" Roma, fine del 1914
- La mamma, - gridò Jenny entrando esultante nella mia camera e 
battendo le mani - la mamma acconsente per te!
Mi voltai a guardarla con aria stupita dal canto del fuoco, in 
cui stavo da circa un’ora tutto ristretto in me dal freddo, con le mani e i 
piedi al caldo alito del camino, e l’anima... oh, l’anima, chi sa dir dove se ne 
vada in certi momenti, quasi alienata dai sensi, inerti, mentre gli occhi par 
che guardino e pur non vedono?
- Uh! - riprese tosto Jenny, come assiderata dal mio freddo. - 
Mi sembri un vecchio! Figuriamoci, se la neve fosse davvero caduta qui!
E così dicendo, mi scompigliò su la testa i capelli.
Io le presi ambo le mani bellissime, e le tenni a lungo tra le 
mie:
- Te le riscaldo, aspetta! A che acconsente la mamma?
- A festeggiare il Santo Natale! - esclamò Jenny, riprendendo 
la vivacità, con cui era entrata in camera mia, e nascondendo in quella la 
confusione che provava nel sentirsi stringere le mani da me. - Compreremo un 
bell’abetino, alto... alto... lasciami dir come...
- Come? - le domandai io sorridendo, tenendole vieppiù strette 
le mani.
Ma ella ne svincolò una, e fece tosto:
- Alto così!
- Oh brava! Sarà bello...
- Quanto tu sei brutto... Non si scherza, sai, su queste 
cose... Lasciami quest’altra mano... A che pensavi?
Chiusi gli occhi e alzai le spalle, traendo un lungo sospiro 
per le narici.
Zufolava il vento attraverso la gola arsa del camino, o sentivo 
io veramente, lontano lontano, il suono lento nasale cadenzato d’una zampogna? 
Veniva quel suono dalle parole di pianto che avevo dentro di me, e che certo, 
per il groppo che mi stringeva la gola, prima che la via delle labbra, avrebbero 
trovato quella degli occhi? Era gonfia quella zampogna lontana dei profondi 
sospiri della mia intensa malinconia? E quel fuoco innanzi a me non era la 
gregal fiammata di fasci d’avena innanzi a un rustico altarino in una piazza 
della mia lontanissima città natale, nelle rigide sere della pia novena? 
Tintinnava l’acciarino? Sonava davvero, lontano lontano, la zampogna?
Come talvolta, anzi spesso, in questa società arriviamo 
finanche a vergognarci della dignità dell’anima nostra, così un certo pudore, 
falso pudore, ci vieta di rivelare anche a una gentile persona, intima nostra, 
certi sentimenti che, sembrandoci troppo squisiti e quasi puerili per la 
delicata loro innocenza, sospettiamo potrebbero essere accolti con dileggio o, 
nella migliore ipotesi, non apprezzati, essendo nati in noi da specialissime 
condizioni di spirito. Per ciò non dissi a Jenny quel che pensavo.
- Questo vento mi opprime! - dissi invece. - Non posso più 
sentirlo... Tutto il giorno così, a lamentarsi entro la mia stanza per la gola 
del camino... Di sera poi, tu intendi, nel silenzio, nella solitudine, riesce 
proprio intollerabile...
- Ho capito! - fece allora Jenny, prendendo una seggiola. - 
Eccomi accanto a te, brontolone! Via, via, un altro tizzo per me, nel camino! 
Aspetta!... lo piglio io: tu sei tutto imbacuccato... Ecco fatto! Dunque la 
mamma acconsente, hai inteso! E acconsente per te! Son due anni, te l’ho detto, 
che non si festeggia più il Natale in casa nostra. Quest’anno vogliamo 
compensarcene: figurati come saranno liete le bambine!...
Le tre bambine, a cui Jenny alludeva, erano sue sorelle 
uterine. Il Natale non si festeggiava da due anni in casa L. in segno di lutto 
per la violenta morte del secondo marito della signora Alvina, madre di Jenny. 
Il signor Fritz L. , dopo una vita disordinatissima, s’era ucciso con un colpo 
di rivoltella alla tempia, in Neuwied su la riva destra del Reno. Jenny mi aveva 
narrato più volte i truci particolari di questo suicidio, seguito a una serie di 
orribili scene in famiglia, e mi aveva rappresentato con tanta evidenza 
la figura e i modi del patrigno, che a me sembrava quasi di averlo conosciuto. 
Avevo letto la sua ultima lettera alla moglie, da Neuwied, ove erasi recato per 
porre in effetto l’orrendo proposito; e non ricordavo d’aver letto mai parole 
d’addio e di pentimento più belle e più sincere. È fama che da Neuwied si goda, 
meglio che da ogni altro punto delle contrade del Reno, il levar del sole. "Ho 
veduto tutto e tutto provato", scriveva alla moglie il marito, "tranne una cosa 
sola: in quarant’anni di vita non ho mai veduto nascere il sole. Assisterò 
domani dalla riva a questo spettacolo, che la notte serenissima mi promette 
incantevole. Vedrò nascere il sole, e sotto il bacio del suo primo raggio 
chiuderò la mia vita."
- Domani compreremo l’albero... - continuò Jenny. - Il tino 
c’è, è su nell’abbaino, e debbono esserci dentro i lumicini colorati, i festelli 
variopinti, come li ha lasciati lui l’ultima volta. Perché, sai, l’albero ogni 
vigilia, lo adornava lui, di nascosto, nella sala giù, accanto a quella 
da pranzo; e come sapeva adornarlo bene per le sue bambine! Diventava buono una 
volta all’anno, di queste sere qui.
Jenny, turbata dal ricordo, volle nascondere il volto 
appoggiando la fronte sul bracciuolo della mia poltrona, e certo, in silenzio, 
pregò.
- Cara Jenny! - feci io, intenerito, posando una mano sul suo 
capo biondo.
Quando ella si rialzò dalla preghiera, aveva gli occhi pieni di 
lacrime; e, sedendo novamente accanto a me, disse:
- Diventiamo buoni tutti, quando è prossima la Santa Notte, e 
perdoniamo! Divento buona anch’io che pur dico sempre di non sapergli perdonare 
lo stato in cui ci ha ridotte... Non ne parliamo! Domani, dunque, senti; andrò 
prima da Frau R. , qui accanto, per una grembiata d’arena del suo giardino: ne 
riempiremo il tino e v’infiggeremo l’abete, che ci porteranno domattina per 
tempo, prima che le bambine si sian levate da letto. Non debbono accorgersi di 
nulla loro! Poi usciremo insieme per comprare i dolci e i regalucci da appendere 
ai rami, e pomi e noci: i fiori ce li darà Frau R. dalla sua serra... Vedrai, 
vedrai, come sarà bello il nostro albero... Sei contento?
Io feci più volte cenno di sì col capo. E Jenny sorse in 
piedi.
- Lasciami andar via, adesso... A domani! Altrimenti il tuo 
vicino farà cattivi pensieri sul conto mio. È lì, sai, in camera sua, e avrà 
certo udito, che sono entrata da te...
- Ci sarà anche lui per la festa? - domandai io 
contrariato.
- Oh no! Vedrai, egli se n’andrà a far baldoria co’ suoi degni 
socii... Addio; a domani!
Jenny scappò via in punta di piedi, richiudendo pian piano 
l’uscio. E io ricaddi in preda ai miei tristi pensieri, finché il grido 
lamentoso intollerabile del vento non mi cacciò dal canto del fuoco. Andai 
presso la finestra, e schiarendo con un dito il vetro appannato, mi misi a 
guardar fuori: nevicava, nevicava ancora, turbinosamente.
Quel guardar fuori attraverso il tratto lucido nell’appannatura 
mi ridestò d’improvviso un ricordo degli anni miei primi, quand’io, credulo 
fanciullo, la notte della vigilia, non pago del grande presepe illuminato entro 
la stanza, spiavo così, se in quel cielo pieno di mistero apparisse veramente la 
nunzia cometa favoleggiata...
Comprammo il domani l’albero sacro alla festa; poi salimmo 
nell’abbajno per veder quanta parte degli ornamenti rimasti lassù potesse ancora 
servirci, prima d’uscire a comprarne di nuovi.
Era in un canto buio il vecchio abetino di tre anni addietro, 
tutto stecchito, come uno scheletro.
- Ecco, - disse Jenny - questo è l’ultimo albero, ch’egli 
adornò. Lasciamolo lì, dove lui l’ha lasciato; così non avrà in tutto la sorte 
dell’abetino di Giovan Cristiano Andersen, che finì tagliuzzato sotto una 
caldaia. Ecco qui il tino. Vedi: è pieno; speriamo che l’umido non abbia tolto 
il lucido e il colore ai globetti di vetro, ai lumicini.
Era ogni cosa in buono stato.
Più tardi, io e Jenny uscimmo insieme a comprare i giocattoli e 
i dolci.
Chi sa quanto contribuiscano, pensavo andando, il freddo 
intenso, la nebbia, la neve, il vento, lo squallore della natura a render la 
festa del Natale in questi paesi più raccolta e profonda, più soavemente 
malinconica e poetica e religiosa, che da noi!
La sera appena le bambine furono a letto, sgombrata la stanza 
accanto alla sala da pranzo, io e Jenny facemmo portar giù dalla serva il tino; 
lo collocammo presso un angolo e lo riempimmo d’arena intorno al fusto 
dell’albero.
Lavorammo fino a tarda notte a parar l’abetino, che pareva 
contento di tutti quegli ornamenti, e che si prestasse riconoscente alle nostre 
cure amorose, protendendo i rami per regger le collane di carta dorata e 
argentata, i festelli, i globetti, i lumicini, i panierini di dolci, i 
giocattoli, le noci.
"No, queste noci, no!", pensava forse l’abetino. "Queste noci 
non m’appartengono: sono frutti d’un altr’albero."
Ingenuo abetino! Tu non sai ch’è l’arte nostra più comune, 
questa di farci belli di quel che non ci appartiene, e che noi non abbiamo 
scrupolo, troppo spesso, d’appropriarci il frutto dei sudori altrui...
- Aspetta: la cometa! - esclamò Jenny, quando l’albero fu tutto 
parato. - Dimenticavamo la cometa!
E in cima all’albero io appiccicai, con l’ajuto della scaletta, 
una stella di carta dorata.
Ammirammo a lungo l’opera nostra; poi chiudemmo a chiave 
l’uscio della stanza, perché nessuno il domani vedesse prima di sera l’albero 
adorno, e andammo a letto ripromettendoci pel domani in compenso del freddo, 
della veglia e della fatica, le lodi della madre e la gioia delle bambine.
Invece... Oh no, no, per Jenny che aveva tanto lavorato, per le 
sue povere bambine, non doveva la sera dopo mettersi a piangere, come fece, 
quella buona signora Alvina alla vista dello splendido albero illuminato su quel 
tappeto di fiori!
Era andato così bene, fino 
all’ultimo servito, il pranzetto della vigilia con quella torta di prugne e 
l’oca infarcita di ballotte! Poi le bambine s’eran messe dietro l’uscio della 
stanza, ove sorgeva l’albero, e con le manine diacce congiunte in atto di 
preghiera avevano intonato il coro dolcissimo e malinconico:
Stille Nacht, heilige Nacht...
Non dimenticherò mai più quell’albero 
di Natale, ch’io adornai per altri più che per me, e quella festa terminata in 
pianto; né mai, mai si cancellerà dagli occhi miei il gruppo di quelle tre 
bambine orfane aggrappate alla veste della madre e imploranti il babbo! Il 
babbo! mentre l’albero sacro, carico di giocattoli, illuminava di luce 
misteriosa quella stanza cosparsa di fiori. "
Luigi Pirandello 

Bellissimo post cara Sciarada Un grazie infinite,
RispondiEliminaun Buon Natale anche a te.
Tomaso
Carissimo Tomaso, sono io che ringrazio te e ricambio con affetto gli auguri per un sereno Natale!
EliminaCiao Sciarada, cara,este e un bellissimo cuento de Navidad, Pirandello un genio, e il tuo blog mas bello que nunca!!
RispondiEliminaCiao Carolina, è assolutamente vero Pirandello è un genio, la sua prosa è poesia dell'anima!
EliminaGrazie infinite per i tuoi apprezzamenti sempre molto carini e un bacio!
Bellissimo questo racconto Natalizio del grande Pirandello
RispondiEliminaCiao Sciarada auguri per un lieto esereno Santo Natale.
Ciao Tiziano, condivido, il racconto di Pirandello è bellissimo!
EliminaGrazie e sereno e lieto Natale anche a te!
Molto bello questo malinconico racconto che non conoscevo.
RispondiEliminaCiao carissima, buona giornata un abbraccio
enrico
Ciao Enri, questo testo fa parte dell'Appendice alle Novelle per un anno.
EliminaAllegro giorno a te e ricambio l'abbraccio!
Che bella lettura :-)
RispondiEliminaUn fermento di emozioni carissima Adriana! ^_^
EliminaInvitación
RispondiEliminaYo soy brasileño, y tengo un blog, muy simple.
Estoy lhe invitando a visitar-me, y se posible, seguimos juntos por ellos.
Fuerza, Alegría y Amizad.
Ven acá, y deja un comentário, para YO, seguí en su blog con facilidad.
Yo, estoy te seguyendo.
Abrazos, del Brazil.
www.josemariacosta.com
Ma grazie per l'invito Jose Maria, come potrei non accettare!
EliminaUn abbraccio a te!
...si avvicina il Natale.... un giorno speciale che nel bene e ne male trasporta la mente nei ricordi del passato, in quella tradizione rituale che è la preparazione dell'albero e dei regali. Ieri, non tutti hanno avuto la fortuna di festeggiare con gioia e felicità il santo giorno della Natività. E anche oggi, fra pochi giorni, molti non gioiranno come descritto nella novella natalizia del Pirandello. E forse la scelta di questa novella, non è casuale: la gioia della festa vinta da una malinconica tristezza, un sentimento d'amore, di rimpianto per chi manca, come le bimbe che prorompono in pianto invocando il papà che più non è con loro...ps. mi scuso con la gentile Sciarada e con tutti i lettori, ma la novella del grande Pirandello ha sommosso in me quest'emozione...auguro a tutti di trascorrere le feste natalizie con serenità e gioia...
RispondiEliminaAmico mio, non devi scusarti, mi sarei stupita se anche solo una virgola del tuo pensiero fosse stata diversa; come acutamente hai osservato la scelta di pubblicare questa novella non è casuale, credo che il Natale di molti di noi, da tanto tempo, sia velato dalla malinconia e dalla sofferenza legate sia al vissuto personale sia a quello dei meno fortunati che affollano il mondo, ma c'è anche la voglia di sprigionare un semplice ed umile sorriso che ci scaldi offrendoci un po' di gioia ed è con questa incandescente ambivalenza emozionale che festeggiamo!
EliminaIl primo raggio di sole non deve esser colto solo l' ultimo giorno di vita!
I tuoi auguri sono quelli che anch'io faccio di cuore a te!
Grazie!
...cara Amica, il tuo messaggio è sceso come un raggio di sole che ha riscaldato un cuore e illuminato la fresca neve che già rischiara la nostra vallata..Grazie!..
EliminaCommovente racconto natalizio quello che ci hai proposto, Dolcissima.
RispondiEliminaRispecchia purtroppo la realtà attuale: non tutti avranno la possibilità di festeggiare il santo Natale come si converrebbe, ossia in famiglia.
..."un certo pudore, falso pudore, ci vieta di rivelare anche a una gentile persona, intima nostra, certi sentimenti che, sembrandoci troppo squisiti e quasi puerili per la delicata loro innocenza, sospettiamo potrebbero essere accolti con dileggio o, nella migliore ipotesi, non apprezzati, essendo nati in noi da specialissime condizioni di spirito"...
Così mi sentivo io, da bambina. Nessuno mi diceva parole dolci e ...ne soffrivo.
Da pochi anni riesco ad esprimere i miei sentimenti.
Ti abbraccio, amica carissima.
Mio Dolce Sorriso, le nostre specialissime condizioni di spirito ci rendono umani e chi le accoglie con dileggio o anche con peggio non è degno neanche di comprenderle!
EliminaIo i tuoi sentimenti li colgo, li accolgo, li comprendo e TI VOGLIO BENE! ^_^
Ti avvolgo in un riabbraccio!
Grazie!
EliminaGrazie a te mia Gianna!
EliminaQuanta malinconia in questo racconto di Natale. Eppure più vero, più caldo ed emozionante nella sua morbida luce di tutte le luminarie che ci frastornano dintorno in questi giorni, superficiali e false portatrici di allegria. La "luce misteriosa" dei sentimenti è ben altro.
RispondiEliminaCiao Ambra, la luce dei sentimenti è più simile a quella di una candela che illumina ciò che è necessario vedere, è delicata, vibrante e viva, sembra spegnersi per poi tornare a brillare!
EliminaSciarada, questa canzone bellissima vi piacera molto :)
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=H10f2w7T5CU
Grazie Carolina ho ascoltato la canzone ed è bellissima!
EliminaA sad and touching tale – so much talent.
RispondiEliminaCiao Vagabonde, Pirandello è davvero uno dei più grandi scrittori italiani!
Eliminasempre speciale nelle tue ricerche informative...Auguriiiii tanti tanti e che tutto ti sorrisa sempre...pace e serenità.
RispondiEliminaciaooooo
Carla
Speciale è il tuo cuore, grazie Carla e un bacio!
EliminaLa mano del tempo è terribilmente furtiva, ma nulla può contro le parole scritte. Grazie Elegante Principessa.
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