Il suo sguardo fu attirato dal lucchetto che luccicava sotto i raggi del sole e avvicinandosi intravide l'ombra della sagoma di Interior che si insinuava tra le parole di una promessa d'amore " Noi per sempre ", era agganciata a una delle barre di ferro arrugginito che formavano la balaustra del belvedere.
Sasha appoggiandosi sul corrimano si protese verso il vuoto, respirò a pieni polmoni e l'aria inalata acuì la sensazione di infinito che gli occhi offrivano. Interior si contorse per il fastidio ricevuto da una nota stonata e diede una scossa di disappunto a Sasha che sospirò e disse: " Sì lo so, non è libero di volare se lo incatenano ".
Se con la fantasia facessimo un salto nel tempo e tornassimo alla sera di lunedì del 29 aprile di 124 anni fa, potremmo osservare Oscar Wilde mentre nel carcere di S.M. Holloway scrive una lettera al suo Bosie, Lord Alfred Bruce Douglas con cui visse una intensa e tormentata storia d'amore contrastata dall'opinione pubblica di una società bigotta che lo accusò di aver infranto la legge con grossi atti indecenti di sodomia e lo condannò per ben due anni ai lavori forzati.
Oscar Wilde e Alfred Bruce Douglas nel maggio 1893
Lunedì sera, 29 aprile 1895
Mio caro ragazzo. Questo ti assicura il mio immortale, il mio amore eterno per te. Domani sarà tutto finito. Penso a te, il mio amore per te e questa idea, questa credenza ancora più divina, che mi ami in cambio mi sosterrà nella mia infelicità e mi renderà capace, spero, di sopportare il mio dolore con più pazienza. Dal momento che la speranza, anzi, piuttosto la certezza di incontrare te, ancora una volta, questo è l'obiettivo per me. Devo continuare a vivere in questo mondo a causa di ciò. Il caro... è venuto a vedermi oggi. Gli ho dato diversi messaggi per te. Mi ha detto una cosa che mi ha rassicurato: a mia madre non mancherà nulla. Ho sempre provveduto alla sua sussistenza, e il pensiero che avrebbe potuto subire delle privazioni mi rendeva infelice. Quanto a te (ragazzo grazioso con un cuore simile a Cristo) ti prego il prima possibile non appena avrai fatto tutto quello che puoi fare, parti per l'Italia e riconquista la tua calma, e componi quelle belle poesie che sai fare tu, con quella grazia così strana. Non esporti in Inghilterra per nessun motivo. Se un giorno, a Corfù o in un'isola incantata, ci fosse una piccola casa dove potremmo vivere insieme, Oh! La vita sarebbe più dolce di quanto sia mai stata. Il tuo amore ha ali larghe ed è forte, il tuo amore mi giunge attraverso le sbarre della mia prigione e mi conforta, il tuo amore è la luce di tutte le mie ore. Se il fato ci sarà avverso, coloro che non sanno cos'è l'amore scriveranno, lo so, che ho avuto una cattiva influenza sulla tua vita. Se ciò avverrà, tu scriverai, tu dirai a tua volta che non è vero. Il nostro amore è sempre stato bello e nobile, e se io sono stato il bersaglio di una terribile tragedia, è perché la natura dell'amore non è stata compresa.. Nella tua lettera del mattino dici qualcosa che mi dà coraggio. Devo ricordarmelo. Mi scrivi che è mio dovere verso di te e verso me stesso vivere, nonostante tutto. Credo che sia vero. Proverò e lo farò. Voglio che tu tenga informato il signor Humphreys sui tuoi movimenti, così quando verrà lui potrà dirmi cosa stai facendo. Credo che gli avvocati siano autorizzati a vedere i prigionieri abbastanza spesso. Così potrò comunicare con te.
Sono così felice che tu sia andato via! So cosa ti deve esser costato. Sarebbe stata un'angoscia per me pensare che tu fossi in Inghilterra con il tuo nome citato in tribunale. Spero che tu abbia copie di tutti i miei libri. I miei sono stati tutti venduti. Tendo le mie mani verso di te. Oh! Possa vivere per toccare i tuoi capelli e le tue mani. Penso che il tuo amore veglierà sulla mia vita. Se dovessi morire, voglio che tu viva un'esistenza pacifica e serena da qualche parte con fiori, quadri libri e tanto lavoro. Prova a farmi avere presto tue notizie. Sto scrivendo questa lettera in mezzo a grandi sofferenze; Questa lunga giornata in tribunale mi ha esaurito. Carissimo ragazzo, il più dolce di tutti i giovani, il più amato e il più adorabile. Oh! Aspettami! Aspettami! Sono ora e dal giorno in cui ci siamo incontrati, e tu sei devotamente, con un amore immortale.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio,
tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano,
i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte
che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori
le case non saranno mai più cosi ‘ immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire* lanciate sul mondo a prendere uno
qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell’aria,
notte e dì, capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici.
Aprile 1945
Dino Buzzati
Le Moire* = le tre dee del destino figlie di Zeus e Temi o di Ananke: Cloto, la filatrice che svolge il filo della vita, Lachesi, la fissatrice che segna la sorte del filo della vita, e Atropo l'irremovibile che recide il filo della vita.
Il numero nove nasce dalla Trinità al quadrato, dalla perfezione che messa davanti a sé stessa si moltiplica, è dunque verità, pienezza spirituale, è il proseguimento dell’otto e l’ultimo passo in solitaria dell’infinito pronto a curvare verso il principio per svolgere l'Uroboros, il re serpente che si morde la coda e che chiude il cerchio, si rigenera lì dove inizio e fine coincidono, muta forma e l'individualità di una cifra passa allo stadio successivo in cui raddoppia senza fermarsi, procede e si evolve, ritorna nuovamente agli albori per aggiungere l'uno, il due, il tre, il quattro, il cinque, il sei, il sette, l'otto, il nove e lo zero in un ciclo vitale perpetuo che accoglie il tutto. Il nove è la thet, il bastone dritto congiunto con quello arcuato, la matrice, la luce fecondante nascosta nella profondità dell’essere, la potenza del femminile che comprende il complementare maschile e compendio di tutto ciò che lo precede è il tempo della creazione, pazienza e ricompensa, è il numero dei componenti del corpo umano: capelli, carne, cervello, nervi, ossa, pelle, sangue, unghie, vasi sanguigni ed è l’ispirazione elargita dalle nove muse: Calliope dalla bella voce, Clio che dà la celebrità, Erato che desta il desiderio, Euterpe che rallegra, Melpomene che canta, Polimnia che ha molti inni, Tersicore che ama la danza, Thalia che fiorisce, Urania che è celeste, nate dalle nove notti d’amore che Zeus ha condiviso con Mnemosine.
Nove è il numero di anni che Anima Mundi compie oggi e io voglio ringraziare tutti coloro che non hanno mai pensato che leggere quello che propongo sia una perdita di tempo e rappresenti il grande sacrificio di una vittima che si immola sull'altare della quinta essenza della generosità, non mi sono dovute né perdite di tempo né tanto meno mi sono dovuti sacrifici e giammai li ho richiesti, voglio ringraziare tutti coloro che mai, in relazione alla considerazione di sé stessi, hanno avuto il bisogno della prova di una risposta per capire quanto sia grande il valore di ogni parola che mi è stata regalata. Ora, visti alcuni eventi presenti e passati, immagino che quello che ho scritto arrivi esattamente a chi non deve arrivare, per cui fidatevi e andate tutti oltre.
Basilica di San Pietro - Città del Vaticano in Roma
Non solo il Forestiere può in Roma sollevarsi lo spirito nelle amene passeggiate ridette; ma spesso ancora e quì, e colà ascolta gradite Musiche, ora in un Tempio or nell’altro, o gode delle molte illuminazioni che a tanto a tanto allegrano la città, e l’afflusso di popolori nelle correnze delle Papali benidizioni. Nella Settimana Santa altra immensa gente accorre al Vaticano a mirarvi le molte funzioni eseguite dal S. PADRE. A Pasqua oltre la illuminazione assai gaja di tutta la cupola di S. Pietro, con 4400 lanternoni, a quali ad un’ora di notte si aggiungono in un’istante 790 fiaccole, mercè 365 porsone addette; sul Pincio s’incendiano i più meravigliosi fuochi d’artificio, fra lo sparo di molti cannoni. E tali fuochi, e illuminazione ripetonsi per la Festa del Principe degli Apostoli, nel cui Tempio, ed annesso colonnato evvi superba Processione per il Corpus Domini, con moltitudine di persone accorse ancora dai limitrofi paesi. Le altre Processioni nel corso dell’anno incominciano in Roma il 20 Febbrajo, e assai frequenti ora in una contrada, or nell’altra, terminano il 24 Dicembre in S. Maria Maggiore. Nel 2 Novembre per i Defonti, nei Cimiteri di S. Maria della Morte ove è un sotterraneo con tutti candelabri di umane ossa, in S. Maria in Trastevere, in quello assai gajo di S. Spirito in Sassia, in quello dell’Ospedale di S. Giovanni in Laterano, vi si rappresentano fatti della Sacra Scrittura in figure grandi al naturale. Il 25 Dicembre nel Tempio di S. Maria in Aracœli, in quello di S. Francesco a Ripa, in S. Maria sopra Minerva, e di S. Domenico e Sisto, si aprono al pubblico dei Presepii in figure di varia grandezza, e così in molte casi particolari, e sempre con afflusso di accorrenti, e con sollievo di chi vi accede.
Feste pubbliche - Colpo d'occhio a Roma, ovvero Nuova Guida per i Forestieri
Adone Palmieri
Buona Pasqua a tutti voi e buon compleanno Roma, 2772 anni Ab Urbe Condita!
" ... La Divozione del venerdì Santo racconta la passione e la morte di Cristo. Il Predicatore interrompe la rappresentazione con le sue spiegazioni, e fa cenno quando si ha a continuare. Maria vi rappresenta una gran parte. Mentre Cristo prega pe’ suoi nemici, ella dice alla croce:
Inclina li tuoi rami, o croce alta,
Dona riposo a lo tuo Creatore;
Lo corpo precioso ja se spianta;
Lassa la tua forza e lo tuo vigore.
Cristo la raccomanda a Giovanni, che inginocchiandosi e baciandole i piedi cerca racconsolarla. Ma essa abbraccia la croce e si lamenta:
O figlio mio, figlio amoroso,
Come mi lassi sconsolata!
O figlio mio tanto precioso,
Come rimango trista, addolorata!
Lo tuo capo è tutto spinoso,
E la tua faccia di sangue bagnata,
Altri per te non voglio per figlio,
O dolce fiato e amoroso giglio.
Quando Cristo muore, Maddalena gli sta a’ piedi, al capo Giovanni, Maria nel mezzo. E bacia il corpo di Cristo, gli occhi, le guance, la bocca, i fianchi, le mani, con le quali benediva il mondo, i piedi su’ quali Maddalena sparse tante lagrime.
Queste rappresentazioni erano antichissime, e si scrivevano in latino, come il Ludus Paschalis, rappresentazione di Pasqua, dove è messo in azione l’Anticristo. Le due Divozioni avanti discorse non sono probabilmente che versioni o imitazioni di opere più antiche, rimase nella tradizione. Tale era pure la Rappresentazione del Nostro Signore Gesù
I Misteri e le Visioni - Storia della letteratura italiana
Francesco De Sanctis
La grande Croce e la Pietà
Cattedrale di Notre Dame - Parigi
Immaginate cosa possono aver provato i vigili del fuoco nell'entrare in Notre Dame per verificare i danni dell'incendio che, scoppiato nella cattedrale lo scorso Lunedì Santo, ha bruciato le capriate - " La foresta " con le sue 1300 querce risalenti al 1220 - 1240 e ha sgretolato la guglia - " La freccia " del 1860 che, poggiata su quattro pilastri della crociera in corrispondenza del tetto del transetto, del coro e della navata centrale, con i suoi 45 metri di altezza e 750 tonnellate di peso aveva sostituito quella originale del 1250 distrutta nel 1792. I vigili si sono trovati davanti alla grande Croce dorata realizzata da Marc Couturier nel 1993 e alla scultura in marmo di Carrara che rappresenta La Pietà, opera di Nicolas Coustou realizzata tra il 1714 e il 1715, entrambe intatte... beh! Anche il più scettico deve aver avuto un fremito, un'emozione che lo ha toccato. Al lato sinistro della Pietà la statua risalente al 1715 di Luigi XIV inginocchiato, opera di Antoine Coysevox e al lato destro la statua anch'essa del 1715 di Luigi XIII nell'atto di offrire la corona alla Vergine, scolpita da Guillaume Coustou.
Che si tratti di un miracolo, un segno o meno, gli uomini dovrebbero recepire quel messaggio che faccia breccia nella loro anima e li porti a essere più umani con sé stessi e con gli altri.
Oggi Venerdì Santo si compie il Sacrificio di Gesù Cristo, le campane smettono di suonare e riprenderanno la Domenica di Pasqua giorno della sua risurrezione in cui vi porgerò i miei auguri.
" ... La creazione del mondo, il peccato originale, le profezie, la venuta di Cristo, la sua passione, morte e trasfigurazione, l’anticristo e il giudizio universale sono l’epopea, il fondo storico a cui si annodano tante vite di Santi. E questa storia dell’umanità era tutt’i giorni innanzi al popolo, nella predica, nella confessione, nella messa, nelle feste. La messa non è altro che una rappresentazione simbolica di questa storia, un vero dramma senza che ce ne sia l’intenzione, rappresentato dal prete e da’ Fedeli. Ogni atto che fa il prete, è pieno di significato, è rappresentazione mimica. La prima parte della messa è epica o narrativa; è il Verbum Dei, l’esposizione che comprende le profezie e il Vangelo, e finisce con la predica. La seconda parte è drammatica, è l’azione, il Sacrificium, l’adempimento delle profezie. La terza parte è lirica, come nelle risposte de’ Fedeli (il coro) al Prete o quando due Cori si alternano nel canto, e negl’inni, e nelle preghiere: ciò che ha luogo principalmente nella Messa cantata. Aggiungi le immagini de’ Santi e i fatti dell’antico e del nuovo Testamento in quelle cappelle, in quelle finestre variopinte, in quelle cupole, e quelle grandi ombre, e quelle moli restringentisi sempre più e terminate da croci slanciate verso il cielo, ed avrai l’immagine e l’effetto musicale di questo stacco dalla terra, di questo volo dell’anima a Dio.
Dopo l’evangelo, il Predicatore talora, per fare più effetto sull’immaginazione, esponeva la sua storia sotto forma di rappresentazione, come si fa in parte anche oggi ne’ Quaresimali. I monaci e i preti rappresentavano il fatto, e il predicatore aggiungeva le sue spiegazioni e considerazioni. Era una rappresentazione liturgica, cioè legata al culto, parte del culto, detta Divozione o Mistero. Di tal natura sono due Divozioni, che si rappresentavano il giovedì e il venerdì santo, e sono piuttosto due atti di una sola rappresentazione, che due rappresentazioni distinte. La prima comincia col banchetto che Cristo ebbe in casa di Lazzaro, sei giorni avanti Pasqua, e che qui è il giovedì santo. Cristo viene da Gerusalemme; Maria con Maddalena e Marta gli va incontro. Maria prega il figlio di non tornare a Gerusalemme, perchè vogliono la sua morte. Cristo risponde dover ubbidire al Padre: pur si conforti, che niente farà che non lo dica a lei. Alla fine del banchetto Cristo scopre a Maddalena che dee ire a Gerusalemme, dove patirà il supplizio della croce e le raccomanda la Madre. Cristo esce. Sopraggiunge Maria che ha visto il figlio turbato, e la prega a svelarle quello che il figlio le ha detto. Maddalena tace. E la madre va a Cristo tutta in lagrime, e dice:
Dimmelo, figlio, dimmelo a me,
Perchè stai tanto affannato?
Amara me, piena di sospiri,
Perchè a me lo hai celato?
De gran dolore se spezzano le vene,
E de la doglia, Figlie, m’esce il fiato,
Che t’amo, o figlio, con perfetto core,
Dimmelo a me, o dolce Signore.
Cristo dice che pel riscatto del mondo dee ire a morte, e Maria sviene. Tornata in sè, e lamentandosi raccomanda il figlio a Giuda che risponde in modo equivoco: So quello che ho a fare. Poi si volge a Pietro, che promette difendere il figlio contro tutto il mondo. Giunti a una porta della città, Maria non vuol separarsi dal figlio, ma quando non lo vede più e sa che per un’altra porta è entrato in Gerusalemme, fa pietosi lamenti innanzi al popolo:
O figlio mio, tanto amoroso,
O figlio mio, dove sei tu andato?
O figlio mio, tanto grazioso,
Per qual porta sei tu entrato?
O figlio mio, assai dilettoso,
Tu sei partito tanto sconsolato.
Ditemi, donne, per amor di Dio,
Dove è andato il figlio mio?
Segue il racconto secondo la Bibbia. Le parole di Cristo tolte al Vangelo sono dette in latino. E la Divozione finisce con la prigionia di Cristo ... "
I Misteri e le Visioni - Storia della letteratura italiana
Francesco De Sanctis
Ingresso di Gesù a Gerusalemme - Ultima Cena - Lavanda dei piedi
Cattedrale di NotreDame - Parigi
Particolare di un bassorilievo, nella fascia superiore della transenna di sinistra del coro di Notre Dame, rappresentazione dell'Ingresso di Gesù a Gerusalemme, dell'Ultima Cena e della Lavanda dei piedi, episodi della vita di Cristo rievocati il Giovedì Santo. Insieme al bassorilievo della transenna di destra è stato realizzato tra il XIII e il XIV secolo sotto la direzione degli architetti Pierre de Chelles, Pierre de Montreuil e Jean de Chelles. Durante il Settecento furono entrambi rimaneggiati per poi essere sottoposti a un nuovo restauro nell'Ottocento sotto la supervisione di Eugène Viollet-le-Duc.
Oggi Gesù Cristo viene accolto a Gerusalemme con foglie di palme e ramoscelli di ulivo, simboli della sua missione portatrice di riconciliazione e pace.