Quest'opera di Gian Lorenzo Bernini si erge nel rione Pigna di Roma, inizialmente venne chiamata popolarmente "Porcino della Minerva" perché per i romani l'animale scolpito, più che a un elefante, assomigliava a un piccolo maiale; successivamente fu anche chiamato "Pulcin della Minerva".
La sua esistenza è legata essenzialmente al luogo in cui si trova perché al tempo degli antichi romani qui sorgevano tre templi: il Minervium di origine domiziana dedicato a Minerva Calcidica, l'Iseum dedicato a Iside e il Serapeum dedicato a Serapide; sui resti del tempio di Iside venne costruito un convento per i domenicani che scavando nel giardino scoprirono nel 1665 un obelisco, gemello di quello Macuteo che si trova non molto distante in piazza della rotonda davanti al Pantheon, e papa Alessandro VII, in accordo con i frati che non volevano che il reperto fosse allontanato dalla loro casa professa, decise di farlo erigere sul sito dell' attuale piazza della Minerva.
Padre Paglia, un architetto domenicano propose un progetto in cui l'obelisco, che reca incisioni su tutti e quattro i lati, dedicato al faraone Hofra del VI secolo a.C., e nominato anche nelle Sacre Scritture:
"Ecco, io darò il Faraone Hofra, re d'Egitto, in mano dei suoi nemici, in mano di quelli che cercano la sua vita, come ho dato Sedekia, re di Giuda, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, suo nemico, che cercava la sua vita."
Ger. 44,30
doveva sormontare sei piccoli colli in onore dello stemma dei Chigi, famiglia alla quale Alessandro VII apparteneva, e quattro cani, uno per ogni angolo, per rappresentare la fedeltà dei "Domini canes" ovvero dei domenicani - cani del Signore. Il Papa però non approvò il progetto perché voleva un simbolo della "Divina Sapienza" per rendere omaggio a Cristo, pertanto fu chiamato Gian Lorenzo Bernini che, ispirato da un romanzo del XV secolo di Francesco Colonna "l'Hypnerotomachia Poliphili - La battaglia d'amore in sogno di Polifilo", scelse la figura dell'elefante in quanto sembrava perfetto per rappresentare simbolicamente la forza e per sorreggere strutturalmente l'obelisco. Padre Paglia però contrastò l'idea del Bernini di scolpire l'elefantino senza una base sottostante, asserendo che:
"Niuno perpendicolo di pondo non debi sotto a sè habere aire overamente, perché essendo intervacuo non è solido ne durabile" -
"Nessun peso perpendicolare deve poggiare sul vuoto perché non è ne solido ne duraturo",
e il papa ordinò che l'elefantino venisse supportato da una base.
Il Bernini cercò di coprire il supporto cubiforme facendo indossare all'elefantino una gualdrappa su cui era scolpito lo stemma dei Chigi, sei monti sovrastati da una stella a otto punte, ma non riuscì rendere più leggero il senso di pesantezza dell'opera.
Nel disegno definitivo del Bernini che fu poi realizzato dall'allievo Ercole Ferrata nel 1667, l'elefantino porgeva le terga con la coda spostata di lato e la proboscide al convento dei domenicani,
sottigliezza questa che non sfuggì a Monsignor Sergardi che con lo pseudonimo di Quinto Settano scrisse questo epigramma:
"Vertit terga elephas versaque proboscide clamat: Kiriaci frates hic ego vos habeo" -
"L'elefante volge le terga è grida con la proboscide rivolta all'indietro: fratelli del Kirie io vi ho qui"
Sui lati del cubo si legge:
"Alessandro VII, l'antico obelisco, monumento di Pallade Egizia, venuto fuori dal suolo ed eretto nella piazza dedicata a Minerva e ora alla Madre di Dio, nell'anno 1667 dedicò alla Divina Sapienza."
Scritto da Alessandro VII
"Oh, tu, che vedi trasportati qui da un elefante, il più forte tra gli animali, i geroglifici del sapiente Egitto, comprendi l'ammonimento: è necessaria una robusta mente per sostenere la solida sapienza."
Scritto da Alessandro VII
Stemma papale
Sulla destra si può vedere parte dell'ex convento dei domenicani, oggi biblioteca del senato dedicata a Giovanni Spadolini e dietro l'obelisco la cupola del Pantheon.
© Sciarada Sciaranti