" ... E reverenza, allora, vergogna, pallore, sgomento
tennero Metaníra: s’alzò dal suo trono, alla Diva
invito fece ch’ella sedesse; e non volle Demètra
che le stagioni arreca, che i fulgidi beni comparte,
sedere sopra il trono fulgente; e restava in silenzio,
gli occhi figgendo al suolo; finché la scaltrissima Giambe
le porse un saldo seggio coperto d’un candido vello.
Quivi seduta, il velo distese dinanzi al suo volto,
e sopra il seggio, a lungo, rimase nel cruccio, e taceva.
Né di gradire alcuno mostrò con parola o con atto:
senza sorridere, senza bevanda gustare né cibo,
sedeva; e la struggeva desio della vaga sua figlia:
sinché la scaltra Giambe, coi tanti suoi lazzi e le beffe,
non ebbe astretta al riso la Dea venerabile e pura,
ed al sorriso, non ebbe tornato il suo cuore, al sereno:
e sempre Giambe, poi, per l’umore faceto, le piacque.
E Metaníra, una coppa di vino più dolce del miele
rempiuta, a lei la porse. La Diva, però, la respinse:
bere purpureo vino, diceva, non l’era concesso;
ma disse che farina con acqua e fragrante puleggio
mescesse, e a lei l’offrisse da bere. La sacra bevanda
quella apprestò, l’offri, cosí come volle la Diva.
Deo veneranda l’accolse, fu questo il principio del rito.
E Metaníra elegante cosí cominciava a parlare:
«Salute, o donna! Tu non sei nata da gente dappoco,
anzi, da illustri parenti: tal grazia negli occhi ti fulge,
tale decoro, qual’è dei sovrani datori di leggi.
Ma sopportare, per cruccio che dia, ciò che mandano i Numi,
debbono gli uomini a forza: ché il giogo sul collo li aggrava.
Ora, quello ch’è mio, sarà tuo, poiché tu sei qui giunta;
e tu, questo bambino che tardi mi diedero i Numi ... "
Inno a Demetra - Inni Omerici
Omero - Attribuiti
Traduzione - Ettore Romagnoli
Gli Inni Omerici sono una raccolta di 34 composizioni poetiche e anche se la tradizione li attribuisce a Omero in quanto condividono lo stesso dialetto, organizzato in esametri dattilici, dell'Iliade e dell'Odissea, probabilmente sono stati scritti da più di un poeta tra l'VIII e il VI secolo a. C..
L'autore dell'Inno a Demetra ci fa conoscere gli ingredienti del κυκεών/kukeòn - Ciceone, bevanda sacra degli iniziati dei Misteri Eleusini di cui ho già brevemente parlato in l'ars aromatica della menta.
Demetra si trova a Eleusi ed è stremata dalla sofferenza per la perdita della figlia Persefone rapita da Ade (vedi Proserpina ritorna all'oscurità), non può prendere la coppa di vino più dolce del miele che le offre Metaníra e chiede invece la sacra bevanda composta da ἄλφιτον/alphiton - farina d'orzo, ὕδωρ/iudor - acqua e fragrante γλήχων/gléchõn* - puleggio, una particolare specie di menta: mentha pulegium la cui denominazione latina pulēium, derivazione di pulex - pulce, si riferisce alla sua capacità di uccidere le pulci con l'odore che emana.
γλήχων/gléchõn* = Dorico βλήχων/bléchõn
" Il pulegio è herba notissima à ciascuno. Disecca, scalda, e digerisce, provoca bevuto i mestrui, il parto, e le secondine. Tolto con mele, e aloe fa sputare i difetti del polmone: giova à gli spasimati. Mitiga bevuto con acqua, e aceto, la nausea, e i rodimenti dello stomaco, purga per di sotto la cholera nera. Soccorre con vino à i morsi de velenosi animali. fa ritornare i tramortiti messogli sotto al naso con aceto. Secco, brusciato, e fattone polvere conferma le gengive. Impiastrato con polenta mitiga tutte le infiammagioni. Giova alle podagre posto in su 'l male, fino che diventi rossa la carne. Spegne applicato con cerato i quosi; e giova impiastrato con sale à i difetti di milza. Mitiga la sua decottione il prurito lavandosene: e ritorna la madrice ritirata al suo luogo: e sedendovi dentro le donne, risolve le ventosità, e le durezze della madrice. Chiamanlo alcuni blechona: imperoché gustato quando fiorisce dalle pecore, subito le fa belare.
Il pulegio è un'berba che si distende per terra come il serpollo, ì cui gamboncelli sono lunghi una spanna, e sottili. Ha le foglie di Maiorana, se bene alquanto maggiori: I fiori produce egli ne i gamboncelli distenti per intervalli appresso all’origine delle foglie, che nel porporeo biancheggiano, e la radice sottile, e capigliosa. Nasce in luoghi humidi, e acquastrini. É pianta in tutte le sue parti odorata, e acuta, ma non però senza qualche poco d'amaritudine. Ma quantunque, habbiano dubitato alcuni de moderni, se il Pulegio volgare sia o non sia il vero, dì cui intesero gli antichi, per non scrivere Diosicoride nota alcuna delle foglie, de fusti, e de fiori, per essere stato il Pulegio al suo tempo à tutti noto; nondimeno non mancano peritissimi semplicisti che vogliono, che il Pulegio del commune uso sia quell’istesso, di cui scrisse Dioscoride. Et questo non senza ragione, imperoché non solamente si vede per esperienza esser egli dotato di tutte quelle virtù, e qualità dateli da Dioscoride; ma corrispondere anchora molto all'historia, che ne descrive Plinio. il quale al XIIII capo del X X. libro, così diceva. Il Pulegio è di due sorti: la femina, che fa il fior porporeo: e il maschio, che lo fa bianco. L'uno e l'altro si ritrova hoggi in Italia, e amendue parimente nascono odoratissimi in Toscana. Onde non posso se non credere, che di gran lunga s'ingannino coloro, che vogliono che 'l Pulegio usuale sia chi la prima, e chi la seconda spetie di Calamento. e tanto più, quanto io son certissimo (come diremo al suo proprio luogo) d'hauer già più tempo ritrovate tutte le spetie dei Calamenti descritte da Dioscoride.
Dimostra oltra di ciò, che il Pulegio notrano sia il vero, per ritrovarsi esser simile di foglie al dittamo di Candia, rassembrato al pulegio da Theophrasto, e da Diosicoride: come che scriva egli havere il Dittamo le foglie più grandi, come manifestamente si vede in quello che si ci porta di Candìa. Coltivano il Pulegio le donne Tedesche negli horti, e ne i vasi di terra con non poca diligenza, per usarlo poscia ne bisogni loro. Et però per la molta coltura, si vede quivi molto più nutrito in tutta la pianta, di quello che nasce per se stesso al salvatìco, e simile alla seconda spetie di Calamento come dice Dioscoride, acutissimo al gusto, con alquanto d'amaritudine. La onde diceva Galeno al VI, delle facultà de semplici. Il Pulegio è acuto con alquanto d'amaritudine, scalda, e disecca valorosamente, E' vero inditio della molta calidità sua l’arrossire della carne che fa egli quando vi s’impiastra fuso, e l'ulcere che vi causa lungo tempo lasciandovelo. Oltre à quello dimostra, che disecchi, e assottigli il fare facili allo sputo gli humidi, viscosi e grossi humori, che si ragunano nel petto, e nel polmone, e parimente il provocare de i mestrùi ritenuti. Questo tutto del Pulegio scrisse Galeno. Al che aggiungo io che il decotto, del Pulegio beuto, provoca l'orina, il parto, e le secondine, e giova nelle hidropisie, e nel trabocco del fiele, e parimente in tutti i difetti del capo, e de i nervi causati da freddi homori, e acuisce il vedere. Chiamano i Greci il Pulegio, γλήχων: i Latini, Pulegium: gli Arabi, Alnam, Alnegem, overp Aluegen: i Tedeschi, Poley, e Hertz poley: li Spagnoli, Poleio: i Francesi, Pulege, e Pouliot: i Boemi Poleg: e i Poloni Polej. "
Dioscoride a cura di M. Pietro Andrea Matthioli
Il puleggio originario dell'area mediterranea appartiene alla famiglia delle Lamiaceae; raggiunge un'altezza che può variare dai 15 ai 60 cm., dal fusto, tetragonale leggermene peloso e rossastro che si lignifica a maturità, si dipartono vari rami anch'essi pelosi su cui si sviluppano le foglie verde brillante, brevemente picciolate, lanceolate, arcuate o lineari con peli ghiandolari e margine dentellato o liscio, alle ascelle, tra maggio e settembre, nascono i fiori tipici delle Lamiaceae di un rosa tenue raccolti in verticilli che assumono una forma globosa.
Nel dizionario universale economico rustico del 1797 è descritto così:
" Pulegio, lat. pulegium, fr. Pouliot. Una specie di menta selvatica la quale ama i luoghi incolti ove l’acqua abbia stagnato durante l'inverno. Codesta pianta è aromatica ed ha varie proprietà . Al contrario delle altre piante ha maggior efficacia secca, che verde. Usasi molto in medicina. Palmier medico inglese assicura che codesta pianta messa in un sacchetto e posta in letto scaccia le pulci rinovandola quando sia divenuta secca. Il fumo di codesta pianta uccide il detto insetto. "
Dizionario universale economico rustico
Nel Medioevo il puleggio era considerato un potente afrodisiaco, sembra che preso in infuso migliorasse l'attività sessuale; tritato fresco e mescolato con il miele era un ottimo rimedio per le contratture, la sua polvere mescolata con vino rosso calmava la tosse e in decozione col vino rosso risultava diuretica. Ai bambini lo si dava come antiparassitario e se assunto con idromele o aceto e acqua contrastava la nausea e rilassava lo stomaco, la radice pestata con aceto e impiastrata sulle parti del corpo interessate riduceva i gonfiori. Era utilizzato per alleviare i dolori del parto e anche per abortire, l'olio essenziale poteva provocare delirio e narcosi.
Sulle navi nel XVII secolo i marinai lo usavano per disinfettare l'acqua delle loro riserve.
Contiene: alcoli come mentolo; chetoni come piperitone, pulegone; monoterpeni come carvacrolo, isomentone e mentone, isopulegone e pulegone, limonene; sali minerali come calcio, ferro, fosforo, potassio, sodio, sequiterpeni come γ-elemenene, guaiene (cis-β), tannini, terpeni come cineolo e pinene, glucoside e saponoside, trioli, vitamina C.
La medicina popolare sfrutta la sua proprietà analgesica, antidepressiva, antinfluenzale, antiossidante, antiparassitario, antipiretica, antipruriginosa, antispasmodica, antisettico, antitosse, carminativa, cicatrizzante, decongestionante, diaforetica, digestiva, dimagrante, disinfettante, diuretica, emmenagoga, espettorante, rilassante, sedativa, stomatica, tonica per stomaco e utero, vermifuga.
Controindicato per le donne in gravidanza e in allattamento, per chi soffre di fegato, reflusso gastroesofageo e tachicardia.
Può risultare tossico se ingerito in grandi quantità.
" Nomi. Gre. guklon. Lat.Puleium. Ital. pulegio, Maur. Alnam, Alnegem, e Alnegen. Ger. poley. Spa,
paleo. Fran. palege, e poulier,
Foma. E' un'herba, che si distende per terra come il serpollo, i cui gamboncelli sono lunghi una spanna, e sottili; ha le foglie di Maiorana, se bene alquanto maggiori: i fiori produce egli nei gamboncelli destinti per intervallo appresso al'origine delle foglie, che nel porporeo biancheggiano, è la radice sottile, e capigliosa. E pianta in tutte le sue parti odorata, e acuta, ma né erò senza qualche poco di amaritudine. Ritrovasene il maschio, e la femina. La femina fa il fior porporeo, e il maschio lo fa bianco.
Loco. Nasce in luoghi humidi, e acquastrini.
Qualità. E' caldo e secco nel terzo grado, e è acuto, e amaro, è vero giudicio della molto calidità sua l'arossir della carne, che fa egli quando vi si impiastra suso, e l'ulcere, che vi causa, lungo tempo lascian dove lo, disecca, e assottiglia gl'humidi,viscosi, e grossi humori.
Virtù. Di dentro. La decottione sua fatta in vino bianco, bevuta mattina, e sera, provoca i mestrui il Parto, e le secondine. Ne si deve dare questa decottione, se non in caso di necessità, quando saranno i mestrui difficili, overamente quando le donne saranno da flusso bianco infestate. La decottion del pulegio fatta con aceto, e mele, ferma i flussi del sangue, il singhiozzo, e i vomiti. Cotto con mele, e aloe, purga l'humor malencolico, consuma gli humori flemmatici del polmone. Conferisce ai dolori del ventre, degli intestini, e della madrice caccia i veleni dei serpenti: risolve la squinantia facendone gargaritio: sana l'ulcere, lavandosene la bocca l'Acqua stillata, e il succo rischiarano la vista, e sanano il prurito. L'acqua medesima, è la decottione disecca, e assottiglia, facilitando lo sputo gli humidi, viscosi, e grossi humori, che si ragunano nel petto, e nel polmone, e provoca i mestrui ritenuti, e le secondine, che rimangono nella madrice dopò il parto per inaduerrentia delle mammane, conferisce ai rotti, resiste ai veleni, provoca l'urina e il parto. Giova ai catarri frigidi, e agli antichi dolori di testa. Il decotto del pulegio bevuto, giova nelle hidropisie, e nel trabocco del fiele, e parimente in tutti i difetti del capo, e dei nervi causati da freddi humori, e acuisce il vedere, e il pulegio si può usare in luogo di Dittamo.
Virtù. Di fuori. Fa ritornare i tramortiti, messogli sotto al naso con aceto. Secco, brusciato, e fattone polvere, conferma le gingive; impiastrato con polenta, mitiga tutte le infiammagioni. Giova alle podagre posto in su'l male, fino che diventi rossa la carne, e giova parimente al dolor della testa. Conferisce agli Epilettici, e letargici pesto con aceto, e applicato al naso, overamente messo in bocca, che fa come si è detto ritornare i tramortiti. Applicato con polenta vale alle cotture del fuoco. Pesto con sale e aceto, e applicato caldo giova agli spasimi e a i morsi dei serpenti, degli scorpioni, e dei ragni. Spegne applicato con cerato aquosi; e giova impiastrato con sale a i difetti della Milza. Mitiga la sua decottione il prurito, lavandosene: e ritorna la madrice relassata al suo luogo e sedendovi dentro le Donne, risolve le ventosità e le durezze della madrice. Chiamano alcuni il pulegio blechona: imperò che gustato quando fiorisce, dalle pecore, subito le fa belare.
Il fiore fresco abrusciato nella camera, ammaza le pulci, e per questo si chiama pulegio: e medesimamente chiamasi herba pulicaria, come ancora la coniza, e lo psillio. l'Acqua Mitiga la podagra applicata con pezzette, messa nel naso vi ristagna il sangue. Fa bella faccia, e levane le lentigini lavandosi con essa. Mitiga tutti i dolori degl'occhi, conforta, e rischiara la vista mettendola negli occhi, e leva la loro infiammatione. Messa nell'orecchie conferisce a lor mali. "
Herbatio Novo
Castore Durante
Nel linguaggio dei fiori rappresenta la virtù che non si arrende alle persecuzioni, che non muore e rinasce; un rametto può andare a comporre il mazzetto delle sette o nove erbe di san Giovanni, entrambi i numeri sono sacri.
" ... attraverso i buchi del tetto oscillavan le stelle e il loro tremolìo e l’incessante tremolìo dei grilli parevano la stessa cosa.Si sentiva l’odore degli ontani e del puleggio; tutto era caduto in un silenzio tremulo come dentro un’acqua corrente. Ed Efix ricordava le sere lontane, il ballo, i canti notturni, donna Lia seduta sulla pietra all’angolo del cortile, piegata su sè stessa come una giovine prigioniera che rode i lacci e piano piano si prepara alla fuga ... "
Canne al vento - 1913
Grazia Deledda
N.B. Nei miei post i principi attivi delle piante, lì dove è possibile, sono elencati in ordine alfabetico e non in ordine di quantità perché lo scopo è informativo-storico e non medico.
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