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martedì 8 marzo 2022

Scomoda e indipendente

Anna Stepanovna Politkovskaja viene uccisa  a Mosca nell'ascensore di casa sua il 7 ottobre del 2006, giorno del cinquataquattresimo compleanno del primo ministro russo. 
Uno dei quattro proiettili sparati da una semiautomatica Makarov la colpisce alla testa e non le lascia scampo. Aveva quarantotto anni.
Anna nasce a New York nel 1958 da due diplomatici sovietici di origine ucraina che all'epoca svolgevano il proprio lavoro presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel 1979 sposa Aleksandr Politkvoskij e nel 1982 inizia la sua carriera.
Era una donna scomoda, una giornalista indipendente che raccontava i fatti senza filtri, si occupava della difesa dei diritti umani e nel 2001 le fu assegnato il Global award di Amnesty International.
Il 9 giugno del 2014 il tribunale di Mosca riconosce come autori materiali del suo omicidio cinque uomini, Rustam Makhmudovm, l'assassino, viene condannato all'ergastolo, suo zio Lom-Ali Gaitukajev, l’organizzatore dell'attentato, è condannato all'ergastolo, Sergei Khadzhikurbanov, ex dirigente della polizia di Mosca, è un complice ed è condannato a 20 anni di reclusione, Dzhabrail Makhmudov è un complice ed è condannato a 14 anni e suo fratello Ibragim complice a 12 anni.
Loro erano i sicari ma il mandante a oggi è ancora libero.


Anna Stepanovna Politkovskaja

Anna Stepanovna Politkovskaja


L'otto marzo celebriamo la Giornata Internazionale della Donna e Anna a questo proposito nel suo Diario Russo scriveva:

8 marzo 2004

Festa della donna. Come vuole la tradizione, Putin ha invitato al Cremlino le donne che lavorano. Una trattorista, una scienziata, un’attrice e un’insegnante. Discorsi ispirati, una coppa di champagne, le telecamere.

È fatta. Oggi è il termine ultimo per ritirare la propria candidatura. Nessun altro lo ha fatto, sulle schede sono rimasti in sei: Malyškin, Putin, Mironov, Chakamada, Glaz’ev, Charitonov. La televisione dà grande risalto al voto anticipato degli allevatori di renne e delle più remote località di confine.

8 marzo 2005

Nel villaggio di Tolstoj-Jurt, in Cecenia, è stato ucciso Aslan Maschadov, leader della resistenza cecena e presidente dell’Ičkerija (eletto nel 1997).
È tutto il giorno che la televisione mostra il primo piano del suo cadavere nudo. La Cecenia ha avuto un fremito: persino i detrattori di Maschadov hanno detto che è stato un gesto abominevole da parte di Mosca.
Sia come sia, l’era Maschadov è finita. Quale comincerà?
Il nuovo Maschadov sarà Basaev. Addio tregua e addio negoziati.
La Cecenia aveva quattro presidenti. A oggi, primavera del 2005, tre sono morti, e non di morte naturale, mentre la legittimità del quarto – Alu Alchanov – è questione assai controversa. La mappa dell’Europa moderna non conosce altra zona con un tale groviglio politico-militare e con tanti spargimenti di sangue.
Quel che conta per la storia, però, è che, come migliaia di altri ceceni (uomini e donne), Maschadov è morto per la delazione di un suo compatriota. Una delazione che è frutto delle torture, il metodo prediletto per interrogatori e indagini nell’epoca delle due guerre cecene. Anche in questo senso Maschadov ha condiviso le sorti della sua gente, che poi è il sogno di chiunque avanzi pretese di leadership. Dunque Maschadov verrà ricordato. Come martire, probabilmente, e a prescindere da altre sue azioni.
A chi conviene la sua morte? Maschadov è stato ucciso durante la tregua unilaterale da lui stesso ordinata, che probabilmente non ha avuto il successo sperato, ma che resterà nella storia come l’unica della seconda guerra cecena. Di fatto era un segno di buona volontà, una mano tesa al Cremlino per dare inizio alle trattative sul cessate il fuoco, la smilitarizzazione e la mutua estradizione dei criminali di guerra.
L’eliminazione di Maschadov in questo preciso istante significa che la tregua è finita. Scordatevela. Basta. E dite addio anche ai negoziati. Care le mie madri dei soldati, non servite più. E nemmeno voi, madri normali. Ci serve solo gente che combatte. La pace in Cecenia si allontana verso un orizzonte remotissimo. Il perché (oltre al Cremlino, che è alla radice di tutti i perché) è la situazione interna alla resistenza cecena: Maschadov era pressoché l’unico che riusciva a trattenere – a stento, con le ultime forze che gli restavano – gli estremisti più radicali, convinti che la Russia vada combattuta con ogni possibile mezzo, compresa Beslan.
Ora non c’è più nessuno che tiri il freno. Mentre c’è chi schiaccia sull’acceleratore. Il ruolo di leader della resistenza (indipendentemente da chi verrà eletto dal Comitato per la difesa dell’Ičkerija, in clandestinità) toccherà al principale oppositore di Maschadov e della sua moderazione. Il suo nome è Šamil Basaev. Possiamo dunque constatare che il risultato dell’eliminazione di Maschadov da parte dei reparti speciali dell’FSB della Federazione Russa (come ufficialmente dichiarato) è il passaggio delle redini della resistenza a Basaev, a cui la legittimità interessa poco o niente. Sarà lui il nuovo «Maschadov», ma sempre e solo tra virgolette. Perché se Maschadov si batteva per avere un posto al tavolo dei negoziati, Basaev se lo conquisterà da solo, quel posto. E senza nemmeno negoziare.
Dunque con la morte di Maschadov in Cecenia ci saranno due figure equivalenti per crudeltà, abiezione e oscurantismo medioevale: Basaev e Kadyrov junior. Gli altri (tutti noi) finiranno tra questi due fuochi.
Che cosa significa? Significa attentati. Kamikaze di entrambi i sessi. La clandestinità islamica che si chiude nei bunker. Le prigioni di Kadyrov e i bunker di Basaev. Noi che scongiuriamo i nostri figli di non prendere la metropolitana. Perché se noi ammazziamo i loro figli, loro ammazzeranno i nostri...
Dietro Kadyrov c’è Putin. Dietro Putin ci sono troppe cose, troppe per prenderle tutte in considerazione.
Dietro Basaev ci sono davvero gli «arabi», come amano definirli i federali (ceceni e non ceceni) per darsi un tono?
Dietro Basaev ci sono i mercenari, sì, ma non sono loro a fare il bello e il cattivo tempo. Dietro Basaev, è essenziale, c’è la resistenza più estremista. Alimentata in primo luogo dalla gioventù cecena che non conosce altro modo per scampare alle umiliazioni di cui è vittima, e che è stata a troppi funerali di innocenti.
Altra condizione ottimale per la proliferazione dell’estremismo è la clandestinità islamica. Che aumenta con il perdurare della guerra. E per tutti i jamaat distrutti se ne formeranno di nuovi. Così è stato in Cecenia e così è nelle repubbliche confinanti del Caucaso del Nord. La clandestinità islamica è una realtà. E quanto più l’opinione pubblica si imbeve di umori anticaucasici e antislamici (e la «saggia» guida del Cremlino fa sì che aumentino progressivamente), quanto più stupide sono le scelte dell’FSB per screditare l’Islam, tanto più la clandestinità si rinforza. A voler ridurre ciò che è accaduto negli anni passati a una formula, ne deriva che il potere ha usato la Cecenia per mostrare quanto fosse pericoloso alzare la cresta, ma ha finito per dimostrare il contrario: negli ultimi cinque e passa anni una giovane generazione di musulmani per nascita ha raggiunto l’età della ragione, non è più disposta a passare per gente di serie B e trova la salvezza in un Islam che si chiude al mondo.
In questo modo l’era Maschadov – ex comunista ed ex colonnello sovietico avvicinatosi all’Islam solo di recente – e la stupida lotta senza quartiere contro la sua persona hanno fatto sì che la nuova generazione non desideri abbracciare l’Islam moderato. Vogliono essere estremisti contro quel potere che toglie di mezzo i moderati.
La loro bandiera è Basaev. Maschadov è stato a lungo una pietra d’inciampo per la clandestinità. Ora la pietra è stata rimossa. La strada è libera. E a Basaev fa molto comodo. Ha avuto quel che sognava da una decina d’anni. E poco importa che non abbia la legittimità politica di Maschadov. Non sono cose che gli interessano. Gli interessa preparare un attentato contro la Russia che faccia più vittime possibile. Per Basaev la morte di Maschadov a Tolstoj-Jurt è la riprova di un suo slogan di vecchia data: con la Russia non si tratta, con la Russia si combatte, e senza esclusione di colpi.
A fine giornata le televisioni di Stato hanno mandato in onda Kadyrov junior, il folle: ha detto che l’omicidio di Maschadov è stato un regalo per la Festa della donna...
Certe affermazioni non meritano commenti.

Diario Russo
Anna Stepanovna Politkovskaja
A cura di Claudia Zonghetti

Il mio abbraccio a tutte le Donne e a tutti gli Uomini degni di questo nome

6 commenti:

  1. La filosofia di Putin è molto semplice. Il Presidente stabilisce delle regole. Chi si oppone è un nemico e va ucciso. Putin pensa che la democrazia sia un caos e finisca per portare la nazione alla corruzione,
    alla lussuria e alla perdita dell'etica e della morale. Come esempio indica l'Occidente.
    Putin è un assassino *mistico*.
    Ciao Sciarada.

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  2. Mistico? Non lo credo.
    In questo giorno i media parlano di donne e la rai fa servizi sulle donne afgane o africane... come voler sottolineare quanto siano fortunate le donne italiane a poter andare a scuola. Peccato che poi non trovino lavoro, e se lo trovano è sottopagato con opzioni di servizio o peggio. I dati parlano e non dicono un gran bene del nostro dare valore al femminile.
    Ciao.

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  3. Ciao Sciarada. Molto interessante. Cose che neanche conoscevo.
    Dobbiamo valutare tante cose e la conoscenza porta a ragionare bene su cause e conseguenze.
    Hai fatto bene a scriverne. Perché non è solo ciò che si vede ma anche ciò che si nasconde dietro a scelte e propagande. Chi ci governa sa bene ciò che fa? Speriamo. La storia, come sempre, insegna. Meglio essere guradinghi. Abbraccio e grazie.

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  4. Wladimir Putin sta combattendo la guerra di ieri. Mossa dal passato e rivolta al passato. Per questo la perderà. La testa girata all’indietro e l’incomprensione del mondo d’oggi non gli impedisce di creare terrore e morte. Ma l’errore straordinario che ha compiuto non si vede solo nella risposta del popolo ucraino; non si registra solo nella ritrovata unità dell’Occidente e dei suoi alleati democratici, non smentisce solo l’alone di intelligenza strategica e di furbizia che gli sono state attribuite per anni. L’errore che sta al fondo di tutto dipende dal fatto che Putin è vecchio: di mentalità vecchia.

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  5. un abbraccio a te.
    buon giorno e grazie

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