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mercoledì 31 gennaio 2018

La balena bianca


« Moby Dick non ti cerca. Sei tu, tu che insensato cerchi lei! » 


Moby Dick
Hermann Melville
Traduzione Cesare Pavese


Nel bosco di Anima Mundi una balena bianca giace addormentata; nei suoi sogni il ricordo di evoluzioni e volteggi tra spruzzi di mare e nuvole di cielo, le onde fende l'eterno nemico, l'odio lo muove contro l'incarnazione del male, lancia il rampone, la ferisce, con un colpo di coda lei si dibatte e nel dolore in un gorgo d'acqua e sangue negli abissi tutto trascina. Riemerge e soffia, il cuore rallenta, i flutti si placano la caccia è finita e Moby Dick ha vinto. Libera dalla persecuzione ossessiva del capitano Achab, raggiunge la terra promessa.


La balena dormiente

« ... Da qualche tempo, sebbene solo a periodi, la solitaria balena bianca aveva battuto i mari selvaggi dove si spingono, per lo più, i cacciatori di capodogli. Ma di questi non tutti sapevano della sua esistenza. Solo pochi, relativamente, l'avevano vista e riconosciuta ... »

« ... s'era guadagnato quel suo nome tutto speciale di balena bianca, un nome che in realtà era giustificato letteralmente dal suo aspetto luminoso, quando lo si vedeva scivolare in pieno meriggio per un mare azzurro cupo, lasciandosi dietro una scia di schiuma cremosa, come una via lattea, tutta punteggiata di scintille d'oro ... »

Moby Dick
Hermann Melville
Traduzione Cesare Pavese


sabato 27 gennaio 2018

Il lavoro rende liberi dicono - Insieme raccontiamo 29

Voglia di riposarsi e di dimenticare nel ventinovesimo incipit di Patricia Moll per Insieme raccontiamo.
200/300 battute per un finale breve e 200/300 parole per un finale lungo. Se vi va potete partecipare fino al 31 gennaio 2018. 


Era sfinita. Stanchezza, stress, rompimento di scatole... non ne poteva più. Aveva solo voglia di riposarsi e dimenticare tutto e tutti almeno per un po'.
Si gettò sul letto al buio e fu allora che....

Patricia Moll


Guardò la data fosforescente indicata dal calendario appoggiato sul comodino, balzò in piedi, prese la borsa e si precipitò fuori, salì in macchina e guidò fino alla biblioteca, si inerpicò di corsa su per le scale e raggiunse il salone centrale, trafelata lo percorse fino in fondo tra la gente seduta che aspettava. Aprì un foglio di carta piegato in quattro, lo posò sul leggio, riempì d'aria i polmoni, la rilasciò lentamente e iniziò a leggere:


Il lavoro rende liberi dicono, 
liberi come fumo che sale,
come cenere che scende.
Liberi come alito di vento,
come refolo di speranza 
che travalica muri e filo spinato.

Il lavoro rende  liberi dicono,
liberi come  numeri tatuati sulla pelle,
come triangoli e stelle su divise strisciate.
Liberi come corpo denutrito,
 come mente errante che si rivolge
al silente perché.

Il lavoro rende liberi dicono,
e qui ... siamo liberi ...
se non esistiamo.


Campo di concentramento di Auschwitz 26 gennaio 1945

Abbassò gli occhi e persa nei ricordi guardò a terra per pochi secondi, tirò su la testa, diresse lo sguardo verso la platea e disse:- « Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche entrarono ad Auschwitz e liberarono mia nonna e altri 7000 detenuti ancora vivi. Li salvarono da quell'inferno in cui erano stati gettati in nome di quella razza pura che così aveva deciso. » ripiegò in quattro il suo foglio di carta e lasciò libero il leggio per le altre testimonianze.

Sciarada Sciaranti


Aggiornamento 27 gennaio ore 16.00
Il racconto su scritto compresa la poesia è una mia rappresentazione ispirata dallo sterminio avvenuto nella  Seconda Guerra Mondiale, ma non si riferisce a persone specifiche.

martedì 16 gennaio 2018

Astratto in Materia - L'inaspettato


L'inaspettato: Un rettangolo di tronco bruciato che contiene un quadrato di luce e un quadrato d'ombra.

Sciarada Sciaranti

L'inaspettato: E' quando non aspetti nulla ed improvvisamente qualcosa arriva.

Pia
Mondo d'Arte

L'inaspettato: E' qualcosa di positivo o negativo con cui devi fare i conti e che non puoi evitare. Qualcosa a cui devi far spazio e trovare un posto. 
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L'inaspettato. Nata e vissuta in una città piena di luci, rumori e colori, quando affittammo una casa perduta nel nulla contornata solo da prati, boschi e colline ne fui felice. La prima sera, messi a letto i bambini, aprii la porta di casa per controllare se avevo chiuso l'auto e... improvvisamente mi trovai davanti una cortina nera, densa e quell'mprovviso mi parve un cattivo sortilegio. Allungai una mano per toccarlo incontrando solo l'aria.. allora alzai lo sguardo al cielo e un altro improvviso mi allargò il cuore: lì non c'era la luna ma un firmamento fitto, compatto, come mai l'avevo visto. Chiusi la porta a chiave e andai ad aprire gli scuri nella camera da letto per continuare a nutrirmi di quell'incanto.
Sari
Voce di Vento

L'inaspettato: E' un gallo che abbaia.
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L'inaspettato: E' un dentista che trapana il cervello.
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L'inaspettato: Un sassofono suonato con uno spartito per pianoforte 

Patrizia
Amica senza blog

L'inaspettato: Può essere un momento, un dono, un gesto,
se in senso positivo ci da gioia e meraviglia.
In senso negativo diventa un brutto imprevisto che porta delusione e qualche volta dolore. 

Verbena
Simple life in Tuscany

Inaspettato è quel qualcosa che sa di te e te lo trovi come te davanti a te e non riesci più a parlare se non con il silenzio. A volte basta poco per essere felici.

Maurizio
CARTATADIRESCHE

Inaspettato come un premio che non pensavamo di ricevere ma che sicuramente meritiamo.

Mariella
Doremifa-sol, libri e caffé

Se vi va di aggiungere nei commenti in che cosa voi materializzate il concetto astratto di inaspettato, fatelo pure e io lo riporterò nel post.

venerdì 12 gennaio 2018

Le sfaccettature della libertà

Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito



Catherine Deneuve, Catherine Millet, Catherine Robbe Grillet, Ingrid Caven, Joelle Losfeld, Elisabeth Lèvy e altre donne, il 9 gennaio 2018 hanno pubblicato questa lettera su Le Monde per contestare il movimento #MeToo nato in seguito allo scandalo sessuale che ha coinvolto il produttore cinematografico Harvey Weinstein:


" Lo stupro è un crimine. Ma rimorchiare in maniera insistente o imbarazzante non è un delitto, né la galanteria un’aggressione machista. Dopo l’affaire Weinstein c’è stata una legittima presa di coscienza delle violenze sessuali esercitate sulle donne, specialmente nell’ambiente professionale, dove alcuni uomini abusano del loro potere. Era necessaria. Ma questa liberazione della parola si è trasformata oggi nel suo contrario: ci dicono che bisogna parlare in un certo modo, di tacere su ciò che può urtare, e le donne che rifiutano di piegarsi a queste regole sono guardate come delle traditrici, delle complici! Ora, è proprio del puritanesimo prendere in prestito, in nome di un preteso bene generale, l’argomento della protezione delle donne e della loro emancipazione per incatenarle meglio a uno statuto di vittime eterne, di povere piccole cose in balia di demoni fallocratici, come ai bei vecchi tempi della stregoneria.
Di fatto, #MeToo ha dato vita nella stampa e sui social network a una campagna di delazioni e di messa in stato d’accusa pubblica di individui che, senza che gli sia lasciata la possibilità né di rispondere né di difendersi, sono stati messi esattamente sullo stesso piano di aggressori sessuali. Questa giustizia sommaria ha già fatto le sue vittime, gli uomini sanzionati nell’esercizio del loro mestiere, costretti alle dimissioni, eccetera. Il loro solo torto è aver toccato un ginocchio, rubato un bacio, parlato di cose “intime” durante una cena professionale e inviato dei messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era reciprocamente attratta. Questa corsa a inviare i “porci” al mattatoio, al posto di aiutare le donne a diventare autonome, fa il gioco in realtà dei nemici della libertà sessuale, degli estremisti religiosi, dei peggiori reazionari che credono, in nome di una concezione vittoriana del bene e della morale, che le donne siano degli esseri “a parte”, delle bambine col viso da adulte che reclamano di essere protette. Di fronte a loro gli uomini sono costretti a mostrare la loro colpa e dissotterrare, andando al fondo della loro coscienza retrospettiva, un “comportamento oltremisura” che avrebbero potuto tenere dieci, venti o trent’anni fa, e pentirsene. La confessione pubblica, l’incursione di procuratori autoproclamati nella sfera privata, installa un clima da società totalitaria.
L’ondata purificatrice non sembra conoscere alcun limite. Da una parte si censura un nudo di Egon Schiele su una pubblicità, dall’altra si chiede il ritiro di un dipinto di Balthus da un museo perché costituirebbe un’apologia della pedofilia. Confondendo l’uomo e l’opera, si chiede il divieto della retrospettiva di Roman Polanski alla Cinémathèque e si ottiene il rinvio di quella consacrata a Jean-Claude Brisseau. Un’universitaria giudica il film “Blow-Up” di Michelangelo Antonioni, “misogino” e “inaccettabile”. Alla luce di questo revisionismo, John Ford (“La prigioniera del deserto”) e anche Nicolas Poussin (“Il ratto delle sabine”) iniziano ad avere paura.
Alcuni editori chiedono ad alcune di noi di rendere i nostri personaggi maschili meno “sessisti”, parlare di sessualità e di amore con meno dismisura o ancora di fare in modo che “i traumi subiti dai personaggi femminili” siano resi più evidenti! Prossimo al ridicolo, un progetto di legge in Svezia vuole imporre un consenso esplicitamente notificato a ogni candidato a un rapporto sessuale! Ancora uno sforzo e due persone adulte che avranno voglia di andare a letto insieme subito prima dovranno, tramite una app del loro smartphone, firmare un documento nel quale le pratiche che accettano e che rifiutano saranno debitamente specificate.
Il filosofo Ruwen Ogien difendeva la libertà di offendere in quanto indispensabile alla creazione artistica. Allo stesso modo difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale. Siamo oggi sufficientemente avvertite per ammettere che la pulsione sessuale è per natura offensiva e selvaggia, ma siamo anche sufficientemente perspicaci per non confondere un rimorchio imbarazzante con un’aggressione sessuale. Soprattutto siamo coscienti che la persona umana non è un monolite: una donna può, nella stessa giornata, dirigere un’équipe professionale e gioire di essere l’oggetto sessuale di un uomo senza essere né una “troia” né una vile complice del patriarcato. Ognuna di noi può fare attenzione al fatto che il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, ma non sentirsi traumatizzata per uno “struscio” nella metro, anche se questo è considerato come un reato. Può anche immaginare un comportamento del genere come l’espressione di una grande miseria sessuale, o comunque come un non-avvenimento.
In quanto donne, noi non ci riconosciamo in questo femminismo che, al di là delle denunce degli abusi di potere, prende il viso di un odio degli uomini e della sessualità. Pensiamo che la libertà di dire no a una proposta sessuale non esista senza la libertà di importunare. E consideriamo che bisogna rispondere a questa libertà di importunare in altro modo che trincerandosi dietro il ruolo della preda. Quelle tra noi che hanno deciso di avere dei bambini, credono che sia più giudizioso educare le nostre figlie in modo che siano sufficientemente informate e coscienti per poter vivere pienamente la loro vita senza lasciarsi intimidire né colpevolizzare. Gli incidenti che possono toccare il corpo di una donna non inficiano necessariamente la sua dignità e non devono, per quanto siano duri, necessariamente fare di lei una vittima perpetua. Perché non siamo riducibili al nostro corpo. La nostra libertà interiore è inviolabile. E questa libertà che noi abbiamo cara non esiste né senza rischi né senza responsabilità. "

Ora  care signore, voi sarete anche libere come il filosofo Ruwen Ogien di sostenere " la libertà di offendere in quanto indispensabile alla creazione artistica " , perché poi la creazione artistica abbia bisogno dell'offesa lo capite voi, ma non io, allo stesso modo sarete anche libere di difendere " la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale ", perché poi la libertà sessuale sia legata alla libertà di importunare lo capite voi, ma non io, ma la libertà di chi non vuole essere, molestata, ricattata, violentata, fisicamente e psicologicamente, che fine fa? E quella libertà può essere lesa? Il rapporto tra uomo e donna perché mai dovrebbe essere sempre impostato sulla sfida, sulla lotta, sulla difesa continua e non sul rispetto? E per arrivare al punto sostanziale di cui parla il movimento #MeToo, che voi minimizzate, perché mai un essere umano, uomo o donna che sia dovrebbe trovarsi di fronte alla scelta di concedere o non concedere favori sessuali  per ottenere un lavoro? La meritocrazia che fine fa? L'attacco del movimento #MeToo non è un attacco indiscriminato da parte delle donne nei confronti degli uomini, è un attacco al sistema che ha permesso tutto questo e se non capite la differenza continuate pure a guardare il dito delle donne che scendono o non scendono a compromessi e ignorate la luna.

lunedì 8 gennaio 2018

Del sole di gennaio

Solo la mente che vive l'inverno può comprendere il freddo paesaggio invernale di gennaio non riscaldato dal sole e percepire altro oltre le note di infelicità nei suoni del vento e delle foglie secche  che eseguono la partitura musicale della terra spoglia per chi, immerso nella neve, ascolta e scorge il niente che è altrove e il niente che ha davanti agli occhi.


Bisogna avere una mente invernale
Per considerare il gelo e i rami
Degli alberi di pino ricoperti di neve;

Aver avuto freddo per molto tempo
Per vedere i ginepri irrorati di ghiaccio
Gli abeti rossi ruvidi nel luccichio distante

Del sole di gennaio; e non pensare
Di ogni infelicità nel suono del vento,
Nel suono di poche foglie

Qual è il suono della terra
Pieno dello stesso vento
Che sta soffiando nello stesso luogo nudo

Per l'ascoltatore, che ascolta nella neve,
Un niente lui stesso, scorge
Niente che non sia lì e niente che sia. 

L'Uomo di Neve da Harmonium - 1923
Wallace Stevens
Liberamente tradotta da me medesima

sabato 6 gennaio 2018

La Befana in ottave

Il conte Giovan Francesco Mastiani Brunacci, ciambellano del Serenissimo granduca di Toscana Leopoldo II, gran croce e cavaliere dell'ordine del merito sotto il titolo di san Giuseppe, cavaliere della Legion d'Onore, gonfaloniere della città di Pisa, governatore della Pia casa della Misericordia, membro dell'Accademia dei Georgofili e socio fondatore della Cassa di risparmio di Pisa, chiede, al poeta Antonio Guadagnoli di Arezzo, un componimento poetico sull'origine della Befana che viene pubblicato nel 1827, un piccolo poema di XXII ottave di cui vi propongo una selezione: 




I

Ma che diavol d’idea bizzarra e strana
Venuta è in capo a vostra Signoria
Di volervi occupar della Befana
Nella vigilia dell’Epifanìa?
Tra una sacra funzione, e una profana,
Possibil che vi passi analogia?
Pur voi gradite ch’io la trovi in verso:
Ma, Signor Conte, sarà tempo perso.

...

IV

Della Befana sull’origin varia
Molto si è detto, e molto si è stampato;
Chi vuol che fosse quell’Ancilla ostiaria
Che si trovò nell’atrio di Pilato;
Chi la Nonna d’Erode ottuagenaria,
Chi la Zia di Barabba, e chi ha pensato
Che venga da due Celtiche parole
Adatte ad indicar « Fuoco del Sole ».

VI

Voleva dirvi, ma mi uscì di mente,
Che fin da quando v’erano i Romani,
(Già i Romani ci sono anco al presente,
Ma intender voglio dei Roman Pagani,
Non di quelli che vivono attualmente
I quali son buonissimi Cristiani, )
Si festeggiava all’uso orientale
Con lieti fuochi il Solstizio brumale.

VII.

Ma apparso ai Magi il sospirato Sole
Le nebbie a dissipar d’ldolatria,
(Giacché null’altro intendere si vuole
Con la greca parola Epifania;)
Il Popolo festevol, come suole,
Volle perpetuarne l’allegria
Con una pia rappresentanza in tre,
Figurando che fossero i tre Re;

VIII.

E quando Guido Monaco* inventò
Le famose do, re, mi, fa, sol, la,
In Roma in questa sera si cantò
Più d'un aria nel tuono di be-fa;
Con flauti e corni poi s’accompagnò,
(Chè i corni sono usati in ogni età,)
E dette forse questa intuonazione
Alla Befana la derivazione.


Guido Monaco* = Vedi Faville in Mi

IX

Ma poiché la Discordia armò le destre,
E più non si vedea neppure un cane,
Non che un Re Mago, per le vie maestre;
Le Donne più devote, e grossolane,
Ponean dei Re di cencio alle finestre,
E che abusivamente per Befane
Che si prendesser poi creder convienci
Tutte le Donne ch’eran ossa, e cenci.

...

XV

E giacché in sera tal le Donne belle,
In memoria de’ Magici regali,
Gli amici lor trattavano a ciambelle,
A fichi, a confetture, e cose tali;
Però Befane oggi si chiaman quelle
Che son larghe di core e liberali;
Sicché da questo argomentar conviene
Che Befane provenga da fa bene*

fa bene* = Anagramma di Befane

XVI

Se’ tu Poeta? Letterato? Artista?
Il massimo ti manca de’conforti
Se non hai la Befana che t’assista,
Se non hai la Befana che ti porti.
Tutto sta nel conoscere quae est ista*:
E noi siam di cervello così corti
Ch’è dato a pochi della specie umana
Il saper quanto possa una Befana! -

quae est ista* = Chi è colei
...

XIX

Tempo felice! Sotto al caminetto
Allor ponea la calza dopo cena,
Poi tutto allegro me ne andav’a letto,
E la mattina la trovava piena.
Dove se’ ito tempo benedetto?
Fossi piccol tuttor! .... Ma oh questa è amena!
Che non vi son Befane in molte bande
Che s’occupan del piccolo, e del grande?


Buona Epifania a tutte le sorelle Befane  e a tutti gli amici!


Per chi vuole approfondire:

martedì 2 gennaio 2018

L'abbraccio della luna all'anno vecchio e all'anno nuovo

Il passaggio dall'anno vecchio all'anno nuovo è stato abbracciato dalla luna che il primo gennaio 2018 in prossimità del suo perigeo ha svelato quell'ultimo spicchio della sua fase crescente ancora nascosto il 31 dicembre 2017. Il plenilunio si è mostrato dopo esser stato avvolto dalla danza delle nuvole nere che poi lentamente si sono diradate.
 Se sia un buon presagio non lo so, ma lo trovo bellissimo.


31 dicembre 2017


1 gennaio 2018


1 gennaio 2018


1 gennaio 2018


1 gennaio 2018


1 gennaio 2018

Per ulteriori informazioni:

lunedì 1 gennaio 2018

Capodanno tra le pagine di un diario

Il veliero magico Anima Mundi intraprende il suo annuale viaggio nel tempo, ritorna al Capodanno di cento anni fa e approda a Tesis, una frazione del comune di Vivaro in provincia di Pordenone nel Friuli Venezia Giulia, dove durante la Grande Guerra si trasferisce e insegna una giovanissima maestra elementare nata a Venezia nel 1899, si chiama Brigida Salvadori; nel suo diario racconta la dura realtà che vive, descrive la convivenza con i soldati tedeschi che nell'autunno del 1917 si insediano nell'abitazione dei parenti che la ospitano, tiene traccia del lato umano degli invasori e instaura con loro un rapporto di civile cordialità. Brigida sopravvive al primo conflitto mondiale che però il 19 giugno 1918 le porta via per sempre il fidanzato Pietro " eroe alla testa del suo Reparto ".
Lei morirà nel 1977 all'età di settantotto anni.


Alessandra e Laura Salvadori scrivono nella presentazione:

"... Nel diario sono registrate con vivezza e semplicità - ma anche con lucidità e precisione sorprendenti data la giovane età dell'autrice - le piccole vicende e difficoltà di ogni giorno: sullo sfondo le notizie sempre più allarmanti sulla disfatta di Caporetto.
Si alternano speranza e delusione, rabbia per le inutili sofferenze provocate dalla cattiveria umana e fiducia in una Provvidenza che rappresenta l'unico baluardo contro la minaccia della fame e della morte. A tratti sembra che i personaggi abbiano respinto fuori dalla loro esistenza la drammaticità della guerra, cercando di costruire per se stessi e per i propri cari una labile oasi di pace ... "

Il Natale di Brigida:

25 dicembre 1917

Natale! È il secondo che passo fuori di casa, ma è terribilmente triste. Sono stata alla prima Messa, ho fatto pure la Comunione. Povera Chiesetta nostra sì mal illuminata! Poi non sono più uscita di casa: faceva assai freddo, Maria non aveva volontà d’uscire. Una giornata assai, assai triste! Stasera, dopo la mensa, il tenente ci offrì dei dolci col vino brulè; avevamo anche Gigi di Fratta con noi ed egli ci teneva allegri raccontandoci un mondo di storie. Ma la mia casa, il mio Pietro... Ah, Madonna Santa, pietà di noi!

Il suo Santo Stefano:

26 dicembre 1917

Stamane la Messa suonò assai per tempo perchè poi la Chiesa doveva essere a disposizione dei soldati. Vidi parecchi militi cattolici, ma nessuno di casa nostra: tanto il tenente come gli attendenti sono Evangelisti. Rimasi in casa fino all’ora del pranzo: poi Miutta si decise a cambiarsi ed andammo al Vespro, e di là dalla Gazzetta a prendere carta da disegno. Anche là c’erano dei soldati, ma molto antipatici. Ritornando ne incontrammo molti per istrada, e a tutti rispondevamo con tanto di broncio.
Il tenente andò in Chiesa e tornò verso le sei: anche Gustavo andò a Messa e ci lasciò l’incarico di fargli il caffè. Un bravo soldato è Gustavo! La zia gli ha detto che vuol tenerlo per figlio d’anima e lui ride di gusto. Per fortuna non abbiamo qui lo zio a farci inquietare con le bestemmie: egli ha portato le mucche nella stalla del nonno ancora domenica ed ora è sempre lassù. La sera stiamo quindi abbastanza in pace. Stassera, però, l’ufficiale era assai di malumore e noi avevamo pena. Chissà che cosa c’è in aria! Almeno fosse qualche cosa di buono per noi!


La vigilia del nuovo anno:

31 dicembre 1917

L’ultimo giorno dell’anno. Lo festeggiarono proprio i tedeschi, sebbene avessero in cuore il dolore per la prossima partenza. Ancora stamattina ci raccontarono che gli ufficiali erano stati a caccia ieri e avevano preso undici lepri per la cena di stasera. Furono tutti a far manovre fino alle undici e trenta. Pranzammo assieme assai allegri perché finalmente è tornato Willy, l’attendente che partì il giorno di Natale ....

... L’ufficiale fece colazione e poi andò a far toeletta. Scese di camera verso le cinque e fu assai triste tutta la sera, assai triste tanto che ne avevamo pena. Con voce commossa ringraziò tante volte la "nonna" di tutto quanto fece per loro. Io cercavo di animarlo dicendo che verrà presto la pace, ma era troppo avvilito. "Ho fatto tre anni a mezzo di guerra" diceva "ed ho visto molto: voi non conoscete le lotte della vita, ma io sì. Ho visto molte cose cattive e poco di buono. Qui stavo assai bene: avevo la pace, la gioia, tutto; e di tutto ciò non mi resterà che il ricordo, ma un ricordo eterno". Volle il mio indirizzo e lasciò il suo ...

... Allo scoccare preciso dell’ultima ora del 1917 spararono i mortaretti, poi le campane annunciarono l’anno novello! Anno nuovo, portaci la pace, portaci un po’ di gioia, che ne abbiamo bisogno! Tutti i soldati furono nel cortile a cantare, correre e sparare colpi. Gustavo e Willy dalla terrazza, altri dalle case vicine, iniziarono i fuochi, mentre la banda suonava e si sentivano mille voci di canti diversi. Io mi inginocchiai in un canto del cortile e pregai: " Gran Dio, benedici l’Italia, benedici noi misere creature! "

Il suo Capodanno:

1 gennaio 1918

Anno novello, anno novello, cosa porti teco di bello? La pace, han detto i soldati stamattina. Sì, ma dovrebbe essere presto, subito, perché siamo troppo stretti d’angoscia. Intanto comincia assai tristemente: potrebbe essere peggio? Non credo. Noi col cuore doppiamente oppresso: prima perché non sappiamo nulla delle nostre creature, poi per la rovina della casa; intorno a noi sospiri, melanconie, lagrime represse di una gioventù che va a morire... Non è questa un’agonia? Questi poveri soldati han cercato di fuorviare i tristi pensieri stanotte ed han suonato, cantato, fatto mille sciocchezze fino alle due.
Io dormii assai poco per tutte le suddette e altre ragioni. Mi alzai verso le sette e mezzo per aiutare Miutta a fare gli gnocchi. Che triste giorno! Nè Messa, nè Vespro, ma sempre a casa. Il primo a venire in cucina fu Willy, che rideva ancora per le scene di mezzanotte: poi scese Gustavo, ma era assai serio e pensoso. Andammo a metter loro sotto il naso gli auguri di Capodanno che avevo trascritti su d’un biglietto: commossi, ringraziarono stringendoci entrambe le mani. Il tenente ce li fece in chiaro italiano a noi tutti e rise quando gli risposi "Viel Gluck im Neuen Jahre" ...
... A mezzogiorno preparammo la tavola grande ove invitammo Gustaf, Willy, Oddo, assieme agli zii Piero e Maria. Com’erano commossi! Io pranzai nella rotonda, il tenente accanto al fuoco. Offrimmo a tutti un piatto di gnocchi, ch’essi trovarono eccellenti. L’ufficiale disse più volte che vuol mandare la ricetta a sua madre, acciò li faccia lei pure. Dopo pranzo io e Maria cambiammo d’abiti. Gustaf ci offrì la crema per le scarpe, il tenente mi regalò quella per i denti.
Quando ridiscesi trovai il tenente in conversazione coll’ufficiale anziano che abita da zia Regina. Presentai i miei auguri al buon uomo, che ricambiò con visibile piacere; poi mi mostrò i ritratti di sua moglie, del figlioletto: un bimbo di un anno e mezzo. Parlarono assai di guerra, ma io nulla potei capire: sentivo Monte Tomba, Valdobbiadene, Feltre e. . . caput. . . Non so che dedurne. Il vecchio ufficiale mi domandò un bicchier d’acqua: ridemmo tutti per la domanda strana invero ... Di vino sono proprio nauseati.
Mi fece capire che gli duole lasciar Tesis, che siamo buona gente. Avevano il tricolore germanico e volevano attaccarlo al mio grembiale, ma io non accettai ed allora lo buttarono al fuoco, ridendo della mia ripugnanza ...

... Curiosa di conoscere l’origine del dissidio austro-germanico, chiesi se ama gli austriaci. Dissemi che fra essi e gli italiani sceglie subito gli ultimi. Perchè? Non si spiegò del tutto, ma mi fece capire che i soldati tedeschi dovettero più volte aiutare l’Austria. "Beaucoup de sang, sourtout, nous avons donné ..." Quindi ... nicht amicizia! Ciò è pure un bene per noi: se la Germania si ritira i nostri batteranno l’Austria e riavremo i nostri cari fra noi. Oh, fosse domani! Maria rammendava calze e Gustaf le sedette vicino. Oh, quanti gesti gli fece il tenente! Ne indovinai il significato, sebbene egli mi traducesse con altre parole ... Fino ad ora di cena fu abbastanza di buon umore: mi mostrò le cartoline che devono spedire dal fronte, mi fece leggere in tedesco ridendo dei miei spropositi.
Ma dopo ... tornò per le otto e prese il lume per fare il bagaglio in camera. P., che andò con lui, disse che pianse tutto il tempo. Quando ridiscese era assai mesto e invano cercai di trarlo a parlare. Verso le nove la zia e P. andarono a letto ed egli ancora una volta li ringraziò per tutto quanto fecero con voce sì commossa che toccava l’anima. Rimanemmo in silenzio. Invano parlai e dissi che bisogna esser forti. Risposemi che ciò è facile a dire, non a fare. Allora tacqui e lasciai che dicesse l’animo suo. Era profondamente commosso. "Sempre, ma specie alla sera, vorremo pensare a questa buona dimora, cara come la nostra famiglia. Voi avete fatto molto per noi, ve ne ringrazio". Dissi che era assai poco ed ei ribattè: "Molto, molto, per dei nemici quali noi siamo" "Non abbiamo mai pensato che siete nemici, bensì creature dotate di cuore e sensi come noi" "Grazie, ma noi siamo e resteremo nemici". Dopo ciò espresse il desiderio di restar solo e noi venimmo in camera. Rimase un bel pezzo accanto al fuoco. Che pensava? A ciò cui pensa la nostra povera gioventù destinata a morire, la nostra sventurata gioventù cui è dato un calice amarissimo, cui è tolto ogni conforto terreno. Dio mio, quando ci solleverai?

Chi vuole leggere l'intero testo può cliccare su Diario dell'occupazione austriaca del 1917 - 18 a Tesis - Brigida Salvadori e può scaricare gratuitamente il libro per un uso personale e non commerciale.



Vi auguro di poter disegnare il vostro nuovo anno senza essere invasi e infastiditi dai nemici di ogni sorta e natura.
 Vi auguro di seguire la strada che tra tante avete scelto e vi auguro che sia cosparsa da quei ciottoli dell'improvvisazione che vi permettano di superare gli ostacoli che incontrerete lungo il cammino.
Vi auguro di realizzare i vostri desideri.
Felice 2018!

Per ulteriori informazioni: