giovedì 29 aprile 2010

Sono incapace e allora sai che faccio? Ti maltratto

Un'insegnante d'asilo quarantenne di Militello è stata arrestata per maltrattamenti, nei confronti dei bambini della sua classe. Questo è l'ultimo episodio di una serie che danneggia e macchia la categoria. Certamente questo lavoro, in cui il modo di relazionarsi e la responsabilità assumono un valore maggiore rispetto ad altri lavori, non è facilissimo e presenta delle notevoli difficoltà, perché chi lo intraprende deve avere a che fare con del materiale umano delicato, pericoloso, in evoluzione e in piena ebollizione che non ha ancora una struttura ben definita su cui reggersi, perciò bisogna avere la serietà di gestirlo senza comprometterne il futuro. Chi si da all'insegnamento essendo inconsapevole dell'enorme impegno che comporta, guardando solamente lo stipendio di fine mese e i tre mesi di vacanza, usando un atto di forza fisica o psicologica per nascondere la sua incapacità di spiegare e far capire, disinteressandosi delle conseguenze che produce, pensando cinicamente che il suo compito finisca dopo il suono della campanella, crea un danno nei bambini, nei ragazzi, negli adolescenti, con ripercussioni future a volte irreparabili. Si dovrebbe uscire dalla scuola con un bagaglio ricco di contenuti importanti per la propria esistenza. Ma non tutti sono così fortunati! 

© Sciarada Sciaranti

P.S. Kicca dedico a te questo post affinché tu possa essere in atto l'insegnante che sei in potenza.

1 commento:

  1. Scusa se rispondo solo ora al tuo post, e soprattutto, grazie. E' vero: oggi il mestiere dell'insegnante è fra i più difficili e delicati. La lunghezza del percorso formativo, dell'attesa in graduatoria, della vincita delle cattedre unita a uno stipendio ridicolo, scuole fatiscenti e ragazzi/genitori sempre peggiori certo non aiuta e non invoglia. Finisce così che chi vorrebbe farlo rinuncia, chi già c'è, si arrende: forse continua a leggere manuali in classe e a mettere voti sul registro, ma finisce lì. Non è un professore: è un burocrate, e dei peggiori, un burocrate di regime. Inutile tentare di nasconderlo: le responsabilità prima ancora di essere individuali, sono collettive, politiche, culturali. In un Paese in cui vince chi è più scaltro, disonesto, prepotente la scuola pubblica diventa un onere, una spesa, o peggio ancora, un diritto pericoloso perché impara a pensare, ad operare un'azione critica sulla realtà, a opporsi al controllo e allo sfruttamento. Oggi la scuola pubblica è diventata una piantina sempre più esile e torta, con i rami immersi nello smog e le radici nel cemento: sopravvive come può, ma non dà più frutti. Come gli ospedali, le carceri, i trasporti, i tribunali...Nessun settore pubblico è più in grado di assolvere il suo compito. Nessuna sorpesa: è un piano ben riuscito. Screditare, avvilire, soffocare la cosa pubblica per poi gridare allo scandalo e privatizzare affinché tutto diventi più controllato e meglio retribuito. E' da questa madre che poi nascono i mostri attuali: medici- manager, giudici corrotti, maestre violente...Se questo è il panorama attuale gli unici antidoti diventano allora il coraggio e la tenacia di chi non si arrende, di chi nutre ancora quelle foglie avvizzite perché, nonostante tutto, ama il proprio mestiere. E non ci rinuncia solo per un assegno in più, o per scaldarsi al fuoco rassicurante del gregge.
    Come diceva qualcuno:
    "Se l'idea di società che abbiamo dentro è un po' meno ignobile , un po' più solidale e felice di quella che stiamo scontando attualmente, non è nostro diritto pretenderla, ma è nostro dovere praticarla ed attuarla, come se fosse QUELLA e non QUESTA l'Italia in cui viviamo".

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