" Quanto distano quelle montagne velate d’azzurro? Quanto è ampia la pianura che si estende sotto la radiosa luce primaverile? È un giorno di marcia, per chi può camminare libero. Un’ora a cavallo, di buon trotto. Per noi sono più lontane, lontanissime, è una distanza infinita. Quei monti non appartengono a questo mondo, al nostro mondo. Perché fra noi e quei monti c’è il filo spinato.
Il desiderio ardente, il battito feroce dei nostri cuori, il sangue che affluisce alla testa, è tutto inutile. Fra noi e la pianura, del resto, c’è il reticolato. Due serie di filo elettrificato, sopra le quali sono poste piccole lampade di un rosso pallido, per indicare che la morte è in agguato su tutti noi, imprigionati in questo rettangolo delimitato da un doppio reticolato e un alto muro bianco. Sempre quella stessa immagine, sempre quella stessa sensazione. Stiamo davanti alle finestre dei nostri blocchi e aneliamo a quella distesa lontana e tentatrice, e il petto ansima per l’ansia e per il senso di impotenza.
Fra me e lei ci sono dieci metri. Mi sporgo fuori dalla finestra, quando provo desiderio per la libertà lontana. Friedel non può fare nemmeno quello, è prigioniera di grado superiore. Io posso ancora muovermi liberamente nel Lager. Lei non può fare nemmeno quello. Abito nel Block a 9, un normale blocco per infermi. Friedel nel 10. Anche nel suo ci sono persone malate, ma non come nel mio. Chi è ricoverato da noi si è ammalato a causa di crudeltà, fame ed eccessivo lavoro. Cause ancora naturali, che portano a malattie naturali, definibili con una diagnosi. Il 10 è il Blocco degli esperimenti. Ci vivono donne che sono state violate da sadici che si autodefiniscono professori, in modi in cui nessuna donna è mai stata violata prima, in ciò che di più prezioso possiedono: la loro essenza di donna, la capacità di diventare madre. Anche una ragazza costretta a subire la feroce lussuria di un bruto soffre, tuttavia l’atto a cui viene sottoposta contro la sua volontà ha origine dalla vita, da una pulsione vivente. Nel Block 10 non sono mossi da un accesso di passione, ma da un delirio politico, un interesse economico.
Siamo consapevoli di tutto ciò, quando guardiamo questa pianura della Polonia meridionale, desiderando di correre sui prati e sui terreni paludosi che ci separano da quei monti Beschidi bluastri all’orizzonte. Ma sappiamo anche altro. Sappiamo che ci attende un’unica fine, un’unica liberazione da questo inferno di filo spinato: la morte ... "
Ultima fermata Auschwitz
Eliazar de Wind
detto Eddy
Traduzione
Dafna Fiano
Eliazar de Wind
detto Eddy
Traduzione
Dafna Fiano
Sono senza P.C. - appena possibile in questo stesso post racconterò qualcosa in più su Eddy e Friedel
Su Auschwitz ho visto un capolavoro, "La tregua" , un film italiano del 1997, l'ultimo diretto da Francesco Rosi, tratto dal romanzo omonimo del 1963 (vincitore del premio Campiello) di Primo Levi, deportato sul campo di concentramento tedesco.
RispondiEliminaagghiacciante
RispondiEliminaMostruosità demoniache
RispondiEliminasinforosa
Cara Sciarada, tutto mi fa rabbrividire, se penso che è veramente accaduto, dico che il mostro esiste anche nell'umanità.
RispondiEliminaCiao con un forte abbraccio e un grande sorriso:-)
Tomaso
Qualcosa di indicibile. Grazie per aver postato questo brano. Ciao Sciarada.
RispondiEliminaRicordiamole queste brutture, facciamolo soprattutto quando ci viene proposto di votare. I politici che guardano con desiderio a quei tempi orrendi ci sono ancora e leggendo Primo Levi li si può riconoscere anche sotto le vesti moderne che paiono solo segni dei tempi che viviamo. "Come facemmo a non capire? Eppure i segni c'erano tutti", scriveva interrogandosi quasi con ossessione. (Ho citato il virgolettato a memoria) Noi abbiamo i suoi libri e anche la coscienza a dire che no, certi limiti non sono possibili, perchè a nessuno è concesso di farlo.
RispondiEliminaCiao Sciarada.
E' stata una bella sopresa tornare qui e trovare l'aria natalizia.
Sappi cara che ti aspetto,perché leggerti e semplicemente meraviglioso.
RispondiEliminaUn abbraccio
Maurizio
Ho visto quel che rimane di quei blocchi.
RispondiEliminaUn'importante testimonianza. Grazie Sciarada.
Quanti modi per ricordare!E potrebbe non bastare ancora,perchè ricordare e raccontare presuppone l'ascolto,la volontà di conoscere,lo studio,la documentazione..Il mondo va troppo in fretta,spesso ho quasi la paura fisica di essere travolta,dalla furia delle parole dall'assenza del pensiero,dalla negazione dell'ovvio.Noi sappiamo qualcosa,noi ricordiamo e raccontiamo.Lo faremo,lo farò fino alla fine dei giorni,cercando di passare il testimone.cercando di credere che è ancora possibile.
RispondiEliminaUna prosa semplice, stringata... feroce.
RispondiEliminaGreat share thanks for writing this
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