martedì 1 giugno 2010

La terra dei faraoni - Il tempio di Horus

" ... non ci fermammo che ad Edfu. Il tempio di questa città è paragonabile a quello di Tentira per rispetto alla sua bella conservazione, e superiore ad esso per la sua estensione. I propilei di questo monumento sono i più grandi ed i più perfetti che esistano in Egitto; ovunque vedonsi figure colossali scolpite in rilievo; l'interno è scompartito in parecchie sale che ricevono la luce dalle aperture quadrate fatte nei lati. La vista di tali aperture ha fatto nascere alcuni dubbi, i quali non sono stati tolti fino ad ora. Vedute queste nell'interno sembravano che fossero state fatte per dare luce, o per rinchiudere forse nei giorni di festa alcuni emblemi od ornamenti particolari; e quindi devesi credere ch'esse siano tanto antiche quanto lo è tutto l'edificio. Tuttavia allorché si esaminano al di fuori, si conosce ch'esse sono in contatto colle figure colossali scolpite sopra i muri, e che le tagliano e mutilano, lo che farebbe credere che le aperture fossero state fatte dopo che l'edifizio era già stato terminato. A mio credere esse veramente sono state fatte molto tempo dopo la costruzione del monumento per rischiararne l'interno ad uso di un popolo di religione diversa da quella, che professavano coloro che hanno fatto costruire il tempio. Il grande peristilo, ora ingombrato da casolari arabi, è il solo così perfetto che veggasi in Egitto; il portico è ugualmente superbo, quantunque ora sfortunatamente sia sepolto per tre quarti nei rottami. Tentai di penetrare nelle sale interne per alcuni fori della parte superiore del sekos; ma esse erano tanto ingombre che non potei avanzarmivi. I fellahs hanno fabbricato sulla sommità del tempio una parte del loro villaggio, ed alcune stalle pel loro bestiame. Un muro alto e largo, che s'allunga dalle due parti dei propilei, e fa il giro del tempio, serve come di recinto a tutto il monumento: esso, siccome tutto il restante, è coperto di giroglifici e di figure ... "

Viaggio in Egitto e in Nubia
Giovan Battista Belzoni


Il tempio di Horus a Edfu, dedicato al figlio di Osiride e Iside, il dio falco con il disco solare adornato da ali di rapace, garante dell'ordine cosmico,  è orientato a sud, lungo 137 metri, costruito in arenaria tra il 237 e il 57 a.C. su un antico sacrario a cui si accede attraverso una serie di ambienti in successione sempre più piccoli e oscuri e  nel quale secondo la leggenda erano stati inumati gli antichi dei ancestrali. Tra tutti i templi egiziani è il più completo e il meglio conservato, era la sede della grande festa annuale dell'incoronazione in cui si riaffermava il potere del faraone rappresentante del dio sulla terra, della festa di Behedet in cui una processione su imbarcazioni lungo le acque del Nilo riproponeva simbolicamente il viaggio di quattro giorni della dea Hator intrapreso da Dendera per riunirsi al suo compagno Hator a Edfu.


Un falco in granito nero con la doppia corona, è il simbolo del dio Horus


La scena della purificazione, uno dei Tolomei tra il dio Thot dalla testa di ibis, dio della saggezza e il dio Horus dalla testa di falco, entrambi versano in continuazione da un anfora, sulla testa del faraone non l'acqua ma l'ankh e lo scettro del comando non visibili nella scena perché scalpellati.


Il faraone aveva cinque nomi, due erano di fondamentale importanza, quello di nascita e quello di incoronazione, entrambi erano racchiusi in un cartiglio e si differenziavano per i simboli incisi accanto al cartiglio in questo foto si fa riferimento al nome di nascita con accanto i simboli del disco solare Ra e dell'anatra Sa che vuol dire figlio, quindi nell'insieme si legge Figlio del Sole.


In questa foto invece si fa riferimento al nome di incoronazione del faraone e i simboli accanto al cartiglio sono due cobra che portano sulla testa la corona rossa del basso Egitto e la corona bianca dell'alto Egitto. In entrambi i cartigli non vi è inciso alcun nome perché la costruzione di questo tempio durò 180 anni e iniziò dalla parte più interna del Sancta Sanctorum per arrivare a quella più esterna, intorno al 57 a.C. periodo in cui a causa dell'instabilità del governo dovuta ai problemi esistenti tra Cleopatra e il fratello Tolomeo si decise di rimandare l'incisione dei cartigli che non furono più scolpiti per il crollo della dinastia dei Tolomei con la morte di Cleopatra e l'assoggettamento dell'Egitto all'impero romano.


Il sacrario dove è custodito il "naos", un monolite di granito grigio del tempio antico, opera di Nectanebo II e un modellino della barca sacra di Horus.


Nel primo di questi due cartigli, a destra partendo dall'alto è inciso un quadratino che rappresenta la lettera "P" con sotto un piattino rovesciato che rappresenta la lettera "T", accanto a sinistra uno stomaco con l'intestino che rappresenta la vocale "O" oppure "U", sotto il leone che rappresenta la lettera "L", sotto ancora un rettangolo aperto che rappresenta la "M", sotto a destra due piume che rappresentano la "Y o J", con accanto a sinistra un fazzoletto che rappresenta la lettera "S", nell'insieme compongono il nome del faraone "Ptolmys" ovvero Tolomeo, nella metà inferiore del cartiglio troviamo una vipera che indica la "J o la Y" con sotto il piattino rovesciato la "T" con cui forma la parola "Jet" che significa abbia, accanto c'è "l'ankh" o"Nh" simbolo della Vita, in basso a sinistra è incisa una grande "A" inclinata che assomiglia alla zappa che il contadino usa per rendere fertile la terra ed è per questo associata all'amore fertile tra uomo e donna, quindi indica la parola "Mer" che significa amore o amato, in ultimo, a destra c'è il trono di "Osiris" che è anche il simbolo della moglie "Isit", perciò ricapitolando si ha la frase "Ptolmys Jet Nh Mer Isit" ovvero "Tolomeo abbia la vita amato da Iside".


Il Nilometro che serviva per misurare la piena del Nilo


Questa raffigurazione rappresenta la dea Iside con il disco solare con in cima il trono del marito Osiride, davanti a lei ci sono suo figlio Horus con la doppia corona che vuole dare la caccia al dio della cattiveria Seth per l'uccisione di suo padre Osiride e il dio Toth con la testa di airone che porta il papiro dove è scritto il permesso degli altri dei per dare la caccia a Seth.


Horus che con il sostegno della madre Iside su una barca cerca di scacciare Seth che si è trasformato in un ippopotamo.


Gli egiziani rappresentavano se stessi di profilo per indicare che erano vivi e sempre in movimento, i loro nemici al contrario venivano rappresentati frontalmente come queste due piccole in questa incisione, l'onda sottostante è una preposizione, una lettera per dire in, rappresenta l'interiorità.


I tre trattini verticali rappresentano il numero tre, la treccia affianco con gli spazi interni con tre trattini serve a confermare il numero tre, se gli spazi fossero stati vuoti avrebbe rappresentato il numero due come le due zampette finali che la formano.


Il dio della medicina Imhotep che con una mano tiene per la coda un ippopotamo che rappresenta Seth e con l'altra tiene un coltello per farlo a pezzi come lui ha fatto con suo fratello Osiride.

© Sciarada Sciaranti

5 commenti:

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    e la tua fotografia è molto splendida.

    Grazie per aver visitato il mio blog.

    Dal Far East.
    Con i migliori saluti.
    ruma

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    Thanks for your visit and kind comments.

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