Ebbene sì! Il povero Abate Luigi dopo aver dato voce, insieme alle altre statue parlanti, al malcontento del popolo, è stato alla fine imprigionato in una gabbia con steli di ortica che in piena solidarietà gli tengono compagnia e se si osserva attentamente si intravede un sorriso sulle sue labbra che non vuole cogliere lo stato di indecoroso abbandono che lo circonda, ma tutto il pregio di un pianeta che porta in sé, sempre indomabile, il seme della vita che germoglia ogni qual volta gli esseri umani non sono impegnati a distruggerlo ed è a quello che da valore al contrario dei "potenti padroni del mondo".
L'Abate Luigi è una statua romana di marmo bianco che raffigura un magistrato o un oratore con una toga sfarzosa, risale all'epoca tardo imperiale ed è stata trovata durante gli scavi per le fondazioni di Palazzo Vidoni, in quella che anticamente era l'area del Teatro di Pompeo, in un primo tempo la statua venne alloggiata in una nicchia ad angolo tra via del Sudario e vicolo dell'Abate Luigi, poi, in seguito alle demolizioni per i lavori di sbancamento per l'apertura di corso Vittorio Emanuele II, fu allocata nel cortile di Palazzo Chigi a piazza Colonna, nel 1924 fu trasferita per breve tempo a palazzo Caffarelli e ricollocata infine a ridosso del muro della Basilica di Sant'Andrea della Valle a piazza Vidoni, sede del suo originario ritrovamento.
Il suo nome sembra che sia un omaggio del popolo al saggio sacrestano della chiesa di via del Sudario
FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA CONQUISTAI CON MARFORIO E CON PASQUINO NELLE SATIRE URBANE ETERNA FAMA EBBI OFFESE, DISGRAZIE E SEPOLTURA MA QUI VITA NOVELLA E ALFIN SICURA
A causa della prolungata esposizione agli agenti atmosferici l'Abate Luigi perse la testa originale nel 1888 che fu rimpiazzata immediatamente da un'altra di epoca romana e quando nel suo peregrinare giunse nel ricco palazzo Caffarelli dichiarò con una vena sarcastica di "aver perso la testa"; nel 1966 la testa fu decapitata ancora una volta e ricostruita nel 1970 dal calco di una sua copia conservata al museo di Roma in Trastevere, all'autore di questo atto vandalico la statua dedicò la sua ultima pasquinata:
"O tu che m'arubbasti la capoccia
vedi d'ariportalla immantinente
sinnò, vòi véde? Come fusse gnente
me manneno ar Governo. E ciò me scoccia."
"O tu che mi hai rubato la testa
vedi di riportarla immediatamente
se no vuoi vedere? Come fosse niente
mi mandano al Governo. E ciò mi scoccia."
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