sabato 31 luglio 2010

Lo specchio di Golconda - Democrazia infernale


Sono cresciuto con questo inganno, ho creduto, voluto, perseguito e dedicato ogni sussulto della mia volontà a questo infame tradimento.
L'ho difesa la democrazia, giustificata come si fa con gli errori di gioventù, convinto che sarebbe cresciuta, divenuta bella e forte, oggi so che non è così e sebbene il cuore ancora accenda sussulti di speranza, l'esperienza, la ragione e la quotidiana realtà mi testimoniano che gli esseri umani sono incapaci, volutamente incapaci di donare a se stessi e ad altri una esistenza democratica. 
Posso affermare con serena coscienza che ho conosciuto solo tre esempi di democrazia, quella naturale cioè quella che impone madre natura, fatta dal ciclo della vita che non conosce ne baroni ne padrini e non dispensa ne chiede favori; di altro livello si occupa quella divina, così forte e giusta da impedire persino a se stessa la più piccola ingerenza anche a costo di vedersi rinnegata; da ultima ma non ultima per equilibrio quella infernale, perché se è vero che per dispensare favori ti chieda l'anima è altrettanto vero che se la chiede, la domanda fa patti ma non impone.
Noi siamo peggiori persino di quest'ultima, imponiamo se possiamo farlo e se non possiamo diventiamo servi.
Per quanto possa essere profondo l'inferno vi si respira più democrazia che in qualsiasi angolo della terra, dannati e diavoli hanno scelto, forse sbagliando ma hanno scelto.
Preferisco trattare con l'inferno e i suoi rappresentanti che con gli uomini e i loro governi. 
Ma ormai è certo io sono solo un pazzo che parla a se stesso, e tu non puoi, non devi somigliarmi.

© Golconda

venerdì 30 luglio 2010

Ruderi

" ... E tutto suonerà d’urla e di pianti
e la vendetta veglierà fatale
de la città su i ruderi fumanti ... "

L'annunciazione
Olindo Guerrini






giovedì 29 luglio 2010

Senza parole







Maresciallo Mauro Gigli






Caporal Maggiore Pier Davide De Cillis




Afghanistan 28 Luglio 2010

mercoledì 28 luglio 2010

La terra dei faraoni - Il Nilo al tramonto

"... È certo che gli Arabi visitarono e conobbero tutto il paese, per cui scorre il Nilo. Notisi tuttavia che i loro geografi dànno questo nome non solo al classico fiume d’Egitto, ma lo estendono a pressoché tutti i grandi fiumi del continente africano. Così il vero Nilo è detto Nilo d’Egitto; il fiume Azzurro porta il nome di Nilo di Habesch; il Giub è chiamato Nilo della costa degli Zengi cioè dello Zanguebar; il Komadogu affluente del lago Tsade è designato col nome di Nilo del Sudan; il Nigir è detto Nilo di Ghana. Da questa comunanza di nome doveva scaturire, come conseguenza necessaria, che tutti i fiumi dell’Africa formassero un solo sistema fluviale, colle sue arterie principali irradianti verso tutti i punti dell’orizzonte; e colle sue sorgenti in un grande nodo centrale. Il che fu causa di molte supposizioni erronee e di inutili tentativi, in ispecie da parte dei Portoghesi; i quali, nelle loro spedizioni africane, si lusingarono di poter penetrare, per qualcuno dei fiumi occidentali, insino al meditullio del continente; e di qui ancora, per acqua, sino alla Nubia ed all’Abissinia. 

I geografi arabi sono concordi nel porre le prime vene, che alimentano il fiume d’Egitto, in certe montagne situate verso il 10° grado di latitudine meridionale, alle quali si dava il nome di Montagne della Luna ... " 

Spiegava nel 1891 Luigi Hugue nella parte seconda di "Storia della geografia e delle scoperte geografiche esposta da Luigi Hugues


Il Nilo, in arabo è chiamato " Nahr al - Nil " dal greco " Neilos " - " Valle del Nilo ", in egiziano è chiamato " Iteru " - " Grande fiume ", in geroglifico " Itrw "


Lungo 6,671 chilometri, dal lago Vittoria alimentato dal fiume Kagera, scorre verso nord per terminare con una foce a delta.


Ha tre affluenti, due importanti: " Il Nilo Bianco " - " Bahr al Abyad " che è il più lungo, " il Nilo Azzurro " - " Bahr al Azraq " che apporta una maggiore quantità d'acqua e di limo che rende fertile il terreno dopo le inondazioni annuali, e uno minore " l'Atbara ".


Attraversa ben sei regioni africane: Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Sudan, Egitto ed in parte tocca La Repubblica Democratica del Congo, Il Kenia, Etiopia ed Eritrea.


Ha sei cataratte per lo più dislocate nel territorio sudanese, la prima è ad Assuan, l'ultima a Sabaloka.


L'antica civiltà egiziana si sviluppò anche grazie a questo fiume, fonte di sostentamento attraverso la sua prodiga piena, controllata secondo la tradizione dal dio Hapi, che fertilizzava il terreno permettendo la coltivazione e la produzione di grano e di altri alimenti. La stagione delle inondazioni era chiamata Akhet - Inondazione e nel mese di Thoth, con il ritorno della visibilità di SpdtSothis - Sirio, assente per 70 giorni, che sorge mezz'ora prima del sole, si festeggiava la Wpt Rnpt - l'Apertura dell'anno, il Capodanno egizio. Seguiva il mese di Paophi, Athir, Shoiak, la stagione di Peret - Comparsa delle Terre/Emersione con i mesi di Tybi, Meshir, Phamenoth, Pharmauti, e la stagione di Shemu - Calore/Raccolto con i mesi di PakhonsPayni, Epiphi, Mesora.



Il Nilo aveva anche un valore simbolico per gli antichi egiziani che lo consideravano una via tra la vita, la morte e l'oltretomba; seguendo il ciclo solare, la sua parte est era il luogo della nascita e della vita, la sua parte ovest era il luogo della morte e per questo motivo qui furono costruite le tombe.

© Sciarada Sciaranti


" ... [57] Trovamo in sulla riva del Nilo uno serpente di lunghezza d'otto braccia e grosso come uno mezzano uomo ha la coscia; il suo colore luccicante e la sua schiena è ronchiosa, come gli schienali delli storioni secchi.


[58] Il detto fiume del Nilo comincia a crescere di giugno, e così viene crescendo infino a ottobre; poi scema per maniera che i piani ch'egli ha allagati si seminano in su quella belletta c'ha fatta l'acqua, gittando il seme sopra essa e rimenandola con loro artificii. Quando il fiume è minore e in canale, l'acqua sua è d'altezza braccia sei; e quando è maggiore, è d'altezza braccia venti: sicché il suo crescere è braccia quattordici e l'allagare è secondo che trova di pianura, che v'è in molte luogora che pare un mare.


[59] E là dove non aggiugnesse l'allagare del fiume ed e'volessino seminare hanno loro artificii di ruote che con buoi le fanno volgere e colare su grandissima copia d'acqua per modo che inzuppa il terreno, sicché si può lavorare e seminare. E questo è loro di nicissitate così fare, perocché in Egitto non piove mai. Il grano che seminano è maturo da mietere in novanta dì; e volendo rinaffiare e lavorare la terra, vi si fa su due riccolte l'anno, come che questo faccino rade volte, perocché non bisogna loro, perché lo Egitto è lo più grasso paese del mondo. E rispondono le loro semente da cinquanta a cento per uno, secondo e paesi, e i loro gambi del grano sono grossissimi e le spighe come pannocchie di panico.


[60] In sulla riva del Nilo trovamo moltissimi garzoni e fanciulle d'età di quattordici anni o circa, tutti ignudanati, neri come carbone, i quali ci chiedevano de' limoni, com'è loro usanza chiedere a chi naviga su per lo Nilo, e noi gli scagliavamo loro, ed eglino ricoglievano sanza avere niuna vergogna d'essere ignudi ... " 

Viaggio in Terrasanta
Leonardo Frescobaldi


lunedì 26 luglio 2010

Ippopotamos

" ... Sugli isolotti sabbiosi sonnecchiavano pacificamente colossali ippopotami, grossi più dei rinoceronti, con testa enorme, muso assai rigonfio, nari larghe e sporgenti, gambe brevissime ma grossissime e la pelle cosparsa di rade setole e così grossa da sfidare le palle di fucile.
Alcuni di quei mostri talvolta si tuffavano con un fragore formidabile, portando sulla schiena i loro piccini grandi quasi quanto un bue e ricomparendo poco dopo nitrendo come cavalli ... "


La favorita del Mahdi
Emilio Salgari

L'ippopotamo anfibio, dal greco ἱππος e πόταμος - ippopotamos " " cavallo di fiume " è un mammifero erbivoro di origine africana che per dimensioni è più piccolo solo dell'elefante africano e del rinoceronte.


È lungo di media 3,30 - 3,75 metri, 



Alto dal garrese 1,50 metri, il peso si aggira tra 1,4 e 3 tonnellate.


Ha bisogno di circa 40 chilogrammi di erba fresca al giorno che corrisponde all'1 - 1,5 per cento del suo peso e in proporzione non è tanto. 
La pelle è priva di peli a parte le vibrisse sul muso per un uso tattile e dei peli rigidi sulla coda.
I maschi della specie si riproducono tra i 6 e i 13 anni, le femmine tra i 7 e 15 e i cuccioli che nascono dopo 8 mesi di gestazione, solitamente tra febbraio e agosto durante il periodo delle piogge, hanno bisogno di un anno di allattamento.



L'ippopotamo compare tra le divinità egiziane con il nome di " Tueret " - " Grande femmina della terra ", viene rappresentata con il corpo di una donna gravida e il muso di ippopotamo e protegge le donne in gravidanza.



© Sciarada Sciaranti

domenica 25 luglio 2010

Prigionia o evasione?

Anche i fiori hanno una loro personalità!


C'è quello che si adatta pacificamente alle proprie condizioni di vita


e quello che irruente travalica le barriere alla ricerca di una vita migliore.

sabato 24 luglio 2010

Lo specchio di Golconda - Buone vacanze


Buone vacanze a chi può farle e buone vacanze a chi le immagina solamente.
A chi porterà i suoi figli su spiagge dorate e a chi farà sognare i suoi davanti un televisore.
Buone vacanze a chi ha fatto il suo lavoro, qualunque esso sia; al medico che ha curato, all'autista che ha trasportato, al poliziotto che ha arrestato e al ladro che ha rubato se ladro ha voluto sempre essere chiamato.
Siano un diritto per tutti coloro che hanno faticato, sofferto e pagato per il loro lavoro, giusto o ingiusto, indispensabile o superfluo, più o meno sporco.
Ma nessun diritto, nessuna concessione per i parassiti che infestano questo paese, quegli esseri viscidi e falsi come banconote del monopoli, quelli che i nobili "PELLEROSSA" chiamavano "LINGUE BIFORCUTE".
Noi ne nutriamo un numero elevato, li manteniamo con tutti i riguardi, ingrassandoli come maiali ma senza farne prosciutti.
Ci prostriamo, ci inorgogliamo se degnano la nostra casa della loro presenza, e pensare che anche i ratti fuggono al loro arrivo.
Tu sai di chi sto parlando, dei professionisti della menzogna, campioni del tradimento, principi del malaffare mai nemmeno sfiorati dalla vergogna, da un sussulto di dignità, da un flebile, impercettibile alito di pentimento.
Certo che sai di chi parlo! E sai anche dove trovarli tutti insieme. No non è l'inferno, per quello dovrai aspettare.
Un posto dove il complotto è obbligatorio, rinnegare il giuramento indispensabile, rubare meritorio, dove la droga non basta mai e la prostituzione prassi comune.
Come dici? Pensi sia la casa di un mafioso? Stai sbagliando, di una casa si tratta ma è quella di chi ti rappresenta.
Ormai mi conosci, sai che parlo per me, ma questa volta non di me, se vuoi stavolta decidi di somigliarmi.

© Golconda

mercoledì 21 luglio 2010

Lo Stadio di Domiziano

Piazza Navona ricopre per intero tutto il perimetro dello Stadio di Domiziano che nell'86 d.C., proprio dall'imperatore di cui porta il nome, fu fatto costruire nel rione Campo Marzio in quella zona del Tevere dove Augusto sul finire del I secolo a.C. aveva fatto edificare uno stadio con la struttura di legno ricordato nella " Storia romana " di Dione Cassio.
L'intento di Domiziano fu di dare una sede stabile ai giochi di atletica greca che si svolgevano nei teatri di Marcello, di Balbo, di Pompeo e nei circhi Flaminio e Vaticano e che insieme a quelli musicali ed equestri componevano la trilogia del "Certamen Capitolinum*istituito in onore a Giove. Questo stadio con la "Domus Flavia" e la "Domus Augustana" formava il complesso dei palazzi Domizianei.

Certamen Capitolinum* = Concorso a premi



La facciata é di travertino, con una doppia serie di arcate su pilastri,




la cui parte inferiore è di ordine ionico e quella superiore di ordine corinzio.



L'interno era composto da settori a più livelli in laterizio con scale e corridoi per raggiungere gli spalti, le pareti erano stuccate con varie decorazioni, gli ingressi all'arena erano tre, due nella parte centrale dei lati lunghi e uno nel lato curvo verso settentrione, il tutto arricchito da gruppi scultorei o singole statue sui fornici superiori o nelle nicchie del piano terreno, tra tutte le sculture c'era anche la famosissima statua parlante di Pasquino, oggi posizionata sul lato posteriore di palazzo Braschi. Leggi: Il Congresso degli Arguti - Pasquino


Aveva un orientamento nord - sud, si sviluppava per una lunghezza di 275 metri e per una larghezza di 106 metri, poteva contenere fino a 30.000 spettatori.  L'arena invece aveva una lunghezza di 193 metri ed una larghezza di 54 metri. Nel 228 venne restaurato da Alessandro severo e prese il nome di Circus Alexandri mentre nel Medioevo sulla cavea furono costruite la chiesa di Sant'Agnese che si racconta avesse subito il martirio nei fornici dello Stadio e piccole case per gente modesta. Nel 1511 fu riportato alla luce e divenne una cava che offriva materiali di pregio all'edilizia del tempo.


© Sciarada Sciaranti


lunedì 19 luglio 2010

Ruscello nel bosco

" ... la regina andava spesso nel bosco a sedere presso un ruscello. Un giorno si mise a piangere e le sue lacrime caddero nella sorgente, Dall'acqua uscì un grosso gambero che disse: - Ho compassione di te. Ti accompagnerò al castello delle fate che sorge poco lontano da qui ... " 

La cerva nel bosco
Madame d'Aulnoy
traduzione Carlo Collodi



domenica 18 luglio 2010

Che insetto è?


Aggiornamento 22 luglio 2010

Bravissimi è una cicala!


" ... fisato l’occhio sopra il disegno d’una cicala, disse ad alta voce: Da qui in poi m’eleggo d’essere cicala per vivere della rugiada del cielo. Così detto, divenne piccino, gli s’appiccarono addosso l’ale, e se n’andò a’ fatti suoi, e la donna dalle fusa incominciò a filare la vita d’una cicala ...  "

Fantasie di un pazzo
Gasparo Gozzi

sabato 17 luglio 2010

Lo specchio di Golconda - I pacificatori


Non potevamo, davvero non potevamo sottrarci al nuovo ruolo che il mondo ci affidava; il popolo dei santi, dei poeti, e dei navigatori voleva e doveva aggiungere per se l'emblema dei pacificatori. E noi non abbiamo esitato, pronti a inseguire ogni guerra, a mostrare il petto medagliato dei generali e le bare dei figli con pubblica costernazione e privata indifferenza, con l'unico vero problema che hanno tutti i servi sciocchi, l'unica vera sofferenza che li angoscia, trovare il modo di giustificare se stessi.
Fortuna vuole che il destino scelga per noi sempre la parte giusta, la parte dove sono i buoni e per puro caso i più forti.
So già gli appellativi che mi aspettano e allora risparmiateli, ve li dirò io, sono uno sciacallo? Sì perché non amo questa gloria, oppure un ingrato? Certamente perché non ringrazierò nessuno per questa scelta e se più vi placa un bastardo senza patria? Lo rivendico se chi me lo dice è "Giano Bifronte", ma nessuno mi accusi di indifferenza, nessuno tenti nemmeno di sfiorarmi con questa infamia perché il dolore che provo per ogni singola vita umana che fugge via, potessi gettarlo fuori, passerei il resto della mia vita a vomitare. Non c'è ragione in questa guerra, da nessuna parte, nessuno si difende, tutti aggrediscono e soprattutto non credete a coloro che tentano di darvi motivazioni elevate e nobili, mentre mandano i vostri figli a morire, perché ve ne è una sola, i figli non sono i loro altrimenti non lo farebbero. Io non vedo gli eredi di presidenti, cancellieri, ministri e segretari morire dentro un carro blindato o dilaniati da una cintura esplosiva, ma vedo i figli di muratori, contadini, operai e immigrati tornare in bare che mai si consumeranno dentro cappelle private o mausolei gloriosi. Ribellatevi madri, perché noi non ne siamo più capaci, ribellatevi in ogni casa dove c'è un uomo che decide, fatelo con ancora più vigore nelle case in cui gli uomini ubbidiscono. Dite no voi, da ogni angolo del mondo, a chi massacra la vita che voi generate, fatelo con forza e presto, perché non potete non vedere che noi non ne siamo più capaci. Io sono un uomo, io parlo solo per me, ma ti prego madre sii capace di non somigliarmi. 

© Golconda

mercoledì 14 luglio 2010

Estintori del "Corpo Forestale dello Stato"




" ... si moltiplicarono dovunque gli estintori e i mucchi di sabbia per spegnere gl’incendii ... "

I Monumenti italiani e la guerra
Ugo Ojetti



lunedì 12 luglio 2010

Area Sacra di Torre Argentina

L'Area Sacra di Torre Argentina è un sito archeologico piuttosto complesso, su cui non è facilissimo dare una chiara spiegazione perché è composto da una serie importante di edifici sacri risalenti all'età repubblicana medio e tarda, eretti tra il IV e il II secolo a. C., su vari strati sovrapposti, che si estendono sotto il manto stradale. Inizio col dire che il nome della piazza dove si trova l'Area Sacra deriva da una torre parte integrante della casa del vescovo Giovanni Burkhardt (italianizzato Buscardo) cerimoniere del papa Alessandro VII Borgia, alla quale fu dato dal vescovo il nome di Argentoratina per onorare il nome latino Argentoratum della sua città di nascita Straburgo.


La Torre Argentoratina non deve essere confusa però con quella del Papito presente oggi nella piazza, residenza turrita che prende il suo nome dall'antipapa Anacleto II Pierleoni (1132 - 1138) detto "Papitto" per la sua piccola statura o dalla storpiatura del nome della famiglia Papareschi che forse ha abitato la torre.



Inquadratura presa da sud - lato tempio D


A - B - C - D = I templi

1 = Porticus Minucia
2 = Hecatostylum 
3 = La curia di Pompeo 
4 - 5 = Latrine di epoca imperiale
6 = Uffici e depositi di epoca imperiale



I vari strati di costruzione


Il tempio C è il più antico, fu edificato tra il IV e il III secolo a.C per onorare la dea della fertilità protettrice dei boschi e delle messi Feronia. Il tempio era periptero sine postico ovvero provvisto di colonne ma non nella parte posteriore. Come ho già accennato la pavimentazione è suddivisa in vari strati, nel secondo di questo tempio ci sono i resti di un altare in peperino che come recita un'iscrizione trovata sul posto, fu messo lì da Aulo Postumio Albino nipote di un duoviro (antico magistrato romano) nel 174 a.C. Questo altare fu coperto da un terzo strato di pavimentazione e sostituito da un altro in opus caementicium con sei gradini sul fronte.


Il secondo tempio per ordine di costruzione è il tempio A edificato tra il III e il II secolo a.C., secondo alcune fonti da Quinto Lutazio Catulo nel 241 a.C. per la ninfa delle fonti Giuturna, in seguito alla vittoria dei romani sui Falerii o secondo un'altra ipotesi da Quinto Lutazio Cercone per Luno Curritis, ma un passo dei Fasti di Ovidio che parla del tempio di Giuturna nei pressi dello sbocco dell acqua vergine accredita la prima ipotesi.
Questo è un tempio in antis, forse prostilo in stile tuscanico, cioè con due colonne davanti, senza sul retro. Anche qui esisteva un altare in peperino e uno successivo in opus caementicium. All'epoca di Silla sul tempio fu costruita una peristasi, cioè un colonnato con capitelli in travertino, nove colonne nella parte longitudinale e sei in quella posteriore tutt'intorno all'antico edificio che divenne la cella del tempio come in quello greco.



Sul tempio A fu costruita la chiesa di San Nicola dei Cesarini di cui si possono vedere ancora l'altare e l'abside.



Il più grande dei quattro templi, buona parte è nascosta sotto il manto stradale, è quello D, edificato da Lucio Emilio Regillo nel 190 a.C. e dedicato da Marco Emilio Lepido nel 179 a.C. ai dei Lares Permanini, come citato nei Fasti Prenestini. Questo tempio ha una grande cella rettangolare con un pronao esastilo cioè a sei colonne. Oggi è visibile solo il podio in travertino.




Il tempio B il più recente e l'unico monoptero, cioè a pianta circolare, è stato edificato da Quinto Lutazio Catulo, discendente di Catulo costruttore del tempio A, in onore di "Aedes Fortunae Huiusce Diei" - "La fortuna del giorno presente", per celebrare la vittoria sui Cimbri del 101 a.C. a Vercelli in Piemonte. Vicino al tempio è stata trovata una statua della dea Fortuna, un acrolito cioè una statua con la testa e gli arti di pietra marmo o di avorio che oggi è conservata alla Centrale Montemartini di Roma. Delle colonne in tufo stuccate con la base e i capitelli di marmo che circondavano il tempio ne rimangono solo sei. Dopo l'80 intorno all'epoca di Domiziano furono abbattute le pareti della cella e se ne costruirono altre in tufo tra le colonne come i templi pseudoperiteri.




Questi sono gli uffici e i depositi di epoca imperiale


Questa foto inquadra il lato posteriore del tempio B. Sul lato sinistro della foto, in basso si intravedono i resti della Curia di Pompeo, luogo dove si riunivano i senatori e dove fu assassinato Giulio Cesare. Sulla destra invece, accanto alla scala d'accesso all'area, si intravede parte della Porticus Minucia, una struttura quadrangolare che racchiudeva i quattro templi, c'è la Porticus Minucia Vetus costruita da Marco Minucio Rufo nel 107 a.C. per la sua vittoria sugli Scurdisci e la Porticus Minucia Frumentaria un raddoppiamento della Vetus dove veniva dato il frumento alla popolazione. Grazie a un frammento della Forma Urbis sulla Porticus Minucia che comprende l'intero terzo strato di pavimentazione di tutta l'Area Sacra è stato possibile datare i quattro templi le cui fondamenta sono sotto la Porticus Minucia quindi più antiche.



L'Hecatostylum era il quadriportico delle cento colonne, della curia di Pompeo.


© Sciarada Sciaranti

" ... Il Campo Marzio, i suoi portici , l'ombra, l'acqua vergine, le terme,i nostri luoghi sempre, le nostre occupazioni...! "

Fasti 
Ovidio


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