Il Martedì Grasso annuncia la conclusione del Carnevale e a Roma una tradizione nata nel 1773 lo salutava al tramonto con "la festa dei moccoletti", una folla umana in maschera con delle lanterne o con delle candele protette da paralumi di carta che potevano avere le dimensioni di "un cero pasquale" o di una "coda di un sorcio" si riversava come un fiume in piena lungo piazza del Popolo, via del Corso e piazza Venezia, che insieme si trasformavano in una suggestiva:
"via Lattea dei lumi"
L'improvvisatore
Hans Christian Andersen
avvolgente teatro all'aperto di una rappresentazione che alternava le luci alle tenebre e la vita alla morte. Ogni partecipante cercava di proteggere il suo moccolo e tentava di spegnere quello del suo avversario costringendolo così a togliersi la maschera e ovviamente il divertimento era maggiore e diventava più interessante se i contendenti appartenevano al sesso opposto.
La festa dei moccoletti
Jean Louis Baptiste Thomas
1817
" Mentre al calar delle tenebre, festoni e maschere e ogni cosa va a poco a poco sbiadendo e perdendosi in una messa oscurità che tutto involge in un colore grigio cupo, ad un tratto, qua e là, alle finestre, sulle altane, sui balconi, nelle carrozze e tra la folla a piedi, cominciano a risplendere dei lumi; prima radi, poi più spessi, crescono, s'estendono, invadono tutto il Corso che si trasforma quant'è lungo in un gran tagliare e in una vampa di fuoco.
Allora tutte le persone presenti non hanno più' che un solo pensiero, che un solo scopo costante, quello di spegnere la candela degli altri e conservare accesa la propria; e uomini, donne, ragazzi, signori e signore, principi e contadini, cittadini e forastieri, gridano e strillano e urlano senso posa il motto di scherno a chi s'è lasciato spegnere il lume:
«Senza moccolo! Senza moccolo! », tantoché ben tosto non si sente più altro che un immenso coro di queste due parole, misto a scrosci di risa. Lo spettacolo a questo punto oltrepassa ogni immaginazione. Le carrozze s'avanzano lentamente colle persone che hanno dentro, ritte in piedi sui cuscini e sul serpe, col traccio disteso e alzato per tenere il lumicino fuori di pericolo; alcuni lo portano dentro un cartoccio; altri tiene un mazzo di candeline strette insieme e tutte accese, senza alcuna difesa; altri portano delle torce abbaglianti, ed altri un candelino che appena sta acceso.
Persone a piedi, ficcandosi tra un veicolo e l'altro e seguitandoli, aspettano e colgono il destro per fare un salto e soffiare su un certo lumicino o dargli su un colpo; altri s'arrampicano sulle carrozze, e chinandosi verso l'interno, lo strappano dalle mani di qualcuno a viva forza; altri, inseguendo qualche sviato torno torno alla di lui carrozza, prima che salga a riaccendere la candela spenta della campagna, gli spengono la sua ch'egli è sceso a chiedere in favore o a rubare a qualcuno; altri, col cappello levato dinanzi allo sportello d'una carrozza, si fanno a pregare con gran rispetto ed umilmente una gentile signora, perché voglia porgere il suo lume per accendere il sigaro, e mentr'essa sta esitando dubbiosa di porgerlo o no, le soffian sul candelino custodito e difeso con tanta tenerezza dalla sua manina; gente alle finestre tentano con un uncino attaccato ad una cordicella di pescare qualche candela; o con fazzoletti legati all'estremità d'una pertica le spengono destramente nella mano stessa del portatore nel momento stesso del suo trionfo: uno, appiattato dietro una cantonata, aspetta il momento giusto per balzar fuori all'improvviso addosso alle superbe torce, con uno smisurato spegnitoio che pare un'alabarda; altri circondano una carrozza e vi si aggrappano; altri tirano a furia aranci e mazzolini di fiori contro una ostinata lanternina, o fanno un regolare bombardamento contro una piramide d'uomini con uno su in cima che porta sulla testa un lumicino sfidando tutti.
« Senza moccolo! Senza moccolo! ». "
Impressioni d'Italia
Charles Dickens
La festa dei moccoletti
Ippolito Caffi
1852
Nel 1837 Ippolito Caffi nel descrivere un suo quadro esposto all'Accademia di Venezia illustra così la festa dei moccoletti:
"è illuminato dalla luna nella parte superiore delle fabbriche; di sotto un numero infinito di moccoli, torce a vento, palloni di carta colorita...
La quantità di maschere in carrozza, a piedi e sulle finestre ... il miscuglio, il moto, il fracasso ... e il veder tutti affaccendati a smorzar moccoli e tutti attenti ad accenderli amichevolmente. Le case son tutte piene di tappeti e le carrozze e i carri trionfali son tutti adornati ad uso d'un baccanale. Sentiremo cosa dirà il pubblico."
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Cara Sciarada ho letto con piacere il tuo post,perchè hai descritto un'usanza che non conoscevo e che ho trovato divertente.
RispondiEliminaUn abbraccio
Cara Sciarada, sentire che esistono ancora oggi delle vecchissime tradizioni è veramente bello immaginarle.
RispondiEliminaTomaso
Interessante Sciarada mia...chissà ricordare queste antiche tradizioni , potrebbe farmi fare pace con il carnevale che non amo moltissimo..
RispondiEliminaBuona serata dolce amica mia!
une belle tradition..qui existe encore?
RispondiEliminaManco da tanto, causa lavoro, ma eccomi di nuovo.
RispondiEliminaTutte queste tradizioni di allegrie, di giochi, di scherzi, tradizioni che continuano da epoche remote mi fanno pensare che è innato nell'essere umano il bisogno di leggerezza, il bisogno di scrollarsi di dosso il peso della morte e della precarietà di ogni cosa.
Si è illuminato il mio pc! Grazie Sciarada!
RispondiEliminaun abbraccio
Joh
Che belle pagine allegre di letteratura...
RispondiEliminaE che dire delle foto?
Vive e splendide.
Buona Quaresima, mia Diletta.
Ti abbraccio forte.
Simpatica questa tradizione. Ci si limitava al gioco ed allo sberleffo. Oggi troppo spesso gli scherzi sono pesanti o sciocchi.
RispondiEliminaBuona giornata un abbraccio
enrico
questa cosa della festa dei moccoletti non lo conoscevo mica :-)
RispondiEliminaCara Sciarada, sei sempre una 'Luce' che ci illumina sulle tradizioni. Grazie e di sicuro non spegneremo il tuo 'mocoletto!!....Un abbraccio!!
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