrice serrata, e non serra l'aperta. Il che m'induce à concludere, che l’analogia, de i vocabolì molto simili hahbia agevolmente fatto errare gli inconsiderati scrittori. Chiamano i Greci il Moli, Μῶλυ: i Latini, Moly. "

Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli

Moli - Dioscoride - Pietro Andrea Mattioli

Moli - Dioscoride - Pietro Andrea Mattioli

Castore Durante segue dicendo che:

Nomi. Gre. Μῶλυ. Lat. C Moly. Ital. Moli.
Forma. Ha le frondi di gramigna, ma più larghe, e scarse per terra. Produce i fiori bianchi simili a quelli delle viole bianche; ma minori. Il fusto è bianco alto quattro gombiti: nella cui sommità è alcuna similitudi ne d'aglio. Ha la radice picciola, e bullosa.
Loco. Nasce attorno Pheneo, e in cillen d'arcadia.
Qualità, e Virtù. La radice vale maravigliosamente per la madrice aperta, mettendosi trita ounguento irino nei pessoli, oneramente con farina di loglio, come meglio dice Galeno: imperoche l'unguento
irino apre valorosamente la madrice serrata, é non serra l'aperta.

Herbario Novo
Castore Durante

Linneo parla di Allium moly e Allium magicum e nel dizionario universale economico rustico del 1797 la Moly viene descritta così:

" Moly, Molis, lat. Moly, fr. Moly. Non è già questa la famosa pianta e simbolica della sapienza, della quale Ulisse si servi per eludere le forze della incantatrice Circe; ma un fiore, dal Linneo posto sotto il genere dell’aglio. Tre specie hannovi di moly. Il bianco, il porporino ed il giallo. Fioriscono queste in maggio ed in giugno, e la specie odorifera fiorisce in agosto. Per propagarle basta staccarne uno spicchio e trasportarlo in un vaso. Il Ferrari dà il nome di gran molis indiano al narciso sferico. "

Dizionario universale economico rustico

C'è anche chi sostiene che si tratti dell'atriplex halimus, della buglossa o della mandragora, ma in realtà nessuno sa se la Moly sia realmente un'erba o la splendida allegoria dell'antidoto per eccellenza, la φρόνησις/phronesis - la saggezza perspicace che pensa e sente, e rende gli esseri umani liberi.

" ... Lontana da me, tu, caverna
tenebrosa di Circe: son nato progenie celeste,
ed è per me vergogna le ghiande mangiar come un bruto.
Dei Lotofàgi il cibo soave, che dà della patria
l’oblivione, esecro: nemica è per me la canzone
lusingatrice delle Sirene. Concedermi il Nume
voglia del moly il fiore che scaccia i cattivi pensieri ... "

La vita serena
I Poeti Della Antologia Palatina - Leone il Filosofo 1953

Lieta Festa di San Giovanni e auguri a chi compie l'onomastico!

Brucia con le coccole il legno di ginepro

venerdì 23 giugno 2023

Acuto e forte l'odore della ruta

La donnola quando combatte contro un serpente mangia la ruta, poiché l’odore è nocivo ai serpenti.

Historia animalium - 343 a. C.
Aristotele
Traduzione a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti

Ruta graveolens - Ruta divaricata Ten. - Ruta hortensis Mill. Ruta - Cacciadiavoli - Erba alegra - Herba de fuga demonis

Eh sì! L'erba tra le erbe per eccellenza della Festa di San Giovanni, la Ruta graveolens, dal greco ῥυτή/riute o ryte - scorro, in riferimento alle sue proprietà emmenagoghe, o da ῥύομαι/riuomai o ryomai - guarire, preservare, tirare a sé nell'accezione di trarre fuori dal pericolo, e dal latino grăvis - aspro, greve, più ŏlĕo - esalare odore, emana un effluvio aromatico piuttosto acuto e forte, non certo gradevole; un tempo si riteneva che desse fastidio ai serpenti e che il succo fosse un antidoto per i loro morsi e per quelli dei cani rabbiosi, per le punture delle api, dei calabroni, dei ragni, degli scorpioni, delle vespe, e per il veleno delle cantaridi e delle salamandre. Nell'antica Roma era molto apprezzata dal punto di vista medicinale, come ci spiega Plinio il Vecchio, ma doveva essere maneggiata con cautela:

" La ruta si colloca fra le piu importanti piante medicinali. Quella coltivata ha foglie piu larghe e rami piu ricchi; quella selvatica ha un aspetto piu ispido, ed ha maggior forza in ogni suo effetto. Dopo averla aspersa con poca acqua, la si spreme per estrarre il succo, che viene conservato in una pisside di rame.
Questo succo, se somministrato in una dose troppo abbondante, è tossico, soprattutto quello della pianta che cresce in Macedonia vicino al fiume Aliacmone; fatto sorprendente, il suo effetto viene neutralizzato dal succo della cicuta: tant'è che persino i veleni hanno i loro veleni. Il succo della cicuta fa bene anche alle mani di coloro che raccolgono la ruta. Del resto quest'ultima è uno dei principali componenti degli antidoti, in particolar modo quella galatica. Qualunque specie di ruta funziona da antidoto anche da sola; si prendono le foglie tritate con vino, soprattutto contro l'aconito e il vischio, e anche contro i funghi, sia in pozione che come alimento; analoga funzione esplica contro il morso dei serpenti, se si pensa che le donnole, quando si accingono a combattere con quei rettili, mangiano ruta appunto per proteggersi. La ruta agisce anche contro le punture di scorpione e di ragno, di ape, di calabrone e di vespa, contro la cantaride e la salamandra, e il morso di cani rabbiosi. Se ne beve con vino il succo, in dose di un acetabolo, e si applicano le foglie tritate, oppure masticate, in impacco con miele e sale, oppure bollite con aceto e pece. Si dice che coloro che si sono cosparsi di succo e anche coloro che portano su
di sé della ruta non vengano feriti da questi animali dannosi, e che i serpenti, se si brucia della ruta, ne fuggano le esalazioni.
L'effetto piu deciso viene esplicato però dalla radice della qualità selvatica, presa con vino; si dice inoltre che sia piu efficace se bevuta all'aria aperta. Pitagora distingueva anche per la ruta una pianta maschile, dalle foglie piu piccole, color dell'erba, ed una femminile, dalle foglie e dal colore piu attraenti. La riteneva dannosa per gli occhi, a torto, perché intagliatori e pittori la utilizzano come alimento, insieme con pane o nasturzio, al fine di mantenere buona la vista; anche le capre selvatiche, a quanto si dice, se ne nutrono per lo stesso motivo. Molti hanno eliminato gli offuscamenti della vista
aspergendosi gli occhi con succo di ruta misto a miele attico, oppure al latte di una donna che avesse appena partorito un maschio, oppure toccando gli angoli degli occhi con succo puro. In impacco con farinata d'orzo attenua le lacrimazioni; così pure in caso di mal di testa va usata in pozione con vino oppure in impacco con aceto e olio di rose; mentre in caso di cefalea va unita a farina d'orzo e ad aceto. La ruta inoltre elimina le digestioni difficili, le flatulenze, i dolori cronici allo stomaco. Fa dilatare l'utero e lo raddrizza in caso di spostamento, se applicata con miele su tutto il ventre e sul petto; unita a fichi, e cotta fino a ridursi della metà, e presa in pozione con vino, giova agli ammalati di idropisia.
Questa pozione è efficace anche contro i dolori al petto, contro la pleurite e la lombaggine, la tosse, l'asma, le affezioni polmonari, epatiche e renali; contro i brividi freddi, la pesantezza conseguente
agli eccessi nel bere (prima di prendere la pozione si fanno bollire le foglie); anche come alimento fa bene, cruda o cotta oppure in conserva; in caso di colica va bollita insieme con issopo e bevuta con vino. Così preparata, arresta anche le emorragie interne e, immessa nelle narici, il sangue dal naso; costituisce anche un collutorio giovevole per i denti. In caso di mal d'orecchi si instilla il succo, con cautela, come abbiamo detto, qualora sia della specie selvatica; mentre contro la sordità e i ronzii si unisce al succo olio di rose o di alloro, oppure vino e miele. Anche a chi va soggetto a crisi di delirio si fanno applicazioni sulle tempie e sulla sommità della testa di gocce di ruta tritata in aceto. Alcuni usavano
aggiungere anche serpillo e alloro per bagnare la testa e il collo. Il succo si faceva anche annusare a coloro che erano affetti da letargia; agli epilettici si dava da bere succo di ruta bollita, nella dose di 4 ciati; prima di quegli attacchi di febbre che causano insostenibili brividi di freddo, e alle persone freddolose, si somministra come alimento anche della ruta cruda. Ha effetto diuretico, anche qualora si abbia presenza di sangue nell'orina; provoca pure il flusso mestruale e l'espulsione della placenta e dei feti ormai morti, secondo Ippocrate: a tale scopo va presa con vino rosso dolce. Per questo motivo egli prescrive anche applicazioni e suffumigi con la ruta per curare l'utero. Diocle la usa in applicazione
anche per i malati all'epigastrio (messa in aceto e miele con farina d'orzo); in caso di occlusione intestinale la usa con farina bollita in olio e raccolta in un vello di lana. Molti peraltro ritengono che
chi espettora catarro purulento debba prendere due dracme di ruta secca e una e mezzo di zolfo, mentre chi espettora sangue debba prendere 3 rametti di ruta fatti bollire nel vino. Viene somministrata anche in caso di dissenteria, tritata insieme con formaggio e messa nel vino. Per curare l'affanno si è usata una pozione di rota sminuzzata insieme con bitume; mentre per le persone cadute dall'alto si usavano 3 once di semi con una libbra d'olio e un sestario di vino. Sulle parti del corpo bruciate dal freddo si fa un
impacco di foglie di ruta cotte e mescolate con olio. Se la ruta è diuretica, come ritiene Ippocrate, stupisce che certuni la diano in pozione nei casi di incontinenza come medicamento capace di fermare la diuresi. In impacco con miele e allume la ruta guarisce la psora e le dermatiti scagliose, come pure le macchie provocate dalla vitiligine, le verruche, le scrofole e affezioni del genere, se unita a tricno, grasso di maiale e sugna di toro; in aceto e olio, oppure psimizio, cura il fuoco sacro, in aceto il carbonchio; alcuni la prescrivono in impacchi insieme a laserpizio, non impiegato nel caso si debba intervenire sulle pustole epinittidi. Con la ruta bollita si fanno anche impacchi alle mammelle troppo turgide e, con raggiunta di cera, sulle eruzioni di pituita; mentre in caso di flusso di umori ai testicoli si uniscono alla ruta rami teneri di alloro. La ruta ha un'efficacia particolare su questi organi interni, tanto che dicono che applicazioni di ruta selvatica con grasso vecchio guariscano le ernie, mentre i semi tritati e applicati con cera curano anche le fratture. La radice della ruta usata in impacco cura i versamenti di sangue negli occhi, e cicatrici o macchie in qualunque parte del corpo. Degli altri impieghi che vengono riferiti è sorprendente il fatto che, mentre si concorda sulla natura calda della ruta, un mazzetto di questa pianta, bollito in olio di rose con l'aggiunta di un'oncia di aloe, e usato per spalmarsene il corpo, impedisce di sudare; mentre assunto come alimento impedisce la riproduzione. Perciò viene prescritta nei casi di perdita di sperma e a coloro che vanno soggetti spesso a sogni erotici. Bisogna fare molta attenzione a che le donne gravide evitino di mangiare ruta, perché trovo la notizia che essa provoca la morte del feto. La ruta è fra tutte la pianta piu usata anche per curare le malattie dei quadrupedi, versandola loro nelle narici, insieme con vino, se respirano con difficoltà o se sono stati morsicati da
animali pericolosi; invece insieme con aceto, se hanno ingoiato una sanguisuga; per ogni tipo di malattia simile a quelle umane si procede con preparazioni analoghe. "

Storia Nnaturarle - Libro XX
Plinio il Vecchio
Traduzione Francesca Lechi

Ruta graveolens - Ruta divaricata Ten. - Ruta hortensis Mill. Ruta - Cacciadiavoli - Erba alegra - Herba de fuga demonis

La Ruta graveolens L. subsp. divaricata (Ten.) P. Fourn., Ruta divaricata Ten., Ruta hortensis Mill.; polarmente cacciadiavoli; erba alegra; herba de fuga demonis; arruda in Sardegna; aruta in Campania e in Sicilia; ricola e ruda in Emilia Romagna erba ruja e rua in Liguria; erba ruga in Lombardia; aruga amara e ridda in Piemonte; in inglese common rue e Herb of grace; in spagnolo ruda; in portoghese arruda; in ungherese kòròsztòs ruta; in tedesco Garten-raute o semplicemente raute; in francese rue; in cinese choucao nel Pets’Ao Kang Mushhi Yi del 1765 di Chao Hsueh Min; appartiene alla famiglia delle Rutacee, è un'erba officinale perenne e tossica ed originaria dell’Europa meridionale e orientale, con un'ampia diffusione in Cina e in India; può raggiungere un'altezza che varia dai 50 ai 100 centimetri, il fusto eretto, tondo e ramificato, inizialmente glauco diventa legnoso alla base dopo il secondo anno di vita, le foglie, anch'esse glauche, alterne e picciolate, pennato-composte con segmenti spatolati con l'apice ottuso, sono carnose, glabre e ricoperte di ghiandole odorifere; i fiori piccoli, peduncolati e gialli, raccolti in corimbi, hanno 4 petali concavi e ondulati ai margini; il frutto glabro e subsferico è un coccario schizocarpico formato da 4 carpelli rugosi accresciuti.

" La ruta montana, e salvatica è più acuta di quella, che si semina, e di quella de gli horti: e imperò il suo uso è dannato ne i cibi. Dell’hotolana quella è più all’uso de cibi convenevole, che nasce sotto à gli alberi de i fichi. Amendue brusciano, scaldano, ulcerano, e provocano i mestrui, e l’orina, mangiate, over bevute ristagnano il corpo. Bevuto il seme con vino a peso d’uno acetabolo, è antidoto contra à i mortiferi veleni. Tolte per avanti le frondi per se sole, overamente insieme con noci, e fichi secchi svaniscono le forze dei veleni, giovano nel medesimo modo anchora contra à i sepenti. La ruta bebuta, over mangiata consuma la virtù del generare. Cotta con anctho secco, e bevuta leva i dolori del corpo. Data nel medesimo modo fa ella per li dolori del petto, e del costato, à gli impedimenti del respirare, alla tosse, all’infiammagioni del polmone, alle sciatiche, e alle giunture, e al tremore, e freddo de principij delle febbri. La decottione della ruta fatta nell’olio, e fattone cristeri fa parimente alle enfiagioni del budello che si chiama colon, di quello anchora del sedere, e de luoghi naturali delle donne. Applicata con mele in quello spatio, che è dalla natura al sedere, risveglia quelle donne che per fumosità di madrice come strangolate tramortiscono. Cotta nell’olio, e bevuta ammazza i vermini del corpo. Impiastrati à i dolori delle giunture con mele, e à gli hidropici con fichi: al che vale similmente la decottione fatta nel vino, fino che ne svanisca la metà, bevuta, e usataper lavanda. Mangiata ne i cibi serbata in salamoia, e parimente cruda conferisce chiarificare la vista. Impiastrata con polenta mitiga i dolori degli occhi; e quelli della testa accompagnata con olio rosado, e aceto, trita, e messa nel naso vi ristagna il flusso di sangue. Medica applicata insieme con i frondi di lauro le infiammagioni de testicoli; e incorporata con cera, e mirto le rotture delle brozze, Sana le vitiligini bianche fregatavi fuso con vino, pepe, e nitro. Impiastrata con le cose medesime toglie via le formiche, e quella forte di porri, che si chiamano thimi. Mettesi utilissimamente con alume, e mele in su le volatiche. Scaldato il succo in un guscio di melagrano, e distillato nell’orecchie, ne leva il dolore. Ungonsi gli occhi deboli con questo, succo di finocchio, e mele insieme, Unto con aceto, cerusa, e olio rosado giova al fuoco sacro, all’ulcere, che serpendo caminano, e à quelle del capo, che menano. Doma la ruta mangiata l’acutezza, e l’odore dell’aglio, e delle cipolle. La montana mangiata copiosamente ammazza. Cogliendosi questa per mettere in salamuoia, quando comincia à fiorire, fa enfiare, e arrossire la pelle, infiamma fortemente, e fa prurito: e però bisogna avanti che si coglia, ungersi le mani, e la faccia con oli, Dicono, che spargendosi il succo della ruta sopra i polli non gli s’accostano le gatte, le martole, e le faine, Dicesi, che quella, che nasce in Macedonia intorno al fiume Haliacmo, ammazza coloro, che se la mangiano, è quel luogo montagnoso, e pieno di vipere, Bevesi il suo seme à i difetti dell’interiora. Mescolati utilmente ne gli antidoti. Dessi il seme arrostito fette di continui à bere à coloro, che non possono ristagnare l’orina, La radice della ruta salvatica si chiama Moli montano. E la ruta salvatica simile alla domestica. Bevesi con utilità per il mal caduco, e per le sciatiche, provoca i mestrui, e ammazza la creatura nel ventre. La salvatica è più aspra della domestica, e più valorosa: e imperò è da fuggirla ne i cibi come cosa nociva.

La ruta in Italia è notissima pianta, tanto dico la domestica, quanto la salvatica: non parlando però di quella seconda spetie di salvatica, che nel seguente capitolo scrisse Dioscoride; ma solamente di quella, di cui fece qui egli memoria nel presnte capitolo, e disse esser simile alla domestica; imperoche quella altra è molto differente da questa. Nasce adunque questa salvatica, che è simile alla domestica, quasi per tutti i monti, e colli del contado di Goritia; e spetialmente se ne vede tutto vestito il monte Salvatino. Rassembrasi in ogni parte della domestica, se non che produce le fronde minori, e è al gusto più acuta, e più amara di quella, Il che ripugna del tutto à quel, che si sognarono i venerandi Padri commentatori di Mesue: per haver essi scritto contra la verità, che non sia differenza alcuna tra questa ruta salvatica di Dioscoride in questo luogo descritta, e l’androsemo, overo hiperico. Nel che si conosce quanto sia grande l’ignoranza loro, per vedersi, che in un medesimo tempo commettono tre grandissimi errori. Di cui il primo è voler farsi credere, che la ruta salvatica non sia differente dall’androsemo, overo hiperico, di cui scrisse appartatamente Dioscoride nel fine del terzo libro, come di piante molto differenti dalla ruta. Il secondo errore è il creder essi, cge l’androsemo, e l’hiperico sieno una cosa medesima, non accorgendosi gli ignoranti, che per due diversi capitoli ne scrisse Dioscoride, come di piante diverse l’una dall’altra. Oltre à ciò fanno un altro terzo errore, dicendo che questo presente capitolo della ruta salvatica della prima spetie si ritrova scritto due volte in Dioscoride del tutto ( come ampiamente diremo nel suo commento) della ruta salvatica chiamata Moli, Harmala, e Besasa; il perché avertiscano i diligenti spetiali, che non gli conducano questi buoni Padri d’un laberintho in l’altro. Hor dico adunque, che la ruta è una pianta che sempre verdeggia con foglie grossette, e carnose, le quali nascono più insieme da un solo ramuscello, sottile nella loro origine, e larghette in cima, di colore del tutto verde. Fa assai, e copiosi rami, e ap. Del XIX. Libro, dopo l’equinottio autunnale, nello spirare, che comincia Favonio. Teme il verno, e molto le nuocono il letame, e l’humido. Ama la terra, che sia buona da fare i mattoni, e più secchi, e più aprichi luoghi. Nutriscesi di cenere, con il cui seme si mescola, per sicurarla da i bruchi, che non se la mangino. Ha tanta amicitia co’l fico che molto più sotto alla sua ombra cresce, che in ogni altro luogo. E di ciò rende la ragione Aristotile ne i suoi problemi. Sanno benissimo le donnole la virtù, che ha ella contra à i veleni: imperoche sempre si preparano con la ruta, quando debbono combattere con le serpi. A i tempi nostri s’usa la ruta contra à gli spiriti, per haverla commendata Aristotile ne i suoi problemi contra le fascinazioni. Una pianta di ruta di maravigliosa grandezza su già (come scrive Iosepho historico al XXV, capo del settimo libro delle guerre de i Giudei) in Macheronta fortissimo castello di Giudea. Questa pianta di Ruta era nel palazzo Regio di quel luogo più grande assai d’un albero di Fico, e dicevano essere stata piantata per fino al tempo di Herode, e sarebbe rimasta così anchora a lungo tempo, se la non fusse stata tagliata, e guasta, quando li Hebrei presero quel luogo. Commemorò la ruta Galeno all’VIII. Delle facultà de semplici, così dicendo. La ruta salvatica è di quelle cose, che scaldano nel quarto ordine; e la domestica nel terzo. E ella non solamente al gusto acuta, ma amara, il perché può ella digerire, e tagliare i grossi, e viscosi humori, per le cui qualità sa ella anchora orinare. Oltre a ciò è composta di parti sottili, e caccia il vento. E imperò risolve ella le ventosità, e spegne le fiamme di Venere; digerisce, e disecca valorosamente. Quello poi che habbiamo detto chiamarsi Moli, e Besasa, e veramente anchor egli nelle spetie della ruta salvatica. Chiamano la ruta i greci, πήγανον/Peganon: i Latini, ruta: gli Arabi, Sadeb, e Sedeb; i Tedeschi, Raut, e Vuien raut: li Spagnuoli, Arruda: i Francesi, Rue.

Dioscoride a cura di Pietro Andrea Mattioli

Contiene acidi alifatici, alcaloidi acridone come rutacridone e epossido; Alcaloidi furochinolinici; alcoli; chetoni; flavonoidi come quercetina e rutina, tannini; furanocumarine come bergaptene, isopimpinellina, psoralene, rutamarina, xantotoxina, xantoxantine; glicosidi; lignani; saponine; terpenoidi. 

 " Nomi Gre. Πήγανον. Lat, Ruta, Ital. Ruta. Maur. Sedeb e Sedab, Ger, Raut seu, vienzaut, Spag. aruda. Franz, Rut.
Spetie. Ritrovasene di due spetie, cioè domestica, se salvatica non parlando pero di quella seconda spetie di salvatica, chiamata armola.
Forma. E una pianta la ruta, che sempre verde grigia, con foglie grossette, e carnose, le quali nascono più insieme da un solo ramuscello, sottili nella loro origine, e larghette in cima, di colore del tutto verdi. Fa assai e copiosi rami, e produce i fiori in cima gialli, come a quelli dell’hiperico, dai quali nascono alcuni bottoni quadrangolari, come quasi di Euonimo: nei quali è dentro un seme picciolo, e nero. Ha la radice legnosa, Se in più rami divisa.
Loco. Seminasi negli horti doppò l'equinottio Autunnale nello spirare, che comincia Favonio. Teme il verno, e molto le nuocono il letame, e l'humido. Ama la terra cretosa, e più secchi, e più aprichi luoghi. Nudriscesi di cenere, con il cui seme si mescola per assigurarla dai bruchi, che non se la mangino. Ha tanta amicitia col fico, che molto più sotto alla sua ombra cresce, che in ogni altro luogo.
Qualità. È calda, e secca nel terzo grado. È ella non solamente al gusto acuta: ma amara. Digerisce risolve, incide, e disecca valorosamente, e è composta di parti sottili, e caccia il vento.
Virtù. Di dentro. E la ruta molto valorosa contra i veleni: e fassene una teriaca molto vile, e efficace contra i presi veleni, e contra la peste, prendendo foglie di Ruta, grani di Ginepro, noci, e ficchi secchi, peste tutte queste cose, e mescolate con aceto, e passate per setaccio, della qual mistura se ne pigliavan cucchiaro ogni mattina all'alba. La decottione delle foglie, e del seme, resiste al veleno preso purga la trachea arteria: giova alla tosse, alla difficultà del respirare, alla sciatica, ai dolor colici, e ai rigori febrili. Cotta in vino con seme d'aneto, giova alla passion colica, se però non vi sia oppilatione. Debbesi la ruta aggiungere nei cristieri, e parimente il suo olio, che si fanno contra i dolor colici, e dolori di corpo: provoca l'orina: ma il continuo uso suo estinge il seme genitale. Cotte nell'acqua piovana, stringe la diarrhea: cotta nell'olio, e bevendo poi l'olio ammazza e caccia fuori i vermini del ventre. Mangiate le foglie verdi, levano la puzza dell'aglio, e delle cipolle. L'acqua stillata dalla Ruta vale alle medesime cose. La decottione fatta nel vino, giova agli hidropici. Mangiata nei cibi serbata in salamuoia, e parimente cruda, conferisce a chiarificarla vista. Mangiandosi la ruta con noci e fichi secchi e un granello di sale preserva dalla peste e difende da i veleni. S'hanno benissimo le Donnole: la virtù che ha la ruta contra i veleni: imperoche sempre si preparano con la ruta, quando debbono combattere: con le serpi può ella digerire, e tagliare i grossi, e viscosi humori per le cui qualità fa ella orinare, caccia il veto, e però risolve ella le ventosità, e spegne le fiamme di venere. Il seme è inimico alle donne gravide.
Virtù. Di fuori. Le foglie della Ruta giovano quasi a tutti i vizi esterni del corpo, sanano l'hemorrhoidi, le pustule, la rogna, la serpigine, e altre simili infettioni risolvono i tumori impiastrate con decottion di fichi secchi, e giovano applicate agli hidropici: le frondi verdi applicate con farina di orzo, mitigano i dolori degli occhi, e quelli della testa, e giovano alla frenesia, applicate con olio rosato, e aceto. Trita la ruta, e messa nel naso, ristagna il flusso del sangue. Medica applicata insieme con frondi di lauro le infiammagioni dei Testicoli: e incorporata con cera, e mirto, le rotture delle brozze. Sana le vitiligini bianche stropicciatavi suso con vino, pepe, e nitro: impiastrata con le cose medesime: toglie via le formiche, e quella forte di porri che si chiamano Thimi. Mettesi utilissimamente con alume, e mele in su le volatiche. Scaldato il succo in guscio di Melagrano e destillaro nell'orecchie, ne leva il dolore. Un gonfi gl'occhi deboli con questo succo di finocchio e mele insieme. Unto con aceto e olio rosato, giova al fuoco sacro, all'ulcere che serpendo caminano, e a quelle del capo che menano. Dicono che spargendosi il succo della ruta sopra i polli non gli s'accostano le Gatte, le e Martole, e le Faine. S'usa la ruta contra gli spiriti per haverla commendata Aristotile contra le fascinationi. Per scrivere lettere verdi, si piglia il succo della ruta, verderame, e un poco di zafferano; si macinano insieme, e volendo poi scrivere vi si aggiunge acqua gommata. La decottione della ruta verderame, e un poco di zafferanno si macinano insieme, e volendo poi scrivere vi fi aggiunge acqua gommata. La decottione della ruta verde sparsa per casa, ne caccia via le zenzale, e le pulci, onde si legge. Cotta facit Ruta de pulicibus loca tuta. Et al medesimo vale spargendo l'acqua per la stanza un Ramo di ruta verde. Il fumo della ruta scaccia i serpenti: e applicata l'herba con sale; e cipolla è certo rimedio ai morsi velenosi. Fassi un'ottimo empiastro contra i carboncelli, e posteme pestifere che subito fa crepar le posteme. Pestasi la Ruta con fermento acre, assogna, una cipolla per fichi secchi. Si fan bollire insieme, poi si aggiunge ammoniaco, calce viva, sapone, cantarelle e un poca de teriaca, e si fa impiastro. Cotta la ruta con vino, e aniso, e hissopo, e facendone poscia fometo giova mirabilmente e mitigar i dolori del corpo, e a provocar i mestrui. Odorata la ruta spesso sana le ozene del naso, e odorata cotta nell'aceto, giova al letargo, e al subet. Cotta in vino, e facendone lavanda, giova sommamente ai denti. Atturandosi l'orecchia con la ruta, mitiga il dolor di testa Ungendosi gli occhi con succo di ruta, mele, e latte di dona, ne leva le caligini e le cataratte. Il che opera ancora il succo solo, toccando con esso gli angoli degli occhi. Sospendendo nei colombari molti rami di Ruta, non ci si appressano animali nocivi.

Herbario Novo
Castore Durante

Ha proprietà analgesiche, antibatteriche, antiemorragiche, antielmintiche, antiepilettiche, antinfiammatorie, antimicotiche, antispasmodiche, carminative, diaforetiche, drenanti, emitiche, emmenagoghe, emostatiche, espettoranti insetticide, rubefacenti, stimolanti, stomachiche, toniche e nel dizionario universale economico rustico del 1797 è descritta così: 

Ruta, lat. Ruta, fr.Rue. Pianta notissima, il di cui odore è assai acuto e che viene stimata per le grandi proprietà che credesi ella abbia. Si distingue questa in ruta ortense e ruta selvatica. Pullula la prima dei tronchi a guisa d’ arbusto all’ altezza di 4. o 5. piedi i quali vanno corredati di faglie divise in varj segmenti, piccole, bislunghe,carnose, un po’ grosse, lisce, di un color verderame disposte a 2. a 2. su un lato terminato da una sola foglia, I suoi fiori nascono sulla estremità de’ rami e sono composti di 4. foglie alcun poco ovali, di color giallo pallido; a codesti fiori succedono le frutta contenenti de’ semi reniformi. Tutte le parti di questa pianta hanno un odore spiacevole. La ruta selvatica è in tutto più piccola dell’ortense, ma in contracambio le sue virtù sono più attive. Benché sia disgustosa all’eccesso, pure i Tedeschi e gli Olandesi non isdegnano di dar accesso alla ruta ne’ suoi manicaretti e in altri paesi usano taluni mangiarsi la ruta tagliuzzata per condimento de’ tagliolini fatti a mano e conditi con un po’ di olio o metterne dentro le torte erbose. In molte parti d’Italia per es. nel Genovesato, costumasi mangiare le foglie fresche di questa pianta, e se ne condiscono altresì gli alimenti per eccitare l’appetito, facilitare la digestione, correggere la flatuosità dei cibi, dar sollievo alla colica ventosa ed umorale; dissipare i vapori, incidere le flemme e far perire i vermi. Anzi se i ragazzi scrofolosi mangiassero poche foglie di ruta col pane al mattino a stomaco digiuno, e ciò continuassero per lungo tempo, gioverebbe al loro male, secondo ci avverte Chomel; dicendo Io stesso che se le foglie a costoro non andassero a genio, suppliranno 2. in 3. dramme di sugo depurato delle stesse preso con brodo. Boyle e Ray assai lodano il siroppo di ruta nelle malattie di testa e nelle indisposizioni del genere nervoso: e Nicando ordinava l’erba contro al morso delle bestie velenose. Federico Hoffmann asserisce che le foglie della ruta mangiate la mattina a digiuno con butiro e pane sono un preservativo contro le influenze nocive d’un’atmosfera e il contagioso veleno delle malattie epidemiche; anzi il Soerhaare consiglia per le stesse occasioni l’acqua distillata di questa pianta in dose di una fino a 4. once; e vogliono altri autori che siano d’eguale attività 2. cucchiai di sugo della stessa con altrettanto di vino preso a stomaco digiuno ed avanti il pranzo, potendosi accrescere la dose fino ad un bicchiere. L’aceto impregnato con sugo di ruta tratto per bocca e naso non solamente è egregio preservativo contro la contagione de’ mali epidemici, ma il miglior rimedio alle sincopi che gli altri spiriti capitali, balsamici e antiapopletici; quindi è che per la gente di campagna esso potrà supplire allo spirito o acqua di melissa, della regina e simili per ricuperare le donne dai loro deliqui, effetti isterici ed epilettici. Usata essa esternamente produce buonissimi effetti. Le contadine e le donne del volgo per ereditario costume impiastrano la pancia de’ fanciullini con le foglie di ruta, o sole o pestate insieme con menta ed assenzio, ovvero fritte inolio quando temono dei lombrichi nelle di loro malattie. Sappiano però, che sebbene i dolori, i vomiti ed il gonfiamento di ventre, che i fanciulli patiscono, non sieno sempre cagionati da vermini; ma bensì assai fiate da crude ed erosive materie, da fiati imperversanti, da convulsive contrazioni, e agitazioni di fibre nate per isconce digestioni d’alimento superchiante o disadatto o malvagio, come avviene ancor negli adulti; cosi un tale empiastro in simili malori è eziandio di somma utilità. La decozione poi tiepida fatta con ruta e scordio conferisce di molto per conservare i denti se 2. o 3. volte la settimana attentamente con questa essi si lavino; ovvero si usi l’acqua distillata fatta con 1. parti di salvia ed una di ruta raccolte avanti che fioriscano, fa quale ancora raffrena la carie già nata nei medesimi. Giovanni da Milano nella Scuola salernitana e Garidel asseriscono che la ruta è propria per acuire ed assottigliare la vista in quelle caligini e suffusioni d’occhi, nelle quali l’umore acqueo sopra tutto soffre, e principalmente, come Rosenstein dice, nelle oscurità della vista provenienti dalla soverchia lettura di libri o da lunga applicazione. Si ottiene facilmente l’effetto, se per mezzo di un imbuto arrovesciato si faccia arrivare il fumo della  decozione all’occhio; anzi essa gioverà maggiormente, se l’ infermo beverà la mattina una pozione della stessa fatta a guisa di thè: onde con ragione fu composto quel verso; Nobilis est ruta, quia lumina reddit acuta. Si avverta che la ruta è tanto mordicante, che può far pizzicare alle mani di chi la coglie; perciò non conviene strofinarsi poco dopo gli occhi colle mani sudice del di lei sugo.

Dizionario universale economico rustico

Ruta graveolens - Ruta divaricata Ten. - Ruta hortensis Mill. Ruta - Cacciadiavoli - Erba alegra - Herba de fuga demonis

La ruta è una di quelle erbe che si muove tra il mondo della magia e il mondo della medicina; Aristotele suggeriva di adoperarla come ingrediente nelle fascinazioni e per proteggersi dagli spiriti maligni che nel Medioevo erano tenuti lontani dai defunti ponendo sulle tombe corone di ruta intrecciata. Un rametto si teneva in casa per attrarre la fortuna e posta in soffitta e in cantina allontanava i topi, portata in tasca, in sacchetti o sistemata sui vestiti fungeva da amuleto nelle situazioni complicate per vincere la paura. Ruta libidinem in viris extinguit, auget in foeminis - la ruta estingue la libido negli uomini e l’aumenta nelle donne, recita un detto ricordando che era considerata afrodisiaca se ingerita dalle donne e anafrodisiaca se ingerita dagli uomini e per tale motivo i monaci la mangiavano per tenere a freno gli istinti erotici ed è noto anche il suo uso nei casi di epilessia, per sopire gli attacchi isterici, favorire i parti e attenuare le vertigini. Per le sue proprietà medicinali la ruta era descritta, nel Capitulare de villis vel curtis imperii di Carlo Magno, tra le erbe che dovevano essere coltivate nei giardini; era uno degli ingredienti dell'aceto dei quattro ladroni ( vedi ricetta in l'artemisia e l'assenzio ) che andava a comporre un rimedio contro la peste nera. Nel Rinascimento era conosciuta con l'appellativo di herba de fuga demonis, si preparava un infuso molto leggero per alleviare i dolori delle coliche intestinali, delle mestruazioni e per risolvere la flatulenza; tra i personaggi che si lavavano gli occhi con l'infuso di ruta per rischiarare la vista offuscata dal glaucoma c'era anche Leonardo da Vinci; il decotto invece tamponato nelle narici con il cotone si adoperava per curare la rinite cronica mentre se non si digeriva si beveva un bicchierino di grappa aromatizzata con un rametto di ruta.
La ruta in quantità elevate è TOSSICA, è anche fotosensibilizzante e può provocare fotodermatiti controindicato il suo uso se non dietro prescrizione medica soprattutto alle donne in stato di gravidanza, a chi soffre di gastrite, disturbi epatici e renali.

Su quelle poche facce che si vedevano in volta era per lo più scolpito, compenetrato, e come divenuto fisonomia, l’accoramento, lo stupore, la sfidanza; le forme irrigidite, e come stagnanti in una trista quiete; e gli sguardi non avevano vita che dal terrore e dal sospetto. Pochissimi però fra quei pochi andavano con passo più alacre, e mostravano una fronte men costernata: erano i guariti dalla peste; altri che portavano al collo o amuleti dai quali speravano d’esser preservati, o una boccetta di vetro con entro argento vivo, persuasi che questo metallo avesse la virtù di assorbire ogni influsso maligno; altri che prima d’uscire avevan mangiata una noce, due fichi secchi, e un po’ di ruta, che da essi era riputato efficacissimo preservativo. E pur troppo tutti questi rimedii producevano un effetto; ma era di crescere la mortalità, rendendo men guardinghi in tutto il resto coloro che avevan fede nell’uno o nell’altro di essi.

Fermo e Lucia - 1823
Alessandro Manzoni 

Nel linguaggio dei fiori rappresenta il rimpianto, ma anche la felicità dei campi; un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di san Giovanni, entrambi i numeri sono sacri. 

" ... A quell’ora, sotto il sole abbagliante di giugno, la pace intorno alla casetta era ancora più intensa: l’orto solitario della chiesa, invaso di grandi cespugli di ruta e di genziana, odorava come un angolo di brughiera, attraversato dall’ombra del campanile: intorno non si vedeva anima viva ... "

Il fanciullo nascosto - 1921
Grazia Deledda

Lieta vigilia di San Giovanni!

N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.

Brucia con le coccole il legno di ginepro

mercoledì 21 giugno 2023

Solstizio Estivo

Solstizio Estivo - Cesare Ripa

Il sole, che sorge a est e tramonta a ovest, in questo preciso istante, ore 16.58, si trova nel punto più alto della volta celeste e la luce alla sua massima potenza ci regala il solstizio d'estate raffigurato nell'allegoria da un giovane uomo che investito dal calore si sveste cingendosi le parti intime solo con un velo rosso purpureo come il colore della canicola; con la mano destra alzata che simboleggia il polo artico va a rappresentare la parte ascendente dell'anno, in cui la nostra stella sale a settentrione, sostiene un globo per un quarto oscuro nella parte inferiore e per tre quarti luminoso nella parte superiore a sottolineare la lunghezza dei giorni e la brevità delle notti; con la mano sinistra, che simboleggia il polo antartico, ritrae la parte discendente dell'anno, in cui la nostra stella scende a meridione, stringe un granchio simbolo del segno zodiacale del cancro che ha la caratteristica di camminare anche all'indietro esattamente come il sole che raggiunta la vetta, subito dopo inizia ad arretrare. Sul capo porta una ghirlanda di spighe di grano che in estate sono nella piena maturità e sulla testa una corona, espressione del perpetuo movimento circolare dell'anno, intarsiata con il simbolo del cancro e delle sue nove stelle, emblema del Tropico del Cancro, il parallelo in cui il sole tocca lo zenith.
Il movimento è raccontato anche dalle piccole ali sulle caviglie, il piede destro avanza e permette alla luce di compiere l'ultimo passo che la vedrà vincitrice sulle tenebre, ma nello stesso momento in cui trionfa il piede sinistro arretra e pone il primo passo affinché la discesa inizi e la luce ceda spazio all'oscurità.

Lieto solstizio e meravigliosa estate a voi!


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